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Autore: Amrlide    29/03/2009    7 recensioni
A volte altri con le loro parole influenzano le nostre scelte. A volte le aspettative di chi ci circonda dettano le nostre azioni. A volte ci sentiamo come foglie sospinte dove soffiano altri... e a volte ci sentiamo di dover ringraziare chi ci sospinge dove altrimenti noi non avremmo il coraggio di andare.
[cap. 9]“Gaara… Tu che pensi di Hinata Hyuuga?”
Gaara ci rifletté per qualche secondo “È buffa.”
Suo fratello sbatté le palpebre un paio di volte “Come?”
Gaara ripensò alla prima volta che l’aveva incontrata, a come avesse assurdamente cercato di restituirgli un sasso che le stava regalando… “Buffa, sì.”
Genere: Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Sabaku no Gaara
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Come foglie al vento

Altro capitolo lunghetto, anche se non è per questo che ci ho messo così tanto a rifinirlo... e infatti dovrei chiedervi un enorme scusa per il ritardo...

Come di consueto, volevo brevemente ringraziare chi ha commentato il precedente capitolo, quindi:
Arwen88: sono contenta che ti piacciano i capitoli lunghi, perchè questo lo è fin troppo... sono curiosa di sapere cosa penserai di Temari dopo questo capitolo! ^.^
Midblooder_The_Joker: credo proprio di divertirmi a tormentare la povera Hinata XD, spero ti piaccia anche questo proseguo
slice: grazie per aver recensito ^.^ e grazie per tutti quei complimenti *__* ora sono in imbarazzo e ho paura di deludere le aspettative... Non so per quanto riuscirò a tenere IC i personaggi (in raltà non ci faccio nemmeno molta attenzione), perchè prima o poi dovrenno evolvere! Spero che continuerai a seguire questa storia e a dirmi cosa ne pensi!
hinata_in_love: oddio... "scene romantiche"... sono curiosa di sapere cosa ne pensi in questo capitolo, se sei in cerca di "scene romantiche"...
clarasu: sì, credo sia proprio il difficile del gestire insieme questi due personaggi: nessuno dei due parla granché! Vivono in silenzio. Grazie mille per i complimenti, spero di continuare a meritarmeli XD
giusygiu: ti avverto, Gaara sarà una lumaca... ma Hinata sarà anche peggio di lui! Per fortuna, Temari saprà gestire bene la situazione nei capitoli successivi ^^
Ringrazio anche chi ha aggiunto la storia ai propri "Preferiti": ovvero clasaru, ELPOTTER, hikura, hinata_in_love, krystal83, masychan, samuel87, sissi86, slice, sushiprecotto_chan e thembra.
e tutti coloro che leggono questa storia (tra cui spero ci sia ancora
Niggle XD)

Buona lettura ^^



Hinata aprì un occhio di malavoglia davanti all’insistenza di un raggio troppo luminoso; sorrise al sole mattutino ma si girò dalla parte opposta allungando le braccia verso sul materasso fino ad infilarle sotto il cuscino. Sentì le piume oltre la stoffa sopra le sue dita; le avvicinò al viso inspirando l’odore di fresco e nuovo e sorrise ancora. Erano davvero morbide.
Si era infilata nel letto un po’ titubante la sera prima, ma doveva ammettere di aver dormito benissimo quella notte; preoccupazioni e timori di ieri sembravano solo brutti ricordi quella mattina. Non si era ancora fidata a indossare la camicia da notte di sua madre, ma almeno aveva dormito placidamente su un morbidissimo materasso a due piazze. Distese le braccia girandosi di schiena: aveva tutto quello spazio solo per lei! Se lo godette ancora per un po’ prima di mettersi a sedere.
Fece scorrere lo sguardo sul mobilio della sua nuova stanza: più lo guardava e più le piaceva.
Se anche quella mattina non le avessero dato qualcosa di utile da fare, avrebbe potuto procurarsi della carta e preparare tanti fiori di origami. Avrebbero fatto un bell’effetto vicino alla finestra o sul comodino.
Scostò le coperte e si alzò in piedi saltellando: quella mattina era proprio di buon umore!
Pronta per affrontare una nuova giornata, si mise a rimaneggiare quelle buffe decorazioni di stoffa sullo scrittoio aspettando il momento giusto per lasciare la camera. Il Kazekage le aveva dato il permesso di servirsi liberamente almeno della cucina, ma aveva ancora delle remore a riguardo.
Quella mattina però non dovette attendere molto prima che qualcuno bussasse alla porta.
“Ciao.”
Era la sorella maggiore del Kazekage. Hinata l’aveva già vista in giro per Konoha in concomitanza degli esami Chunin, almeno due volte all’anno. Non resse a lungo quello sguardo indagatore; quegli occhi azzurri erano così simili a quelli del Kazekage ed erano fissi su di lei come se l’altra la stessero soppesando al dettaglio.
“Se sei pronta, volevo approfittarne per spiegarti come muoverti in questa casa e nel Villaggio di Suna.”
La giovane del Villaggio della Foglia annuì un po’ intimidita: il tono era perentorio, non era un invito. Tuttavia Hinata non poteva che essere felice e rassicurata che qualcuno finalmente le spiegasse qualcosa. Anche solamente gli usi della casa, come gli orari dei pasti o l’utilizzo dell’acqua.
Alzò la testa e abbozzò un sorriso più deciso.
Temari inclinò la testa e la osservò attentamente; stava ancora valutando se la ragazza che aveva di fronte era una persona degna di fiducia o un altro polipo da scacciare di casa. Aveva letto il fascicolo che riguardava gli Hyuga prima di incontrarla e aveva tempestato Kankuro di domande sul fantomatico incontro tra Gaara e quella ragazza. Inutile indagine, suo fratello non ne sapeva granché; a suo dire, sembrava che fosse stato un caso, sforzato poi dal Consiglio di Suna e da quello di Konoha. Temari arricciò il naso, il Clan degli Hyuga era tra i più potenti e i più antichi del Villaggio della Foglia; era quasi naturale che avessero, come molti altri, ambizioni a unirsi in matrimonio con il Kazekage. Tuttavia, dovevano essere in penuria di ragazze nella casata principale: quella che avevano mandato non sembrava avere grandi capacità da seduttrice, né particolare bellezza o capacità per farsi notare.
Che l’obiettivo personale di Hinata Hyuga non fosse accasarsi con la più alta carica di Suna, inoltre, sembrava piuttosto evidente… eppure se l’avevano impacchettata e spedita lì doveva esserci un motivo.
La fissò e le sorrise “Andiamo?”
Si sarebbe presa l’intera mattinata per giudicarla per bene. Gaara aveva già dato prova di non considerarla eccessivamente pericolosa, tuttavia l’ultima parola se la sarebbe presa lei. E se quella ragazza si fosse rivelata solo un polipo travestito da giovane innocente, come la maggior parte delle altre ragazze proposte dal Consiglio, se ne sarebbe sbarazzata entro pranzo. Altrimenti… be’ aveva già delle idee in merito…
Mentre percorrevano il corridoio dirette verso l’uscita del palazzo, Hinata fu fortunata a non accorgersi del ghignò che deformava le labbra di Temari.


Gaara si passò una mano nei capelli esasperato: stava ripensando alla riunione avuta con il Consiglio poco prima. Aveva stoicamente sopportato quei malcelati sorrisini soddisfatti quando aveva personalmente chiesto di inserire nell’ordine del giorno il punto “trovare un’occupazione che giustificasse la presenza di Hinata Hyuga”; decisamente aveva fatto fatica ad ascoltare le poche e alquanto irriguardose proposte dei membri del Consiglio in merito. Il suggerimento più decente che era saltato fuori era quello di nominare la ragazza responsabile dei ricevimenti. Tutti gli altri erano stati malcelati tentativi di infilare Hinata nel suo ufficio, al pari di un soprammobile.
Scosse la testa e cercò di concentrarsi sul lavoro. Per fortuna quella mattina Hinata era sistemata con Temari.
“Posso stare io con lei stamattina, se vuoi” aveva detto sua sorella, dando per scontato che si trattava di un piacere personale al proprio fratellino; significava che in seguito non lo avrebbe fatto se non sotto espresso ordine della sua carica da Kazekage.
Non fece in tempo a riprendersi dai suoi pensieri che Kankuro irruppe nel suo ufficio.
“In cucina!”
Gaara lo fissò distante; non c’era ragione di preoccuparsi, dubitava che le sue cucine stessero per esplodere e anche se fosse, avrebbe sempre potuto andare a mangiare fuori. Si soffermò sulle briciole sparse sul viso e sul bavero del fratello: non se n’era nemmeno accorto, ma doveva essere ora di pranzo.
“Incarica la Hyuga delle cucine.” Kankuro si leccò via le briciole che aveva intono alla bocca “Ti assicuro che è strepitosa!”
Il giovane Kazekage si appoggiò sullo schienale della sua sedia, soppesando suo fratello maggiore; poteva essere una proposta quasi decente, meglio sicuramente di quella che la vedeva come sua segretaria o curatrice delle piante grasse che aveva in ufficio.
Evidentemente Hinata ci sapeva davvero fare con i fornelli, tuttavia non si mostrò particolarmente impressionato: Kankuro era in grado di mangiare qualsiasi cosa…
“Sì, non è male,” una pensierosa Temari entrò con calma, battendosi una coppia di bacchette sulle labbra; in una mano reggeva un piatto pieno di quella che sembrava una torta salata adornata con salsa e verdure. Allo sguardo interrogativo di Gaara, la ragazza sogghignò “Non sarebbe male avere una persona discreta e capace nelle nostre cucine.”
Ancora dietro la sua scrivania, Gaara ponderò l’idea di spiegare ai suoi fratelli maggiori l’ovvia impossibilità di affidare ad un diplomatico un lavoro da cuoco. Tuttavia era certo che stessero scherzando. Perlomeno Temari.
Sua sorella infatti tornò seria e agitando le mani e quanto reggeva, rendicontò per filo a per segno la sua mattinata: aveva portato Hinata a fare il giro della casa e poi del centro di Suna. Visto che la ragazza le era parsa meravigliata, come facevano tutti i turisti, davanti al fatto che una città costruita in mezzo al deserto disponesse di riserve d’acqua, le aveva fatto visitare la parte destra del Villaggio, dove c’erano i serbatoi d’acqua e le falde acquifere. “Quindi le ho fatto vedere la serra, poi ci siamo fermate alla biblioteca pubblica e ho fatto in modo che potesse prendere liberamente i libri che voleva. Credo ne avesse puntato uno sui fiori… in effetti ha l’aria di essere una di quelle ragazze che perdono intere giornate nelle composizioni floreali… comunque alla fine ha preso invece un libro sulle ricette tipiche di Suna e così, una volta tornata qui, le ho proposto di occuparsi del pranzo.”
Gaara la ascoltava a mala pena: non gli importava poi granché di che libri leggesse Hinata fintato che questi l’avessero tenuta occupata. Inoltre vedere quel piatto ondeggiare davanti al suo naso, così invitante e fumante, gli stava facendo venire fame.
“Il risultato è questo piatto, decisamente stuzzicante,” per l’ennesima volta Temari ostentò la pietanza al fratello “Dovresti provarlo.”
Istintivamente Gaara allungò una mano: non era la prima volta che la sorella gli portava il pranzo in ufficio dopotutto. Quella volta però la ragazza si ritrasse “Questo è mio.” veloce con le bacchette si infilò in bocca un boccone “Il tuo è in cucina.” biascicò masticando e portandosene alla bocca un altro pezzo.
Il Kazekage le scoccò un’occhiataccia prima di alzarsi e precipitarsi a pranzare: i morsi della fame reclamavano qualcosa da magiare e quella specialità preparata da Hinata sembrava gustosa.
Temari osservò soddisfatto il fratello minore uscire dal suo ufficio.
“Credevo che quel piatto fosse per Gaara.” Kankuro soppesò la sorella, la conosceva abbastanza bene da capire quando faceva qualcosa di proposito.
Lei deglutì e alzò le spalle “Non mi sembra che si sia fatto problemi ad andare in cucina.” posò le bacchette e sospirò: ci era riuscita. Si voltò seria verso il fratello che ancora la guardava indagatore. “Non sei l’unico che vorrebbe vedere Gaara più spesso fuori da questo ufficio.”
Kankuro assottigliò lo sguardo “Vuoi spingerlo tra le braccia di quella ragazza?” non poteva credere che dopo mesi di reticenze e critiche, Temari si fosse adeguata al gioco del Consiglio.
“Be’ non è brutta…” giocherellò con il cibo godendosi la palpabile sorpresa dell’altro; quando ne ebbe abbastanza gli rise in faccia “Oh Kankuro, ma mi conosci?” le facce sbalordite di suo fratello erano sembra impagabili “A me basta che Gaara si accorga che c’è della vita fuori da queste quattro mura.” indicò con il dito il perimetro dell’ufficio; sapeva che Kankuro voleva la stessa cosa per il loro fratellino.
“Ma il Consiglio…”
“Il Consiglio dovrebbe solo stare zitto! Ma non capisci?” gli occhi di Temari si infiammarono “Già Gaara non è mai stato il massimo dell’espansività, ora grazie all’intervento del Consiglio si chiuso ancora di più a guscio! È diventato talmente diffidente che a mala pena guarda chi gli è intorno.” scosse la testa seccata. “Almeno quella Hyuga è una persona neutra e assolutamente tranquilla. Stando con lei capirà che non è pericoloso parlare con qualcuno altro oltre a noi due.”
Il giovane shinobi socchiuse gli occhi e assentì “Quindi tu non credi che uno dei due possa essere interessato a mettersi insieme all’altra, o viceversa?”
Temari incrociò le braccia “Forse quella ragazza è stata fatta venire qui per avvicinare Gaara,” inclinò la testa verso il fratello “E se come dici, Gaara si è avvicinato a lei spontaneamente, forse inconsciamente a lui interessa.”
“Quindi…” Kankuro voleva sentire le conclusioni di sua sorella.
“Quindi niente: entrambi sono evidentemente delle lumache inesperte per quanto riguarda i sentimenti...” il ragazzo annuì, era perfettamente d’accordo.
“E quindi posso intervenire io.”
Ecco, questo era quello che Kankuro temeva: quel sogghigno sadico che caratterizzava tanto sua sorella.
Si umettò le labbra scegliendo con cura le parole, se non stava attento, Temari avrebbe potuto arrabbiarsi “Ma… così tu… ti sostituirai al Consiglio…”
“Assolutamente no! Che vai a pensare?” si indignò lei per quel paragone veramente irriguardoso “A me basta far uscire Gaara da qui.” spiegò “Hai visto, no? Anche adesso mi sono solo limitata a mandarlo in cucina.” Glissò sul fatto che, in cucina, Gaara si sarebbe trovato da solo con Hinata e costretto a rivolgerle la parola, cosa che Temari aveva accuratamente calcolato. “Io farò piano piano un passo per volta, Gaara non si accorgerà nemmeno che lo sto spingendo fuori” Sorrise subdolamente a Kankuro, tornando a fissare il piatto ancora mezzo pieno che fino ad allora aveva tenuto in mano. “Vuoi finirlo tu?”


Hinata strinse l’orlo della sua maglia mentre aspettava trepidante il giudizio del Kazekage sul piatto che aveva cucinato. Quando lo aveva visto entrare in cucina dopo che Temari le aveva annunciato che con tutta probabilità lui avrebbe mangiato nel suo studio, aveva temuto che non gli fosse piaciuto. Ci aveva messo un po’ a capire che lui e Temari non si dovevano essere proprio incontrati e che quindi lui doveva ancora pranzare; timidamente gli aveva preso il piatto dalle mani e lo aveva servito, cercando nonostante tremasse di ricreare un piatto esteticamente accettabile. Ora aspettava il suo verdetto.
Gaara si ripromise di far notare prima o poi alla sua ospite la totale inutilità di mettere spezie e foglioline ordinatamente sulla pietanza: tanto poi andavano comunque tolte per mangiare. Ma ora aveva davvero troppa fame per sindacare. Iniziò a divorare con scarsa grazia quanto aveva davanti; si decise a darsi un contegno appena si accorse che la ragazza lo stava ancora guardando, o meglio, fissava un punto indefinito in basso nelle sua direzione. Evidentemente aspettava un suo parere. Gaara non sapeva dire se era suggestione di Temari o la fame che aveva, ma trovava che quel cibo fosse veramente squisito. Non avrebbe saputo definirlo in altra maniera. Forse avrebbe dovuto davvero incaricare Hinata delle cucine… Lentamente finì di masticare e se ne servì un altro pezzo, sperando che quello fosse un commento sufficiente per segnalare il proprio gradimento.
Lei sorrise.
Hinata si voltò a rigovernare il ripiano per nascondere il senso di soddisfazione che le stava dilagando sul viso: il Kazekage sembrava aver gradito il suo piatto. Ne aveva preso una seconda porzione! Sorrise e unì gli indici; non poteva che essere felice se i suoi piatti venivano graditi, soprattutto da una persona che poteva avvalersi dei migliori chef del Paese. Inoltre, Naruto aveva preannunciato al Kazekage che lei sapeva cucinare piuttosto bene: era felice di non aver screditato il suo giudizio.
“Senti …”, finito di mangiare, Gaara si pulì la bocca con il tovagliolo cercando le parole giuste, voleva trovare un’occupazione ad Hinata il più presto possibile e a quel punto la sua unica soluzione era parlarne direttamente con lei ed occuparsene direttamente di persona.
La ragazza si voltò di nuovo verso di lui con una certa ansia; forse si era esaltata troppo presto sul giudizio del Kazekage.
O forse lui doveva riferirle qualcosa di molto importante e grave.
Doveva essere così, aveva una faccia così corrucciata …
Gaara la fissò per qualche silenzioso minuto: era incredibile come quella ragazza si ostinasse a tenero lo sguardo basso lanciandogli solo qualche sporadica occhiata allarmata. Si trovavano in cucina ed era ora di pranzo, possibile che lo temesse come il giorno prima nella camera-archivio?
Il giovane le si avvicinò, le prese il mento e la costrinse a guardarlo.
Gli occhi di Hinata non erano terrorizzati - questa constatazione rassicurò il Kazekage - erano più che altro sorpresi. Ed erano anche meno strani di quanto si sarebbe aspettato; non aveva mai visto così da vicino degli occhi che possedessero il tanto rinomato Byakugan. Erano anche molto più chiari di qualunque altro colore che l’iride potesse vantare… e risaltavano particolarmente su quelle guance rossissime.
Hinata non riusciva a respirare; il volto del Kazekage era così vicino. Il suo pollice sul mento poteva facilmente sfiorarle le labbra e il suo sguardo era fisso su di lei… Deglutì a fatica, nessun ragazzo le era mai stato tanto vicino con un’espressione così decisa. Non poteva vedere altro che il viso dell’altro, la sua pelle diafana in contrasto con i capelli rossi e quegli occhi impassibili. Azzurri come quelli di Naruto, eppure così diversi…
Naruto… se ci fosse stato lui al posto del Kazekage in quel momento…
“Troviamoci dietro i campi di addestramento dopo le 16.”
Hinata sussultò allarmata. Le stava dando un appuntamento?!
“Ti faccio visitare la nostra scuola.”
Hinata sbatté le palpebre un paio di volte. Il battito del suo cuore tornò a una velocità quasi ragionevole. Certo, il lavoro… Lei era lì per una non nota missione diplomatica che poteva riguardare l’ambito scolastico. Chissà a che pensava…
Annuì o perlomeno cercò di farlo; la presa del Kazekage si allentò e le sue dite le sfiorarono la guancia involontariamente mentre lei abbassava il viso.
A quel tocco, Hinata si appiattì contro il mobile dietro di lei; sentiva la gota bruciarle mentre la vista si annebbiava.
Aveva appena guardato negli occhi un ragazzo pensando ad un altro. Era una cosa così ignobile… sperava davvero che il Kazekage non se ne fosse accorto! Voleva sprofondare: era una situazione così imbarazzante e ora si sentiva pure in colpa…
Gaara strinse i denti: la ragazza si stava tormentando le dita e lui faticava a staccare gli occhi da quell’intreccio continuo.
Inclinò la testa di lato: davvero non capiva… Hinata aveva dei comportamenti parecchio bizzarri. Da una parte gli ricordavano gli atteggiamenti appiccicosi e melensi che alcune ragazzine avevano quando lui passava; dall’altra sapeva che erano fondamentalmente diversi, assomigliavano di più a quelli di un animaletto spaurito.
Scrollò le spalle e si allontanò. Non voleva scervellarsi per una cosa così assurda, aveva ben altri problemi. E poi, se voleva trovare un’occupazione per Hinata prima di cena, doveva darsi da fare per inventare qualcosa.



Hinata sedeva dietro i campi di addestramento, aveva scelto il posto più appartato possibile per aspettare il Kazekage.
Non aveva davvero pensato che le sarebbe costato così tanta fatica uscire da sola: ottimisticamente, aveva deciso nel primo pomeriggio di familiarizzare un po' con le strade di Suna, quel tanto che bastava per sapersi almeno orientare e non perdersi nel caso le venisse ordinato di andare da qualche parte. Non aveva considerato che sarebbe stata oggetto di tanta attenzione da parte degli abitanti del Villaggio della Sabbia. Anche quella mattina aveva sentito parecchi sguardi su di sé, ma con Temari davanti a fulminare quelli troppo curiosi, era riuscita quasi a non farci caso. Ora invece, ogni metro percorso verso i campi di addestramento era stato una richiesta di sparire. La gente la guardava e la giudicava; soprattutto le giovani donne che incrociava occhieggiavano la sua figura soppesandola, bisbigliavano e ridacchiavano, e c'era stata anche qualcuna che era corsa avanti per chiamare altre ragazze in strada a scrutarla. L'ultimo tratto Hinata l'aveva fatto quasi di corsa e, arrivata, si era messa in di
sparte sperando che per qualche ignota ragione, anche il Kazekage fosse tremendamente in anticipo.
Sospirò; per fortuna nei pressi dei campi di addestramento c’erano poche persone, tutte prese dai propri allenamenti; non le dedicavano che sporadiche e fuggevoli occhiate. Hinata avrebbe di gran lunga preferito essere ignorata, ma fintanto che si fosse trovata a Suna, sapeva che sarebbe stato praticamente impossibile. E non solo perché era un’estranea di un altro Villaggio ninja, ma anche e soprattutto perché era ospite del Kazekage. Temari le aveva accennato la possibilità che molte ragazze di Suna la invidiassero proprio per le attenzioni che il giovane Kazekage le avrebbe probabilmente dedicato.
Hinata si era trattenuta dal rispondere che avrebbe volentieri fatto scambio con chiunque.
Lei non sarebbe mai riuscita a guardare la prima carica di Suna ed a parlargli contemporaneamente; per svolgere un ruolo di diplomatico lei era totalmente inadatta a causa della sua timidezza. Era stata una stupida a pensare di potercela fare. Ogni volta che incontrava il Kazekage era una collezione di brutte figure e lui la guardava sempre con quell’aria corrucciata… A parte poche ore prima nella cucina. Lì i suoi occhi sembravano per lo più curiosi, e i loro visi erano così vicini...
Arrossì ripensandoci. Doveva esserci una ragione se lui si era comportato in quella maniera, non poteva essersi avvicinato così solo per fissare un appuntamento di lavoro. Si rannicchiò appoggiando sulle ginocchia la guancia che le dita di lui avevano sfiorato. Poteva davvero essere che lei gli piacesse…
Mosse un dito nella sabbia di fronte a sé, avrebbe tanto voluto essere a Konoha in quel momento, senza pensieri, magari nel bosco con Kiba e Akamaru che correvano a perdifiato sugli alberi e Shino che raccoglieva pacato i suoi insetti.
Gli mancavano i suoi compagni di squadra; erano gli unici che a buon diritto poteva definire amici. Aveva promesso loro che avrebbe scritto durante la sua permanenza a Suna, ma non lo aveva ancora fatto. Si sarebbero preoccupati…
Non aveva nemmeno scritto alla sua famiglia per informare che era arrivata; ma forse aveva già provveduto il Kazekage a mandare un messaggio a questo proposito, se non altro per avvertire l’Hokage. Questo era decisamente un peso in meno: non voleva nemmeno pensare a cosa avrebbe potuto congetturare suo padre se avesse letto in una sua lettera “Qui va tutto bene”. Hinata aveva deciso di non chiedersi più il perché l’avesse spedita a Suna con la camicia da notte di sua madre nello zaino. Come figlia e come kunoichi era certa di non volerlo proprio sapere.
Affondò totalmente la testa nelle ginocchia: non voleva pensare male di suo padre.
Anche se il loro rapporto non era tra i migliori, sapeva che lui agiva per il suo bene, e per il bene del Clan soprattutto. E poi per quel che ne sapeva lei, lui poteva anche essere stato obbligato a spedirla lì.
Ripensò a come sarcasticamente le aveva detto di sedurre il Kazekage, di come aveva insistito per trascinarla al ricevimento dell’Hokage… no, suo padre non doveva essersi fatto pregare per mandarla lì…
Scosse il capo e alzò lo sguardo; doveva trovare il modo di distrarsi prima di ritrovarsi irrimediabilmente depressa.
La sua attenzione si focalizzò su tre bambini non troppo distanti che si stavano esercitando nel lancio dei kunai. Il bersaglio li guardava beffardo ed immacolato, nessuna delle loro armi era arrivata ancora a sfiorarlo. Non erano di certo genin, e nemmeno avevano una base di tecniche ninja: il loro modo di tenere il kunai era sbagliato e anche il modo di lanciarlo. Eppure si allenavano ai margini dei campi di addestramento con gli strumenti di dotazione del campo stesso, senza che nessuno li seguisse. Nessuno badava a loro, né però li allontanava. I tre facevano tutto da soli: lanciavano il kunai e correvano a riprenderlo, e fintanto che aspettavano il loro turno successivo, continuavano a saltare e muoversi senza un criterio preciso, solo con lo scopo di allenare le gambe; sembrava una brutta copia dei normali addestramenti dell’Accademia di Konoha.
Hinata li stava fissando da un po’ quando il bambino che stava per tirare incrociò il suo sguardo. Presa alla sprovvista, la ragazza si affrettò ad estrarre uno dei suoi kunai, ma quando rialzò gli occhi, il bambino aveva già lanciato. Seguì con un po’ di delusione la sua corsa per recuperare l’arma, che ovviamente non aveva raggiunto il suo obiettivo. Quando il bambino tornò indietro, Hinata si accorse che anche gli altri due la stavano fissando. Restando seduta, mimò il gesto corretto per lanciare; il kunai del secondo bambino riuscì a sfiorare il bersaglio, quello del terzo riuscì perfino a impiantarsi.
Hinata si rincuorò per le loro risate di giubilo e sorrise quando i tre si voltarono verso di lei avidi di altre istruzioni. Lei si alzò guardandosi intorno, probabilmente il Kazekage non se la sarebbe presa se lo avesse aspettato qualche metro più in là.


Gaara arrivò al campo di addestramento con più di mezz’ora di ritardo; aveva preferito evitare che qualcuno collegasse la sua inusuale uscita alla ragazza di Konoha, almeno per quel primo momento. Una volta arrivato al campo di addestramento sarebbe stato impossibile nasconderlo; già paventava i bisbigli che avrebbero serpeggiato per Suna quando sarebbero stati visti nella scuola insieme.
Aveva lasciato la scrivania senza nutrire particolari aspettative; non gli era venuto in mente niente per Hinata. Si era ripromesso che, alla mal parata, l’avrebbe incaricata di scrivergli una relazione sulle differenze strutturali, materiali, sostanziali tra i metodi di insegnamento nei loro due Villaggi. Vista l’evidente difficoltà di lei a parlare con un tono udibile, quella sarebbe stata una soluzione buona e soprattutto sbrigativa.
Tuttavia, quando aveva trovato la ragazza circondata da una decina di ragazzini che letteralmente pendevano dai suoi gesti e dalle sue parole, si era dovuto ricredere. Hinata non sembrava aver problemi con i bambini e il sistema con cui riusciva a gestirli e a integrare quelli nuovi che continuavano ad aggiungersi dimostrava ottime capacità organizzative.
Gaara studiò i piccoli entusiasti: erano tutti bambini non ancora ammessi alla scuola o respinti perché troppo indietro rispetto ai loro coetanei. Già da tempo si parlava di attivare dei corsi alternativi in modo da recuperare gli esclusi e di abbassare l’età di ammissione all’Accademia; i vari procedimenti burocratici erano già stati avviati, ma niente impediva a lui come Kazekage di velocizzare i tempi e far partire il progetto subito includendo Hinata nell’equipe di responsabili. Non era un incarico di carattere diplomatico, ma se a lei piaceva… La fissò mentre era intenta a correggere un ragazzino; aveva un’espressione così serena, e sorrideva. Solo mentre saltellava i sassi del torrente Gaara l’aveva vista così. Non si era nemmeno accorta che lui era arrivato…
“C’è il Kazekage!”
I bambini si voltarono a guardarlo adoranti, alcuni si rizzarono su un maldestro ‘attenti’; Hinata arrossì e abbassò lo sguardo. Le labbra di Gaara si arricciarono in un invisibile broncio: era fastidioso vedere come facilmente si agitasse in sua presenza.
“Continuate pure.”
La ragazza alzò e riabbassò veloce lo sguardo in una muta domanda; ora che c’era lui sembrava aver perso di nuovo la voce.
“Passo più tardi” Gaara le rispose avviandosi verso la scuola. Non occorreva che lei lo seguisse, avrebbe dovuto parlare inizialmente con Baki per organizzare tutto.


Il vecchio maestro del Kazekage non fu molto accondiscendente: come altri membri del Consiglio, avrebbe preferito veder affidato ad Hinata Hyuga qualche incarico che la portasse a stare più a contatto con l’alta sfera di Suna.
Gaara tuttavia non aveva intenzione di cedere: aveva deciso che la questione “Hinata” si sarebbe risolta prima del calare del sole e così sarebbe accaduto. Inoltre, aveva trovato qualcosa che a lei sicuramente piaceva, quindi si avrebbe ostinato a chiederlo fino allo stremo se fosse stato necessario.
Gli ci volle un po’ per rimuovere tutti gli ostacoli. In realtà, non ci sarebbe nemmeno riuscito se non avesse espresso apertamente davanti agli anziani di Suna quella che poteva essere scambiata con la ragione della sua insistenza:
“È un incarico che potrebbe piacere alla giovane Hyuga.” disse serrando i pugni, sapendo che quella frase sarebbe stata sicuramente fraintesa. Si stava davvero compromettendo troppo per quella ragazza.
Vide gli occhi dei presenti illuminarsi, nelle loro teste poteva scorgere la loro speranza di un imminente dichiarazione. Arricciò il naso e sopportò.
Era un lavoro che poteva avere una durata limitata, ed era abbastanza utile anche per Suna.
E lui aveva la certezza che a Hinata sarebbe piaciuto: l’aveva vista farlo e sorridere mentre lo svolgeva.
Quindi avrebbe potuto sopportare gli sguardi soddisfatti dei membri del Consiglio, avrebbe potuto soprassedere se loro avessero iniziato a pensare ad Hinata come alla sua futura moglie.
Bastava che approvassero la sua decisione. Non gli importava altro.
Lei avrebbe passato il suo tempo a Suna sorridendo nei campi di addestramento, non contorcendosi nervosamente le mani nel suo ufficio.
Fu una faticaccia, ma ottenne quello che voleva. Dovette scendere a patti su alcuni punti e accettare di supervisionare direttamente il progetto con un membro scelto dell’equipe. Non dubitò nemmeno per un attimo che quel membro scelto sarebbe stata Hinata, ma poteva anche accettarlo.
Gaara mantenne la sua espressione impassibile, confidando che presto quei sorrisetti impertinenti sarebbero stati abbagliati dal sorriso di profondissima gratitudine da parte della ragazza di Konoha.
Un sorriso aperto come quelli che lei aveva rivolto più volte ai bambini sarebbe stato sufficiente a dimostrare a tutti che quel lavoro era effettivamente ciò che lei voleva.
Gaara lasciò che fosse Baki ad ufficializzarle l’incarico, così avrebbe potuto vedere di lato il suo volto piuttosto che la sua testa chinata e godersi per un attimo la sua tenue rivincita.
Rimase profondamente deluso, quando la giovane non dimostrò nessun entusiasmo mentre le comunicavano le decisioni prese. Fece appena un cenno di assenso.
Gaara sentì salire un moto di rabbia.
Stupida e irriconoscente ragazzina!


Hinata arrancò incerta sulle rocce salde nella sabbia. Non era certa di voler seguire il Kazekage lassù, né che lui volesse effettivamente essere seguito. Non si erano parlati dopo che finalmente le era stato dato un incarico ufficiale a Suna, semplicemente quando lui era uscito lei gli era andata dietro.
Anche dopo che le fu chiaro che lui non aveva nessuna intenzione di farle visitare la scuola, aveva continuato a seguirlo; l’alternativa d’altra parte, sarebbe stata tornare indietro e ripercorrere la via principale del Villaggio sotto gli occhi indiscreti di tutti.
Strinse la presa e si diede più slancio, con un balzo raggiunse il crinale delle mura rocciose che circondavano Suna. Il Kazekage stava ammirando il paesaggio a braccia conserte.
Come la vide, questi si girò sbuffando e riprese a camminare. Hinata si affrettò a seguirlo, facendo attenzione a non avvicinarsi troppo; lui sembrava ancora più corrucciato del solito e lei non voleva infastidirlo. Sentiva però di doverlo ringraziare: sapeva che doveva a lui l’incarico che le avevano dato e gliene era particolarmente grata. Quei bambini erano davvero vogliosi di imparare, e lei sapeva di poter trasmettere loro qualcosa di utile.
Ma ogni volta che prendeva fiato per parlare, le parole le morivano in gola.
Così non andava.
Raccolse tutto il coraggio che aveva e allungò tremante una mano verso la tunica bianca svolazzante per chiamarlo, quando lui si voltò di scatto verso di lei.
Hinata resto interdetta per qualche secondo guardandolo con il braccio ancora proteso; poi velocemente riabbassò occhi e mano imbarazzata.
“Mi infastidisce la gente che non mi guarda.”
La ragazza alzò di poco gli occhi titubante; il tono del Kazekage era tagliente e di sicuro i suoi occhi sarebbero stati gelidi, ma non voleva guardarlo in volto per accertarsene. “Scusi.” mormorò.
“Non mi piace nemmeno chi continua a scusarsi.” continuò lui freddamente.
Hinata non sapeva che dire. Mosse le labbra senza emettere suono; non capiva cosa avesse fatto per far arrabbiare il Kazekage, nè perchè lui le si rivolgesse con quel tono così all'improvviso. Chiuse la bocca e deglutì non sapendo bene dove spostare lo sguardo. Scusandosi ancora avrebbe soltanto peggiorato le cose, ma davvero, non sapeva che fare per rimediare...

Gaara intrecciò le braccia al petto ed assottigliò lo sguardo.
Lui avrebbe preferito tornarsene a casa da solo, per questo era corso via appena finito. Lei però l’aveva seguito persistente, anche quando lui si era arrampicato sulle rocce per scoraggiarla.
La guardò tremare davanti a lui, nel panico per non trasgredire i divieti che le aveva appena dato.
Inclinò la testa, soppesandola: forse aveva esagerato.
La sua rabbia nei suoi confronti era un sentimento ingiustificato. Anzi, avrebbe dovuto essere più solidale con lei dopo averla vista tentennare davanti al Consiglio e sussultare quando Baki l’aveva chiamata.
Era ovvio che una persona schiva come lei non si sarebbe messa a sorridere giubilante davanti a un manipolo di gente sconosciuta.
Semplicemente, lui aveva sentito di essersi talmente esposto per lei in quei giorni, che gli avrebbe fatto comodo una piccola dimostrazione di gratitudine palese davanti ai membri del Consiglio. Era un appoggio di cui lui avrebbe avuto bisogno, ma di cui Hinata non poteva sapere. Quindi era del tutto inutile prendersela con lei.
Chiuse gli occhi e inspirò: non era da lui perdere la sua obiettività in questo modo, né prendersela per una cosa così frivola come un sorriso mancato.
Tutta quella storia lo stava evidentemente stressando...
Riportò l’attenzione sulla ragazza, sforzandosi ad essere nuovamente neutro nei suoi confronti; l’aveva sentita sospirare più volte, quindi forse voleva interagire.
“Avevi qualcosa da dirmi?” usò un tono più pacato rispetto a prima.
La domanda diretta sembrò ridestare Hinata, l'inflessione più umana con cui era stata pronunciata, inoltre, la riscaldò abbastanza da farle alzare lo sguardo sul volto del ragazzo solo per qualche attimo prima di riportarlo all’altezza delle spalle. “I-io volevo ringraziarla per… l’incarico…” le parole le morirono in un soffio di vento.
“Davvero?” Gaara alzò un sopracciglio, scettico
“Sì!” Hinata si specchiò negli occhi azzurri del Kazekage con tutto il coraggio che aveva “Sì, certo! Grazie!” l’ultima parola l’aveva praticamente gridata. Sentì le guance arrossire, abbassò lo sguardo ma ricordandosi che a lui dava fastidio lo rialzò. Non riuscendo però a fissarlo di nuovo in faccia, fece scorrere gli occhi sui suoi capelli, sulle sue spalle, la sua bocca, il suo petto.
“Puoi guardare per terra, se vuoi.”
Hinata non se lo fece ripetere. Gaara si ritrovò a fissare di nuovo il suo capo chino.
Scosse la testa convincendosi che non era importante. Lei si sarebbe trattenuta a Suna solo per qualche settimana, non valeva la pena insistere per avere di nuovo su di sé quegli occhi bianchi.
Mentre si voltava, udì un bisbigliato “G-grazie” e quando fissò la ragazza da sopra una spalla le parve di vederla timidamente sorridere tenendo il viso a un’altezza poco più alta dei suoi piedi.
Ripresero a camminare, ma inspiegabilmente Gaara non aveva voglia di tornare subito a casa; si ritrovò a fissare le dune e le nuvole alla ricerca di qualcosa da fare che gli permettesse di stare fuori. Era quasi il tramonto e si stava alzando il vento. Istintivamente, fece una deviazione e salì lungo un pendio; sentiva che Hinata lo stava seguendo e accelerò il passo: se si fossero sbrigati, forse sarebbero arrivati in tempo.


Il sole morente salutava Suna con i suoi raggi infuocati; le case rispondevano stagliandosi scure. Timide le luci cominciavano ad apparire alle finestre.
Il Villaggio al tramonto era uno spettacolo. Gaara se lo godette a braccia conserte dalla cima più alta.
Tutto sommato, poteva dirsi soddisfatto di quella giornata: aveva trovato un’occupazione per Hinata entro il calare del sole, esattamente come si era ripromesso. Ok, forse doveva ammettere che non ci sarebbe riuscito se lei non si fosse messa spontaneamente a fare qualcosa con quei bambini.
La guardò di sottecchi mentre il vento le scompigliava i capelli; da quando l’aveva incontrata, era già la terza volta che lei gli offriva una soluzione ad altrettante situazioni spinose…
Hinata si accorse che la stava fissando e arrossì rifugiando il viso verso terra.
Gaara seguì il suo sguardo sulla sabbia e vi trovò un sasso.
Sorrise dentro di sé; i sassi sembravano essere una costante nella vita di Hinata. L’aveva vista parlarci e saltellarci allegramente sopra.
Forse lei voleva quel sasso.
Lo guardò meglio e capì; avrebbe dovuto arrivarci prima! Temari aveva detto che a Hinata piacevano i fiori, no? Quel sasso era considerato il fiore per eccellenza nel deserto, per la sua forma strana, il suo luccicare e la sua rarità. Si diceva che avrebbe portato sfortuna a tutti coloro che lo avessero colto senza l’intenzione di regalarlo.
Gaara guardò il sasso e poi Hinata.
In fondo ora non c’era nessuno che li stesse giudicando e che potesse fraintendere.
Con un cenno sollevò la sabbia su cui stava il sasso, lo prese in mano e lo porse a Hinata.


Il Kazekage le stava dando un sasso. Hinata lo fissò incerta.
Si era sentita morire prima quando si era accorta che lui stava guardando lei invece che quella vista mozzafiato. Non si era mai trovata in una situazione così: a guardare il tramonto con un ragazzo… un ragazzo che forse aveva un debole per lei.
Era tremendamente in imbarazzo.
Allungò una mano e lo prese velocemente temendo di sfiorare la pelle del Kazekage. Abbassò la testa rossa in viso: non ne era sicura, ma le sembrava che lui le avesse sorriso.
Strinse il sasso in petto dicendosi che la sua era solo suggestione. Stava fraintendendo.
In fondo, lui prima era evidentemente arrabbiato con lei per qualcosa. Ora probabilmente voleva solo farle sapere che era tutto sistemato. Darle il sasso poteva essere come chiederle scusa.
Poteva essere un’usanza particolare del Villaggio della Sabbia.
Hinata sospirò per tranquillizzarsi rigirandosi il sasso tra le mani.
Come lo vide meglio, il suo viso tornò rosso e il suo cuore riprese a battere all’impazzata.
Non poteva essere.
Non poteva capitare a lei.
Era… era… così romantico…
Si voltò verso il Kazekage cercando di dire qualcosa.
Insomma… non poteva accettare… a lei piaceva Naruto, le era sempre piaciuto. Nei suoi sogni ad occhi aperti c’era lui al suo fianco e ora vivere qualcosa di così dolce con un altro ragazzo la faceva sentire così... così… fuori posto…
Imbarazzatissima allungò entrambe le mani verso il petto del ragazzo. Non lo guardò, non ci sarebbe riuscita nemmeno volendo; i suoi occhi erano velati di lacrime. Le dispiaceva da morire, ma davvero non se la sentiva di accettare quel regalo.
Sentì la mano fredda di lui chiudersi sulle sue e spingerle verso di lei.
Lo sguardo basso di Hinata si ritrovò a fissare nuovamente il sasso ancora racchiuso nelle sue mani.
Rimase immobile così anche quando sentì il Kazekage dirigersi verso il sentiero da cui erano venuti.
Oh mamma... Che doveva fare?
Davanti a un bellissimo tramonto, il Kazekage di Suna le aveva regalato una splendida rosa.



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Siete resistiti fin qui? complimenti!
Nota: Per dettagli sulla "Rosa del Deserto" rimando alla spiegazione che krystal83 ha fatto nella note della sua storia "Suna no Bara - Rosa di Sabbia" (che tra l'altro è molto carina come ff); mentre scrivevo avevo in mano quella che ho a casa, quindi non mi sono posta il problema di descriverla bene... comunque sarà un elemento che tornerà anche più avanti ^.^

Grazie per la lettura e al prossimo capitolo (spero!)

  
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