Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: FoolThatIam    15/03/2016    2 recensioni
Come reagirebbe Levi se un giorno non potesse ricomprare la sua amata candeggina? E come sarebbe Hanji se facesse il vigile urbano in un piccolo comune di provincia? E se questi due fossero due studenti di Chimica alle prese con la sessione invernale?
Una serie di one shot Alternative Universe sulla coppia Hanji/Levi, inizialmente ispirate dai prompt della levihan AU week del marzo 2016
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hanji Zoe, Levi Ackerman
Note: AU, OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Scenario “film icona” (7° prompt della AU levihan week)


Addio, merdaiola!
Indegnamente ispirato ad Amici Miei, film del 1975 di Mario Monicelli

L’aveva vista che lo aspettava nei pressi del boschetto dove aveva seguito fino ad un minuto prima gli allenamenti delle reclute con il movimento tridimensionale.
Dopo che li aveva congedati, Levi li aveva guardati qualche secondo, mentre sciamavano via allegri e chiassosi, nemmeno la guerra riusciva a smorzare il loro entusiasmo giovanile per la vita. Lo snervavano quei pischelli, ma doveva dire che senza di loro sarebbe stato peggio.
Hanji stava in piedi accanto ad un cipresso, eretta nella sua figura. Era in alta uniforme, non avrebbe saputo spiegarsi il perché, così, una volta che la fiumana di ragazzini si era dissipata, le era andato vicino e l’aveva fronteggiata, con sul viso il solito cipiglio severo per cui era famoso.
«Dove vai, a farti dare una medaglia?» le aveva chiesto, tentando di fare dell’ironia, cosa che però non era esattamente il suo forte, data la scarsa gamma delle sue espressioni facciali, che andavano dall’ira, al disgusto, allo schifo di chi ne ha pestata una e l’ha anche annusata.
Hanji tuttavia sembrava già da sola poco incline in quel momento a ridere di alcunché, per cui l’aveva guardato con un’aria terribilmente grave in viso prima di parlare.
«Ti riaccompagno in caserma, devo parlarti.»
Levi si era incamminato al suo fianco quindi, pronunciando uno dei suoi tch a mezza voce.

E parlò quasi un’ora, con voce ferma, la voce della donna che vede chiaramente qual è il suo dovere ed è decisa a farlo, anche se le costa metà del suo sangue.

«Devi capire che ho delle grandi responsabilità verso quel povero disgraziato di Erwin, ci mancherebbe altro che si ributtasse in battaglia e magari ci rimettesse un altro braccio, o ancora peggio, che rovinasse la perfetta linea delle sue sopracciglia… non mi ci far nemmeno pensare, sarei capace di depilarmele anch’io, per supporto morale.»
«Mh.»
«Perché vedi Levi, tu sei solo un capitano, e hai il diritto di essere incosciente, ma io no, no! Io potrei diventare il quattordicesimo comandante del Corpo di Ricognizione da un momento all’altro… lo so, ti sto rovinando, ma credimi, non voglio questo più di quanto non lo voglia tu. Ma cerca di capire, io non posso permettermi di tenerti legato a me quando non so se sarò viva o morta alla fine di questa settimana, o di questo mese, non me lo permetterei mai.»
«Mh» aveva commentato di nuovo Levi, guardandosi appena intorno mentre continuavano a camminare lungo la strada per tornare al quartier generale, con l’aria leggermente annoiata nella quale Hanji leggeva un disperato tentativo di non arrendersi alla tristezza. Perché era ovvio dove la donna andasse a parare con quel lungo discorso, non poteva non averlo compreso anche lui a questo punto.
«Potresti anche dirmi che tutte queste cose le sapevamo fin dal principio, che anche tu in fondo non sai che ne sarà di te, che è questa la vita militare che ci siamo scelti e che lottiamo per qualcosa più grande di noi, per il bene di tutta l’umanità, dovevamo immaginare che non poteva andare avanti...»
«Mh.»
Il quartier generale si faceva sempre più vicino mentre Hanji continuava a parlare e Levi, in un silenzio pieno di rispetto e comprensione, continuava ad ascoltarla.
«Adesso tu penserai che magari questa è solo una scusa per liberarmi di te, perché c’è sempre quel tuo difetto…» aveva ricominciato a dire.
Arrivata a questo punto si era presa una piccola pausa, guardandolo. Non sembrava troppo adirato per quello che era ovvio che stava per dire, ma Hanji aveva comunque ritenuto che fosse meglio andarci cauta.
«Che poi, difetto… difettino, ecco, piccolo piccolo. Non nel senso che sei piccolo tu…» e l’aveva guardato di nuovo, per vedere la sua reazione, ma per il momento non sembrava andare verso il critico. Meglio abbozzare però, aveva deciso.
«No, no, la verità è un’altra, bisogna saper guardare in faccia la realtà… il nostro amore è stato un sogno, un sogno molto bello, ma solo questo. E non sarebbero questi dieci centimetri di altezza che ci separano che lo rovinerebbero: il punto è che io e te non abbiamo un futuro» aveva concluso Hanji, triste in volto, quasi non riusciva più a girarsi verso l’altro per guardarlo, aveva paura di quello che avrebbe letto nel suo viso. Che fosse stata tristezza immensa per la loro imminente separazione, o furia cieca perché aveva appena detto a voce alta di quanto lo superava in altezza, faceva lo stesso.
Erano arrivati davanti all’entrata del quartier generale, il punto dove le loro strade divergevano. Sarebbe stata l’ultima volta che stavano lì come una coppia.
Hanji si era fermata davanti a Levi, aveva tristemente sospirato guardandolo finalmente negli occhi, lui invece continuava a fingersi annoiato e a vagare con lo sguardo altrove, quasi come se non soffrisse come anche lei stava soffrendo.
Si rendeva conto in quel momento che lo ammirava per quel modo in cui riusciva a tenere a freno le sue emozioni, per come era sempre freddo e controllato, cosa che lo rendeva un grande soldato, l’uomo più forte dell’umanità.
Che tempra, che altezza morale!
Se non fisica...
«Coraggio Levi» aveva detto tristemente, ma risoluta ad essere forte. «Meglio toglierci velocemente il coltello dalla piaga e dirci addio una buona volta.»
Gli aveva teso una mano perché gliela stringesse, intendendo separarsi da lui da buona compagna d’armi se non come amica. Le sarebbe piaciuto che potesse diventarlo in verità, ma non poteva essere certa che lui avrebbe potuto darle la sua amicizia dopo quella dolorosa rottura, sarebbe stato chiedergli troppo.
«Addio, Levi.»
Lui aveva guardato calmo la sua mano, poi l’aveva guardata negli occhi.
«Addio merdaiola, ci si vede stasera al solito posto, alle nove» le aveva risposto tranquillissimo, senza nemmeno considerare di stringerle la mano.
Hanji ci aveva pensato un secondo, poi si era ricordata. «No, alle nove no, ho promesso a Moblit che lo accompagno ad un assaggio di birre alla taverna. Facciamo alle dieci e mezza?»
«Sì, sì, va bene» aveva risposto Levi mentre già si allontanava verso il posto dove doveva essere.
Tranquilla come se niente fosse, anche Hanji era tornata a badare alle sue faccende.




Per questo mio veloce e un po’ demenziale racconto mi sono ispirata a questa breve scena di questo mitico film, che potete vedere qui:  “Supercazzole” a profusione a tutti e grazie per aver letto!


   
 
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