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Autore: claws    14/03/2016    2 recensioni
Raccolta di shots riguardo pairing vari ed eventuali.
I) Zoro/Robin: «Robin aveva imparato a sfruttare il proprio potere fin da bambina: prima per gesti quotidiani, come spazzare e ripulire in casa; poi per farsi strada nel mondo degli adulti, che aveva imparato essere un brulichio di mostri dagli occhi più o meno buoni.»
II) Robin/Nami: «Nami non aveva mai avuto nessun problema con la propria altezza, visto che era perfettamente nella media essere alta un metro e settanta.»
III) Bibi/Rebecca: «Mia figlia Bibi? Oggi non è in casa, era attesa alla fiera di fumetti e videogiochi che si tiene appena fuori dalla città.»
IV) Smoker/Hina: «Hina invece pensa che Smoker dovrebbe smettere di parlare in terza persona! È irritante!»
V) Smoker/Ace: «Ti sei tagliato i capelli?»
VI) Zoro/Tashigi: «Tu cominci da un punto avvantaggiato, e non credo nemmeno che tu te ne sia accorto, Roronoa: se io adesso sono debole, non lo sarò in futuro.»
[Storia partecipante alla challenge SCEGLI IL PAIRING, SCEGLI L’IMMAGINE indetta da Nami93 sul forum di EFP]
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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De Saturis Lancibus



Stranamore




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Ace non era sempre stato bravo a rompere il ghiaccio: doveva averlo imparato dopo essere partito da casa di Dadan – doveva aver capito che, nei confronti di certi tipi di persone, era consigliabile attaccare per difendersi, piuttosto che ripararsi dietro un muro rotondo quanto uno scudo.

 

Potremmo ignorare altre battute sul fatto che, poco tempo dopo, divenne in grado di sublimare il ghiaccio senza problemi: in questo modo, però, non ci sarebbe gusto, né ci sarebbe questa piccola e quasi inutile introduzione riguardante le stregonerie della natura—potremmo portare la natura in giudizio, e dire: «Signor giudice, loro non sono colpevoli! Il vero criminale è il mondo e il modo in cui è fatto, ché non c’è incendio senza fumo, e non c’è fumo senza bruciato!», allora questa piccola e quasi inutile introduzione potrebbe avere un senso.

Ma non ce l’ha comunque, un senso. Non tutto quello che si trasforma deve avere un senso. O sì?

Probabilmente no.

Forse.

 

Il fatto è che, ben presto, Ace divenne comunque abbastanza bravo nel rompere il ghiaccio, nel sublimarlo e nel conoscere i propri poteri di protetto del Diavolo. Insomma, magari non era in grado di sfruttare al massimo i talenti del Fuoco, ma ci sarebbe riuscito presto – in compenso doveva condurre un piccolo esperimento simil-scientifico con l’aiuto di quel marine strano con cui si era scontrato ad Alabasta.

 

A Nanohana Ace aveva capito che avrebbe potuto unire l’utile al dilettevole – non solo per la caccia a Barbanera, che rimase sempre il suo obiettivo fondamentale: tentare un esperimento testando il proprio fuoco sul fumo dell’avversario e prenderlo in giro sarebbe stato un divertente cambiamento di routine, no?

Doveva anche trarre in salvo Rufy e i suoi amici, per cui no, non avrebbe potuto resistere a una sfida del genere.

«Non posso permetterti di catturare il mio fratellino,» aveva detto Ace prima dello scontro.

Come fuoco e fumo si schiantarono uno contro l’altro, così il pugno di Ace si schiantò contro quello di Smoker, a mezz’aria – e lì rimasero per alcuni secondi, incapaci di sopraffare uno il colpo dell’altro.

«Non sono arrivato fin qui per catturare te, Portgas, ma visto che ci siamo, te lo dirò comunque: arrenditi, e ti porterò in cella con le buone maniere.»

«Ci credi pure, signor soldato,» rispose Ace, ghignando come un gatto del Cheshire, «e ti piacerebbe. Vedi, non sono un tipo a cui piace farsi mettere le manette addosso, né mi piacciono le vostre celle.»

Ace prese un profondo respiro e soffiò del fuoco contro la testa di Smoker, che si era appena condensata a partire dalla nuvola di fumo a dieci metri da terra. Il capitano fece giusto in tempo a soffiare un anello di fumo tale da contenere le fiamme, prima che i suoi sottoposti (là a terra, alle sue spalle) finissero abbrustoliti da quello che, ai nostri occhi, avrebbe potuto benissimo sembrare il getto di un lanciafiamme.

Il combattimento si fece più serrato, più stretto, per così dire, dopo quel soffio di fuoco: questo perché Smoker voleva evitare che venissero coinvolte altre persone nel duello.

«Sai, signor soldato, dovresti smettere di fumare, se volessi continuare a fare bene il tuo lavoro. I fumatori hanno una resistenza minore rispetto a chi non fuma.»

«Tu dovresti smettere di parlare, pirata.»

«Pfff. Scommetto che un sacco di persone si inchinano davanti alla tua determinazione!»

Lo scoppiettare delle fiamme doveva essere la risata di Portgas che lo scherniva – così pensò Smoker: in ogni caso era un suono piuttosto fastidioso, quindi meglio tappargli la bocca subito con un altro pugno sui denti, per togliersi almeno una piccola soddisfazione (certo non l’avrebbe colpito, ma almeno avrebbe rilasciato un po’ di stress dalle nocche, no?).

Da duello da mezzogiorno (e mezzo) di fuoco, il loro combattimento divenne più simile a un gioco. Nessuno dei due sarebbe riuscito ad avere la meglio sull’altro, dunque continuarono a fronteggiarsi perché era stimolante lottare contro un potere affine, se non complementare.

Calarono a terra come un meteorite fumante, nel mezzo della strada che avevano scelto come luogo del duello. Da un unico disco fiammante si separarono fuoco e fumo, prima che si scagliassero tra i sassi e la sabbia in un turbine di polvere.

Da quando aveva lasciato il Nuovo Mondo per raggiungere Barbanera e rendere giustizia a Satch, Ace non aveva ancora provato l’euforia di un buon combattimento. Pensando anche a Rufy, poteva dirsi soddisfatto di quella sosta in Alabasta: la fortuna era stata dalla sua parte ancora una volta, dunque decise di cogliere l’occasione che la sorte gli aveva offerto – che era l’occasione per prendere in giro il vizio di quel soldato in maniera innocente, sul serio.

Ace crepitò in una nuvola di fuoco che, veloce come un fennec, si rannuvolò in essere umano davanti al naso di Smoker – o meglio, davanti alla bocca di Smoker e dunque davanti a un sigaro ancora spento.

«Lascia, signor soldato che andrà presto in pensione, ci penso io,» disse Ace, accendendo il sigaro con un dito di fiamma. Dire che Smoker era perplesso era un eufemismo, ma dopotutto il capitano non sembrava davvero sorpreso (questo perché le sopracciglia corrugate avrebbero potuto essere sinonimo anche di rabbia o di fastidio). «Consideralo un regalo per aver lasciato andare me e mio fratello!»

Dopo quel momento di sgomento Smoker scosse la testa, soffiò un anello di fumo e si mise a correre dietro quei due marmocchi che gli sarebbero sfuggiti di nuovo – il che, a dirla tutta, non era proprio una novità.

 

La novità arrivò qualche tempo dopo, direttamente sulla sua nave: non è forse del tutto inusuale una lingua di fuoco che si arrampica fin sulla finestrella della cabina e che non brucia il legno del pavimento?

La fiamma continuò a bruciare anche quando l’aria si fece così viziata da far salire le lacrime agli occhi e a stringere l’aria fino a soffocarla. Bruciò altre volte, sempre controllata, sempre accompagnata dal fumo, che si attorcigliava sul fuoco come le squame si muovono fluidamente sulla coda di un serpente.

 

«Ti sei tagliato i capelli?»

Smoker pensò che non fosse per nulla il momento migliore per porre una domanda del genere, ma dopotutto quello lì era uno che riusciva sempre ad essere un’eccezione per ogni dannatissima cosa.

«Non riesco a prendere i capelli sulla tua nuca» continuò Ace. Nella fretta di un movimento secco e improvviso acciuffò una ciocca dei capelli di Smoker un po’ più in alto rispetto alla nuca e tirò con forza.

Ace ora aveva sotto gli occhi la mandibola del capitancommodoro e, per quanto fosse un bel profilo, avrebbe preferito non fermare in quel modo brusco uno dei rari momenti in cui Smoker si dimostrava quasi – quasi – affettuoso. Quasi, evidenziamolo bene. Diciamo che, nel baciargli il collo, ancora non l’aveva morso.

«Scusa,» continuò il ragazzo, ridendo, «te li sei davvero tagliati! È colpa tua se per sbaglio quasi ti rompo l’osso del collo!»

«Oltre al danno, la beffa. Dovrei ucciderti io.»

«Mi stai già uccidendo, che non ti dai una mossa.»

Così Smoker torturò Ace ancora per un po’, per punire quel tentato omicidio involontario. Tra mani nei capelli e piedi incastrati sui lombi e le cosce di uno sui fianchi dell’altro c’era abbastanza vapore da schiantare la testa sul cuscino e dormire.

 

«Credo che non ci sia molto da nascondere, Smokey. Voglio dire, quelli della Marina risparmiano parecchio sul legno per le navi, le pareti sono molto sottili.»

«Tu sei troppo rumoroso.»

«Oi, di nuovo con questa storia? Guarda che tra tutti e due non siamo messi bene per niente!»

«I miei uomini non chiederanno mai nulla.»

«I tuoi uomini? Adesso sono geloso.»

Non lo era davvero, ovviamente, solo che prendere in giro il commodoro era uno dei migliori passatempi che aveva trovato da quando era tornato nella prima parte della Rotta Maggiore. E poi quegli uomini erano i suoi sottoposti, per cui non c’era nulla di cui preoccuparsi.

Quella sera Ace si sporse sulla scrivania della cabina di Smoker e praticamente ci si spalmò sopra, ridendo sotto i baffi. Aveva di nuovo quella faccia di bronzo che faceva venire voglia di prenderlo a schiaffi quando disse: «Il bello di un segreto è che sai che dovresti mantenerlo, Smokey. Non ci stiamo riuscendo molto bene.»

«Hai uno strano concetto di segreti, marmocchio,» rispose Smoker, archiviando una quantità spropositata di documenti in un cassetto della scrivania. «Finché nessuno di loro chiede e nessuno di noi parla, il segreto rimane segreto.»

«Il fatto è che tutti e due non parliamo, gridiamo

D’accordo, Portgas gli stava dando sui nervi (nessuna nuova, buona nuova, diceva qualcuno).

«Pensavo che, in quanto pirata, te ne fregassi delle chiacchiere delle persone.»

«Non è per me – non è solo per me.»

Ehi, quella volta Smoker rimase perplesso (un po' come quando ad Alabasta Ace gli accese un sigaro). Alzò perfino un sopracciglio per marcare quello strano sentimento che di rado provava.

«Cadi dalle nuvole se ti dico che corri più rischi di me, in questa storia?»

«No.»

Ace aspettò qualche secondo prima di rispondere. Forse per dare un momento in più a Smoker per aggiungere qualche parola che non arrivò mai. Poi disse: «Smokey, lo sai che errare è umano, ma perseverare è diabolico, no?»

«Si applica a tutti e due.» Rispose l’altro, senza degnare Pugno di Fuoco di uno sguardo. Il fumo che si attorcigliava attorno al sigaro era molto più interessante della faccia da schiaffi lentigginosa, evidentemente.

(Era anche da considerare, però, che Smoker sapeva dire dove Ace fosse stato soltanto dando un’occhiata a quante lentiggini c’erano su suddetta faccia da schiaffi e considerando quanto tempo era trascorso dall’ultima visita del pirata.)

«Vero, vero.» Ace lanciò un’occhiata curiosa – e un po’ storta – al commodoro. «Sarà dovuto ai nostri poteri? Dopotutto, dove c’è fumo, c’è fuoco. Se ci metti in mezzo il Diavolo, poi!»

«Stammi a sentire, Ace—»

«No, stammi a sentire tu—ehi, ma mi hai chiamato per nome? Questo è un progresso!»

Smoker era passato dalla perplessità alla sottile incazzatura – o era forte irritazione? Forse Ace avrebbe dovuto chiamare Tashigi per poter capire esattamente quale fosse tra le due (tanto ormai la ragazza non si stupiva più di nulla, quando Ace visitava la loro nave: avrebbe potuto chiederle cose del genere e lei non si sarebbe scomposta poi molto).

«Ok, scusa. Dicevi?»

Ah, certo, perché quel marmocchio doveva sempre averla vinta. Smoker prese il posacenere, in cui la polvere stava mettendo a dura prova la tensione superficiale dell’acqua, e svuotò il contenuto su quella faccia tosta che aveva davanti al naso.

«Non hai un gran senso dell’umorismo, eh, Smokey?» Esclamò Ace, per nulla preoccupato da quella scenata che fingeva di essere un tentativo di tenere la rabbia sotto controllo. Sapeva benissimo che Smoker stava soltanto evitando la discussione – questo perché il commodoro non sapeva dire bugie, e non parlare era la soluzione migliore per non tirar fuori né verità né menzogne. Perciò quello che Ace doveva fare era non arrabbiarsi e incalzare Smoker. «Allora, cosa mi volevi dire?»

Smoker sbuffò. Non poteva mentire – proprio non ci riusciva. «I miei affari personali non sono di competenza della Marina. Pensino pure quello che vogliono.»

«Questo è vero, almeno fino a quando non interferiscono nel tuo lavoro. E—» Ace si interruppe per inclinare in modo molto teatrale la testa «non interferiscono, giusto

No, perché quel marmocchio non era un’interferenza, proprio no: era piuttosto una dannatissima sottrazione indebita di lumacofono, altroché! Fottuto ragazzino che gli faceva sempre saltare i nervi – sia nel bene che nel male.

«Se tu non fossi sdraiato sulla mia scrivania, allora no, non lo sarebbe.»

«Sono la voce della tua coscienza—a,» sussurrò Ace, con un sorriso furbetto da volpe, «smetti di leggere quella robaccia—a, signor commodoro—o, e pensa a come mettere a posto questa interferenza che hai davanti agli occhi—i.»

Stupida (e invitante) sottrazione indebita di lumacofono in cui Smoker cascava sempre e comunque.

 

«Portgasss—»

«Oi—»

«Sta’ zitto un po’.»

«Guarda che io ero zitto! È stato il mio gemello cattivo

Una decina di secondi di silenzio. «Certo.»

«E comunque sei stato tu a cominciare.»

La differenza tra un bambino e quell’impertinente di Portgas era una e fondamentale: Smoker non provava il desiderio irrefrenabile di strozzare con le proprie mani i bambini – mentre per quanto riguardava Ace la voglia era così intensa che reprimerla gli dava fastidio. (Be’, poi ce n’era anche un’altra: va bene tutto, ma a Smoker i bambini non piacevano in quell’altro senso, il solo pensiero lo faceva rabbrividire. Forse neanche Portgas gli piaceva in quell’altro senso. Forse sì. Non intendeva discuterne neanche con se stesso, d’accordo?)

«Non ti ho detto di star zitto per cominciare un discorso, ma per evitare di far rumore.» Disse Smoker. Ace mise il broncio e sbuffò. Il commodoro scosse la testa e aggiunse: «Sei stato tu a dire che gridiamo, quindi ti sto avvisando preventivamente.»

«Se mi dici cose del genere, Smokey, poi io ho grandi aspettative sulle nostre attività nell’immediato futuro.»

Smoker giurò solennemente a se stesso di non avere buone intenzioni – non nei confronti di quel ragazzino che godeva immensamente nel prenderlo in giro, soprattutto in situazioni come quella, in cui perdere la testa metaforicamente avrebbe potuto portarli a perdere la testa letteralmente.

 

«Credo che dovremmo—calmarci un po’.»

«Ti ricordo che stai parlando con uno che va a fuoco di continuo.»

Smoker guardò male Ace – che invece era tutto intento a sfogliare il giornale per leggere i titoli più interessanti. Poi ricordò qualcosa che lo fece alzare di scatto dalla seggiolina; acchiappando la tazza piena di tè di Smoker la bevve tutta d’un sorso (il caffè era da evitare, la base del G-2 glielo aveva insegnato), poi spiegò il giornale sulla scrivania, ignorando documenti, burocrazia e altre amenità della vita di un commodoro di Marina, e appoggiò sopra la pagina aperta una cartolina.

«Guarda qua! Me l’ha scattata l’altro giorno una signora.» Ace indicò la cartolina che aveva appoggiato su una delle pagine centrali del giornale, ridacchiando allegramente.

La fotografia ritraeva Ace presso un molo di una qualche isoletta sulla Rotta Maggiore. L’avevano fotografato mentre si stava avvicinando allo Striker, lì sullo sfondo: Ace era di profilo, ma con la testa rivolta verso l’obiettivo – e per questo si vedevano bene sia l’occhiolino, sia il sigaro acceso che aveva in bocca.

«Ti piace? La signora ha detto che la vuole mandare a un concorso di fotografia, perché vedi, la luce—secondo lei è venuta così bene che potrebbe vincere il primo premio!»

E lo diceva con quella faccia così seria, mugugnando qualcosa sull’essere proprio molto fotogenico! Per fortuna che Portgas aveva bevuto il suo tè, altrimenti Smoker l’avrebbe sputato sulla cartolina e la fotografia sarebbe stata rovinat—cioè, avrebbe sporcato la scrivania, di sicuro, sì. Certo. Così si pensava.

«Ho l’impressione—» cominciò Smoker, in tono vagamente (vagamente?) sarcastico, «che tu stia facendo del tuo meglio per tenere tutto nascosto, Portgas. E immagino che tu le abbia detto di partecipare assolutamente, perché ti pensi molto affascinante, in questa foto.»

«Ehi, perché? Non lo sono?» Ace mise su il broncio. Gli piaceva un mondo far l’attore in maniera così spensierata.

Smoker pensò bene di tirargli la cartolina in testa, tanto per far capire quanto approvasse l’idea.

«Ma sta’ tranquillo, Smokey,» disse Ace, soffiandogli un bacio di scintille, «non dirò nulla. Non ho detto nulla. È una fotografia, non una dichiarazione d’intenti firmata e controfirmata. Non dicevi che possono pensare quello che vogliono? Lasciali pensare. Gli ho solo dato del materiale su cui lavorare.»

Smoker questa volta gliela concesse buona solo perché, stando al racconto di Ace, aveva sottratto indebitamente un pacco di sigari da un negozio insieme a un cesto per il pranzo di quel giorno – non perché Ace avesse sfoderato il proprio sorriso migliore e gli avesse pizzicato una guancia, no.











 


Note Autrice:

sfruttare al massimo i talenti del Fuoco › si riferisce al Risveglio (Awakening) dei poteri dei frutti del Diavolo. 

tensione superficiale dell'acquaè volutamente scritto così, non scherzo né l'ho fatto senza pensarci! XD (sì, è un'idiozia. Passatemela. Adoro queste stupidaggini.)

gatto del Cheshire › conosciuto anche con il nome di Stregatto per il film d’animazione, è il gatto che compare nelle Avventure di Alice nel Paese delle meraviglie.

Oddio, OTP ovunque. Cioè, lo ZoSan è lo ZoSan, non si tocca, è stato il mio primissimo amore slash, ma Ace e Smoker—loro sono tipo asdfghjkl. Sono tipo la mia ossessione, ultimamente. Per un po’ di anni li avevo abbandonati, come Zoro e Sanji, ma adesso sono tornati con prepotenza nella mia povera testolina e non l’abbandoneranno così facilmente – non che mi dispiaccia, eh.

Gente io amo tanto sti due cretini, c’è poco da fare.

Ah, sì, avevo detto SmoLaw, sì, tanto tempo fa... quella non la finirò mai, se continuo così, lol.

Ma cos’è questa shot, di preciso? Mi sa che è un grandissimo svarione: nel senso—io ci volevo mettere un po’ di idiozie (e ce le ho messe), poi un po’ di cose simil-sensuali (ma non ci sono riuscita perché non ne sono capace, vengono fuori idiozie anche quando mi ci impegno). Mi fanno molto ridere, sti due, ma allo stesso tempo vorrei sbattere la testa sulla tastiera perché sono belli e, anche se non sono teneri, mi fan tenerezza lo stesso (questo è dovuto al fatto che sono due emeriti imbecilli, anche se non lo sono. Mi capite? XD). Poi SBAM!, arriva il canon in stile SWAT che tirano giù la porta di casa con un mini-ariete e io piango tutti i miei feels. Ehm.

Ovviamente scherzo. Mi sono divertita un mondo a scrivere questa shot, amo tanto sti due stupidi e ho sempre gran voglia di scrivere di loro. Il risultato non mi dispiace per nulla. Sarei curiosa di sapere se è piaciuto anche a voi. -w-

Also la canzone che mi ha portato fin qui è Strange Love, di Halsey. Il titolo della shot può riferirsi sia al pezzo di Halsey, sia a quello di Vecchioni, sia alla mia incapacità nello scegliere titoli normali. lol.

Spero vi sia piaciuta.

Ringrazio tanto Nami93_Calypso per il commento che mi ha lasciato nello scorso capitolo – e per aver ideato questa challenge epica.

Grazie per aver letto. C:

Alla prossima!

claws_Jo





Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

  
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