Disclaimers:
Niente mi appartiene. Queer as Folk è di
proprietà della Cowlip e della
Showtime.
Titolo
della shot: Sinfonia stonata di un amore senza fondamenta
Rating:
Verde
Genere:
Introspettivo, Romantico
Avvertimenti:
Missing Moments, Slash
Timeline:
Tra la 3x01 e la 3x02
Prompt
utilizzato:
7. Non importa quanto grigia
e squallida sia la nostra casa, noi gente di carne e ossa preferiamo
abitare lì
che in qualsiasi altro luogo, per bello che possa essere.
Note
dell’autrice: Ebbene sì, l’ho
fatto. Ho scritto su un personaggio che mi fa venire il rigurgito di
bile al
solo sentirne pronunciare il nome. Non so come le mie dita abbiano
resistito e
non siano marcite mentre scrivevo e come i miei occhi non siano usciti
dalle
orbite per rotolare a terra dallo schifo. Però cercate di
capirmi, ho dovuto
scrivere su questo personaggio per cause di forza maggiore: il prompt
era
azzeccatissimo – soprattutto per quanto riguarda
l’aggettivo ‘squallido’ – per
lui. Mi scuso in anticipo se la shot vi sembrerà piuttosto
semplice, a tratti
banale e scarsa di contenuti, ma quando scrivo su un personaggio che
detesto,
questo è il meglio che posso dare.
Non vi
auguro buona lettura perché, nella seguente storia, non
c’è nulla di buono. In
caso ve lo stiate chiedendo: sì, potete lanciarmi quanti
pomodori volete, li
mangerò più che volentieri! -Martina-.
SINFONIA STONATA DI UN
AMORE
SENZA FONDAMENTA
Un tenue
raggio di sole, fin troppo caldo per quella stagione rigida, filtra
attraverso
la finestra malandata, colpendoti in pieno viso. Apri gli occhi ancora
impastati dal sonno appena interrotto, facendoti immediatamente scudo
con una
mano per non rimanere accecato. Ti muovi su quel materasso logoro e
consunto e
le assi di legno che lo sostengono scricchiolano leggermente sotto il
tuo peso.
Allunghi un braccio e tasti piano le coperte con le dita, accorgendoti
subito
che non c’è nessun corpo vicino a te.
«Ethan?»,
lo
chiami, guardandoti intorno.
«Sono
qui», ti
risponde lui, spuntando con la testa da dietro la testiera malridotta
del
divano, i ricci bruni scompigliati sulla fronte.
«Che
ci fai
lì?»
«Fino
a
qualche minuto fa ci stavo dormendo, qui sopra.»
«Hai
passato
la notte sul divano?», corrughi la fronte, guardandolo senza
capire. «Come
mai?»
Ethan si
alza,
avvolgendo il corpo nudo in una coperta piena di buchi, e ridacchia.
«Quante
domande di primo mattino, signorino
Taylor»,
esclama, muovendo quei pochi passi che gli servono per raggiungerti
e sedersi sul bordo di quel letto improvvisato. «Non ho
passato tutta la notte sul
divano, solo qualche
ora. Durante l’alba ha cominciato a piovere e
l’acqua è filtrata attraverso un
paio di tegole rotte. Avevo una stupida goccia che continuava a cadermi
sulla
faccia ed infastidirmi.»
«Forse
non
avremmo dovuto fare l’amore sul tetto, l’altra
notte», ammicchi, con un sorriso
furbo. «Non deve aver retto la nostra foga.»
Ethan ride,
scuotendo divertito la testa.
«Può
darsi.
Sta di fatto che mi sono alzato per andare in bagno e… non
ci crederai mai, ma
si è staccata pure la tavoletta del water!»
Rimani a
fissarlo per qualche secondo, serio, in totale silenzio. Poi gonfi le
guance e
infine, non riuscendo più a trattenerti, scoppi in una
risata piuttosto fragorosa.
«Che
nottataccia!», esclami, una volta che le tue risate si sono
placate.
«Già»,
concorda lui, prima di sorriderti con tenerezza. «Ma ne ho
approfittato per
guardarti dormire, quindi non è stata poi così
male, come notte», mormora,
sensuale, passando il pollice sul tuo labbro inferiore. «Fai
delle facce
buffissime e arricci spesso il naso mentre dormi. Sei veramente
bellissimo.»
Senti le tue
guance arrossire leggermente.
«Davvero?»
Ethan
annuisce
con un cenno del capo. Lascia scivolare la coperta lisa sul pavimento e
si
distende sul tuo petto niveo, puntellando i gomiti sul materasso per
sostenersi
e non gravarti troppo addosso. Intrappola la tua bocca in un bacio
lungo,
dolce, e quando si separa lentamente da te affonda le dita nei tuoi
capelli
biondi.
«Sai
che ti
dico? Non importa quanto grigia e squallida sia la nostra casa: io
preferisco
abitare in questa bettola che in qualsiasi altro luogo, per bello che
possa
essere, perché qui, stretto tra le mie braccia, ho tutto
ciò che ho sempre
desiderato», ti sfiora la punta del naso con il proprio,
sorridendo. «Sei il
sogno più grande della mia vita, ancor più della
Filarmonica di Vienna.»
Sbuffi una
risatina quasi imbarazzata e ti schernisci, coprendoti il volto con le
mani.
«Adesso
non
esagerare», mugugni.
«Non
sto
esagerando», ti contraddice lui, prendendo e strattonando
delicatamente i tuoi polsi
per toglierli da lì. «Brian non deve averti fatto
molti complimenti se
arrossisci per così poco», scherza.
Scosti le
dita
dal tuo viso e ti rabbui nel sentir pronunciare quel nome. Il tuo corpo
si fa più rigido ed Ethan, accorgendosene
subito, cerca di rimediare schioccandoti un piccolo bacio sulla fronte.
«Io
non ti
farò soffrire come ha fatto lui, Justin. Te lo
prometto», ti rassicura,
fissandoti dritto negli occhi. «Io saprò renderti
felice. Ogni mattina ti
dedicherò serenate col mio violino per svegliarti ed ogni
sera dormirò
abbracciato a te dopo aver fatto l’amore.
Diventerò famoso e se questo lurido
appartamento non dovesse più bastarti, ti
comprerò un castello, se sarà
necessario.»
«Non
mi serve
un castello», gli dici, lasciandoti andare ad un sorriso
disteso, ora più
tranquillo. «Nonostante tutto, a me piace questa casa. Non
importa quanto sia
misera, che abbia i muri scoloriti o che cada un po’ a
pezzi… mi piace perché è
piccola ed accogliente. Perché è nostra.»
Ethan ti
sorride di rimando e si protende per baciarti. Porti le braccia intorno
al suo
collo, stringendolo contro di te e, all’improvviso, la senti
ancora, di nuovo.
È una nota stonata, stridula, che senti ogni volta che ti
tocca, ogni volta che
ti bacia, ogni volta che fate l’amore. È quella
maledetta nota di disaccordo
nel tenero ritornello del vostro amore. Ed è come se
percepissi un’altra
presenza, invisibile quanto ingombrante, che si mette tra di voi quando
siete
soli. Una presenza costante e prepotente, portatrice di un nome che tu
conosci
perfettamente, portatrice di quel viso che tu, sin dal vostro primo,
fatale
incontro, hai definito come ‘il volto di
Dio’.
«Devi
andare a
lezione, oggi?», ti chiede Ethan, curioso.
«Sì.»
«È
un vero
peccato», bofonchia, poi sporge in fuori il labbro inferiore
e mette il
broncio, cercando di farti pietà. «Volevo rapirti
per un po’ e fare un bagno
caldo insieme a te.»
Dai
un’occhiata fugace all’orologio sgangherato appeso
alla parete sopra di voi.
«C’è
ancora
parecchio tempo prima che comincino le lezioni», lo informi,
rivolgendogli un
sorriso raggiante. «Ed io ho proprio voglia di un bel bagno
caldo.»
Ethan
sorride
anche lui e ti bacia sulla punta del naso.
«Vado
subito a
riempire la vasca, allora», annuncia, rimettendosi in piedi.
«Spero che il
tappo dello scarico regga, altrimenti ci toccherà fare un
bagno a secco»,
ridacchia, contagiando anche te con la sua allegria. «Ti
chiamo quando l’acqua
è pronta.»
«Ve
bene»,
annuisci, e lui ti scocca l’ennesimo bacio sulla bocca.
Lo segui con
lo sguardo finché non sparisce dietro la porta rovinata del
bagno. Sospiri,
pettinandoti all’indietro i capelli con le dita, e ti volti
su un fianco.
Pieghi il gomito, appoggiando la guancia sul palmo aperto della mano, e
fissi
la rosa rossa sopra il piccolo comodino che Ethan ti ha regalato due
sere
prima. La guardi e, senza alcun motivo apparente, ti chiedi se
l’amore che vi
lega durerà quanto quel fiore bellissimo ma dalla breve
esistenza o se, invece,
sarà eterno. La finestra si spalanca improvvisamente,
sospinta da una
leggerissima folata di vento, e tu cerchi di proteggerti tirando le
lenzuola
fin sopra il mento. La rosa vibra ed un petalo si stacca, cadendo e
andando a
morire silenziosamente sul pavimento. I tuoi occhi chiari, ora, fissano
quel
morbido petalo rosso. Che sia la risposta ai tuoi dubbi? Che sia un
segno del
destino? Sbuffi sonoramente e ti lasci cadere con la schiena contro il
materasso, coprendoti gli occhi con l’avambraccio.
«Justin?»,
la
voce di Ethan ti riscuote dai tuoi pensieri amletici.
«Vieni?»
«Arrivo!»
Ti tiri su a
sedere e, dandoti una lieve spinta, ti alzi. Sospirando piano, ti
dirigi verso
il bagno, con la consapevolezza che, tra le pareti di quella casa
squallida,
immerso nell’acqua e tra le bolle di sapone, annegherai per
un po’ la mancanza
che hai di lui.