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Autore: Mikirise    14/03/2016    2 recensioni
Hazel crede troppo nell'Amore, per poter avere un ragazzo con cui accontentarsi.
Calypso ha un ragazzo che non ama, ma al quale vuole bene.
Leo la ragazza non ce l'ha. E forse questo dice tutto.
Frank ha confuso affetto con amore e si ritrova a seguire i consigli di Percy sul valore di un uomo.
Poi c'è la luna piena, un locale segreto e il fascino del mistero. Tante ragazze che amano spettegolare. Persone che non credono in quel che dicono. Balli d'altri tempi. Canzoni antiche. Vini pregiati. Consigli che non consigliano.
E chissà se l'Amore Vero trionferà.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Calipso, Frank Zhang, Hazel Levesque, Leo Valdez
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta
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Capitolo Due: Il viaggio della scarpa (Atto I)








Quando Malcom si sedette davanti al pianoforte e sentì le persone azzittirsi, guardandolo con la testa inclinata, si rese conto che un giorno, Kayla avrebbe preso il suo posto, avrebbe preso un respiro profondo e avrebbe smesso di accompagnare le persone, per diventare lei stessa la stella che brilla sul palco.

Si rese conto che il suo cuore non batteva forte, che le sue dita non tremavano come quando aveva toccato un pianoforte la prima volta e che quelle persone stavano aspettando che lui sfiorasse i tasti bianchi davanti a lui, che li facesse vibrare in un luogo in penombra. Ma se non tremava lui, come poteva far tremare gli altri?

Kayla metteva l'anima nella musica, lui metteva la testa. Solo che la sua testa era il suo cuore e non riusciva a mettere la testa nel pensiero di emozionare. Non in quel momento, comunque.

Mitchell comparve da dietro delle tende, mostrando i suoi capelli castani, i suoi occhi confusi. Cosa stava facendo?

Allora Malcom sorrise e gli fece cenno di avvicinarsi, sentendo Octavian alzare gli occhi al cielo e chiedersi cos'avevano di male i suoi artisti.

Quando Mitchell sorrise, le mani di Malcom tremarono.

Solo allora la musica poté liberarsi per tutta la sala.

Mentre le dita di Malcom iniziavano ad incontrare i tasti bianchi e poi neri del pianoforte, Mitchell gli sussurrò all'orecchio: "È arrivata Cenerentola." Ed il pianista non poté far a meno di scoppiare a ridere.










Calypso accavallò le gambe, accompagnandosi con un rumoroso sbuffo, che però fu coperto da una serie di note in sottofondo. Registrò distrattamente il fatto che un biondo stesse suonando -dopo aver lasciato il locale in silenzio per qualche minuto, forse.

A lei, comunque, la cosa non importava molto.

Al contrario di Frank, aveva pensato alla sua prima visita allo Speakeasy come un fallimento, più per colpa dell'imbarazzo creatorsi una volta seduti su un tavolino tra lei e Frank, un po' per quel ragazzo che aggiustava lampadine nei bagni. Dopo la ricerca del posto, dopo aver pronunciato a bassa voce la parola d'ordine, dopo il brivido iniziale di avventura -quell'avventura che si era aspettata avrebbe avvicinato lei ed il suo ragazzo- tutto si era risolto in un nuovo tentativo di Calypso di farsi accettare un luogo che, di nuovo, non le si confaceva. Come quella volta in cui aveva provato a parlare con qualcuno al parco e si era ritrovata a sbocconcellare del pane insieme a degli uccellini affamati e le persone inclinavano la testa, mentre passavano e la guardavano, perché di solito certe cose le fanno i vecchietti che si sentono soli.

Frank le aveva sorriso. A lui quel posto piaceva. Era strano, perché nella maggior parte dei posti in cui Frank si trovava, sembrava essere fuori posto, ma nessuno si metteva a fissarlo -come a chiedersi cos'avesse di sbagliato. Tutti sorridevano guardando Frank. Anche Calypso. Gli sorrise di rimando. Voleva solo riavere indietro la sua scarpa, poi avrebbe pensato a come costringersi ad innamorarsi di lui. Si chiese se quella era la storia che voleva raccontare ai suoi figli. No. Non proprio. Non esattamente questo.

“Ahi-ahi” mormorò una ragazza dalla pelle color del caramello e le mani veloci che correvano da un vino all'altro. “Cenerentola. Cosa combini?”

Calypso si girò verso di lei, inclinando la testa, accarezzando il legno del bancone con il dito indice. “Perché mi chiamate tutti Cenerentola?” E la cosa poteva anche non darle fastidio, in realtà. Può anche essere che avesse alzato gli occhi a sentirsi chiamare in quel modo, ma dopo il tecnico delle luci impacciato, la cassiera indifferente, la cameriera sorridente stava iniziando a chiedersi quale fosse il motivo di quell'etichetta. Perché a meno che tutti non sapessero già per quale motivo si trovava lì -per la sua scarpetta, cerchiamo di essere chiari, sinceramente non per altro-, invece di ridacchiare e darle soprannomi stupidi potevano anche darle ciò che era suo e lasciarla tornare a casa, a piangersi addosso della sua attuale situazione.

La verità era che con Frank le cose erano due. Ed entrambe le soluzioni la guardavano in faccia e continuavano a chiederle per quale motivo lo stesse tenendo legato a sé quando non lo amava. Perché non lo amava. Perché non lo amava?

La ragazza sorrise con gli occhi puntati in basso, come se avesse ricordato qualcosa e questo l'avesse fatta star male per quel microsecondo. Continuava ad essere bella. Forse così sembrava ancora più bella. Poteva essere un quadro, in quel momento. Un quadro impressionista? Col sottofondo di musica lenta e la gioia apparente incastonata in una sofferenza nascosta. Un quadro. Bellissimo. “Non mi piace molto la favola di Cenerentola” disse, pulendo con lo straccio il retro del bancone, non sporco, ma bagnato a causa del ghiaccio. Calypso guardava le labbra di lei muoversi. Era presa dall'estetica del momento. Dal momento. “Quale ragazza lascerebbe la sua scarpa in un palazzo senza voler tornare a riprenderla? Se devo dirtela, ho sempre pensato che Cenerentola mancasse d'inventiva, un po' di fantasia e spirito d'avventura.”

“Spirito d'avventura?”

“Sì.” Incollò i loro occhi, strizzando lo straccio nel lavandino. “Spirito d'avventura. Tornare a riprendere la scarpetta! Sai cosa vuol dire infiltrarsi in un posto? Sai quanto sarebbe stato più emozionante rincontrare il principe?” Sospirò scuotendo la testa. “Avrebbe voluto dire anche abbandonare la sua vecchia vita, probabilmente. Vivere pienamente la sua avventura. Invece da codarda è stata lì ad aspettare che qualcosa non-succedesse.”

Calypso arricciò le labbra, senza staccare gli occhi da quelli pieni di colori della barista. “Ho perso qui la mia scarpetta.”

“Allora immagino che quello seduto laggiù non sia il tuo principe” ridacchiò l'altra appoggiando entrambi i palmi delle mani sul bancone. “È il tuo amico gay?”

“La vita è più difficile di una favola.” Alzò le spalle, mosse il piede in cerchio, probabilmente vicino al legno del bancone. Però pensare a Frank come il grande e grosso amico hella-gay era stato esilarante per un attimo soltanto.

“E dire che le favole sono state create proprio per spiegare la vita!”

Calypso si morse le labbra, abbassando per un attimo lo sguardo. Forse semplicemente non pensò. “Come ti chiami, hater?”

Sorrise, l'altra. Appoggiò tutto e le sorrise. “Piper.”

“Sai dov'è la mia scarpa, Piper?”















“Se avessimo un altro inizio” Thalia si morse il labbro, guardando la sala davanti a lei e quella ragazza alzarsi dal bancone per raggiungere un ragazzone seduto in un tavolo probabilmente troppo piccolo per le sue gambe. “Se avessimo un altro inizio forse sarebbe andato tutto bene. Saremmo stati anche felici. Forse.”

Luke non sembrava ascoltarla, non la guardava neanche, non vestita bene -con dei jeans ed un maglione macchiato sulla spalla-, non truccata, non curata. Cambiava qualcosa dall'ultima volta, quando Silena l'aveva rapita per tutto il giorno perché era il suo compleanno? Perché doveva essere felice? Guardò quella ragazza castana scomparire su per le scale. “Forse” convenne.

“È tutto quello che dirai?”

“Probabilmente.”

Thalia riuscì a malapena a sopprimere un ruggito. Abbassò lo sguardo, poi lo alzò verso il pianista, Malcom, che sorrideva come un ebete ad un ragazzo mingherlino e castano. La musica dolce che permeneava la stanza la fece sospirare di esasperazione. “Probabilmente” ripeté.











“Ciao.”

“Ciao.”

“Dov'è la mia scarpa?”

La ragazza, coi gomiti all'insù e una pinzetta tra le labbra, sorrise, lasciando cadere i suoi ricci rossi sulle sue spalle e girandosi completamente verso di lei. “Cenerentola!”

Calypso alzò gli occhi al cielo. Alzò le sopracciglia.

“Non ho io la tua scarpa.” Ma continuava a ridere.

Sarebbe stata una lunga notte.











Frank e Leo s'incontrarono quella notte.

“Potremmo essere amici” disse Leo gettandosi poco elegantemente sulla sedia davanti a quella del ragazzone, che, come risposta, alzò il sopracciglio. “In attesa di una dama?” Si guardò in giro per poi fare un cenno verso Mitchell che continuava a parlare ad un concentratissimo e sorridente Malcom. “O un damo…?”

“Tu saresti…?”

“Non il tuo damo.” Scoppiò a ridere, per poi mordersi le labbra e alzare le spalle. Appoggiò il mento sulla sua mano, abbastanza naturalmente, come se stesse pensando a qualcosa di profondamente importante. “Ma sono anch'io in attesa di qualcuno. Abbiamo tante cose in comune.”

Frank assottigliò lo sguardo. “Io non ti conosco.”

“Sì, sì. Leo. Lavoro qua. Mezzo messicano. Mezzo meccanico. Mezzo schiavizzato dal proprietario del locale.” Fece una pausa, scuotendo la testa e ridacchiando tra sé, come se avesse fatto la battuta del secolo. Ed eppure l'aveva capita solo lui. “E dalla mia autoproclamata migliore amica.”

“Ah” rispose Frank, più perché non sapeva come rispondere che per altro. “Carino” borbottò, incrociando le braccia, come se volesse creare un muro tra lui e l'altro.

“Già.” Leo non sembrava preoccupato di questo dettaglio. Sembrava anzi divertito, mentre le sue mani si muovevano da una parte all'altra. “Forse è meglio dire una delle mie migliori amiche. Annabeth si crede ancora femmina e Piper è praticamente mia sorella, ma ci tengono al nome.” Alzò gli occhi al cielo. Sospirò e sorrise. Il tizio sembrava sputare parole non richieste una dopo l'altra. Era irritante. Forse un po' divertente. Ma soprattutto irritante. “Comunque mi stai simpatico.”

“Questo perché…?” Aveva qualcosa di assurdamente familiare questo Leo. Forse era il modo di porsi. O di dire cose stupide. Doveva essere quello, perché Frank adorava essere sotto l'ala protettiva di Percy, che lo intontiva tutti i giorni coi suoi stupidi monologhi sulla vita dei pesci. Forse, più semplicemente, era un masochista. Di quelli bravi.

“A pelle. Sono bravo a giudicare a pelle. Dimmi: hai un segreto?” Questa volta sembrava assolutamente serio, mentre distrattamente lanciava un occhiata ai due ragazzi sul palco. “Va bene. Deve essere perché sembri uno che ha un segreto.” Alzò le spalle. “E se non mi stessi simpatico non ti direi mai quello per cui sono stato mandato qui. Sono abbastanza esigente su certe cose.”

Frank era confuso. Nessun'altra parola poteva descrivere il suo stato d'animo. Confuso. Forse un po' irritato. Travolto? “E sarebbe?”

“Esci dalla porta sul retro. C'è una ragazza che dovresti incontrare.”

“Annabeth o Piper?”

“Cosa?”

“Hai detto che sei stato mandato qui da una delle tue migliori amiche. Chi devo incontrare? Annabeth o Piper?” Non che comunque credesse che una ragazza volesse parlare con lui in privato. Andava alle superiori, non era stupido e sapeva perfettamente che se mai una ragazza voleva parlare con lui lo avrebbe fatto apertamente, davanti a tutti. Forse nessuna ragazza aveva voluto mai parlare da sola con lui, tranne Calypso -che poi era la sua ragazza, perdio, e già era un miracolo che avesse capito che voleva essere la sua ragazza, per citare Percy. Il bue che dà del cornuto all'asino, comunque.

Leo sorrise. “Uau, sei proprio intelligente.” Okay. Questo era sarcasmo, vero? “Nessuna delle due. È una ragazza che anche tu conosci. E il tempo scorre…”

Il pensiero di Frank, quando inclinò la testa e guardò Leo spingerlo con lo sguardo a correre verso questa benedetta porta di servizio, fu che fosse stata Calypso. Non a mandare Leo. Calypso a malapena parlava con gli sconosciuti. Magari aveva mandato questa fantomatica migliore amica di Leo a cercarlo e la ragazza era troppo occupata per dirglielo e aveva mandato Leo. Brutto colpo, comunque. Quel ragazzo lo avrebbe spinto ad un suicidio intellettuale piuttosto che continuare ad ascoltarlo.

Pensò che Calyso avesse incontrato la sua scarpa e che sarebbero dovuti tornare a casa.

Peccato. Salutò suo malgrado il ragazzo, infilandosi la giacca. Non aveva neanche incontrato Hazel.

Non che avesse voluto fare qualcosa. Solo che voleva salutarla. Ecco. Sì. Giusto per un saluto.

Così preso dai suoi pensieri, non vide Leo guardare la barista, che sorrideva ed alzava su i pollici.















Hazel coprì il naso con la sua sciarpa viola, lanciando uno sguardo verso la luna piena.

La seconda luna piena del mese. La luna blu. Quante leggende esistono sulla luna e quanto sua nonna si divertiva a raccontargliele come se fossero storie della buona notte e non antiche leggende che le persone credevano reali?

Lei un po' ci credeva.

Credeva che nelle notti di luna piena potessero succedere cose incredibili. Credeva che poteva esprimere un desiderio guardando una stella cadente. Credeva che nelle notti di luna blu potessero collidere due mondi che altrimenti non si sarebbero mai incontrati.

Pensò che Leo ci stesse mettendo veramente tanto ad arrivare -non voleva andare a prendere una pizza? Voleva prenderlo un po' in giro per il fatto di Cenerentola e ridere insieme a lui. Nascose le mani nelle tasche della giacca.

Quando sentì la porta aprirsi pensava fosse proprio il texano che arrivava di tutta fretta e chiedeva scusa. Anche se non erano mai scuse vere ed era stupido.

Girandosi aveva già pronto lo sguardo da mi-sto-congelando-per-colpa-tua-spero-tu-abbia-una-buona-spiegazione. Ma la sua faccia ebbe un brusco cambiamento di piani.

“Frank?” chiese sorpresa.

Il ragazzo le sorrise, probabilmente sorpreso quanto lei. Era anche diventato rosso. Rosso rosso con qualche sfumatura di arancione. In un altro momento la cosa l'avrebbe fatta ridere.

Hazel potè sentire abbastanza chiaramente due mondi collidere.




 
  
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