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Autore: balboa    13/03/2016    3 recensioni
Importante: quello che ho scritto è frutto della fantasia, deliberatamente ispirato a dei fatti reali. Ho deciso di cominciare proprio dall'inizio dell'avventura di Axl Rose, anche da prima che nascesse. Scriverò su come secondo me potrebbe essere andata la sua vita, cercherò di catapultarvi dentro di essa, andando oltre alle solite informazioni che si trovano in Internet. Con ''personaggi-quasi tutti'' non intendo che saranno presenti già Slash, Duff o Steven. Li aggiungerò più in là o in un'altra storia. Intendo invece la famiglia e gli amici. Ok grazie per l'attenzione e buona lettura :D.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Axl Rose, Izzy Stradlin, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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6 febbraio 1967
-happy birthday to you, happy birthday to you, happy birthday to William, happy birthday to you-. Fischi e applausi. Il bambino prese un bel po' di aria nei polmoni e soffiò, soffiò come se volesse spegnere un incendio. Ci fu un altro fragoroso applauso e di nuovo fischi e risate. Commenti come ''accidenti 5 anni'' e ''wooow come sei grande ora'' riempivano la stanza. La tavola era stata imbandita di ogni genere di delizia, sotto cocciuta insistenza della nonna. La madre avrebbe voluto una cosa più semplice. Menomale che ci sono le nonne, sempre lì a viziare e a strafogarti di cibo. C'era la tovaglia buona, quella per le occasioni speciali. La torta era ricoperta di panna e le candeline erano bianche e azzurre. Ora fumavano. Il bambino le aveva spente al primo tentativo. Al centro della torta vi era impilato un numero cinque di plastica. Venne tagliata a fette e il bambino venne delegato a offrire il dolce agli ospiti. La madre aveva fatto diverse foto, immortalando il momento con una polaroid. Accanto a lei vi era un uomo. Si chiamava Stephen Bailey. Aveva capelli biondi e occhiali. Gli occhi erano tipo due fessure però il colore era di un celeste piuttosto intrigante. Aveva un viso ovale, era leggermente rosso sulle guance e sul naso.
-papà tieni la tua fetta di torta!- disse il bambino esuberante porgendogli il piattino col dolce.
-grazie William-. Il bambino aveva i capelli biondo rossicci, a forma di fungo. Anche i suoi occhi erano piccoli piccoli e l'iride era verde. L'uomo e il bambino non si somigliavano per niente. Ogni persona in quella stanza sapeva che quello non era il padre del bambino. Tranne il bambino stesso. Il segreto sarebbe stato mantenuto ancora per molto tempo.






11:59 pm .1978.
15 anni dopo quel 6 febbraio '62. Quasi 16... Ok, 16.

-soffia cazzone- disse Jeff aspettando con ansia.
-shhhhhhh. Non tediarmi. Non la volevo neanche una torta io-.
-zitto e soffia. O sveglierai i tuoi genitori-.
-da quando mi dai ordini?-. Jeff fece una smorfia scocciato. Quando ci si metteva riusciva a essere davvero fastidioso.
-lo vuoi il regalo o no?-.
''un regalo? un regalo ma sul serio?''. I suoi non gli facevano regali da quando aveva si e no quando aveva dieci anni. L'unico che pensava di ricevere era il portafoto fatto con la pasta dai suoi fratelli. Era impossibile non notare la colla su alcuni oggetti. Telecomando, maniglie, braccioli della poltrona erano le malcapitate vittime. E poi trovava della pasta persino tra i cuscini del divano. Dettagli. Ancora sorpreso soffiò le candeline. La torta era una torta paradiso, una di quelle soffici soffici, che puoi metterci quello che ti pare sopra e in mezzo. Quella aveva la crema pasticcera. Qualcosa gli diceva che il sapore lasciava desiderare. Jeff si alzò e prese una busta da terra. Era scoccata la mezzanotte da un minuto.
-TADAAAAAAAAAAAAN- esortò allegro. -non interferire- aggiunse vedendo l'espressione del rosso. Quello stava per replicare ma si limitò solo a scuotere la testa, rassegnato. Afferrò la busta e ne estrasse un pacco. Aveva già capito cos'era. Scartò tutto l'involucro, strappando con violenza ogni centimetro della carta.
Eccolo lì. Era il vinile dei Thin Lizzy, Black Rose: a rock legend. Voleva urlare ma non poteva. Voleva piangere, e così accadde.
-il vinile dei Thin Lizzy. Cazzo. Cazzo-. Piangeva silenziosamente, fissando incredulo il 33 giri. Occhi e bocca erano spalancati. Era felice. Jeff lo osservava, zitto, soddisfatto di aver fatto centro.
-ti odio lo sai? Non avresti dovuto... spendere quei soldi per me... sei proprio deviato- spiccicò dopo secoli di trance.
-però.. grazie-. Si asciugò le lacrime con la manica della felpa. Tagliarono la torta, con il coltello a serramanico di Bill. Mangiarono. Era un po' uno schifo.
-dillo pure, avanti-.
-è buona!!! sì, davvero ottima!- mentì spudoratamente il rosso.
-forse hai solo sbagliato qualche passaggio, tutto qua-.
“già, magari mettendo il sale al posto delllo zucchero” pensò ironicamente. La torta era ricoperta di glassa nera e nel centro troneggiava il numero 16. Sarebbe stata molto metal, se non per le candeline rosa.
-ora si festeggia-. Jeff si alzò in piedi e aprì la finestra. Il vento che entrava fece rabbrividire entrambi.
-metti la giacca. Voliamo nella notte-. Bill sorrise spontaneamente. Eccome se era deviato. Ma lo era anche lui, e andava bene così. Aveva sempre odiato il suo compleanno, tranne da bambino. “non c'è niente di bello a invecchiare”. Certe volte i suoi genitori non se n'erano neanche ricordati. Diceva che non gli importava, con un po' di amaro in bocca. I suoi fratelli non se lo dimenticavano mai. Gli facevano dei regali fatti in casa, c'era colla dappertutto naturalmente, e le mani erano appiccicose ogni volta.
Jeff riusciva sempre a sorprenderlo. Non capiva perché gli andasse dietro, in quella vita da matti. Prese i guanti con i fori per le dita, si infilò la giacca e legò le All Stars nere. Scavalcarono e furono fuori. Le luci delle case erano spente. Solo alcuni lampioni illuminavano la via. Alcuni stavano lì, ad accendersi e a spegnersi, a vivere e a morire, mezzi fulminati.
-posso sapere dove andiamo?-.
-cazzo- disse Jeff -sei una paranoia-.
-andiamo al parco vero?-.
-forse-. Percorsero per intero la Elmwood Ave street e svoltarono a destra. Jeff sapeva dove andare e di tanto in tanto fiutava l'aria, profondamente, con il naso all'insù. Ricordava uno di quei cani della dogana che fiutano la presenza di droghe nelle valigie all'aeroporto. Arrivarono al parco che di notte era inquietante e raccapricciante. Altri lampioni si accendevano e si spegnevano. Il Columbian era circondato da una staccionata e l'erba era bagnata infatti prima aveva diluviato. C'era un piccolo laghetto ricoperto quasi del tutto dalle foglie e un mini ponte lo attraversava. Quello era uno dei posti preferiti di Bill, in quella città troppo stretta per le sue idee. Era tranquillo, senza rotture di coglioni. Poteva andare a quel ponte quando gli andava e fare quello che gli andava.
In una di quelle casette lì vicino con tutti i giardini curati e l'erba potata e con le torte messe a raffreddare sul davanzale la domenica mattina ci abitava sua nonna. Nel parco, accanto a una fontana che non era mai stata messa in funzione, vi era una lapide commemorativa. Sopra ci erano incisi tutti i nomi delle persone di Lafayette che tempo addietro avevano combattuto nella guerra civile. Tra quelli c'era un suo lontano parente.
Il cigolio di un' altalena e gli zampilli di luce di certi lampioni formavano un quadretto piuttosto lugubre. Senza contare che era quasi completamente buio.
-mi vuoi per caso far fuori il giorno del mio compleanno?- .
-se non la pianti credo di sì-. Bill sbuffò spazientito. Aveva le mani ficcate nella tasche dei jeans e i capelli un po' smossi dal vento. Alcuni ciuffi gli ricadevano continuamente sugli occhi. Raggiunsero una panchina ricoperta di scritte e disegni volgari.
-ricordi quando abbiamo fatto questo?- disse Bill indicando il gli enormi seni che occupavano che occupavano ¾ dello schienale della panchina. Erano stati fatti con una minuziosa precisione, avevano preso quel lavoro piuttosto sul serio.
-come dimenticarlo- ridacchiò l'amico. Si chinò sulle radici di un albero a qualche metro dalla panchina. Era sicuramente secolare. Lui e il compare erano saliti milioni di volte per marinare la scuola o per scampare alla furia dei vicini lì intorno, vittime di tremendi scherzi made in Jeff&Bill Production. Era davvero una cosa pazzesca quell'albero, ci potevi salire senza fatica. Avrà avuto un diametro di due o tre metri e i suoi rami erano grossi e resistenti. Era un albero di noce. Si mise a scavare tra le foglie e da un buco alle basi dell'albero estrasse una dozzina di bottiglie di birra. Bill strabuzzò gli occhi.
-sei un grande-. Qualche scoiattolo ci sarà rimasto male, pensò Bill, visto che gli hanno fottuto la casa.



2:33 am
-sei un grandiiiiiiiissimo stronzo!!!- urlò stridulamente Jeff.
-iooooooo?! Ma vuoi scherzare?!- disse l'altro sorseggiando la sua sesta birra. Sbrodolò quasi tutto sulla giacca.
-no... non scherzo... tu ce l'hai proprio, la faccia da stronzo-.
-ma sai una cosa? Mia nonna- ruttò improvvisamente, facendo scoppiare a ridere l'amico -dicevo... mia nonna fa questa torta di mele... divina... ti prometto che te la faccio assaggiare, va bene?-. Jeff si fece serio di punto in bianco.
-ma io come ci torno a casa??- disse, quasi strillando. Avevano passato tutta la sera a strillare e a ridere sguaiatamente sotto l'albero di noce.
-non ti preoccupare.... dormi a casa mia-. Poco dopo una volante della polizia accostò vicino alla staccionata. Due poliziotti scesero dalla vettura e si avvicinarono ai ragazzi.
-oh merda- esortò Bill. Non aveva esattamente un buon rapporto con i piedipiatti.
-ancora tu??-. Sospirò uno dei due riferendosi al rosso.
-abbiamo ricevuto una chiamata per schiamazzi e urla moleste. Voi ne sapete qualcosa?-.
-la Brown- borbottò Bill. Mrs. Brown era una vecchia tizia che abitava lì vicino. Il ragazzo e Mrs. Brown si odiavano. Sicuramente l'aveva fatta lei la fatidica chiamata. Bill decise di fare lo gnorri, ovviamente invano. Il suo aspetto, la sua voce e le bottiglie vuote di birra sparse a terra parlavano chiaro.
-ma chi agente? Noi? Noi siamo bravi ragazzi-. Uno dei due poliziotti ridacchiò.
-non attacca Bailey. Salite in macchina. Per stavolta vi riportiamo a casa-.
-NOOOOO!!! Io a casa non ci torno!!!- strillò Jeff cominciando a correre e cadendo rovinosamente a terra pochi secondi dopo.
-in macchina. Muovetevi-.


2:45 am
-ciao pa'- salutò Bill, con un sorrisino da stronzetto e facendo un debole cenno con la mano. Stephen alzò gli occhi al cielo. Ancora casini. Cercò di mantenere la calma.
-suo figlio era al Columbian Park, signor Bailey. Ubriaco fradicio. Abbiamo deciso di portarlo qui per questa volta-. Ormai era una routine quella. L'intero complesso di poliziotti conosceva la peste Bailey e la sua famiglia.
-grazie agenti. Ve ne sono grato. Chi c'era con lui?-.
-Jeffrey Dean Isbell, signore. Lui l'abbiamo già scaricato a casa-. Stephen non ne fu sorpreso per niente.
-nessuna denuncia per urla e schiamazzi molesti, per stavolta. Ma cerchi di tenere a bada suo figlio-.
-certo certo-. Quando se ne furono andati Stephen prese il ragazzo per un orecchio e lo trascinò dentro casa. Chiuse violentemente la porta e cominciò a urlare.
-ti rendi conto che sono le tre di mattina?!-. Gli tirò uno schiaffo. Bill perse l'equilibrio e cadde a terra. Un labbro si era spaccato e fuoriusciva sangue. Ne sentì il sapore in bocca e fece una smorfia di schifo. Odiava il sapore del sangue. Stephen continuava a urlare. “Probabilmente di quanto sono completamente impazzito” pensava Bill, che non lo ascoltava per niente. Badava fissare un piccolo ragno che tesseva una ragnatela sul mobile della TV. Dal corridoio arrivò sua madre con un'orrenda cuffia rosa da notte. Era avvolta in un accappatoio. La sua pelle era pallida e traslucida e i suoi riccioli rossi ricadevano dalle spalle. Era incredibile quanto Bill le assomigliasse.
-cosa succede? William? Cosa hai fatto??-. Si stropicciò gli occhi.
-TUO figlio si è ubriacato di nuovo! È uscito in piena notte, di nuovo! Ma guardalo, il bastardo!-. Lo chiamava spesso bastardo quando si incavolava con lui. E si incavolava spesso. Il ragazzo ancora a terra ora si massaggiava la mascella, borbottando qualcosa a proposito del sangue. Stephen lo prese per un braccio e lo sollevò in piedi. Le gambe gli cedevano e barcollava qua e là. Lo fece coricare sul divano a fiori.
-va' a prendergli un bicchiere d'acqua- disse la donna. Stephen sparì in cucina. La madre si avvicinò al ragazzo. Si stava addormentando. Si era raggomitolato come un riccio, con una mano sotto la guancia. Gli accarezzò il viso, tracciando un percorso dalla fronte al naso e infine alle guance. Erano fredde. Ce le aveva sempre avute fredde. Ora erano un po' rosa, per via di tutto l'alcol che si era ingollato. L'uomo tornò con un bicchiere colmo di acqua.
-lascia stare. Portalo a letto. Domani gli darai una lezione-.
-oh, puoi scommetterci che gliela do una lezione, a questo farabutto-. Prese in braccio il ragazzo, poggiandoselo su una spalla. Pesava una cinquantina di chili, o forse nemmeno. Era tutto ossa, tutto smilzo. Le guance erano scavate, gli zigomi pronunciati. Gli occhi erano verdi, di un verde bizzarro, come smeraldo. Erano cupi, quasi grigi. La cosa che sicuramente faceva più tenerezza erano i polsi. Magri magri e snelli. Stephen lo portò nella sua stanza. Com'era dolce, quella creatura. Penzolava a destra e sinistra, insieme a tutti i suoi capelli.



Angolo della pazza :D.
Allora, buon pomeriggio. Vi devo dire una o due cosette. Prima di tutto l'album dei Thin Lizzy è uscito nel '79 ma non ho resistito a mettercelo. Axl amava i Thin Lizzy e penso che li ami ancora. Si fece un tatuaggo che simboleggiava il suo cambiamento da Bill a Axl che era appunto una rosa, però blu. Voleva mostrarla al cantante Phil Lynott (mi pare fosse il cantante boh) ma questo morì prima. Non so, avrei potuto metterne uno dei Queen che coincideva con la data ma non sarebbe stata la stessa cosa. Poi la Elmwood Ave street non ho idea se sia vicino al Columbian o no, ne ho scelta una a caso. Capitemi, non sono mai stata a Lafayette e entrare su Google earth dal mio computer equivale a crisi isteriche. Poi, l'ultima cosa. Ringrazio GirlFromTheNorthCountry da cui ho preso la mania di dire e scrivere ''deviato'' ogni due secondi e qui penso ci stia molto bene. Ok è tutto. Spero vi piaccia e passate a lasciare una recensione, anche per dirmi cosa ne pensate del flashback all'inizio della storia. Sono piuttosto dubbiosa su quello.
Al prossimo capitolo,
hacja.
   
 
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