Eccomi con un nuovo capitolo!! Spero tanto
che vi piaccia… mi raccomando recensite… voglio sapere cosa pensate, consigli e
altro… buona lettura!
Innamorata o solo confusa?
Erano già due ore che camminavamo per la città, soffermandoci su
negozi di souvenir e di vestiti. Avrei tanto voluto comprare qualcosa, ma
accettavano solo la loro valuta, così rinunciai. Era ridicolo avere tanti soldi
appresso e non poter comunque comprare nulla. Ci fermammo in un parchetto,
sedendoci su una panchina reduce di tanti graffiti artistici. Avevamo detto
pochissime parole, il più delle volte monosillabi e riguardanti i negozi. Ma
c’era qualcosa che volevo chiedergli, una cosa che mi attirava di ogni vampiro.
<< come sei morto? >> chiesi d’impulso.
<< perché lo vuoi sapere? >> chiese lui divertito.
<< perché io in un certo senso sono nata “morta”, anche se
il mio cuore batte. Oppure sono una morta che “vive”. Vedila come vuoi. Non ho
tuttavia avuto una vicenda di morte mia, quindi mi interessa sempre sentire
quella degli altri… >> spiegai.
Lui sorrise, ma dovettero passare dei minuti prima che
rispondesse.
<< vivevo in Francia con i miei genitori e Jane, mia
sorella. I miei erano dei Marchesi rinomati, e due gemelli guastafeste in una
villa di lusso non andavano bene. Così ci divisero e ci mandarono a imparare le
buone maniere. Jane fu spedita dalle monache di un convento, mentre io fui
mandato da uno zio, in Corsica. Avevo solo dieci anni quando mi misero sulla
carrozza per partire. Non avevo mai conosciuto quello zio, e non lo vidi mai:
il tempo di arrivare che mio zio era già stato sepolto. Mia zia mi concesse di
restare, e prese un istitutore, o meglio, un’istitutrice. All’epoca una donna
colta era una rarità, e di solito erano le nobili ad avere un po’ di cultura, e
sicuramente non lavoravano. Ad essere sincero io mi aspettavo un’anziana
vedova, magra e alta, ma soprattutto severa. Ma non era per nulla così. Era
giovane, al massimo venticinque anni, bella, divertente e solare. Troppo bella.
Pallida, occhi neri come la pece, nonostante fosse bionda.
<< un vampiro? >> chiesi sorpresa.
<< un vampiro che si sapeva controllare, riuscendo a vivere
tra gli umani. E non era come voi, che siete vegetariani. Era come me. Si
nutriva di delinquenti, che facevano del male solo per il gusto di farlo.
Sicuramente non uccideva i ladri che rubavano per sfamare la famiglia. >>
rispose.
<< come si chiamava? >> chiesi sempre più curiosa.
<< Didyme. Incominciai così, grazie a lei, ad apprendere le
buone maniere. Io e mia sorella ci sentivamo per lettera, ma non ci vedevamo
mai. Mi mancava una parte di me. Passati cinque anni, la distanza era
insopportabile, così ci diedero il permesso di incontrarci e di stare insieme
un’estate intera. Il problema era dove. Lei sconsigliava fortemente li in
convento, non solo perché ero un maschio, ma perché vigevano delle regole
abbastanza severe che non stavano né in cielo né in terra. Così venne da me, le
feci conoscere Didyme e divennero subito amiche. L’estate dopo venne ancora a
trovarmi, ma ormai era già scoppiata la rivoluzione in quasi tutta Francia,
così a settembre tornammo a casa. Passarono pochi mesi e i miei genitori furono
arrestati e giustiziati. Io e mia sorella ci unimmo ad altri nobili per formare
un piccolo esercito armato per difenderci, ma piano piano fummo arrestati tutti
quanti. Io e mia sorella non fummo condannati subito, e ciò era dovuto al fatto
che eravamo stati fuori corte per molto tempo, quindi privi di colpe dirette.
L’unica colpa che ci fece condannare alla decapitazione era che eravamo degli
eredi di nobili, e su quello non si discuteva. Come se fosse stata una nostra
colpa la condizione sociale in cui eravamo nati. Ci venne concessa di stare
nella stessa cella almeno per le ultime tre settimane di vita. Mentre eravamo
lì ci ammalammo gravemente per la scarsità di igiene e l’elevata umidità. Poco
importava, saremmo comunque morti. L’ultima notte, sentimmo degli strani rumori
provenire dai corridoi, poi vidi la persona che meno di tutti mi sarei
aspettato di vedere: Didyme. Ci portò fuori con un’agilità fuori dal normale, e
ci rifugiammo in una capanna in mezzo ai boschi. Lì ci spiegò cos’era
realmente. Poco importava, le volevamo bene lo stesso. La malattia si aggravava
di giorno in giorno, e lei ci propose di salvarci e di diventare come lei.
Accecati dalla prospettiva dell’immortalità e dalla paura della morte. E così
ci trasformò. Dopo qualche mese ci unimmo tutti quanti ai Volturi, e Didyme
divenne la compagna di Marcus. Ma poi morì, ancora non si sa come. Marcus da
quel giorno si fece piatto e senza emozioni. Avrai notato che sembra sempre
annoiato… >>.
Ero senza fiato. Tra tutte quelle che avevo sentito questa
superava di gran lunga quelle di Carlisle, zia Rose, zio Jasper e gli altri
messi insieme.
Una cosa però non riuscivo a capire.
<< come faceva a nascondere gli occhi rossi quando si era
appena cibata…insomma non gli avevi mai notati? >>
<< no, ma era a causa del fatto che cambiava il colore dei
suoi occhi. O meglio, questo è quello che ho scoperto quando ci ha rivelato di
essere una vampira >>
<< come faceva a cambiare il colore degli occhi? Insomma,
all’epoca mica c’erano le lenti a contatto! >> dissi .
<< come fa tuo padre a leggere nel pensiero? E tuo zio a
percepire le emozioni degli altri e a modificarle? Come faccio io a inibire i
sensi delle mie vittime? Aveva un potere, uno un po’ particolare. Anzi, io
direi buffo. Riusciva a cambiare dei piccoli particolare di se: il colore degli
occhi, il colore e la lunghezza dei capelli, li faceva ricci o lisci, si faceva
le labbra carnose o fini, il naso a patata o a punta… era una vera e propria
trasformista! >> scherzò.
Tornammo alla torre che erano già le sette di sera, questa volta
però non passammo più per le fogne, ma per un corridoio più accogliente. Era
lungo, notevolmente lungo, con svolte e porte ovunque.
<< ma quanto è grande ‘sto posto? >> chiesi
meravigliata.
Lui non rispose, ma si limitò a sorridere, anzi, sghignazzare.
<< che c’è da ridere? >> chiesi.
Sghignazzava sempre di più, così cominciai ad innervosirmi.
<< insomma, la vuoi smettere di ridere?>> chiesi.
<< ok, va bene >> disse lui, trattenendo un’altra
ondata. << è solo che sei troppo buffa, sembri come gli umani che entrano
qui dentro per la prima, ed ultima s’intende, volta. >>
<< ah, io sarei buffa? Ma ti sei visto tu? >>risposi
acida.
<< perché? Che ho che non va? >> chiese perplesso.
Ci pensai un attimo, lo guardai e cercai una qualsiasi cosa che
stonava nel suo essere perfetto. Dopotutto, nessuno è perfetto, quindi qualche
cosa da trovare c’era sicuramente… dopo qualche secondo, delusa e a orecchie
basse, risposi:
<< no, in te non c’è nulla che non va… >>
Lui mi guardò, e nei suoi occhi intravidi un bagliore di
tenerezza, ma un secondo dopo, era già scomparso.
<< guarda che anche in te non c’è nulla che non va >>.
Disse infine.
<< grazie >> risposi. << andiamo, se no
cominciano a pensare che hanno rapito pure noi! >> scherzai.
Lui, però, questa volta non sorrise nemmeno. Entrammo finalmente
nella torre, e trovammo tutti quanti intenti a confabulare a piccoli gruppi.
Volturi e Cullen, mischiati, che parlavano animatamente tra loro. Era
bellissimo trovarli tutti li, a parlare tranquilli e inquieti allo stesso
tempo, nemici e amici contemporaneamente. Il nostro arrivo spezzò
quell’incantesimo solo dopo qualche secondo che eravamo già li. Si fermarono e
ci guardarono, come se si fossero dimenticati della nostra esistenza, e con il
nostro arrivo fossero di nuovo tornati alla realtà. Mia madre si avvicinò e mi
chiese:
<< com’è andata? >>. Io non risposi subito, guardai
Alec dirigersi silenziosamente dalla sorella, bisbigliarli qualcosa
all’orecchio, e darle un bacio sulla fronte. Quel piccolo gesto mi provocò un
tuffo al cuore: faceva così anche Jake con me…
<< allora? Com’è andata? >> mi richiese mia madre,
affatto curiosa.
<< bene, c’erano un sacco di cose carine nei negozi, solo
che non accettavano i dollari, quindi non ho potuto prendere nulla. >>
dissi recitando, quasi mi fossi preparata le cose da dire qualche attimo prima
di dirle.
<< mi spiace, la prossima volta che veniamo qui ci
organizziamo meglio. Ora però dobbiamo tornare a casa >>. Disse mia
madre, guardandomi dolcemente.
Io, in compenso, la guardai interrogativa.
<< di già? >> inutile dirsi che la causa del tono
triste della domanda non era dovuto ai negozi, ma ad Alec. Nemmeno io sapevo
cosa mi stesse succedendo, ma l’uscita, la nostra uscita, aveva fatto scattare
una certa simpatia verso di lui. Forse più di una simpatia. Mi chiesi se un
semplice odore poteva scatenare l’imprinting. Ma cosa stavo dicendo? Noi non
abbiamo l’imprinting!
<< come mai? Di che avete parlato? >> chiesi.
<< sai bene che non possiamo riferirti tutto. Dobbiamo
tornare per sistemare delle faccende, rifare le valigie, molte di più,
probabilmente, e poi torneremo in Italia >>
<< in Italia? >>
<< bhè tesoro, dove vorresti andare?
<< ha detto Italia, non Volterra… >>
<< acuta osservazione >> disse Jane, sarcastica.
Mi girai verso di lei, li lanciai un’occhiataccia e risposi
dolcemente << grazie, una cosa del genere tu non riusciresti mai a dirla.
>>.
<< tolleranza… >> mi rammentò Alec.
<< giusto, scusa, ma è più forte di me… >> risposi.
Mentre eravamo al parchetto, dopo la sua storia, gli chiesi come
Mia madre interruppe il flusso di pensieri.
<< si, non torneremo qui a Volterra. Andremo in qualche
bosco isolato al nord, in una regione chiamata Lombardia. Li i boschi
abbondano, troveremo anche una radura dove costruire una casa. Non saprei
ancora dirti quanto ci resteremo>>
Era inutile combattere.
<< perché quell’aria afflitta? Quei boschi pullulano di
bontà prelibate, prelibatezze italiane. E poi, trova sempre il lato positivo!
Non hai sentito che ha detto tua madre? Più valigie del solito… non sei
contenta piccola? >> disse zio Emmett.
Sospirai e mi chiesi se ero veramente imparentata con lui.
<< Nessie cos’hai? >> chiese zia Rose per la quarta
volta.
<< niente >> risposi…per la quarta volta. Continuai a
guardare fuori dal finestrino.
<< è da quando abbiamo lasciato Volterra che hai il muso
>> affermò ostinata.
<< per tua informazione, non ho il muso! >> la misi al
corrente.
<< ma non sei nemmeno allegra >> ribatté lei.
<< dammi un buon motivo per esserlo… >> la provocai.
<< Rose smettila >> la rimproverò zio Emmett. La prima
cosa di intelligente che usciva dalla sua bocca! Speriamo che non si scateni un
cataclisma, almeno finché non torno con i piedi per terra.
<< ma guardala tesoro! La gente che va in un cimitero è più
allegra di lei! Esclamò zia Rose, non ancora soddisfatta. Non ribattei, e non perché
non volessi, ma perché aveva ragione. Era tutto maledettamente vero. Non volevo
tornare a Forks… era semplicemente Forks. E poi… era difficile e assurdo
ammetterlo, ma Alec già mi mancava.
“ Eh si, l’unica cosa che zio Emmett avesse mai detto o fatto di
intelligente” pensai, guardandolo mentre faceva una torre di corn-flex che ci
erano stati serviti dalla hostess. Meno male che eravamo in una sezione privata
dell’aereo, lontani dagli umani. Abbozzai un mezzo sorriso, per nulla forzato,
quando i corn-flex finirono tutti a terra.
Presi il cellulare per mandare un messaggio a Leah.
“ stiamo
tornando dall’Italia.
Non hai
idea di chi ho incontrato!
Tu come
stai? Io tutto a posto.
Magari stasera
passo da te.
T.V.B.”
<< tu non
vai da nessuna parte >> disse mio padre.
Spedii il
messaggio prima che mio padre potesse impedirmelo sul serio, poi replicai:
<< ma papà!
>>
<< non ti
avevo mica detto che non potevi più uscire di casa? Vale ancora. >>
<< mamma? Vero
che stasera posso andare a trovare Leah? >> chiesi.
<< certo. Anzi,
vengo anche io… volevo fare una chiacchierata con Sue. >> rispose, senza
staccare gli occhi dal giornale di cucina che stava leggendo.
Feci una
linguaccia a mio padre e mi rimmersi nella mia depressione.
“ Alec… Alec… perché
sei tu Alec?” pensai.
Mio padre fece
una smorfia, imitando il vomito.
<< eh si
amore. È proprio strana >> constatò zio Emmett, dandosi l’aria di un
medico esperto che ha appena scoperto che c’è qualcosa che non va nel paziente
che si crede un gatto. << se fosse stata normale, avrebbe replicato a
modo suo, invece ora… bhò, è strana >>
Cacciai nuovamente
la lingua di fuori, indirizzata a tutti, colpevoli e non.
<< è
impossibile che non te lo ricordi: una rosa rossa non passa inosservata in un
campo di neve! >> esclamai.
<< era una
metafora? I vampiri bianchi stanno alla neve come la rosa rossa sta a questo
Alec? Cos’è: ha i capelli rossi? >> chiese Leah.
Sbuffai e mi
lasciai cadere sul letto: << ci rinuncio >>
Dopo pochi minuti
di silenzio, non potendone fare a meno, tornai a parlare di lui:
<< è
bellissimo! Solo che quella anguilla di sua sorella… non la sopporto! >>
<< ha una
sorella? >> chiese.
<< gemella
>> aggiunsi, amareggiata.
<< allora
ho capito chi sono: i gemelli terribili, quelli con i poteri di tortura più
forti! >> esclamò illuminata.
La guardai senza
dire nulla, a parte:
<< è tanto
grave? >> chiesi
<< è
ufficiale: sei innamorata >>
<< solo
queste due? >> chiesero mia madre e mio padre all’unisono.
<< si
>> risposi, lasciando la valigia e il beauty- case vicino al divano.
<< facciamo
un calcolo veloce…quanti ci saranno in totale? >> chiese mia madre a mio
padre.
<< non
abbastanza perché sopravviva….>> rispose lui.
<< sapete
che hanno inventato la lavatrice? >> chiesi velenosa.
<< si, e c’era
anche quest’estate, peccato che tu non lo sapessi ancora… >> mi informò
mio padre, ridendo.
Feci una smorfia
e mi diressi in camera mia per prendere il cellulare e il carica batterie. Mi sedetti
sul letto, per guardarmi in giro: la mia camera, piena di ricordi, traspirava
suppliche per non farmi partire nuovamente, ma io volevo andarmene.
Notai il ciondolo
di Jacob appoggiato al comodino: era sempre rimasto li, dalla sera del
funerale.
<< tu
rimani qui >> dissi al ciondolo. Poi mi rivolsi a Jacob: << a te ti
porterò sempre nel mio cuore >> mentre uscivo dalla camera mi arrivò un
messaggio da Seth.
“ mia sorella mi ha detto che ve ne andate di nuovo.
State facendo molto per Jacob,
ma anche io non starò con le mani in mano”
Che cosa voleva dirmi Seth? Certo, il messaggio era più limpido
dell’acqua distillata, ma c’era qualcosa sotto. Ma cosa?
Tornai in salotto pensierosa, e vi trovai anche gli altri. Ci salutammo
e Carlisle chiese:
<< allora andiamo? >>
Annuii, e uscii in giardino.
<< Nessie! Dove sono le valigie? >> chiese zio Emmett.
<< di fianco al divano >> risposi.
<< quelle le avevo notate, ma le altre? >>
<< sono solo quelle >>
<< le barzellette rimandale a dopo… allora, dove sono? >>
Sbuffai. Ma perché non mi prendevano sul serio? Guardai zio Jasper,
e lui mi fece un cenno che stava per “ tranquilla ci penso io”. Lui si che mi
capisce! Non come la scimmia che mi faceva da zio!