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Autore: coux    28/03/2009    3 recensioni
cosa succederà dopo? che fine faranno i nostri personaggi dopo Beaking down? e Renesmee? mi sono sbizzarrita con la fantasia... p.s: la trama mi ha aiutato a scriverla la mia amica Giulia, quindi un grazie enorme per il suo splendido aiuto!
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Innamorata o solo confusa?

Eccomi con un nuovo capitolo!! Spero tanto che vi piaccia… mi raccomando recensite… voglio sapere cosa pensate, consigli e altro… buona lettura!

 

 

Innamorata o solo confusa?

Erano già due ore che camminavamo per la città, soffermandoci su negozi di souvenir e di vestiti. Avrei tanto voluto comprare qualcosa, ma accettavano solo la loro valuta, così rinunciai. Era ridicolo avere tanti soldi appresso e non poter comunque comprare nulla. Ci fermammo in un parchetto, sedendoci su una panchina reduce di tanti graffiti artistici. Avevamo detto pochissime parole, il più delle volte monosillabi e riguardanti i negozi. Ma c’era qualcosa che volevo chiedergli, una cosa che mi attirava di ogni vampiro.

<< come sei morto? >> chiesi d’impulso.

<< perché lo vuoi sapere? >> chiese lui divertito.

<< perché io in un certo senso sono nata “morta”, anche se il mio cuore batte. Oppure sono una morta che “vive”. Vedila come vuoi. Non ho tuttavia avuto una vicenda di morte mia, quindi mi interessa sempre sentire quella degli altri… >> spiegai.

Lui sorrise, ma dovettero passare dei minuti prima che rispondesse.

<< vivevo in Francia con i miei genitori e Jane, mia sorella. I miei erano dei Marchesi rinomati, e due gemelli guastafeste in una villa di lusso non andavano bene. Così ci divisero e ci mandarono a imparare le buone maniere. Jane fu spedita dalle monache di un convento, mentre io fui mandato da uno zio, in Corsica. Avevo solo dieci anni quando mi misero sulla carrozza per partire. Non avevo mai conosciuto quello zio, e non lo vidi mai: il tempo di arrivare che mio zio era già stato sepolto. Mia zia mi concesse di restare, e prese un istitutore, o meglio, un’istitutrice. All’epoca una donna colta era una rarità, e di solito erano le nobili ad avere un po’ di cultura, e sicuramente non lavoravano. Ad essere sincero io mi aspettavo un’anziana vedova, magra e alta, ma soprattutto severa. Ma non era per nulla così. Era giovane, al massimo venticinque anni, bella, divertente e solare. Troppo bella. Pallida, occhi neri come la pece, nonostante fosse bionda.

<< un vampiro? >> chiesi sorpresa.

<< un vampiro che si sapeva controllare, riuscendo a vivere tra gli umani. E non era come voi, che siete vegetariani. Era come me. Si nutriva di delinquenti, che facevano del male solo per il gusto di farlo. Sicuramente non uccideva i ladri che rubavano per sfamare la famiglia. >> rispose.

<< come si chiamava? >> chiesi sempre più curiosa.

<< Didyme. Incominciai così, grazie a lei, ad apprendere le buone maniere. Io e mia sorella ci sentivamo per lettera, ma non ci vedevamo mai. Mi mancava una parte di me. Passati cinque anni, la distanza era insopportabile, così ci diedero il permesso di incontrarci e di stare insieme un’estate intera. Il problema era dove. Lei sconsigliava fortemente li in convento, non solo perché ero un maschio, ma perché vigevano delle regole abbastanza severe che non stavano né in cielo né in terra. Così venne da me, le feci conoscere Didyme e divennero subito amiche. L’estate dopo venne ancora a trovarmi, ma ormai era già scoppiata la rivoluzione in quasi tutta Francia, così a settembre tornammo a casa. Passarono pochi mesi e i miei genitori furono arrestati e giustiziati. Io e mia sorella ci unimmo ad altri nobili per formare un piccolo esercito armato per difenderci, ma piano piano fummo arrestati tutti quanti. Io e mia sorella non fummo condannati subito, e ciò era dovuto al fatto che eravamo stati fuori corte per molto tempo, quindi privi di colpe dirette. L’unica colpa che ci fece condannare alla decapitazione era che eravamo degli eredi di nobili, e su quello non si discuteva. Come se fosse stata una nostra colpa la condizione sociale in cui eravamo nati. Ci venne concessa di stare nella stessa cella almeno per le ultime tre settimane di vita. Mentre eravamo lì ci ammalammo gravemente per la scarsità di igiene e l’elevata umidità. Poco importava, saremmo comunque morti. L’ultima notte, sentimmo degli strani rumori provenire dai corridoi, poi vidi la persona che meno di tutti mi sarei aspettato di vedere: Didyme. Ci portò fuori con un’agilità fuori dal normale, e ci rifugiammo in una capanna in mezzo ai boschi. Lì ci spiegò cos’era realmente. Poco importava, le volevamo bene lo stesso. La malattia si aggravava di giorno in giorno, e lei ci propose di salvarci e di diventare come lei. Accecati dalla prospettiva dell’immortalità e dalla paura della morte. E così ci trasformò. Dopo qualche mese ci unimmo tutti quanti ai Volturi, e Didyme divenne la compagna di Marcus. Ma poi morì, ancora non si sa come. Marcus da quel giorno si fece piatto e senza emozioni. Avrai notato che sembra sempre annoiato… >>.

Ero senza fiato. Tra tutte quelle che avevo sentito questa superava di gran lunga quelle di Carlisle, zia Rose, zio Jasper e gli altri messi insieme.

Una cosa però non riuscivo a capire.

<< come faceva a nascondere gli occhi rossi quando si era appena cibata…insomma non gli avevi mai notati? >>

<< no, ma era a causa del fatto che cambiava il colore dei suoi occhi. O meglio, questo è quello che ho scoperto quando ci ha rivelato di essere una vampira >>

<< come faceva a cambiare il colore degli occhi? Insomma, all’epoca mica c’erano le lenti a contatto! >> dissi .

<< come fa tuo padre a leggere nel pensiero? E tuo zio a percepire le emozioni degli altri e a modificarle? Come faccio io a inibire i sensi delle mie vittime? Aveva un potere, uno un po’ particolare. Anzi, io direi buffo. Riusciva a cambiare dei piccoli particolare di se: il colore degli occhi, il colore e la lunghezza dei capelli, li faceva ricci o lisci, si faceva le labbra carnose o fini, il naso a patata o a punta… era una vera e propria trasformista! >> scherzò.

 

Tornammo alla torre che erano già le sette di sera, questa volta però non passammo più per le fogne, ma per un corridoio più accogliente. Era lungo, notevolmente lungo, con svolte e porte ovunque.

<< ma quanto è grande ‘sto posto? >> chiesi meravigliata.

Lui non rispose, ma si limitò a sorridere, anzi, sghignazzare.

<< che c’è da ridere? >> chiesi.

Sghignazzava sempre di più, così cominciai ad innervosirmi. << insomma, la vuoi smettere di ridere?>> chiesi.

<< ok, va bene >> disse lui, trattenendo un’altra ondata. << è solo che sei troppo buffa, sembri come gli umani che entrano qui dentro per la prima, ed ultima s’intende, volta. >>

<< ah, io sarei buffa? Ma ti sei visto tu? >>risposi acida.

<< perché? Che ho che non va? >> chiese perplesso.

Ci pensai un attimo, lo guardai e cercai una qualsiasi cosa che stonava nel suo essere perfetto. Dopotutto, nessuno è perfetto, quindi qualche cosa da trovare c’era sicuramente… dopo qualche secondo, delusa e a orecchie basse, risposi:

<< no, in te non c’è nulla che non va… >>

Lui mi guardò, e nei suoi occhi intravidi un bagliore di tenerezza, ma un secondo dopo, era già scomparso.

<< guarda che anche in te non c’è nulla che non va >>. Disse infine.

<< grazie >> risposi. << andiamo, se no cominciano a pensare che hanno rapito pure noi! >> scherzai.

Lui, però, questa volta non sorrise nemmeno. Entrammo finalmente nella torre, e trovammo tutti quanti intenti a confabulare a piccoli gruppi. Volturi e Cullen, mischiati, che parlavano animatamente tra loro. Era bellissimo trovarli tutti li, a parlare tranquilli e inquieti allo stesso tempo, nemici e amici contemporaneamente. Il nostro arrivo spezzò quell’incantesimo solo dopo qualche secondo che eravamo già li. Si fermarono e ci guardarono, come se si fossero dimenticati della nostra esistenza, e con il nostro arrivo fossero di nuovo tornati alla realtà. Mia madre si avvicinò e mi chiese:

<< com’è andata? >>. Io non risposi subito, guardai Alec dirigersi silenziosamente dalla sorella, bisbigliarli qualcosa all’orecchio, e darle un bacio sulla fronte. Quel piccolo gesto mi provocò un tuffo al cuore: faceva così anche Jake con me…

<< allora? Com’è andata? >> mi richiese mia madre, affatto curiosa.

<< bene, c’erano un sacco di cose carine nei negozi, solo che non accettavano i dollari, quindi non ho potuto prendere nulla. >> dissi recitando, quasi mi fossi preparata le cose da dire qualche attimo prima di dirle.

<< mi spiace, la prossima volta che veniamo qui ci organizziamo meglio. Ora però dobbiamo tornare a casa >>. Disse mia madre, guardandomi dolcemente.

Io, in compenso, la guardai interrogativa.

<< di già? >> inutile dirsi che la causa del tono triste della domanda non era dovuto ai negozi, ma ad Alec. Nemmeno io sapevo cosa mi stesse succedendo, ma l’uscita, la nostra uscita, aveva fatto scattare una certa simpatia verso di lui. Forse più di una simpatia. Mi chiesi se un semplice odore poteva scatenare l’imprinting. Ma cosa stavo dicendo? Noi non abbiamo l’imprinting!

<< come mai? Di che avete parlato? >> chiesi.

<< sai bene che non possiamo riferirti tutto. Dobbiamo tornare per sistemare delle faccende, rifare le valigie, molte di più, probabilmente, e poi torneremo in Italia >>

<< in Italia? >>

<< bhè tesoro, dove vorresti andare? La Francia? >>  chiese zia Rose, sorridente. Era raro vederla sorridere, e forse quando sorrideva, lo faceva pure in privato, in modo che nessuno potesse vederla…

<< ha detto Italia, non Volterra… >>

<< acuta osservazione >> disse Jane, sarcastica.

Mi girai verso di lei, li lanciai un’occhiataccia e risposi dolcemente << grazie, una cosa del genere tu non riusciresti mai a dirla. >>.

<< tolleranza… >> mi rammentò Alec.

<< giusto, scusa, ma è più forte di me… >> risposi.

Mentre eravamo al parchetto, dopo la sua storia, gli chiesi come mai Jane era stata così scortese con me. Lui disse solo che era una cosa naturale per lei essere acida con chi non conosceva e “invadeva” i suoi spazi e il suo territorio. Lei era quella più coccolata di tutti e la più bella, quindi era rara la volta che accettava una rivale. Questa situazione era sorta dopo la morte di Didyme, e nessuno ne sapeva il vero motivo, nemmeno lui. Quando mi aveva vista il suo veleno aveva cominciato a bollire, e le parole avevano dato vita alla sua invidia. Mi aveva chiesto di portare pazienza, di essere tollerante. Quando avesse capito che non ero pericolosa, si sarebbe tranquillizzata.

Mia madre interruppe il flusso di pensieri.

<< si, non torneremo qui a Volterra. Andremo in qualche bosco isolato al nord, in una regione chiamata Lombardia. Li i boschi abbondano, troveremo anche una radura dove costruire una casa. Non saprei ancora dirti quanto ci resteremo>>

Era inutile combattere.

<< perché quell’aria afflitta? Quei boschi pullulano di bontà prelibate, prelibatezze italiane. E poi, trova sempre il lato positivo! Non hai sentito che ha detto tua madre? Più valigie del solito… non sei contenta piccola? >> disse zio Emmett.

Sospirai e mi chiesi se ero veramente imparentata con lui.

 

<< Nessie cos’hai? >> chiese zia Rose per la quarta volta.

<< niente >> risposi…per la quarta volta. Continuai a guardare fuori dal finestrino.

<< è da quando abbiamo lasciato Volterra che hai il muso >> affermò ostinata.

<< per tua informazione, non ho il muso! >> la misi al corrente.

<< ma non sei nemmeno allegra >> ribatté lei.

<< dammi un buon motivo per esserlo… >> la provocai.

<< Rose smettila >> la rimproverò zio Emmett. La prima cosa di intelligente che usciva dalla sua bocca! Speriamo che non si scateni un cataclisma, almeno finché non torno con i piedi per terra.

<< ma guardala tesoro! La gente che va in un cimitero è più allegra di lei! Esclamò zia Rose, non ancora soddisfatta. Non ribattei, e non perché non volessi, ma perché aveva ragione. Era tutto maledettamente vero. Non volevo tornare a Forks… era semplicemente Forks. E poi… era difficile e assurdo ammetterlo, ma Alec già mi mancava.

“ Eh si, l’unica cosa che zio Emmett avesse mai detto o fatto di intelligente” pensai, guardandolo mentre faceva una torre di corn-flex che ci erano stati serviti dalla hostess. Meno male che eravamo in una sezione privata dell’aereo, lontani dagli umani. Abbozzai un mezzo sorriso, per nulla forzato, quando i corn-flex finirono tutti a terra.

Presi il cellulare per mandare un messaggio a Leah.

“ stiamo tornando dall’Italia.

Non hai idea di chi ho incontrato!

Tu come stai? Io tutto a posto.

Magari stasera passo da te.

 T.V.B.”

<< tu non vai da nessuna parte >> disse mio padre.

Spedii il messaggio prima che mio padre potesse impedirmelo sul serio, poi replicai:

<< ma papà! >>

<< non ti avevo mica detto che non potevi più uscire di casa? Vale ancora. >>

<< mamma? Vero che stasera posso andare a trovare Leah? >> chiesi.

<< certo. Anzi, vengo anche io… volevo fare una chiacchierata con Sue. >> rispose, senza staccare gli occhi dal giornale di cucina che stava leggendo.

Feci una linguaccia a mio padre e mi rimmersi nella mia depressione.

“ Alec… Alec… perché sei tu Alec?” pensai.

Mio padre fece una smorfia, imitando il vomito.

<< eh si amore. È proprio strana >> constatò zio Emmett, dandosi l’aria di un medico esperto che ha appena scoperto che c’è qualcosa che non va nel paziente che si crede un gatto. << se fosse stata normale, avrebbe replicato a modo suo, invece ora… bhò, è strana >>

Cacciai nuovamente la lingua di fuori, indirizzata a tutti, colpevoli e non.

 

<< è impossibile che non te lo ricordi: una rosa rossa non passa inosservata in un campo di neve! >> esclamai.

<< era una metafora? I vampiri bianchi stanno alla neve come la rosa rossa sta a questo Alec? Cos’è: ha i capelli rossi? >> chiese Leah.

Sbuffai e mi lasciai cadere sul letto: << ci rinuncio >>

Dopo pochi minuti di silenzio, non potendone fare a meno, tornai a parlare di lui:

<< è bellissimo! Solo che quella anguilla di sua sorella… non la sopporto! >>

<< ha una sorella? >> chiese.

<< gemella >> aggiunsi, amareggiata.

<< allora ho capito chi sono: i gemelli terribili, quelli con i poteri di tortura più forti! >> esclamò illuminata.

La guardai senza dire nulla, a parte:

<< è tanto grave? >> chiesi

<< è ufficiale: sei innamorata >>

 

<< solo queste due? >> chiesero mia madre e mio padre all’unisono.

<< si >> risposi, lasciando la valigia e il beauty- case vicino al divano.

<< facciamo un calcolo veloce…quanti ci saranno in totale? >> chiese mia madre a mio padre.

<< non abbastanza perché sopravviva….>> rispose lui.

<< sapete che hanno inventato la lavatrice? >> chiesi velenosa.

<< si, e c’era anche quest’estate, peccato che tu non lo sapessi ancora… >> mi informò mio padre, ridendo.

Feci una smorfia e mi diressi in camera mia per prendere il cellulare e il carica batterie. Mi sedetti sul letto, per guardarmi in giro: la mia camera, piena di ricordi, traspirava suppliche per non farmi partire nuovamente, ma io volevo andarmene.

Notai il ciondolo di Jacob appoggiato al comodino: era sempre rimasto li, dalla sera del funerale.

<< tu rimani qui >> dissi al ciondolo. Poi mi rivolsi a Jacob: << a te ti porterò sempre nel mio cuore >> mentre uscivo dalla camera mi arrivò un messaggio da Seth.

“ mia sorella mi ha detto che ve ne andate di nuovo. 

State facendo molto per Jacob, 

ma anche io non starò con le mani in mano”

Che cosa voleva dirmi Seth? Certo, il messaggio era più limpido dell’acqua distillata, ma c’era qualcosa sotto. Ma cosa?

Tornai in salotto pensierosa, e vi trovai anche gli altri. Ci salutammo e Carlisle chiese:

<< allora andiamo? >>

Annuii, e uscii in giardino.

<< Nessie! Dove sono le valigie? >> chiese zio Emmett.

<< di fianco al divano >> risposi.

<< quelle le avevo notate, ma le altre? >>

<< sono solo quelle >>

<< le barzellette rimandale a dopo… allora, dove sono? >>

Sbuffai. Ma perché non mi prendevano sul serio? Guardai zio Jasper, e lui mi fece un cenno che stava per “ tranquilla ci penso io”. Lui si che mi capisce! Non come la scimmia che mi faceva da zio!

  
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