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Autore: _Lady di inchiostro_    20/03/2016    8 recensioni
Simbolo: «Me lo sarei creato da solo il mio vessillo!»
Asso: «Conosci qualche pirata con un asso di picche tatuato sul braccio sinistro?»
Bicchierino: «Non mi piace il sakè…»
Odio: «Lo sai che non ti odio… vero?»
*
Piccoli pezzi che vanno a comporre un’intera storia. Riuscirà Sabo a vincere contro quel senso di impotenza che prova quando tenta di ricordare?
*
{Fluff&Angst} {Sabo centric!} {Happy Birthday ♥}
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hack, Koala, Monkey D. Rufy, Sabo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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On the wave of records
~


 
[Simbolo]
«Quale vessillo scegli?»
Gli era venuto fuori così, dopo ore e ore passate su quei raccoglitori, nel tentativo di imparare tutti i simboli correlati alle varie organizzazioni e alle varie ciurme pirata. Un rivoluzionario doveva essere sempre ben informato, o almeno così diceva Dragon.
Koala alzò gli occhi stanchi su Sabo, che pareva quasi rapito da quei disegni su sfondo nero.
«Che intendi dire?»
«Sotto quale vessillo ti sarebbe piaciuto viaggiare, se fossi stata a bordo di una nave pirata?»
La ragazza rimase un poco sorpresa dalla domanda del ragazzo: del resto, non sapeva ancora nulla sul suo passato, sul fatto che lei una ciurma pirata l’avesse conosciuta per davvero. E poi, a stento Sabo sapeva come si chiamava lui stesso.
Lei aggrottò le sopracciglia. «Perché questa domanda?»
«Per curiosità…»
«Tu hai già la risposta per caso?»
«Certo!» Mise la mano sul cuore, con fare solenne. «Me lo sarei creato da solo il mio vessillo!»
«Ah sì? E come sarebbe stato?»
«Be’…»
Sabo ci pensò su, come se sapesse perfettamente come sarebbe stata la sua bandiera se fosse stato un pirata. Ecco, un ricordo sfuggente, che tentava di riacchiappare, di far di nuovo suo, ma ogni volta che stava per toccarlo con le dita, per riappropriarsene, puntualmente scivolava via.
«Sabo?»
Non si era neanche accorto di aver sgranato gli occhi, le mani che tremavano: era sempre così quando tentava di ricordare, come se entrasse in un mondo parallelo.
Tossicchiò, in modo da far sapere a Koala che non c’era da preoccuparsi. «Non lo so ancora, okay?»
La rossa rimase, dapprima, sbigottita, poi scoppiò a ridere, contagiando anche il giovane, più piccolo di lei di un anno ma con cui sentiva una forte affinità. Sì, poteva fidarsi.
«Sabo, posso raccontarti una storia?»
«Va bene, se ci tieni.»
La ragazza sfogliò le pagine di uno dei raccoglitori, trovando quello che cercava.
«La mia storia,» disse, indicando un sole di colore rosso fuoco «inizia con questo simbolo.»

Nel frattempo, presso il regno di Goa, due ragazzini e futuri pirati avevano recuperato qualcosa di fin troppo importante.
Una bandiera con un enorme S di colore azzurro, tranciata da due linee bianche, a simulare un vessillo pirata di fortuna.
Il più piccolo vi aveva affondato il viso, ridendo e piangendo, inspirando il profumo di salsedine che emanava, e pensando che non ci fosse modo migliore per festeggiare il compleanno del suo fratellone, Sabo, che oramai non c’era più.






[Asso]
Il biondo fissò il viso dell’uomo pesce che gli stava davanti da sopra le carte, per poi disporle con ordine sul tavolo. «Scala reale, ho vinto!»
L’altro sbuffò. «La solita fortuna del principiante…»
«Avanti Hack!» esclamò Sabo, in un moto di risa. «Non te la prendere!»
«Non me la prendo! Mi chiedo solo come ho potuto farmi trascinare in questa storia! Dovremmo rimanere concentrarti per la missione!»
«Sta tranquillo, Koala ci chiamerà quando sarà il momento di agire.»
«Sabo, questa missione è diversa da quelle che hai già affrontato, di un livello nettamente superiore!»
Non lo stava più ascoltando. Era troppo impegnato a rigirarsi tra le dita la carta dell’asso di picche, quasi ipnotizzato, gli occhi che piano piano diventavano due fessure. Nella sua mente si era formato un qualcosa, un’immagine sbiadita che Sabo non riusciva a indentificare. Era grigia, confusa, sembrava quasi annebbiata da mille mila altri ricordi del giovane. Sabo strinse ancora di più gli occhi, non distinguendo più la realtà dalla finzione, se si trovasse in quella taverna con Hack o… in un altro posto.
Riconobbe una voce, probabilmente la sua, che parlava, canzonatoria. «Maledizione, com’è possibile che tu vinca sempre con lo stesso mazzo di carte?»
E poi eccola, un'altra voce che Sabo non aveva mai sentito in vita sua, eppure la sentiva così familiare, così calda addosso, come se fluisse via e lo attraversasse tutto. «È il seme di picche, mi porta fortuna!»
Sabo ebbe un sussulto, la carta che adesso sembrava sgretolarsi tra le sue dita, gli occhi che si spalancarono, la pelle che sudava freddo. Quanto avrebbe desiderato, anche solo per un attimo, vedere quel volto contornato di lentiggini che gli sorrideva? Perché sentiva di conoscerlo?
«Mi piacerebbe chiamare la mia ciurma in questo modo, sarebbe forte. E magari mi faccio tatuare l’asso di picche sul braccio sinistro, che ne dici?»
L’aveva sulla punta della lingua, quel nome. Lo sapeva di chi apparteneva quella risata cristallina. Bastava solo che lo dicesse…
«Sabo?»
Il ragazzo si risvegliò dal suo stato di trance, e il ricordo svanì così com’era venuto, intanto che la carta si era totalmente stropicciata sotto la sua presa. Sbatté le palpebre, concentrandosi su Hack che, in quel momento, lo fissava con aria grave. 
«Mi ha chiamato Koala… Dobbiamo andare…»
«Oh…»
Si alzò in piedi, sistemandosi il copricapo e fissando un punto non ben precisato della taverna, completamente perso.
«Hack-san?»
«Sì?»
«Conosci qualche pirata con un asso di picche tatuato sul braccio sinistro?»
«Come?»
Sabo lo guardò per un attimo, mentre l’uomo pesce assumeva un’espressione interrogativa. Lui fece uno sbuffo divertito, passandosi le dita tra le lunghe ciocche bionde. «Lascia stare, una stupidaggine.»

Il nuovo membro che si era appena unito alla ciurma di Barbabianca, ex-capitano della ciurma chiamata “Ace of Spades”, aveva oramai rinunciato da qualche tempo a farsi tatuare un asso di picche sulla spalla sinistra.
Dopo che completarono l’opera sulla sua schiena, su cui avrebbe portato per sempre il nuovo vessillo del suo capitano, chiese se potevano tatuargli anche il braccio sinistro con il suo nome completo. Solo che, dopo la prima iniziale ci doveva essere una S sbarrata da due linee nere.
Perché, proprio come gli aveva detto il suo fratellino qualche anno fa, non c’era modo migliore di ricordare Sabo; anche se quel giorno di marzo non c’era nessuno da festeggiare.


 




[Bicchierino]
Koala bussò alla porta prima di entrare. Lo trovò seduto alla scrivania, intento a sfogliare a uno a uno il nuovo blocco di volantini che gli era stato dato. I pirati erano aumentati a vista d’occhio in quell’ultimo periodo, così come le taglie su cui pendevano le loro teste, più o meno cospicue.
«Perché non torni di là con gli altri?» gli chiese, posando un bicchiere colmo di sakè sul ripiano di legno.
Lui sorrise con aria stanca, prima di riposare lo sguardo sui fogli. «Devo imparare i nomi di questi pirati. Lo sai come la pensa Dragon-san, dobbiamo essere tutti ben informati.»
«Be’, avresti dovuto farlo prima…»
«Non ricordarmelo, per favore!»
«Comunque, sei sempre il benvenuto di là. Iva-chan sta festeggiando in grande per il successo che abbiamo avuto nell’ultima missione!»
«Immagino…»
Sabo prese un altro foglio, l’ennesimo di quella serata, avvertendo il pulsare persistente delle tempie. Gli apparve davanti il volto di un giovane, il sorriso smagliante e un buffo cappello sul capo, su cui vi era una taglia ancora misera – nonostante fosse già un buon passo per un pirata inesperto.
Koala allungò un poco il collo. «Monkey D. Luffy… Dicono che sia completamente fuori di testa, ma anche promettente. Sai che era a Lougetown quando c’eravamo anche noi?»
Sabo non rispose, troppo concentrato a ricordare dove avesse già visto quel sorriso. Possibile che l’avesse scorto proprio a Lougetown?
Fattibile, ma c’era qualcos’altro, qualcosa che gli suggeriva che quel ragazzo… lo conosceva. Più che bene.
Maledizione, perché non riusciva a ricordare mai? Cosa c’era che lo bloccava?
Lui voleva ricordare per davvero. Non ne poteva più di queste immagini che si dissipavano senza che lui riuscisse a coglierne veramente l’essenza.
«Sabo!»
Un sorriso, un cappello di paglia. Una piccola figura che gli stava davanti e gli sorrideva.
«Fratellone!»
Lui era… lui era suo…
«Sabo?»
Il ragazzo scosse il capo, girandosi verso la sua compagna che, adesso, gli aveva messo una mano sulla spalla nel tentativo di riscuoterlo.
«Posso andare?»
Dapprima confuso, Sabo rispose con un sorriso tirato e un gesto della mano. «Sì, vai tranquilla!»
Ma Koala aveva appena aperto l’uscio della porta, quando il ragazzo la richiamò di nuovo, lo sguardo puntato sul bicchierino che risplendeva del liquido contenuto.
«Potresti riportarlo indietro? Non mi piace il sakè…»


Sabo non era l’unico che non beveva sakè.
C’erano due pirati in particolare che preferivano bere altri tipi di alcolici, cosa che lasciava stupiti gli altri membri della loro ciurma.
Il sakè, però, era speciale; per Portuguese D. Ace e Monkey D. Rufy quella era l’unica bevanda da bere in delle tazzine rosse e solo in una circostanza particolare. 
Ed entrambi si erano ripromessi che, non appena sarebbero tornati a Goa, avrebbero rifatto la stessa cerimonia solenne. Anche per Sabo.
Fino ad allora, il sakè si limitavano ad assaggiarlo, giusto un pizzico sulla lingua, solo quando era il giorno del suo compleanno.






[Odio]
Sabo osservava le costellazioni con gli occhi che brillavano, lasciandosi cullare dal rumore delle onde che s’infrangevano sulla sponda. Aveva il viso rosso per via di tutto quello che aveva mangiato e bevuto, ma in fondo ne era valsa la pena. Non si ricordava quando era stata l’ultima volta che aveva festeggiato un vero e proprio compleanno: i suoi compagni e amici, in verità, festeggiavano il giorno in cui si era unito a loro, anche se era ben diversa come cosa ed erano dei festeggiamenti decisamente più sporadici. 
La festa di quella sera, invece, era stata degna di tale nome, con tanto di cibo e bevande alcoliche. L’idea di festeggiare il suo compleanno era stata di quel pazzo di suo fratello Rufy.
Sabo si lasciò sfuggire una mezza risata, pensando a quante cose erano cambiate in quegli ultimi due anni. Ora riusciva a vedere chiaramente i pezzi di quel puzzle cinereo, che si dissolveva come una nuvola di fumo. Non era sempre facile, ma aveva già fatto un sacco di progressi.
Avrebbe solo voluto che succedesse in passato, quando quel nome sembrava sempre che stesse per riaffiorare dalle sue labbra. Non avrebbe dovuto portarsi il peso di non aver rivisto il suo viso prima che morisse, di essersi completamente dimenticato di lui, di averlo abbandonato.
Un rumore lo ridestò dai suoi pensieri, trovandosi suo fratello Rufy che respirava a pieni polmoni e sorrideva soddisfatto, accanto a lui «Che mangiata!»
«Puoi ben dirlo!»
«Però avrei un altro po’ di spazio…»
Sabo rise e alzò gli occhi al cielo, riprendendo la sua osservazione delle stelle, il sottofondo del chiacchiericcio degli altri membri della ciurma che gli ronzava nelle orecchie, del vento che lo accarezzava e accarezzava i ciuffi di erba sintetica della nave. Sarebbe rimasto volentieri così per tutto il tempo del mondo, con suo fratello accanto, con i suoi compagni che facevano amicizia in cucina con quegli strambi pirati: gli bastava questo.
«Sabo, sei felice?» sbottò Rufy.
Si voltò verso di lui. «Perché non dovrei esserlo?»
«Non so… ogni tanto penso che tu non lo sia…»
«Rufy, sono felicissimo, tranquillo!»
«Lo sai che non ti odio… vero?»
Sabo rimase scioccato, il sorriso che aveva prima in volto diventato di pietra, intanto che Rufy tentava di usare le parole giuste per non ferirlo.
«Insomma… per quella storia… Io non ti odio. Non è colpa tua. E se sei triste per questo, smettila di esserlo. Io e Ace non ti avremmo mai odiato per una cosa del genere e mai lo faremo!»
Il ragazzo guardò per un attimo suo fratello con le pupille che tremavano, finché – inconsapevolmente – calde lacrime non cominciarono a scendere lungo i suoi zigomi. Si sentiva odiato; si sentiva odiato da quando aveva riacquistato la memoria, da quando era andato a trovare Ace sulla sua tomba, da quando aveva rivisto Rufy a Dressrosa. 
«Lo so, Rufy…ora lo so…» disse, asciugandosi le lacrime con il polso. 
Il minore l’abbracciò stretto, per poi posare il capo sul suo petto, rimanendo così, giusto per fargli sentire che c’era e che non se ne sarebbe andato.
«Tu non mi odi.»
«Non potrei mai.»
«Sabo… ti voglio bene.»
«Anch’io, Rufy.» E gli diede un bacio tra i capelli.
Si assopirono così, lasciandosi cullare ora delle onde del mare, ora dai respiri l’uno dell’altro.






Delucidazioni (sto termine fa davvero più fiquo quando si tratta di dare spiegazioni):
-I sottotitoli ai vari pezzi di storia sono stati dati volutamente, proprio per comporre il nome “Sabo” con le iniziali (e mi sono spaccata la testa sulla tastiera del computer per trovare delle parole quantomeno decenti e azzeccate, quindi se vi fanno schifo chiedo umilmente la vostra clemenza T.T);
-Lo so che la prima storia è più Koala-centric che Sabo-centric, ma non potevo di certo non inserire tutta la storia della nostra precious girl dato il contesto. D’altronde, questo mi sembrava il modo migliore per inserire la questione della bandiera di Sabo, cui tenevo da tempo a dedicare uno spazio. La scena del ritrovamento di Ace e Rufy è ispirata a una fanart, in cui il minore piange sulla bandiera del fratello per poi fare un sorriso… *le si spezza il cuore*;
-Okay, non ho idea se Ace potesse avere davvero l’intenzione di tatuarsi un asso di picche: è stata una cosa buttata lì per lì, più che altro per dare un tocco diverso al tatuaggio sulla spalla di Ace… con quella S… *piange*;
-Presumo che l’abbiate capito tutti, ma lo dico lo stesso: Sabo e Hack stanno giocando a poker (altro motivo per dare a Sabo l’input per ricordare…);
-In parte, per questa storia ci colpa claws (a cui mando una vagonata di abbracci <3), perché mi ha fatto pensare che Sabo potesse sdegnare veramente il sakè, come se ogni cellula del suo corpo stesse cercando di lanciargli un campanello d’allarme, del tipo: “Ehi, vedi di ricordare!”;
-La teoria che Sabo fosse a LougeTown nasce dai fan, visto che sembrerebbe che Oda abbia trollato tutti, disegnando per ben due capitoli una figura vestita di scuro e con tanto di tuba…
-La scena finale è ispirata ad una fanart, che ammetto essere particolarmente SaboLu, but I don’t care, poiché io non ci avevo visto nulla di male se non la tanta dolcezza che questi due mi infondono! Poi, voi siete liberi di fare quello che volete, senza rancore! uu *diffonde amore* <3
-Sì, per questo compleanno di Sabo ho deciso di analizzare dei possibili momenti in cui il giovane abbia avuto dei richiami al suo passato: non ci credo che per dieci anni non abbia sentito niente, né che non abbia visto le taglie dei suoi fratelli uu. Dunque, qui ho giocato un po’ con la psicologia, cosa che mi piace fare parecchio con quest’idiota, arrivando al culmine nel finale. Mi viene sempre da pensare che Sabo possa sentirsi odiato, per cui ho colto la palla al balzo per inserire questo mio headcanon :’)
Bon, io spero che apprezziate seriamente il contenuto, non vorrei che sembrasse un’accozzaglia di pensieri messi a caso mentre si ascolta musica depressa (??)
L’antro chiude per oggi e augura a voi un buon 20 marzo! *vola a cavallo di una scopa*
_Lady di inchiostro_
  
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