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Autore: Defiance    13/03/2016    3 recensioni
[Avengers AU] [Crossover con "La Quinta Onda"] [Basato principalmente sul FILM, il libro lo devo ancora leggere]
Dal Prologo:
"Non so dire di preciso quando è cominciata.
Se è stato nell'esatto momento in cui loro sono arrivati sulla Terra o quando ci siamo resi conto che c’era qualcuno, lì sopra, che monitorava costantemente ogni nostro movimento.
Se è stato quando abbiamo capito che non erano venuti in pace, che non avrebbero fatto un giro turistico del nostro pianeta e poi se ne sarebbero andati, o quando le onde sono iniziate."
Genere: Azione, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Steve Rogers/Captain America, Un po' tutti, Wanda Maximoff/Scarlet Witch
Note: AU, Movieverse, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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Prima Parte:
The Waves
 
 
 



1
 
 

 


 
Per dieci giorni la navicella aveva ruotato attorno alla Terra; l’undicesimo giorno, si era fermata proprio sopra di noi.
Sulla mia città.
Ero uscita di casa, come sempre, per andare a scuola.
C’era meno luce del solito, così alzai gli occhi al cielo e vidi quell’ammasso nero immobile sulla mia testa.
Un brivido mi percorse da capo a piedi.
Era inquietante.
Cosa aspettate ad andarvene?
Avevo pensato, per poi chiedermi se quella “gente” potesse leggere nel pensiero.
I telegiornali non parlavano d’altro, le persone non parlavano d’altro; sembravo l’unica a voler negare la presenza dell’occhio del Grande Fratello alieno che ci osservava in silenzio.
Tutti gli Stati del mondo, tutti gli enti istituzionali, le organizzazioni pubbliche e di protezione, nessuno escluso, avevano provato a parlare con loro, ma quelli non avevano risposto.
Gli avevano pure dato un nome, li chiamavano: gli Altri.
E quel silenzio era strano.
I più credevano che ci avrebbero attaccati; a breve la gente aveva iniziato a lasciare la città.
Non ci sentiamo al sicuro con quella cosa sopra di noi
Non vogliamo trovarci qui quando colpiranno
Mio padre, invece, aveva fiducia.
“Vedrai che vogliono solo collaborare con noi. Magari prenderanno qualche campione del nostro terreno e andranno via. O ci evolveremo” diceva.
“Evolveremo?”
“Ma sì, Nat! Chissà com’è la loro tecnologia, se è più avanzata della nostra… Vedrai che ne uscirà fuori qualcosa di buono”
Poi i giorni erano passati e gli Altri continuavano a non cercare contatti.
Perché restarsene muti, lassù, a scrutarci se non volevano dichiararci guerra?
“Ci vorrebbe una bomba atomica” avevo detto una sera, ascoltando il telegiornale.
Quella fu la prima volta che non mi riconobbi.
La Natasha che conoscevo, non avrebbe mai detto una cosa del genere.
“Nat! Che stai dicendo! Sono esseri viventi come noi e non hanno fatto nulla di male. Il governo se ne starà già occupando. Magari stanno collaborando in segreto; magari, sono in corso delle trattative…”
Magari, magari, magari…
L’unica cosa certa, dal mio punto di vista, era che quella gente non avesse intenti pacifici.
Qualcosa di male, di profondamente sbagliato, la stavano già facendo, lentamente… Mi stavano uccidendo.
 
La navicella era rimasta fissa sopra la città per dieci giorni.
Dieci doveva essere il loro numero preferito, o qualcosa del genere, comunque.
Mi ero quasi abituata a quella cosa, lassù.
Ogni giorno uscivo di casa e la vedevo sulla mia testa.
E ripetevo, nella mia mente, ‘Andate via. Lasciateci in pace. Tornate da dove siete venuti’.
Stavo diventando paranoica.
Nella classe di chimica, ormai, eravamo solo in sei.
Una classe di trenta persone, decimata.
Se ne stavano andando tutti… Mi chiedevo se non avessimo dovuto farlo anche noi, ma papà ripeteva che se avessero voluto attaccarci l’avrebbero già fatto e che, anche se fosse, non saremmo stati al sicuro da nessuna parte.
Il cellulare mi vibrò in tasca, distraendomi da quei pensieri.
 
Jane: [Immagine]
 
Steve Rogers.
Sorrido.
 
Jane: è dietro di te. Parlagli.
Io: non sono ancora impazzita.
Jane: ti chiederà di uscire.
Io: so che ora che mezza città è via
Io: ho più possibilità, ma no, grazie.
Io: ho una dignità.
Jane: andiamo, Nat
Jane: non sei pronta per un po’ di sesso pre-apocalittico?
 
Le mie labbra guizzarono all’insù.
Stavo per risponderle, quando il cellulare si spense all’improvviso.
Ma che cazzo…?
Saltò via la luce.
Il mio sguardo guizzò fuori dalla finestra e in pochi secondi ci ritrovammo tutti con il naso spiaccicato contro il vetro ad osservare cosa stesse succedendo.
Tutti i congegni tecnologici avevano smesso di funzionare; era come se gli Altri avessero messo fuori uso ogni nostra fonte di energia.
Macchine che uscivano fuori strada, passanti che urlavano, qualcuno veniva ferito, qualcun altro si trascinava fuori dalle vetture grondando sangue.
Poi un aereo si schiantò proprio a pochi metri dalla scuola, esplodendo.
Ricordo ancora la scena e la paura come se fosse stato ieri.
Evacuarono l’edificio; non avevamo più la luce, non avevamo più acqua corrente; niente elettricità, niente riscaldamenti, niente di niente.
Ci fecero rifugiare nella palestra, in attesa che i nostri genitori ci venissero a prendere.
Clint era a casa, con la febbre.
Avrei voluto che mi avesse contagiata, avrei voluto non aver lasciato il mio letto quella mattina.
Di qualunque cosa si trattasse, ad ogni modo, era iniziata.
La prima onda.
 
Scambiai un abbraccio con Jane quando arrivò mio padre e, mentre trascinava via una versione di me completamente assente e persa nel vuoto, diedi un ultimo sguardo al ragazzo biondo che se ne stava seduto con lo sguardo basso, per la prima volta da quando l’avevo conosciuto, in disparte.
Si voltò a guardarmi, non sorrise.
Tutto ciò che vidi nei suoi occhi fu paura e tristezza, la speranza che pian piano iniziava ad essere risucchiata via.
 
 
Quella fu l’ultima volta che vidi Steve Rogers.
Probabilmente è morto.
Come chiunque altro in quella palestra.
 
 
 
Clint ed io stavamo trascinando una pesante carrucola tra i boschi.
Dopo la prima onda, erano arrivati gli sciacalli.
Con i mezzi elettronici KO, i sistemi di sicurezza fottuti e l’acqua fuori dalla nostra portata, non ci era voluto molto prima che la gente iniziasse a razziare i supermarket.
Non che ci fosse qualcuno ad impedirglielo, era raro trovare gente fuori casa.
Avevano imposto un coprifuoco, nessuno andava più a lavorare, le lezioni erano state sospese.
La mia mano era intrecciata a quella del mio fratellino più piccolo, di cinque anni, Alex.
La parte più dura, in quella fase, era stata cercare di rassicurarlo nonostante tutti quanti avessimo capito che i recenti avvenimenti non erano un buon segno.
Non riuscivo più a mettere piede fuori da casa mia, ma una volta terminati i viveri era stato necessario trovarne di nuovi.
Mamma e papà si preoccupavano del cibo, noi dell’acqua.
Per questo ci eravamo recati nella foresta, per fare scorta al lago.
Non eravamo sicuri che fosse completamente potabile, ma non avevamo altra scelta.
Come si dice, a mali estremi…
“Cosa credi che vogliano da noi?” aveva cinguettato il mio fratellino, stringendo ancora più forte la mia mano.
“Non lo so, Alex. Proprio non lo so” avevo risposto io, scambiandomi uno sguardo con Clint.
Noi potevamo parlarne, lo avevamo fatto, ipotizzando le cose più assurde e quelle più crudeli; ma traumatizzare Alex, quello non era sull’agenda.
Per cui, ogni volta che tirava fuori il discorso, lo liquidavamo con risposte evasive o cambiavamo argomento iniziando a parlare di cose che lo entusiasmavano.
Dopo i primi due giorni dalla prima onda, quest’ultima tecnica aveva smesso di funzionare.
Alex era sveglio, lo aveva capito ugualmente.
Erano trascorsi altri giorni di assoluto silenzio ed iniziavo quasi ad aspettarmi qualcosa.
Un altro attacco, una bomba sopra la nostra testa, minacce, qualsiasi cosa.
“Forse hanno deciso di lasciarci in pace” aveva ipotizzato Clint, ma lo potevo leggere nel suo sguardo, non era affatto convinto di ciò che diceva.
Aveva scelto di aggrapparsi alla speranza, però, che tutto si sarebbe risolto per il meglio.
Desiderai di aver ereditato anche io l’ottimismo di papà.
Mi ero quasi concessa di credere alla teoria di mio fratello quando l’acqua nei secchi iniziò a tremare, così come il terreno circostante.
Restammo fermi per qualche secondo, guardandoci terrorizzati.
“Scappate! È un terremoto!” urlai, afferrando il braccio di Alex e trascinandolo via.
La gola mi bruciava per la corsa; mi voltai, appena in tempo per accorgermi che un’onda gigante ci stava inseguendo, furiosa.
Adocchiai un albero e lo indicai a Clint.
Aiutammo Alex ad arrampicarsi, poi mio fratello mi costrinse a salire; l’acqua ci aveva quasi raggiunti, ma Clint, con un balzo, riuscì ad aggrapparsi su un ramo appena sotto di noi.
Era sempre stato agile e un portento nelle attività all’aperto.
Fu difficile non lasciarsi andare, buttarsi tra le acque che con la loro forza e la corrente ci attiravano a sé, cercando di piegare e spezzare il nostro unico supporto.
Da una parte, vorrei essere morta quel giorno, quando ero ancora Natasha e quando ancora non avevo vissuto quello che poi ho vissuto, quando ancora non avevo visto le atrocità che col tempo ho visto, quando ancora non mi ero macchiata delle azioni deplorevoli di cui mi sono macchiata.
Quella era la seconda onda.
Da noi il problema principale era causato dal lago, non osai pensare a ciò che sarebbe successo nelle località costiere.
Intere città schiacciate dal mare, distrutte, decine di migliaia di morti.
Il tutto mi fu immediatamente chiaro: non stavano cercando di spaventarci, non miravano a distruggere il pianeta, non volevano semplicemente dichiararci guerra.
Avevano intenzione di sterminarci.
Tutti quanti.






*Angolo Dell'Autrice*
Salve a tutti!
Sono tornata e porto novità: ho finalmente deciso come strutturare questa storia.
Come il libro da cui è tratto il film a cui questa fanfiction si ispira, la storia sarà divisa in più parti, ciascuna delle quali formata da più capitoli. All'inizio, le vicende seguiranno quelle del film/libro (immagino che ormai abbiate capito chi corrisponde a chi), mentre le cose si svilupperanno diversamente a partire dalla fine del primo film/libro: procederò a modo mio, discostandomi nettamente dall'opera originale.
Bene, ringrazio di cuore chi ha letto e recensito la mia storia e spero che questo nuovo capitolo non vi deluda!
A presto,
Bell :)

 
  
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