Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: Lunarys    17/03/2016    0 recensioni
Da alcuni capitoli:
[ Quando mi accorgo che non sarà solo un bacio, che ci sarà molto di più, è tardi per fermarsi. Con la schiena appoggiata al muro, sento che Drago comincia a spostare le mani più in basso della mia pancia, dentro di me so che è tutto sbagliato, che non dovremmo, ma lui mi fa sentire qualcosa che non sentivo da tempo, e non voglio dire no. ]
[ “Mi avevi detto che non ti venivano più crisi di panico” mi dice Liam, con uno sguardo preoccupato ma fermo, senza lasciare la presa sul mio braccio. Alto e capelli corti color miele, con due occhi che ti trapassano da parte a parte. Ma dietro all'aspetto da duro c'è una delle persone più leali e mature che conosco. ]
Genere: Generale, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il dolore è la debolezza che lascia il tuo corpo
 
CAPITOLO 1
Ricordarsi di dimenticare

 
i guess i didn’t want to hurt you
so i hurt myself
instead
 
 
sei mesi dopo
Tengo il bicchiere ben stretto tra le mani, come se potesse servire ad affievolire la sensazione di panico derivata dall'impotenza, che mi sta lentamente bruciando dall'interno come mille soli ardenti. Chi ha chiamato tutta questa gente? Un'ora fa eravamo solo in quattro nella casa. Il tempo di allontanarmi per un po', e il ritrovo di amici stretti è diventato una di quelle feste a volume alto che odio tanto. E per di più sento la crisi di panico che mi stringe come una morsa, per riportarmi nella foschia nera. Ma ho deciso di non lasciarmi più prendere.
Mi aggiro per la casa senza meta, schivando ragazzi e ragazze della mia scuola particolarmente allegri, quando sento una mano che mi stringe il braccio poco sopra al gomito.
   “Mi avevi detto che non ti venivano più crisi di panico” mi dice Liam, con uno sguardo preoccupato ma fermo, senza lasciare la presa sul mio braccio. Alto e capelli corti color miele, con due occhi che ti trapassano da parte a parte. Ma dietro all'aspetto da duro c'è una delle persone più leali e mature che conosco.
   “Infatti non ne ho una.”
   “Non mentire, Olivia.” appoggia la mano al muro, lasciandomi senza via di uscita. Lo sguardo è duro ma si addolcisce subito. non sto proprio mentendo, non ho una vera crisi, per ora solo alcuni ricordi spiacevoli stanno spingendo per ritornare a galla. Con l'altra mano prende il mio polso e lo solleva tra noi due. Lo lascio fare perchè so che opporre resistenza con lui sarebbe inutile. Il segno lasciato dall'elastico per capelli, schioccato a ripetizione sul mio avambraccio è rossastro ed abbastanza evidente, e spicca nell'incavo liscio del mio braccio. Quando i ricordi brutti cominciano a tornare, ho un solo modo per rimanere nella realtà: il dolore. E Liam lo sa, lo ha capito tempo fa.
   “Se vuoi parlare di qualcosa...”
  “No, non voglio ricordare.” Liam abbassa il braccio ormai rassegnato e si allontana di alcuni centimetri. Mi guarda con disappunto, le sopracciglia inarcate. Sta per continuare il suo discorso quando alcuni suoi amici si avvicinano a lui, uno beve da un imbuto attaccato ad una bottiglia, e sembrano non notarmi nemmeno mentre accerchiano Liam. Come al solito. Il momento perfetto per andarmene da questa festa improvvisata. Mentre mi allontano, mi giro e da sopra la spalla rivolgo a Liam uno sghembo sorriso soddisfatto, che so servirà solo a irritarlo e farlo preoccupare allo stesso tempo.
Mi avvio attraverso la casa di Liam, ridendo e saltellando senza neanche sapere perchè. scambio il bicchiere con una bottiglia mezza piena, che si rompe in mille pezzi quando la lascio cadere sul portico fuori dalla casa, dopo aver bevuto metà del contenuto dolciastro. Il mio umore si incrina quasi come la bottiglia, che rompendosi mi riporta nelle grinfie della morsa. Ignoro l'alone nero dentro al mio petto, rientro in casa e scendo le scale della cantina, entrando nel garage in penombra. Ricordo di essere a piedi nudi perchè il pavimento è freddo e ruvido, non come quello del piano superiore. Dopo aver mosso alcuni passi indecisi nel buio, un sensore si attiva e si accende la luce, illuminando le auto e le altre cose, che prima erano in penombra. Una volta uscita dal garage, la sensazione di essere in gabbia si fa sentire un po' meno. L'aria notturna è sempre un po' troppo fresca qua vicino al bosco, e la luna non è ancora alta nel cielo.
Respiro a pieni polmoni, poi salgo sul muretto di cemento vicino alla strada e comincio a camminare, mettendo un piede davanti all'altro e tenendo le braccia aperte per avere più equilibrio. Più vado avanti, più il muretto diventa alto, e più pericoloso. Un po' come quando cominci a fare qualcosa di pericoloso, o che non dovresti fare, “tanto per provare” e poi non riesci più a smettere.
In fondo alla strada salto giù dal muretto, e mi sistemo il vestito che si è alzato nel salto. Ora che ci penso non so neanche perchè l'ho messo quel vestito, fin troppo corto e abbondante per una così alta e magra come me.

Anche se non c'è quasi mai nessuno da queste parti – e ancora meno a quest'ora – mi guardo in giro prima di scavalcare la recinzione di legno, messa a recintare il prato vicino al bosco, per tenere lontani gli animali dalle vie del paese.
La sensazione di appoggiare i piedi nudi sull'erba bagnata dalla rugiada mi fa sentire libera e a disagio allo stesso tempo. In circa un minuto, attraverso in diagonale il prato, cercando di evitare gli svariati cumuli di terra che segnalano le tane delle talpe. Mi aggiro al limitare del bosco per trovare l'inizio del sentiero tra gli alberi.
Sono convinta che sia qua, l'ho visto andarsene quando la gente è cominciata ad arrivare, e si è portato dietro lo zaino.
   “Drago?!” chiamo nel vuoto. Nessuna risposta. Muovo una decina di passi verso il bosco, verso quello che mi sembra l'albero dell'altra volta. Per orientarmi guardo in alto, perchè pur essendo in mezzo al bosco, dal posto dove eravamo l'ultima volta si poteva vedere un bellissimo squarcio di cielo. Ma non è facile, perchè a piedi nudi continuo a schiacciare sassi e ramoscelli appuntiti. Dopo circa cinque minuti di sofferenza e di imprecazioni, mi sembra di vedere una luce, come un fuoco, tra alcuni alberi poco lontani.
   "Drago!” dico a mezza voce. Adesso sono sicura che sia lui, riconosco la schiena e il recente tatuaggio sul braccio destro. Ma non si gira, quindi mi avvio verso di lui silenziosamente.
   "Ei” gli sfioro la spalla. Lui sussulta, poi si gira di scatto e mi riconosce.
   “Olivia...” sputa fuori una nuvola di fumo condensato, la ragione del suo soprannome. Quando incrocio i suoi occhi vedo un ombra, e provo una sensazione di vuoto. La mia empatia aggiunge la sua sofferenza alla mia, ma è una sofferenza derivata da qualcosa che abbiamo vissuto assieme, e che supereremo assieme.
   “Vuoi?” tira su la mano sinistra, che stringe una bottiglia di plastica con dentro un liquido rosso trasparente. Prendo in mano la bottiglia senza fare domande, odoro e mi metto a bere come se fosse acqua, senza fare caso alla gola che brucia e mi pizzica.
   “No no no, così non andiamo bene” dice Drago, che in realtà non si chiama Drago ma Zayn, mentre mi toglie la bottiglia dalle mani, la richiude e la infila dentro allo zaino.
   “Cosa è successo?”
   "Niente” mento. “avevo solo sete” la peggiore bugia che mi poteva venire in mente. Lui tira un sospiro, poi si avvicina a me guardandomi male. Sostiene il mio sguardo per alcuni secondi, poi capisce che non ne voglio parlare. Si tira indietro, e io sposto i capelli da un lato all'altro della testa, mi metto a fissare il fuoco, sbattendo le palpebre solo quando non sopporto più gli occhi che bruciano. 

    “Comunque, ricordati quello che ti ho detto sul bere quando sei arrabbiata o triste” dice. “ ...non farlo”. mi punta un dito addosso. Guardo in basso per evitare il suo sguardo serio, ma lui mi alza il mento con due dita e mi tiene in modo che lo guardi nelle sue iridi scure, che ormai conosco bene.
    “Non farlo, non voglio vederti diventare come mia madre.” Drago mi guarda serissimo, ma non dico niente, mi sdraio guardando il cielo, che però è un po' nuvoloso.
    “Cosa fai, dormi?” dice lui sdraiandosi di fianco a me.
    “Dammi un po' di quella roba di prima e starò sveglia” bisbiglio.
   “Scordatelo” ricevo un buffetto sulla spalla. Stiamo in silenzio senza dire niente, in uno stato di dormiveglia continuamente interrotto.

Mi sveglio – o meglio, vengo riportata nella realtà – dal rumore di Drago che sposta i legni dal fuoco e li lancia vicino al tronco incavo di un albero. Mi accorgo che ho dormito male come ogni altra notte, ma senza fare incubi. Quando sto con lui sto sempre meglio, forse solo perchè lui ha passato quello che ho passato io. Magari è come se ci dividiamo il dolore e ci curiamo a vicenda. Mi metto subito in piedi sistemando il vestito al meglio, e mi si oscura la vista per alcuni secondi, come succede sempre quando mi alzo troppo in fretta o mi sforzo troppo. La maggior parte delle volte che mi succede cerco di non darlo a vedere per non sembrare debole, e infatti ignoro la visuale piena di macchie nere e continuo a camminare avanti come se niente fosse.
Raggiungo Drago che mi da le spalle, e mi supera in altezza di almeno quindici centimetri.
Non so che ora è, non ho idea di quanto tempo sia passato. È buio pesto, ancora più di prima. Quando sbuchiamo sul prato mi giro indietro e lancio un occhiata ai fitti alberi, sembra di essere appena usciti dalla foresta oscura.
Solo che la foresta oscura è nella mia testa penso.
    “Olivia, aspetta” drago mi prende per il polso e si ferma appena prima dell'angolo, vicino al muretto di prima.
   “Devi dirmi cos'hai” dice. Mi appoggia le mani sulle spalle e cammina avanti, facendomi indietreggiare fino a quando non mi ritrovo contro al muretto.
    “Te l'ho detto drago, non ho niente” gentilmente, sposto le sue mani dalle mie spalle e le stringo tra le mie.
   “Non devi preoccuparti per me, davvero” dentro di me scoppio dalla voglia di dirgli tutta la verità, che non penso di poter dimenticare.
   “Olivia” comincia. “...Tu ci pensi ancora.” Questa volta lo spingo indietro, mi alzo dal muretto e comincio a camminare verso la casa. Questa reazione per lui è un “Si, non me lo tolgo dalla testa” Mi pento quasi subito di aver reagito così, ma qualcosa mi spinge a continuare a camminare senza fermarmi. Lo sento sbuffare alle mie spalle, e poi smettere di camminare quando raggiunge il garage. Io invece continuo ad avanzare, mi incammino nella stradina per raggiungere casa, senza neanche salutarlo, e mi odio per questo. Ormai è notte fonda, la luna è alta nel cielo, e accellero il passo per arrivare in fretta a casa.

Mi trascino in camera con un peso sul petto per aver trattato Drago in quel modo, ma tornare indietro sarebbe inutile ora come ora. Il letto sembra comodo come non mai, anche se la sensazione di dormire da sola non mi piace per niente.
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: Lunarys