De Saturis Lancibus
Stranamore
Ace
non era sempre
stato bravo a rompere il ghiaccio: doveva averlo imparato dopo essere
partito
da casa di Dadan – doveva aver capito che, nei confronti di
certi tipi di
persone, era consigliabile attaccare per difendersi, piuttosto che
ripararsi
dietro un muro rotondo quanto uno scudo.
Potremmo
ignorare
altre battute sul fatto che, poco tempo dopo, divenne in grado di sublimare il ghiaccio senza problemi: in
questo modo, però, non ci sarebbe gusto, né ci
sarebbe questa piccola e quasi
inutile introduzione riguardante le stregonerie della
natura—potremmo portare
la natura in giudizio, e dire: «Signor giudice, loro non sono
colpevoli! Il
vero criminale è il mondo e il modo in cui è
fatto, ché non c’è incendio senza
fumo, e non c’è fumo senza bruciato!»,
allora questa piccola e quasi inutile
introduzione potrebbe avere un senso.
Ma
non ce
l’ha
comunque, un senso. Non tutto quello che si trasforma deve avere un
senso. O
sì?
Probabilmente
no.
Forse.
Il
fatto è
che,
ben presto, Ace divenne comunque abbastanza bravo nel rompere il
ghiaccio, nel
sublimarlo e nel conoscere i propri poteri di protetto del Diavolo.
Insomma,
magari non era in grado di sfruttare al massimo i talenti del Fuoco, ma
ci
sarebbe riuscito presto – in compenso doveva condurre un
piccolo
esperimento
simil-scientifico con l’aiuto di quel marine strano con cui
si era scontrato ad
Alabasta.
A
Nanohana Ace
aveva capito che avrebbe potuto unire l’utile al dilettevole
– non solo per la
caccia a Barbanera, che rimase sempre il suo obiettivo fondamentale:
tentare
un esperimento testando il proprio fuoco sul fumo
dell’avversario e prenderlo
in giro sarebbe stato un divertente cambiamento di routine, no?
Doveva
anche
trarre in salvo Rufy e i suoi amici, per cui no,
non avrebbe potuto resistere a una sfida del genere.
«Non
posso
permetterti di catturare il mio fratellino,» aveva detto Ace
prima dello
scontro.
Come
fuoco e fumo
si schiantarono uno contro l’altro, così il pugno
di Ace si schiantò contro
quello di Smoker, a mezz’aria – e lì
rimasero per alcuni secondi, incapaci di
sopraffare uno il colpo dell’altro.
«Non
sono
arrivato
fin qui per catturare te, Portgas, ma visto che ci siamo, te lo
dirò comunque:
arrenditi, e ti porterò in cella con le buone
maniere.»
«Ci
credi
pure,
signor soldato,» rispose Ace, ghignando come un gatto del
Cheshire, «e ti
piacerebbe. Vedi, non sono un tipo a cui piace farsi mettere le manette
addosso, né mi piacciono le vostre celle.»
Ace
prese un
profondo respiro e soffiò del fuoco contro la testa di
Smoker, che si era
appena condensata a partire dalla nuvola di fumo a dieci metri da
terra. Il
capitano fece giusto in tempo a soffiare un anello di fumo tale da
contenere le
fiamme, prima che i suoi sottoposti (là a terra, alle sue
spalle) finissero
abbrustoliti da quello che, ai nostri occhi, avrebbe potuto benissimo
sembrare
il getto di un lanciafiamme.
Il
combattimento
si fece più serrato, più stretto, per
così dire, dopo quel soffio di fuoco:
questo perché Smoker voleva evitare che venissero coinvolte
altre persone nel
duello.
«Sai,
signor
soldato, dovresti smettere di fumare, se volessi continuare a fare bene
il tuo
lavoro. I fumatori hanno una resistenza minore rispetto a chi non
fuma.»
«Tu
dovresti
smettere di parlare, pirata.»
«Pfff.
Scommetto
che un sacco di persone si inchinano davanti alla tua
determinazione!»
Lo
scoppiettare
delle fiamme doveva essere la risata di Portgas che lo scherniva
– così pensò Smoker:
in ogni caso era un suono piuttosto fastidioso, quindi meglio tappargli
la
bocca subito con un altro pugno sui denti, per togliersi almeno una
piccola
soddisfazione (certo non l’avrebbe colpito, ma almeno avrebbe
rilasciato un po’
di stress dalle nocche, no?).
Da
duello da
mezzogiorno (e mezzo) di fuoco, il loro combattimento divenne
più simile a un
gioco. Nessuno dei due sarebbe riuscito ad avere la meglio
sull’altro, dunque
continuarono a fronteggiarsi perché era stimolante lottare
contro un potere
affine, se non complementare.
Calarono
a terra
come un meteorite fumante, nel mezzo della strada che avevano scelto
come luogo
del duello. Da un unico disco fiammante si separarono fuoco e fumo,
prima che
si scagliassero tra i sassi e la sabbia in un turbine di polvere.
Da
quando aveva
lasciato il Nuovo Mondo per raggiungere Barbanera e rendere giustizia a
Satch,
Ace non aveva ancora provato l’euforia di un buon
combattimento. Pensando anche
a Rufy, poteva dirsi soddisfatto di quella sosta in Alabasta: la
fortuna era
stata dalla sua parte ancora una volta, dunque decise di cogliere
l’occasione
che la sorte gli aveva offerto – che era
l’occasione per prendere in giro il
vizio di quel soldato in maniera innocente, sul serio.
Ace
crepitò
in una
nuvola di fuoco che, veloce come un fennec, si rannuvolò in
essere umano
davanti al naso di Smoker – o meglio, davanti alla bocca di
Smoker e dunque
davanti a un sigaro ancora spento.
«Lascia,
signor
soldato che andrà presto in pensione, ci penso
io,» disse Ace, accendendo il
sigaro con un dito di fiamma. Dire che Smoker era perplesso era un
eufemismo,
ma dopotutto il capitano non sembrava davvero sorpreso (questo
perché le
sopracciglia corrugate avrebbero potuto essere sinonimo anche di rabbia
o di
fastidio). «Consideralo un regalo
per
aver lasciato andare me e mio fratello!»
Dopo
quel momento
di sgomento Smoker scosse la testa, soffiò un anello di fumo
e si mise a
correre dietro quei due marmocchi che gli sarebbero sfuggiti di nuovo
– il che,
a dirla tutta, non era proprio una novità.
La
novità
arrivò
qualche tempo dopo, direttamente sulla sua nave: non è forse
del tutto inusuale
una lingua di fuoco che si arrampica fin sulla finestrella della cabina
e che
non brucia il legno del pavimento?
La
fiamma
continuò
a bruciare anche quando l’aria si fece così
viziata da far salire le lacrime
agli occhi e a stringere l’aria fino a soffocarla.
Bruciò altre volte, sempre
controllata, sempre accompagnata dal fumo, che si attorcigliava sul
fuoco come
le squame si muovono fluidamente sulla coda di un serpente.
«Ti
sei
tagliato i
capelli?»
Smoker
pensò che
non fosse per nulla il momento migliore per porre una domanda del
genere, ma
dopotutto quello lì era
uno che
riusciva sempre ad essere un’eccezione per ogni dannatissima
cosa.
«Non
riesco
a prendere
i capelli sulla tua nuca» continuò Ace. Nella
fretta di un movimento secco e
improvviso acciuffò una ciocca dei capelli di Smoker un
po’ più in alto
rispetto alla nuca e tirò con forza.
Ace
ora aveva
sotto gli occhi la mandibola del capitan—commodoro
e, per quanto fosse un bel
profilo,
avrebbe preferito non fermare in quel modo brusco uno dei rari momenti
in cui
Smoker si dimostrava quasi – quasi
–
affettuoso. Quasi, evidenziamolo
bene. Diciamo che, nel baciargli il collo, ancora non l’aveva
morso.
«Scusa,»
continuò
il ragazzo, ridendo, «te li sei davvero tagliati!
È colpa tua se per sbaglio
quasi ti rompo l’osso del collo!»
«Oltre
al
danno,
la beffa. Dovrei ucciderti io.»
«Mi
stai
già
uccidendo, che non ti dai una mossa.»
Così
Smoker
torturò Ace ancora per un po’, per punire quel
tentato omicidio involontario.
Tra mani nei capelli e piedi incastrati sui lombi e le cosce di uno sui
fianchi
dell’altro c’era abbastanza vapore da schiantare la
testa sul cuscino e
dormire.
«Credo
che
non ci
sia molto da nascondere, Smokey. Voglio dire, quelli della Marina
risparmiano
parecchio sul legno per le navi, le pareti sono molto
sottili.»
«Tu
sei
troppo
rumoroso.»
«Oi,
di
nuovo con
questa storia? Guarda che tra tutti e due non siamo messi bene per
niente!»
«I
miei
uomini non
chiederanno mai nulla.»
«I
tuoi
uomini?
Adesso sono geloso.»
Non
lo era
davvero, ovviamente, solo che prendere in giro il commodoro era uno dei
migliori passatempi che aveva trovato da quando era tornato nella prima
parte
della Rotta Maggiore. E poi quegli uomini erano i suoi sottoposti, per
cui non
c’era nulla di cui preoccuparsi.
Quella
sera Ace si
sporse sulla scrivania della cabina di Smoker e praticamente ci si
spalmò
sopra, ridendo sotto i baffi. Aveva di nuovo quella faccia di bronzo
che faceva
venire voglia di prenderlo a schiaffi quando disse: «Il bello
di un segreto è
che sai che dovresti mantenerlo, Smokey. Non ci stiamo riuscendo molto
bene.»
«Hai
uno
strano
concetto di segreti, marmocchio,» rispose Smoker, archiviando
una quantità
spropositata di documenti in un cassetto della scrivania.
«Finché nessuno di
loro chiede e nessuno di noi parla, il segreto rimane
segreto.»
«Il
fatto
è che tutti
e due non parliamo, gridiamo.»
D’accordo,
Portgas
gli stava dando sui nervi (nessuna nuova,
buona nuova, diceva qualcuno).
«Pensavo
che, in
quanto pirata, te ne fregassi delle chiacchiere delle
persone.»
«Non
è per me –
non è solo per
me.»
Ehi,
quella volta
Smoker rimase perplesso (un po' come quando ad Alabasta Ace gli accese un sigaro). Alzò perfino
un sopracciglio per marcare quello strano sentimento che di rado
provava.
«Cadi
dalle
nuvole
se ti dico che corri più rischi di me, in questa
storia?»
«No.»
Ace
aspettò
qualche secondo prima di rispondere. Forse per dare un momento in
più a Smoker
per aggiungere qualche parola che non arrivò mai. Poi disse:
«Smokey, lo sai
che errare è umano, ma perseverare è diabolico,
no?»
«Si
applica
a
tutti e due.» Rispose l’altro, senza degnare Pugno
di Fuoco di uno sguardo. Il
fumo che si attorcigliava attorno al sigaro era molto più
interessante della
faccia da schiaffi lentigginosa, evidentemente.
(Era
anche da
considerare, però, che Smoker sapeva dire dove Ace fosse
stato soltanto dando
un’occhiata a quante lentiggini c’erano su suddetta
faccia da schiaffi e
considerando quanto tempo era trascorso dall’ultima visita
del pirata.)
«Vero,
vero.» Ace
lanciò un’occhiata curiosa – e un
po’ storta – al commodoro.
«Sarà dovuto ai
nostri poteri? Dopotutto, dove c’è fumo,
c’è fuoco. Se ci metti in mezzo il Diavolo,
poi!»
«Stammi
a
sentire,
Ace—»
«No,
stammi
a
sentire tu—ehi, ma mi hai chiamato per nome? Questo
è un progresso!»
Smoker
era passato
dalla perplessità alla sottile incazzatura – o era
forte irritazione? Forse Ace
avrebbe dovuto chiamare Tashigi per poter capire esattamente quale
fosse tra le
due (tanto ormai la ragazza non si stupiva più di nulla,
quando Ace visitava la
loro nave: avrebbe potuto chiederle cose del genere e lei non si
sarebbe
scomposta poi molto).
«Ok,
scusa.
Dicevi?»
Ah,
certo,
perché
quel marmocchio doveva sempre averla vinta. Smoker prese il posacenere,
in cui
la polvere stava mettendo a dura prova la tensione superficiale
dell’acqua, e
svuotò il contenuto su quella faccia tosta che aveva davanti
al naso.
«Non
hai un
gran
senso dell’umorismo, eh, Smokey?»
Esclamò Ace, per nulla preoccupato da quella
scenata che fingeva di essere un tentativo di tenere la rabbia sotto
controllo.
Sapeva benissimo che Smoker stava soltanto evitando la discussione
– questo
perché il commodoro non sapeva dire bugie, e non parlare era
la soluzione
migliore per non tirar fuori né verità
né menzogne. Perciò quello che Ace
doveva fare era non arrabbiarsi e incalzare Smoker. «Allora,
cosa mi volevi
dire?»
Smoker
sbuffò. Non
poteva mentire – proprio non ci riusciva. «I miei
affari personali non sono di
competenza della Marina. Pensino pure quello che vogliono.»
«Questo
è vero,
almeno fino a quando non interferiscono nel tuo lavoro.
E—» Ace si interruppe
per inclinare in modo molto teatrale la testa «non
interferiscono, giusto?»
No,
perché
quel
marmocchio non era un’interferenza, proprio no: era piuttosto
una dannatissima
sottrazione indebita di lumacofono, altroché! Fottuto
ragazzino che gli faceva
sempre saltare i nervi – sia nel bene che nel male.
«Se
tu non
fossi
sdraiato sulla mia scrivania, allora no, non lo sarebbe.»
«Sono
la
voce
della tua coscienza—a,» sussurrò Ace,
con un sorriso furbetto da volpe, «smetti
di leggere quella robaccia—a, signor commodoro—o, e
pensa a come mettere a
posto questa interferenza che hai davanti agli
occhi—i.»
Stupida
(e
invitante) sottrazione indebita di lumacofono in cui Smoker cascava
sempre e
comunque.
«Portgasss—»
«Oi—»
«Sta’
zitto un
po’.»
«Guarda
che
io ero
zitto! È stato il mio gemello
cattivo!»
Una
decina di
secondi di silenzio. «Certo.»
«E
comunque
sei
stato tu a cominciare.»
La
differenza tra
un bambino e quell’impertinente di Portgas era una e
fondamentale: Smoker non
provava il desiderio irrefrenabile di strozzare con le proprie mani i
bambini –
mentre per quanto riguardava Ace la voglia era così intensa
che reprimerla gli
dava fastidio. (Be’, poi ce n’era anche
un’altra: va bene tutto, ma a Smoker i
bambini non piacevano in
quell’altro
senso, il solo pensiero lo faceva rabbrividire. Forse neanche
Portgas gli
piaceva in quell’altro senso. Forse
sì.
Non intendeva discuterne neanche con se stesso, d’accordo?)
«Non
ti ho
detto
di star zitto per cominciare un discorso, ma per evitare di far
rumore.» Disse
Smoker. Ace mise il broncio e sbuffò. Il commodoro scosse la
testa e aggiunse: «Sei
stato tu a dire che gridiamo, quindi ti sto avvisando
preventivamente.»
«Se
mi dici
cose
del genere, Smokey, poi io ho grandi aspettative sulle nostre
attività
nell’immediato futuro.»
Smoker
giurò
solennemente a se stesso di non avere buone intenzioni – non
nei confronti di
quel ragazzino che godeva immensamente nel prenderlo in giro,
soprattutto in
situazioni come quella, in cui perdere la testa metaforicamente
avrebbe potuto portarli a perdere la testa letteralmente.
«Credo
che
dovremmo—calmarci un po’.»
«Ti
ricordo
che
stai parlando con uno che va a fuoco di continuo.»
Smoker
guardò male
Ace – che invece era tutto intento a sfogliare il giornale
per leggere i titoli
più interessanti. Poi ricordò qualcosa che lo
fece alzare di scatto dalla
seggiolina; acchiappando la tazza piena di tè di Smoker la
bevve tutta d’un
sorso (il caffè era da evitare, la base del G-2 glielo aveva
insegnato), poi
spiegò il giornale sulla scrivania, ignorando documenti,
burocrazia e altre
amenità della vita di un commodoro di Marina, e
appoggiò sopra la pagina aperta
una cartolina.
«Guarda
qua!
Me l’ha
scattata l’altro giorno una signora.» Ace
indicò la cartolina che aveva appoggiato su una delle
pagine centrali del giornale, ridacchiando allegramente.
La
fotografia
ritraeva Ace presso un molo di una qualche isoletta sulla Rotta
Maggiore. L’avevano
fotografato mentre si stava avvicinando allo Striker, lì
sullo sfondo: Ace era
di profilo, ma con la testa rivolta verso l’obiettivo
– e per questo si
vedevano bene sia l’occhiolino, sia il sigaro acceso che
aveva in bocca.
«Ti
piace? La signora
ha detto che la vuole mandare a un concorso di fotografia,
perché vedi, la luce—secondo
lei è venuta così bene che potrebbe vincere il
primo premio!»
E
lo diceva con
quella faccia così seria, mugugnando qualcosa
sull’essere proprio molto
fotogenico! Per fortuna che Portgas aveva bevuto il suo tè,
altrimenti Smoker l’avrebbe
sputato sulla cartolina e la fotografia sarebbe stata
rovinat—cioè, avrebbe
sporcato la scrivania, di sicuro, sì. Certo. Così
si pensava.
«Ho
l’impressione—»
cominciò Smoker, in tono vagamente (vagamente?)
sarcastico,
«che tu stia
facendo del tuo meglio per tenere tutto nascosto, Portgas. E immagino
che
tu le
abbia detto di partecipare assolutamente, perché ti pensi
molto affascinante,
in questa foto.»
«Ehi,
perché? Non
lo sono?» Ace mise su il broncio. Gli piaceva un mondo far
l’attore in maniera
così spensierata.
Smoker
pensò bene
di tirargli la cartolina in testa, tanto per far capire quanto
approvasse l’idea.
«Ma
sta’
tranquillo, Smokey,» disse Ace, soffiandogli un bacio di
scintille, «non dirò
nulla. Non ho detto nulla. È una fotografia, non una
dichiarazione d’intenti
firmata e controfirmata. Non dicevi che possono pensare quello che
vogliono? Lasciali pensare. Gli ho solo dato del materiale su cui
lavorare.»
Smoker
questa
volta gliela concesse buona solo perché, stando al racconto
di Ace, aveva
sottratto indebitamente un pacco di sigari da un negozio insieme a un
cesto per
il pranzo di quel giorno – non perché Ace avesse
sfoderato il proprio sorriso
migliore e gli avesse pizzicato una guancia, no.
Note Autrice:
sfruttare al massimo i talenti del Fuoco › si riferisce al Risveglio (Awakening) dei poteri dei frutti del Diavolo.
tensione superficiale dell'acqua › è volutamente scritto così, non scherzo né l'ho fatto senza pensarci! XD (sì, è un'idiozia. Passatemela. Adoro queste stupidaggini.)
gatto
del Cheshire
› conosciuto anche con il nome di Stregatto per il film
d’animazione, è il
gatto che compare nelle Avventure di
Alice nel Paese delle meraviglie.
Oddio,
OTP
ovunque. Cioè, lo ZoSan è lo ZoSan, non si tocca,
è stato il mio primissimo
amore slash, ma Ace e Smoker—loro sono tipo asdfghjkl. Sono
tipo la mia
ossessione, ultimamente. Per un po’ di anni li avevo
abbandonati, come Zoro e
Sanji, ma adesso sono tornati con prepotenza nella mia povera testolina
e non
l’abbandoneranno così facilmente – non
che mi dispiaccia, eh.
Gente
io amo tanto
sti due cretini, c’è poco da fare.
Ah,
sì,
avevo
detto SmoLaw, sì, tanto tempo fa... quella non la
finirò mai, se continuo così,
lol.
Ma
cos’è questa
shot, di preciso? Mi sa che è un grandissimo svarione: nel
senso—io ci volevo
mettere un po’ di idiozie (e ce le ho messe), poi un
po’ di cose simil-sensuali
(ma non ci sono riuscita perché non ne sono capace, vengono
fuori idiozie anche
quando mi ci impegno). Mi fanno molto ridere, sti due, ma allo stesso
tempo
vorrei sbattere la testa sulla tastiera perché sono belli e,
anche se non sono
teneri, mi fan tenerezza lo stesso (questo è dovuto al fatto
che sono due
emeriti imbecilli, anche se non lo sono. Mi capite? XD). Poi SBAM!,
arriva il
canon in stile SWAT che tirano giù la porta di casa con un
mini-ariete e io
piango tutti i miei feels. Ehm.
Ovviamente
scherzo. Mi sono divertita un mondo a scrivere questa shot, amo tanto
sti due
stupidi e ho sempre gran voglia di scrivere di loro. Il risultato non
mi
dispiace per nulla. Sarei curiosa di sapere se è piaciuto
anche a voi. -w-
Also
la canzone
che mi ha portato fin qui è Strange
Love,
di Halsey. Il titolo della shot può riferirsi sia al pezzo
di Halsey, sia a
quello di Vecchioni, sia alla mia incapacità nello scegliere
titoli normali.
lol.
Spero
vi sia
piaciuta.
Ringrazio
tanto
Nami93_Calypso per il commento che mi ha lasciato nello scorso capitolo
– e per
aver ideato questa challenge epica.
Grazie
per aver
letto. C:
Alla
prossima!
claws_Jo
Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.