Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Crilu_98    20/03/2016    2 recensioni
"La prima cosa che noto è che cammina in modo strano: tiene le braccia larghe attorno a sé e procede lentamente, titubante. Le sue mani incontrano lo spigolo di uno dei banconi e mi chiedo perplesso perché abbia dovuto toccarlo, prima di aggirarlo. Poi, quando mi soffermo sui suoi occhi, spalancati e fissi su di noi, comprendo.
-Ma è cieca!- urlo, balzando in piedi. La ragazzina si ferma e fa una smorfia sorpresa, voltando il capo proprio verso di me."
Alexandra Jane Sorrentino: origini italiane, orgogliosa, razionale, talmente sicura di sé e delle sue capacità da iscriversi ad un concorso televisivo di cucina. Unico problema: un incidente l'ha resa cieca. Ed è questo che attrae e insieme spaventa Jake Moore, inflessibile e scontroso giudice del concorso: perché Alexandra è diversa, speciale... Ma è probabilmente anche l'unica in grado di capire il suo modo di fare cucina e, con esso, tutto ciò che ha tentato di dimenticare dietro di sé...
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
P.O.V. Jake
 
Arrivo agli studios con umore temporalesco e penso che i miei cuochi siano molto fortunati: se il direttore dell'albergo non mi avesse concesso un mese e mezzo di ferie, a causa di "Chefs", oggi sarei stato un capo più difficile del solito.
Il problema è solo uno, e mi appare davanti non appena metto piede nella cucina: Alexandra Jane Sorrentino, seduta a gambe incrociate sul bancone, sta chiacchierando e scherzando con i due ragazzi di ieri. Quella dannata ragazzina mi è venuta a cercare anche nel sonno: ho rivissuto attimo per attimo la sua lenta sfilata verso di me, solo che nel mio sogno lei cadeva e tutto andava in pezzi. E poi ho sognato le sue mani, le cicatrici che le deturpavano... Insomma, mi sono svegliato un'infinità di volte.
-Oggi, finger food!- trilla Elizaveta piombando come un uragano nella stanza, mollando un affettuoso scappellotto a Juan e scoccandomi un bacio sulla guancia, troppo vicino alle labbra. Rimango impassibile, limitandomi a gelarla con un'occhiata; lei osserva la mia reazione, delusa, poi scrolla le spalle e si dirige verso i concorrenti.
-Cos'era quello?-
-Juan, per favore, non è giornata!-
Lo spagnolo mi fissa attento.
-Hai una brutta cera...-
-Dormito male.- borbotto, cercando con gli occhi qualsiasi cosa che mi potesse salvare dall'interrogatorio che sentivo addensarsi su di me. Il mio sguardo si incaglia però proprio sulla ragazzina, che in questo momento ha deciso di scendere dal bancone con un salto azzardato: barcolla e per un attimo sembra cadere a terra, ma il ragazzo-dell'-hamburger la afferra prontamente per la vita, ridendo. Serro istintivamente i pugni e rivolgo nuovamente gli occhi a Juan, che ora mi scruta con aria strana.
-Stasera, alle otto. Non fare storie e non azzardarti a non presentarti! Lo sai che ti vengo a prendere nel tuo attico lussuoso in capo al mondo!-
-E' solo in cima ad un grattacielo...- mormoro sconsolato: ho rimediato l'ennesima cena dai Martinez e so che se Juan mi ha invitato è per pressarmi con l'aiuto di sua moglie e di sua figlia...
 
Come ha detto Elizaveta, oggi è la giornata del finger food: pratico, sfizioso, veloce. Sembra una cazzata, e invece è qui che ho sempre visto i peggiori disastri: alcuni scambiano pratico con piccolo, sfizioso con banale e veloce con frettoloso. Mi stiro sulla sedia con un ghigno sornione: almeno potrò sfogarmi contro degli incapaci.
La prova inizia e mi impongo di non guardare i concorrenti, sicuro che finirei per fossilizzarmi sulla Sorrentino: il pensiero di essere stato un vero bastardo con lei ieri non mi da' tregua.
L'unica cosa che i vari piatti avranno in comune è un ingrediente imposto dalla giuria: il tartufo bianco. E' costato un occhio della testa, viste le quantità, e tutta la produzione spera ne sia valsa la pena. Personalmente, passeggiando tra i banconi, ho sudato freddo nel vedere come alcuni stavano riducendo il povero tubero; mi annoto alcune facce in modo da umiliarle per bene in un secondo momento. Mi avvicino al ragazzo-dell'-hamurger - non mi ricorderò mai il suo nome - seguito da una telecamera:
-Cosa cucini oggi, un altro hamburger non hamburger?- chiedo sarcastico. Il ragazzo mi squadra con diffidenza, ma non smette di sorridere:
-No, cestini di pan brioche con mini porzione di risotto al tartufo!-
-Mh!- borbotto, osservando scettico, qualche metro più in là, la marocchina in difficoltà con il tartufo. Mi volto verso la Sorrentino, ma lei sembra non accorgersi della mia vicinanza, presa com'è dal cucinare: mi rendo conto in questo momento che non le ho ancora chiesto scusa per ieri. Ma non posso farlo ora, con sei telecamere pronte a registrare ogni mia parola, perciò mi siedo nervosamente al mio posto, pregando più insistentemente del solito affinché questa prova finisca.
La prima a presentare il piatto è la marocchina, Robin, e già dalla prima occhiata capisco che non ci siamo proprio: porzioni troppo grandi, abbinamento sbagliato con il tipo di riso.
Non mi pronuncio sul verdetto finale - inviata alla sfida eliminatoria - mi limito a criticare i punti salienti del pasto: ho capito fin dalla prima occhiata che questa ragazza se ne frega delle mie umiliazioni, a lei interessa soltanto migliorare. Però la vedo nervosa, incerta, sicuramente spaventata a morte dalla prova imminente, contro un altro concorrente dai tratti asiatici - uno di quelli che aveva sparso buona parte del tartufo sul tavolo, ridotto in rimasugli inservibili.
I cestini del ragazzo-dell'-hamburger sono buoni, ma niente di eclatante: non c'è il gusto di una storia nascosta, di qualcosa che viene da dentro. So che come espressione è piuttosto vaga, ma è esattamente questo che si deve cercare nel cibo: i nostri piatti raccontano la nostra storia né più né meno che un libro o un film.
Assaggio a malapena il piatto di Oliver Smith, concentrandomi piuttosto sul nome successivo: Alexandra J. Sorrentino. La vedo saggiare il bancone con le mani, ma prima che possa fare un solo passo scatto in piedi e precedo i miei colleghi fino a trovarmi di fronte a lei.
Sorrentino piega la testa da un lato e sorride: di nuovo, non so come, ha capito chi ha davanti.
-Poi mi spiegherai come hai fatto...- sussurro, nel chinarmi a prendere in mano uno dei suoi involtini di pasta sfoglia con... Vellutata di patate e tartufo, deliziosa.
-A fare cosa?- chiede lei con lo stesso timbro di voce.
-A capire chi sono!-
Il sorriso si allarga, evidenziando due piccole fossette al lato della bocca e assumendo un'aria enigmatica, quasi sinistra se appaiata allo sguardo fisso in un punto indefinito alle mie spalle.
-Allora, Jake?-
La voce di Elizaveta, leggermente seccata per i miei continui sbalzi d'umore, mi risveglia dalla bolla in cui ero caduto.
-Non male.- balbetto lapidario: di nuovo, i complimenti per quel piatto mi si sono fermati chissà dove tra il cervello e le corde vocali.
 
P.O.V. Alexandra
 
Cammino rasente al muro, tentando di andare il più velocemente possibile: Robin sta per affrontare la prima prova eliminatoria ed era talmente agitata che un po' di tifoseria non può farle che bene. Richard, il ragazzo dell'hamburger vegano che era intervenuto in mio favore contro Oliver Smith, mi ha già preceduto: voleva accompagnarmi, ma io dovevo andare in bagno e l'ho mandato via. Maledico quel contrattempo e la mia lentezza: con un accompagnatore trovare la sala prove sarebbe molto più facile. Di nuovo, mi chiedo perché non permetto a nessuno della mia famiglia di mettere piede qui. Di nuovo, trovo la risposta: sono stanca di sentire sempre le stesse voci attorno a me, di captare gli stessi profumi, di avvertire le solite mani che mi guidano... Ho partecipato a questo concorso perché volevo dimostrare a loro (e, forse, anche a me stessa) che potevo farcela senza qualcuno che mi stesse vicino, a controllare ogni mia mossa.
Come in risposta ai miei pensieri, i miei sensi colgono un nuovo profumo e la mia pelle viene stretta da una morsa che ben conosco:
-Signor Moore! Deve smetterla di afferrarmi così all'improvviso, mi ha spaventata!-
-Mi scuso...- afferma ironico -Del resto, tu spaventi me quando mi riconosci così prontamente!-
-Il profumo.- dico, senza pensare. Un attimo dopo vorrei ingoiarmi la lingua!
-Come, scusa?- Sembra sinceramente divertito.
-Il suo profumo, è da quello che la riconosco. E' molto... Penetrante.-
-Ah sì?- La nota di divertimento si fa sempre più accentuata.
-Sì... Ed ora può cortesemente lasciarmi andare?-
Per tutta risposta, Jake Moore mi attira a sé, facendomi perdere il contatto con il muro. Sbalordita ed impreparata, mi ritrovo a stringere la sua camicia come unico, disperato appiglio.
-Stavi andando alla sala prove, tanto, no? Ti accompagno, così potrai vedere come se la cava la tua amica...-
Ma lo fa apposta?
-Diciamo che vedere non è esattamente il verbo adatto...- commento con tono sarcastico.
Lui trattiene il fiato, e quando mi risponde è mortalmente serio:
-Mi dispiace, io... Non volevo offendere. E non volevo farlo neanche ieri, è solo che a volte mi lascio trasportare da desideri infantili... Era tutto uno stupido scherzo, ecco.-
-Uno scherzo?- replico, tagliente. -Ho rischiato di cadere e, con me, anche il piatto che avrebbe dovuto esaminare! E non pago, ha anche cercato di farmi prendere un infarto, sbucando all'improvviso e afferrandomi a quel modo!-
-Ho già detto che mi dispiace!-
Il tono della sua voce ora è basso e minaccioso, un vero e proprio ringhio. Quest'uomo non deve essere abituato a chiedere scusa alle persone, realizzo. E allora decido di lasciar perdere.
-Comunque...- inizio titubante -Non è stata poi un'esperienza così negativa!-
-Che significa?-
-Intendo dire... Lei è la prima persona a trattarmi in modo normale da non so più quanto tempo!-
"Alexandra Jane Sorrentino!" urla la mia mente, indignata "Cosa vai farneticando!?"
Inciampo in una fessura tra le mattonelle del pavimento e rischio di perdere la presa sul suo braccio, ma Moore si affretta a stringermi per la vita e rimettermi in equilibrio.
-Perché sei venuta qui? Perché senza un accompagnatore, un aiuto, qualcuno?- chiede a bruciapelo, riprendendo a camminare. Noto che la sua mano è rimasta saldamente poggiata sul mio fianco, per impedirmi di cadere ancora e la cosa mi mette a disagio: sento un brusio attorno a noi e mi chiedo quanti stiano vedendo lo straordinario spettacolo di Jake Moore che aiuta la povera ragazzina cieca. Vorrei scansarmi, ma l'oscurità che mi circonda me lo impedisce: distinguo a malapena i contorni dei muri e nient'altro.
-Sorrentino, mi hai sentito?-
-Sì....-
-E allora?-
-E allora non ho voglia di risponderle!-
-Non hai...?-
Sembra stupefatto, incredulo. Come se fosse facile spiegare la mia vita ad uno sconosciuto che tra l'altro non ha fatto altro che complicarmi le cose dal primo momento in cui mi ha vista. Ma chi si crede di essere?
-Sei strana, ragazzina.- borbotta, con tono neutro. Sembra essersi calmato e, cosa ancora più importante, non sembra essere intenzionato a fare altre domande imbarazzanti. Però mi sento in dovere di puntualizzare una cosa:
-Ho venticinque anni. Non sono più una ragazzina da un bel po', ormai.-
Lo sento soffocare una risata. Jake Moore che ride? No, non è possibile. Non si accorda con le numerose descrizioni che mi hanno fatto di lui, e con l'atteggiamento che ho sperimentato sulla mia pelle.
Sento Richard che mi chiama, e Moore mi lascia andare velocemente, neanche la mia pelle avesse preso fuoco. Avverto il mio amico che si avvicina e sorrido timida. Penso che il giudice se ne sia già andato, quando sento un soffio bollente vicino all'orecchio.
-Sei bassa, testarda e con troppa voglia d'indipendenza. E quindi per me resterai ragazzina!- bisbiglia Moore, a voce così bassa da farmi rabbrividire. Poi si allontana, e con lui scompare anche il suo caratteristico odore.
 
-Che ti ha detto Moore?- chiede Richard dopo un po'. La prova è iniziata da un quarto d'ora circa e il ragazzo mi ha fatto la paziente telecronaca di tutto ciò che è successo. Robin e Bill, l'altro concorrente, devono confrontarsi su un piatto estraneo ad entrambi: carne alla griglia.
Robin non si è persa d'animo e sta lavorando alacremente per riuscire a rimanere in questa cucina.
Mi muovo sulla sedia, a disagio:
-Niente di che, si è scusato per il comportamento di ieri...-
-Cosa ha fatto?- strilla Richard, attirando l'attenzione di qualche altro concorrente.
-Abbassa la voce, idiota! Perché, è così strano che mi abbia chiesto scusa?-
-Alex, ascolta: nel ristorante dove lavoravo c'era un cameriere, piuttosto bravo, che aveva avuto la sfortuna di lavorare per Moore... Dio, al poveretto tremavano ancora le gambe al pensiero delle sue sfuriate! Sono sicuro che qui si contenga perché dobbiamo andare in  onda sulla tv nazionale, ma credimi, è pazzo! Un pazzo dal talento incredibile e con un ego smisurato. Jake Moore non chiede mai, ripeto, mai scusa!-
-Con me lo ha fatto...- mormoro, assorta. Mi è tornato alla mente un altro particolare, le parole che mi ha sussurrato ieri, quelle che credevo di essermi immaginata:
"Hai delle belle labbra..."
Così, dal nulla. Prima mi insulta e poi mi fa un complimento, una volta mi fa perdere l'equilibrio e un'altra mi scorta gentilmente fino alla mia destinazione... Forse ha ragione Richard, forse è semplicemente instabile.
Avverto delle risate sguaiate poco lontane da noi. E' Oliver, insieme ad un altro paio di concorrenti: riconosco le voci di Priscilla, una trentenne nervosa, e Wade, un cuoco di cinquant'anni dai modi bruschi e dalla voce arrochita dal fumo.
-Ci credete che il bastardo mi ha anche spinto contro il muro? Aveva le mani che sembravano di ferro, per la forza con cui mi ha stretto la maglietta! E tutto quanto per quella ritardata...-
-Ma perché secondo te, Smith?-
-Mah, non so, non lo capisco. Prima la umilia davanti a tutti e poi momenti mi ammazza di botte per averle dato contro! Secondo me se la scopa...-
-No, dai!- la voce di Priscilla è un misto di eccitazione ed incredulità. Sento che sto per vomitare. In più non ci capisco nulla neanche io: Moore mi ha difeso con Smith? Quando? E soprattutto, perché?
-Secondo me sì- prosegue Oliver con fare cospiratorio, abbassando la voce -Altrimenti come sarebbe entrata, secondo voi?-
La nausea è sempre più forte, preme contro il mio stomaco e mi soffoca il respiro. Serro gli occhi, ma non posso impedire ad un'unica lacrima di scendere lungo la mia guancia.
-Alex, che succede? Ehi!-
Sono così arrabbiata, offesa e piena di vergogna che non trovo di meglio che affondare il mio viso nella maglia di Richard. Inspiro a fondo il profumo di pulito che emana, mentre lui mi accarezza dolcemente i capelli, tentando di calmarmi.
Ho un tale tumulto che posso sentire il sangue scorrere furioso nelle mie vene: il pensiero che più mi intristisce è che per loro non sarei entrata grazie a ciò che so fare, ma solo per una mia fantomatica relazione con Moore. Con Jake Moore, per Dio, chi crederebbe mai ad una cosa del genere? Come farebbe un qualsiasi ragazzo normale - a maggior ragione uno come lui, che ragazzo non lo è più neanche tanto - ad innamorarsi di me?
Ma forse il pensiero di Smith era ancora più degradante e sporco: forse lui intendeva solo...
-Alex, è ora! Robin e Bill stanno presentando i piatti!-
Alzo la testa e mi asciugo le lacrime con il dorso della mano. Sento le cicatrici ruvide graffiarmi la pelle delicata intorno agli occhi e le mie labbra si piegano all'ingiù: possibile che ogni cosa adesso mi debba ricordare Moore?
Poi rifletto, e riconosco che effettivamente da sei anni a questa parte Jake Moore è l'unica variante degna di nota della mia vita: per sei, lunghissimi anni ho lasciato che la mia esistenza scivolasse via in una monotonia grigia, ogni giorno uguale al precedente.
Ho deciso di stravolgere tutto, e lui purtroppo è compreso nel cambiamento: la mia unica possibilità è stargli lontano il più possibile, per quanto me lo consenta il dover stare accanto a lui in un programma televisivo.
Bill viene bocciato alla grande da Moore ed io mi chino in avanti, pur non potendo vedere, per non perdermi nulla di ciò che diranno ora i giudici: è il turno di Robin.
 
 
Angolo Autrice:
Ciao!
Avreste mai creduto che Jake Moore potesse chiedere scusa? E che addirittura scortasse Alexandra da Richard?
Non è un capitolo particolarmente movimentato, ma significativo per delineare meglio i personaggi di questa storia, anche quelli pessimi: la triade di Smith è piuttosto crudele e brava nel diffondere le malelingue, non trovate?
Sono stata molto felice dell'accoglienza riservata ai primi due capitoli e spero che questo non sia da meno! xD Fatemi sapere cosa ne pensate :) nel frattempo ringrazio Ciniza e ParoleDiGhiaccio per aver recensito e tutti coloro che hanno inserito la storia nelle seguite/preferite.
Alla prossima
 
Crilu
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Crilu_98