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Autore: Mia addams    23/03/2016    1 recensioni
Il mio nome era Lily Potter. La mia vita non poteva definirsi noiosa ma di certo non era all'altezza della vita che aveva vissuto la mia famiglia. Spendevo il mio tempo mettendomi nei guai e progettando schemi di Quidditch, attività che adolescenti scalmanati potevano benissimo portare avanti senza finire un giorno sì e uno no in fin di vita.
Ero nata in una generazione che aveva tutto, che non aveva nulla per cui lottare, nulla in cui sperare. Ovviamente, quando dicevo che avrei voluto una vita più movimentata non intendevo vivere una vita in cui la paura di morire da un momento all'altro o di perdere le persone che ami predominava ma mi sentivo alquanto inutile.
« Sei fortunata! » mi rimbeccava continuamente mia madre. « Vuoi davvero che qualche altra minaccia tenti di seminare il caos e distruggere ciò che abbiamo creato? »
« Nessuna strana minaccia attaccherà il nostro mondo, mamma. Questo è assurdo! »
E da quando in qua io avevo ragione su qualcosa?
Genere: Avventura, Dark, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dominique Weasley, Hugo Weasley, Lily Luna Potter, Lysander Scamandro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Casa Scamander.


La familiarità in casa Scamander non era mai stato un problema per me... fino a quel momento. Per tutta la cena mi sentii come una vera e propria sconosciuta, nonostante conoscessi tutta la famigliola da quasi diciassette anni. Luna aveva fatto tutto il suo meglio per mettermi a mio agio ma il mio fin troppo costante patema d'animo non aiutava per nulla l'integrazione all'interno della casa. Anche Rolf, uomo curioso, timido e taciturno, aveva fatto il possibile per rendermi partecipe delle conversazioni che avvenivano a tavola e Lorcan, sebbene la sua inimicizia nei miei confronti fosse ricambiata a causa di scherzi poco gentili di cui fu protagonista durante il corso degli anni, non aveva esitato a darmi a parlare. Di creature fantastiche e altre diavolerie, si capisce. Al contrario del fratello, che era praticamente diventato muto, cieco e completamente sordo.
Il mattino successivo, dopo una notte intera passata a pensare e tormentarmi, mi destai dal mio nuovo letto con il desiderio sotto zero di affrontare una giornata intera in casa Scamander, oltre al fatto che non avevo la minima idea di che ore fossero. Arrancai nelle coperte e trovai il mio cellulare sul comodino. Schiacciai un pulsante a caso e diedi un'occhiata all'ora...
Decisamente troppo tardi.
Scesi di sotto coi pantaloni del pigiama e una vecchia shirt, sperando di trovare la mia madrina Luna ad offrirmi una colazione in grado di rimettermi in sesto fisicamente e mentalmente. Le mie speranze furono del tutto buttate, come si suol dire, nell'orinatoio quando mi resi conto che in cucina c'era solamente Lysander, anche lui in pigiama, che trafficava ai fornelli per preparare la colazione. I miei ormoni mattutini furono messi a dura prova ma riuscii a contenerli, anche se il pensiero di essere probabilmente sola in casa col biondino stava invadendo la mia mente alquanto malata.
Il rumore che avevo prodotto da brava elefantessa quale ero fece voltare verso di me il ragazzo.
« Oh, ciao. » disse, guardandomi per qualche secondo e tornando a fissare i fornelli in maniera imbarazzata. « Avevo quasi dimenticato... »
Ah, aveva anche dimenticato che un essere umano in più popolava quella casa.
« Sì... faresti bene ad abituartici. » borbottai malvolentieri, destandomi dalle mie pervertite riflessioni.
« Sto preparando la colazione, ti siedi qui con me? » mi propose, impacciato. Sempre evitando accuratamente il mio sguardo.
« No. » risposi in fretta, pensando che l'improvvisa nausea che stavo accusando non mi avrebbe permesso di mandare giù un sol boccone. Afferrai la brocca del succo di zucca e me ne versai in un bicchiere, giusto per giustificare la mia presenza lì in cucina. E per avere una scusa valida per ammirare il suo di dietro che da quell'angolazione strategica appariva decisamente più bello di come lo ricordavo. « Ti lascio solo a goderti la colazione. » e feci per andarmene, attraversando il salotto di casa con un sibilo di bestemmie in sottofondo.
« Aspetta, fermati un attimo! » aveva esclamato lui, correndomi dietro e sbarrandomi repentinamente la strada. Fui costretta a fissarlo dal basso del mio metro e sessanta e mi resi conto che anche appena sveglio appariva estremamente carino. « So che non vuoi respirare la mia stessa aria ma almeno... »
« Ah, adesso sono io a non voler respirare la tua stessa aria? » lo interruppi, con tutte le prove dell'esatto contrario e cominciando a scaldarmi come un vulcano in piena fase di eruttazione. « A me sembra che sia la mia presenza qui a non essere affatto gradita da parte tua. »
Lui ammutolì, tentennando. Era ovvio che non si sarebbe mai aspettato di ritrovarsi a passare le vacanze di Natale insieme a me dopo tutto quello che era successo.
« Ho visto la tua espressione alla stazione e nello scompartimento. » sibilai, con una freddezza che stupì non solo lui ma anche me. « E di certo non era l'espressione di chi gradisce qualcosa. »
Gli voltai le spalle con risentimento e feci per salire le scale a chiocciola, ma il mio braccio fu bloccato dalla sua presa irremovibile. Osservai per un secondo le sue mani calde, lisce, stringere delicatamente ma in modo fermo il mio esile avambraccio.
« Hai frainteso, io... »
« Non ho frainteso un bel niente, Scamander. »
Lui mi strinse con più fermezza il braccio, avvicinandomi a lui in modo brusco. I battiti cardiaci del mio cuore accelerarono nell'immediato come se stessero per prepararsi alla corsa campestre.
« Se fosse come dici tu, non ti avrei mai e poi mai baciata. »
Quelle parole mi colpirono come un pugno nello stomaco.
« E allora per quale diavolo di motivo l'hai fatto? » urlai di rimando, scrollandomi di dosso la sua mano.
Ci ritrovammo a fissarci, in pieno silenzio di tomba. Probabilmente il mio viso era diventato paonazzo di rabbia tanto che mi sentivo le guance ardere come il fuoco. Lui, dal suo canto, mi fissava combattendo contro se stesso e contro qualcosa, risentito e ferito.
Fu il campanello ad interrompere i nostri sguardi.
Lysander colse al volo l'occasione che si era presentata per defilare via da me e corse ad aprire la porta. Dal mio canto, me ne stetti ferma sulle scale a chiocciola per un paio di secondi, pensando a quanto fosse codardo, fin quando le voci fin troppo familiari di mio cugino Hugo e di mia cugina Dominique non esplosero all'interno della casa.
Con una strana sensazione di panico che non poteva che concludersi in niente di buono, giunsi alla porta in un attimo.
« Possiamo entrare? » stava chiedendo Dominique al padrone di casa, non esitando ad entrare senza neanche ascoltare l'invito del ragazzo ad accomodarsi. Si pulì le poco moderate scarpe col tacco sul tappetino e mi sorrise, scuotendo i capelli rossi legati in una coda alta ed elegante.
Hugo mostrava un sorrisetto malefico stampato in volto. « Permesso. » disse, chiudendosi la porta della casa alle spalle e individuandomi al centro del salotto. Mi fece una smorfia così sadica che ebbi l'istinto di prenderli entrambi a calci e cacciarli fuori casa.
« E voi che diavolo ci fate qui? » volli sapere, sbalordita e indispettita allo stesso tempo.
« Non possiamo? » chiese Dominique divertita, disfacendosi della sua borsetta e del suo cappottino bianco e deponendoli sul divano del salotto in maniera confidenziale, come se si trovasse a casa sua. Si volse verso Scamander che annuì freneticamente, borbottando qualcosa riguardo al fatto che erano benvenuti in casa. « Non mi aspettavo foste soli. Stavate facendo colazione insieme? » e fece una risatina che condivise con nostro cugino.
Strinsi i pugni, lanciando loro uno sguardo che dichiarava guerra aperta.
« Che ci fate voi due qui, Dominique? » insistetti, furibonda.
Per mia cugina sembrava non avere importanza degnarmi di un solo sguardo. « Siamo venuti per avvisarvi di stasera. »
« Stasera? » chiese Scamander confuso, lasciando accomodare Dominique su una poltrona in salotto. Non che ce ne fosse bisogno.
« Sì, non avrete mica bisogno del permesso per uscire a divertirvi? »
« Uscire a divertirci? » scandii, cercando di mantenere la calma.
« Nel senso che usciamo, idiota. » rispose Hugo ridacchiando, lanciando un'innocente occhiata al padrone di casa, che se ne stava in piedi immobile e confuso quanto me. « Scamander, ti dispiace se mi assento un attimo con mia cugina di sopra e ti lascio solo con Dominique? »
Il diretto interessato scosse il capo in maniera consenziente, ancora particolarmente impacciato. Mio cugino mi prese bruscamente per un braccio e mi sospinse in modo altrettanto brusco verso le scale, lasciando strategicamente Dominique da sola col biondino. In quel momento, non capivo fino in fondo il motivo dell'invasione dei miei cugini in casa Scamander ma quel che era certo, comunque, era che Dominique aveva in mente qualcosa di davvero diabolico, ne avevo percepito l'aura nefasta da quando aveva messo piede in casa.
Entrai nella camera di Lorcan e mi chiusi in modo rapido la porta alle spalle.
« Allora? » domandai, spazientita. « Potrei sapere a cosa devo questa invasione? »
Ridendo come chi se la stava spassando un mondo, mio cugino si sedette con un balzo sul letto disfatto e si servì di un paio di secondi per stiracchiarsi e schioccarsi il collo, non prendendomi affatto in considerazione. Fin quando non gli rifilai un calcio ben piazzato negli stinchi.
« Dominique ha intenzione di portarci in un pub stasera. Pensa che Scamander possa darsi all'alcool e confessarti... »
« Confessarmi? » strepitai, interrompendo la sua losca esposizione e guardando allarmata la porta della stanza, all'erta da orecchie indiscrete.
« Sì, esatto. Dimmi un poco, non ti staresti dando troppo da fare con i ragazzi? » chiese mio cugino, in tono provocatorio. « Il nuovo arrivato, Scamander... miseriaccia, lo conosci da anni! Non me lo sarei proprio aspettato da te. »
Neanche io me lo sarei proprio aspettato da me.
« Non so di cosa tu stia parlando. »
Hugo fece dei colpetti di tosse per attirare la mia attenzione. « Dominique ha cantato come un usignolo. »
Mi voltai verso di lui, con una smorfia malefica. « Non c'è musica da poter cantare. »
« È plateale! » fu la risposta architettata di mio cugino.
« E da quando tu noti le cose plateali? » lo rimbeccai, sfrontata.
« Cosa mi dici delle occhiate rivolte a Scamander in classe, durante le cene, nei corridoi? » si mise ad elencare, come uno scolaretto. « La fase che anticipa le mestruazioni tutte le volte ce l'hai con lui, il fatto che detesti i ragazzi troppi perfetti e improvvisamente hai cominciato ad apprezzarli e a sbucare fuori insieme ad Olsen tutte le volte che Scamander si trova nelle tue vicinanze? »
Arrossii come un papavero primaverile. « Queste cose te le ha dette Dominique! » sbottai, cercando di recuperare il mio decoro.
« No che non me le ha dette! »
Lo fulminai con uno sguardo.
« Sì, d'accordo, me le ha dette. » dovette ammettere Hugo, a malincuore, spaventato dalla mia occhiataccia minacciosa di chi era pronta per sferrare un nuovo calcio rotante. « Ma ti conosco, me ne sono accorto anch'io. » fece schioccare le nocche. « Sappi che se il tuo Scamander fa solamente un passo falso... »
La smorfia beffarda svanì dal mio volto lasciando spazio ad un pizzico di delusione e rabbia. « Oh, per favore. »
Sprofondai sul letto, pensando che ormai ero praticamente con le spalle al muro, che non ci sarebbe stato più niente da nascondere e che perfino i ciechi si sarebbero accorti che avevo preso una grossa cotta per quel ragazzo. Hugo assunse una strana espressione e, piuttosto imbarazzato, mi circondò le spalle con un braccio. Io ero, se possibile, ancora più imbarazzata: parlare con mio cugino dei miei sentimenti quando io stessa stentavo ad ammetterli e quando nessuno dei due aveva mai toccato quell'argomento mi metteva i brividi.
Non mi biasimai affatto per aver portato addosso quel fardello per mesi e mesi.
« Lui ti piace? »
La voce di Hugo era di una delicatezza che mai mi sarei aspettata uscisse dalla sua bocca. E neanche lui se lo sarebbe mai aspettato visto il modo in cui teneva inarcate le sopracciglia e dato il tremolio delle sue labbra propense verso una smorfia di disgusto.
Dal mio canto, io ero la sua fotocopia.
« Forse. » risposi, fissandomi le scarpe per non doverlo guardare negli occhi. Non che lui avesse il desiderio di guardarmi, intendiamoci.
« Dominique pensa che ti piace dalle vacanze estive. »
« Forse anche questo. »
« E Dominique pensa che alla festa di Natale di Lumacorno tu e lui vi siete baciati. »
Quasi mi andò la mia stessa saliva di traverso. « Forse? »
« Oh, che schifo! » mio cugino era scattato in piedi come se avesse preso la corrente, coprendosi gli occhi con le mani come se la scena stesse avvenendo in quel preciso istante dinanzi a lui.
Supposi che quello fosse troppo anche solo da immaginare e la mia espressione imbarazzata non trasudava disgusto neanche lontanamente per poter concordare con lui.
« Oh, miseriaccia, che schifo... » ci tenne ad infierire, tenendo ancora gli occhi chiusi, probabilmente sperando che l'immagine sparisse in fretta dalla sua mente. Gli rifilai, come da copione, un secondo calcio e l'ennesimo insulto poco simpatico. « Se questi sono i preludi non oso immaginare il resto... scendiamo di sotto? Ho sentito più di quanto ci tenessi a sentire e sono sicuro che Dominique abbia psicanalizzato abbastanza il tuo Scamander. »
Il terzo calcio rotante non era tardato ad arrivare.
« Per questo siete qui, per psicanalizzarci! »
Hugo annuì solennemente, non temendo il quarto attacco. « Di certo non per sentire la storia di come lui ti ha infilato la lingua in... »
« Hugo, sparisci prima che ti prenda a pugni. »
Io e mio cugino ci precipitammo piuttosto scombussolati giù per le scale a chiocciola, picchiandoci a vicenda e rischiando di finire rotolando fino al salotto. Non riuscivo a credere che i miei cugini avessero invaso casa per cavarci delle informazioni che avrebbero consentito loro di torturarmi a dovere e Merlino solo sapeva cosa avesse combinato Dominique mentre era da sola con Scamander.
Quasi dovetti sperare di non trovare il ragazzo appeso per i piedi sotto al soffitto.
Dominique mi accolse con un sorrisetto sadico mentre Scamander, ancora in piedi dove l'avevo lasciato e non penzolante al soffitto, si strofinava la nuca con profondo imbarazzo. Poteva sembrare una situazione normale se non fosse stato per i retroscena che non mi era dato conoscere.
« Ci vediamo alle otto in punto, non fate tardi. » concluse mia cugina, avviandosi alla porta di ingresso.
Assunse un'espressione maliziosa mentre fissava il biondino, che dal suo canto non sembrava proprio a suo agio, e prese ad agitare le dita della mano nella sua direzione. Hugo mi fece l'occhiolino mentre si affrettava a seguire fuori nostra cugina.
« Dove credete di andare? » esclamai, spiccando una corsa verso il giardino di casa Scamander, decisa ad affrontare Dominique prima che fosse troppo tardi.
I miei cugini si voltarono verso di me, con due smorfie malefiche identiche stampate in volto.
« Piaciuta la mia analisi? » volle sapere Dominique, compiaciuta.
« Corretta e dettagliata. » risposi, facendo uno sbuffo. « Cosa hai intenzione di fare? »
« Tu non preoccuparti. » disse Dominique, senza scomporsi minimamente. Io, naturalmente, presi la sua affermazione come un accurato consiglio a preoccuparmi. « Lascia fare a me. »
« Che gli avresti detto? » insistetti, all'orlo della disperazione.
« Ti ho mai dato motivo di preoccuparti? » fu la risposta diplomatica di mia cugina. « Ci vediamo stasera. »




Passai l'intero pomeriggio nascondendomi tra le quattro pareti della mia nuova camera, uscendo di soppiatto solamente per andare in bagno e sperando in quel minuscolo arco di tempo di non ritrovarmi di nuovo faccia a faccia con Scamander. Alle sette e cinquanta di sera decisi che la mia reclusione all'interno della camera di Lorcan poteva anche concludersi lì. Indossai i primi abiti che trovai all'interno dell'armadio, che si rivelarono essere una gonna strategicamente attillata e un maglioncino che non mi metteva in risalto un bel niente, e mi preparai psicologicamente per affrontare la serata.
Alle otto e un quarto uscii nel giardino di casa Scamander e mi avviai verso quella che era l'auto di mio padre, immobile fuori al cortile coi fari accesi. Vidi chiaramente mio fratello James al volante, che mi fece un grosso sorriso e mi fece accomodare nei sedili posteriori, dove mi ritrovai schiacciata nel finestrino accanto a Scamander.
« Jamie! Non sapevo ci fossi anche tu. » dissi rincuorata, mentre Dominique si voltava dai sedili anteriori per farmi un sorrisetto malefico. Avere mio fratello era come avere accanto una manna dal cielo in quella situazione tremenda.
James mi fece una smorfia, accelerando verso la stradina. « Ti avevo detto che non ti avrei lasciata sola, sorellina. Spero solo che Albus chiuda quella boccaccia. Ci ho messo un'ora per disincantare l'auto a casa nostra ma ero l'unico che poteva portarvi in quel pub babbano. »
Hugo rise, strizzandomi l'occhio al di sopra della testa del biondino. Il contatto fisico tra la mia coscia e quella di Scamander mi stava provocando una sorta di vuoto nello stomaco, che quasi non udii James blaterare insulti contro nostro fratello. Alzai i miei occhi su Scamander ed ebbi un altro sussulto nello stomaco: lo trovavo bellissimo, con la gelatina tra i morbidi capelli e i pantaloni in pelle neri abbinati al maglione.
Fortunatamente, arrivammo a Londra in pochissimo tempo, dato che James sembrava averci portati a delle corse automobilistiche con sorpassi mortali che se mio fratello Albus fosse stato presente avrebbe fatto smaterializzare direttamente nostro padre dalla Francia. Tempo in cui non avevo fatto altro che strusciare involontariamente la mia gamba contro quella del biondino, desiderando di essere ubriaca abbastanza da spalmarmici direttamente sopra.
Posammo l'auto in un posto libero accanto al locale, protetta da alcuni incantesimi, e ci incamminammo verso di esso a passo svelto.
« Mi raccomando, voi tutti. » esordì James serio, una volta arrivati fuori al pub. La scritta del locale illuminava di rosso tutto il tratto di strada e non potetti fare a meno di notare che c'erano così tante persone in fila ad attendere l'ingresso che non mi avrebbe sorpreso se fossimo riusciti ad entrarci solo all'alba. « Se succede qualcosa, non fate le femminucce. Vedetevela a mani nude e non vi azzardate a sfoderare le bacchette. Siete minorenni, avete addosso la traccia e siamo circondati da babbani, solo io posso permettermi la bacchetta. »
Scamander fece una risatina piuttosto divertita. « Ci hai presi per imbecilli, James? »
« Sai, quando uno ci rimette il culo ci tiene a sottolineare. »
Fu il mio turno di ridere.
« Quella serpe di Al non vede l'ora che succeda qualcosa di spiacevole per dirmi che me l'aveva detto. » disse James, scuotendo il capo. « Non mi fido per niente di quel mostriciattolo Serpeverde. »
« Dominique, complimenti per la scelta del locale. » disse Hugo impaziente, con abbondante sarcasmo. Decisamente, la fila era davvero chilometrica e con le alte scarpe che mi aveva prestato mia cugina dubitavo di riuscire ad attendere la mezzanotte ancora in piedi e senza un minimo lamento. « Forse per le due di notte un bicchierino riusciamo a farcelo. »
« Ringrazia che... »
Dominique si interruppe di colpo, gli occhi spiritati puntati su qualcuno alle nostre spalle. Seguimmo il suo sguardo allibito e ci voltammo all'unisono, scorgendo tra la folla niente meno che due ridacchianti Fred e Louis, che esibivano con nonchalance un tesserino premium per quel locale, pur certi che nessuno dei due aveva mai messo piede lì dentro.
« Louis? » esordì Dominique sconvolta, sbattendo le ciglia.
« Fred? » esclamai scioccata, stringendo i pugni con l'aria di chi avrebbe di lì a poco fatto piazza pulita della nostra famiglia a mani nude.
« Oh, ci siete anche voi, che coincidenza. » rispose Fred compiaciuto, lasciando intendere che non si trattava affatto di una coincidenza. Si scambiò una risatina con Louis, picchiettando sul tesserino con lo sguardo malefico di chi l'aveva fatta in barba a tutto il mondo. « Temo dobbiate attendere qualche ora prima di entrare, data la folla. Peccato non abbiate la tessera. » e fece un'altra risatina soddisfatta che diede particolarmente sui nervi a me e mio fratello.
Hugo dovette aprire e chiudere un paio di volte la bocca per riuscire a formulare una frase di senso compiuto. « E voi due che diavolo ci fate qui? »
Louis fece spallucce. « Quello che ci fate voi, immagino. Con la differenza che Fred mi ci ha trascinato. »
Fred fece l'ennesimo risolino, che si spense non appena Hugo gli rivolse un'espressione che sapeva molto di minaccia incombente. Dopo qualche secondo, che ci parve addirittura molto meno, osservammo mio cugino afferrare rudemente per la collottola Fred, trascinandolo in un vicoletto buio lì vicino. Io e il resto della banda seguimmo il brusco rapimento, tutti piuttosto curiosi e desiderosi di veder scorrere il sangue. Scamander mi aveva rifilato una mezza occhiata imbarazzata per la faida familiare al quale stava assistendo ma dal mio canto non ci badai molto: malmenare Fred era in cima alle mie priorità.
« HUGO! Sei impazzito? Ahio! Mi fai male! »
« Te lo meriti, carogna. Per quale motivo sei qui? »
« Oh, posso solo immaginarlo. » disse James spazientito, puntando la bacchetta contro Fred, che scosse il capo freneticamente. « Severus, quella maledetta piattola! Ecco il motivo. L'avevo detto che non dovevo fidarmi di quel mostriciattolo Serpeverde. »
Hugo non l'aveva presa affatto bene e riprese a maltrattare Fred, scuotendolo contro il muro di pietra del vicoletto. « È stato Al, razza di traditore? »
« D'accordo, ve lo dico. » acconsentì Fred velocemente, con uno sbuffo. Non che ci volesse molto per convincere nostro cugino a cantare: era facilmente manipolabile sotto quel punto di vista. E sotto molti altri punti di vista, dato che si trovava lì per volere di un'altra persona. « Albus mi ha detto che avete rubato l'auto di vostro padre e che stavate uscendo di nascosto. »
Io e mio fratello ci scambiammo uno sguardo che dichiarava morte certa per il nostro stretto consanguineo.
« Voi non ci avevate invitati, così ci ha dato questo suo tesserino per farci entrare e saltare la fila al locale al quale eravate diretti. Ci ha detto che vi avremmo trovati qui. »
Scamander prese a scrutare il tesserino, poco convinto. « Sembra un incantesimo. »
Dominique si unì al ragazzo nella contemplazione della tessera. « Sarebbe proprio da vostro fratello. » sbuffò, furibonda.
« Ci scommetto la sua testa che si tratta di un incantesimo. » diede conferma James, facendo schioccare le nocche.
Sfoderai la bacchetta e la puntai contro Fred. « Tu adesso ci fai entrare insieme a voi, brutto... » cominciai.
Fred prese nuovamente ad agitarsi. « Non puoi fare magie fuori dalla scuola! »
« Ha ragione. » mi disse Scamander, afferrandomi la mano e lasciandomi abbassare la bacchetta. Non potetti fare a meno di notare il sorrisetto a malincuore che mi fece Dominique quando le nostre mani si toccarono e, soprattutto, non potetti fare a meno di notare il battito cardiaco accelerato al minimo contatto.
Hugo trasse un profondo respiro, cercando di comunicare tacitamente con nostro cugino. « Fred. » scandì, circondando Louis con un braccio, come per far capire le sue intenzioni del tutto pacifiche. « Ricorda che io conosco Victoria Robins. » il sorrisetto che seguì un attimo dopo fece supporre che per tutta la discussione non avesse aspettato altro che giocarsi la sua carta migliore.
« Lui entra con noi. » decise immediatamente Fred, senza farselo ripetere due volte.
« Brutto figlio di... »
« E zia Hermione cosa c'entra? » mi interruppe Louis, divertito.
Hugo assunse un ghigno da mercenario, sussurrandomi: « Mi ringrazierai. »
« Lasciali entrare. Saremo dentro prima che ordinino il loro primo drink. » disse James tranquillo, osservando i nostri tre cugini trotterellare in cima alla fila mostrando al buttafuori il tesserino incantato ed entrando senza curarsi di noi.
Come scritto sul copione mentale di mio fratello, riuscimmo ad entrare nel pub in meno di un baleno grazie ad un piccolo aiutino di un incantesimo confundus e fummo praticamente accecati dalle luci sfarfallanti della stanza, senza contare che seguimmo tutti e quattro con lo sguardo i nostri tre cugini: Fred aveva il braccio attorno ad una ragazzina che poteva avere al massimo quattordici anni e Hugo e Louis chiacchieravano con alcune ragazze che sembravano avere la nostra età. Dominique scosse il capo disgustata e si tolse il pellicciotto, mettendo in mostra il top nero che le lasciava la schiena totalmente scoperta e il seno in bella mostra, attirando un sacco di occhi curiosi all'interno della pista da ballo.
James si irrigidì.
« Non ti sembra di aver esagerato un pochino col vestiario? » aveva sibilato, una punta di fastidio nella voce apparentemente calma. « Ti stanno guardando tutti e non siamo neanche entrati. »
« Lo fanno sempre e dappertutto. » rispose lei, per nulla toccata e in tono freddo. « Anche a scuola quando non ci sei. »
« Li fanno sempre più pervertiti ad Hogwarts. » fu il commento inacidito di James.
« Sai come sono fatti gli studenti, Jamie. » intervenni, accomodandomi sullo sgabello al bancone bar, scoprendomi e attirando anch'io l'attenzione dei presenti. « Per una settimana abbiamo dovuto subirci le corse sfrenate nei corridoi e i rametti di vischio perfino al bagno. C'è mancato poco che mi baciassi dentro al water stesso con Mirtilla Malcontenta. »
Dominique fece un colpetto di tosse per reprimere una risata. « E tu, Scamander? » chiese in maniera sfrontata mentre mio fratello si accinse ad ordinare qualche cocktail senza guardare in faccia nessuno.
« Io non mi immischio in queste cose. » rispose in fretta lui, allarmato.
Non sapevo con esattezza cosa avesse in mente Dominique ma di una cosa ero certa: Scamander preferiva Cassandra Smith a me.
E con quel pensiero bevvi tutto ad un fiato il cocktail che James mi aveva messo tra le mani.




Un'ora e quattro cocktail dopo...
Non ero ubriaca, intendiamoci. Riuscivo a stare in piedi in modo decoroso, non barcollavo, non mi strusciavo sui maschietti del pub, non ero affatto interessata alla pista da ballo e alla musica, avevo la bocca chiusa e l'assoluta capacità di intendere e di volere di certo non mancava.
O forse era proprio quella a mancare...
« Il bacio sotto al vischio, Dominique? Patetico. » udii la voce di James come da un chilometro di distanza, lucidissimo dopo una decina di shot.
Dal mio canto, ero ipnotizzata a fissare il fondo del mio ennesimo bicchiere vuoto.
« E tu non eri patetico quando lo facevi? » l'aveva rimbeccato Dominique, finendo il suo drink come se avesse appena finito di mandare giù un bicchiere d'acqua. « Quando eri tu a farlo non lo trovavi patetico. Un bicchierino di vodka anche per lui! »
« Grazie, Dominique, avrei potuto ordinarlo benissimo da solo. » rispose Scamander divertito, scrollando le spalle quando il barman gli rifilò la bevanda sotto al naso e bevendo in maniera tranquilla.
James fece roteare gli occhi, scoccando al malcapitato uno sguardo carico di compassione. « Stasera sembra che Dominique sia in vena. » disse quest'ultimo, irritato.
Mia cugina fece uno sbuffo piuttosto seccato. « Senti chi parla! Una tequila sale e limone per me. »
« E per me... » borbottai, ascoltando la mia voce come se fosse la voce di un'estranea e non avendo pieno controllo di quel che stavo dicendo o facendo.
« Hai bevuto abbastanza. » decise James, e non aveva tutti i torti.
« No... voglio ammazzare Albus... » blaterai, osservando il bicchiere sparire tra le mani.
« Lo faccio io per te, sorellina, non preoccuparti. Non vedo l'ora di annientarlo, quello stronzetto Serpeverde. »
Scamander non smetteva di lanciarmi preoccupate occhiate dato l'improvviso silenzio ostile nel quale mi ero rinchiusa fino a quel momento. Inutile dire che i piani di Dominique non erano andati a buon fine. Il biondino, infatti, aveva bevuto solo un paio di cocktail ed era rimasto lucido esattamente come lo era prima di arrivare al pub... al contrario mio, che sembravo un'alcolizzata di prim'ordine.
Dominique aprì la bocca per dire qualcosa di sprezzante, a giudicare dal sopracciglio alzato, quando un tipo alto, molto muscoloso, coi capelli rasati e la tipica stazza da portiere di Quidditch la interruppe. James non parve per niente contento di quell'interruzione.
« Ti va di ballare? » chiese precipitosamente a Dominique, che un secondo dopo fu trascinata bruscamente fuori dal pub da un furibondo James, lasciando che il pseudo portiere di Quidditch andasse via con un sonoro « bah! » infastidito e scioccato al tempo stesso.
Io, che ero rimasta intontita tutto quel tempo, diedi i primi lievissimi segnali di ripresa. Ripresa intesa come una sorta di avvicinamento alla capacità di volere e ancora lontana dalla capacità di intendere se si metteva in conto che da sobria non avrei mai e poi mai detto a Scamander che aveva un bel sedere. Cosa che ero abbastanza certa di aver fatto.
« E deve essere stato orribile baciare Cassandra Smith sulle labbra. » ci tenni ad infierire, abbastanza confusa. « Senza offesa, Scamander, ma i vostri figli sarebbero davvero bruttissimi. »
Quello che consideravo il futuro padre di famiglia rimase sconvolto da quelle affermazioni e non ebbe l'audacia di replicare quell'affronto. Dal mio canto, ero immersa nella totale descrizione di pargoli brutti come la fame dopo un digiuno, senza avere la minima cognizione di causa, effetto e motivo.
« I nostri bambini sarebbero proprio carini, invece. » proclamai, con una certa convinzione e soddisfazione. Naturalmente, non avevo la minima idea di cosa stessi dicendo ma ero sicura che ritornata allo stato sobrio mi sarei di certo pentita per la quantità elevata di sciocchezze che stavano fuoriuscendo come fiume in piena durante quel soliloquio alcolico. « Ma tu sei fidanzato con quella Smith, sognati dei bei bambini. »
« Io non sono fidanzato. » rispose in fretta il ragazzo, inumidendosi il labbro superiore e facendo impazzire qualche mio ormone. « Ma mi piacerebbe. »
« Ti sto così antipatica? » buttai lì, senza connessione di causa.
« Non mi sei mai stata antipatica. » mi disse in un sussurro. Forse l'alcool aveva sortito un minimo effetto anche su di lui. « Di solito mi sei simpatica ma non ti capisco. Sei strana. E con te c'è qualcosa di diverso, lo avvertono tutti. E l'ho sempre avvertito anch'io. E inizialmente mi ha spaventato. Credevo di poterti considerare un'amica ma mi sono accorto che non possiamo essere amici... »
Senza dargli neanche il tempo di spiegarsi, feci uno sbuffo infastidito e mi avviai a passo veloce ma barcollante verso l'uscita, confondendomi tra la folla di ballerini della pista mentre il padre di famiglia in questione mi chiamava a gran voce. Superai il bagno del locale in tutta fretta mentre la folla si muoveva con così tanta energia che quasi rischiai di essere investita. Il fatto era che avrei preferito essere travolta con violenza dalla folla di ballerini piuttosto che avere a che fare con la situazione in cui mi ritrovavo immersa fino al collo in quel periodo.
L'aria del locale, comunque, si era fatta pesante. Arrivai all'uscita e spalancai la porta, respirando a pieni polmoni l'aria fresca e chinandomi un secondo dopo sull'asfalto per vomitare.
« Tutto bene? » chiese il buttafuori del pub, un grosso omaccione vestito con un completo nero e una camicia in tinta.
« Sì. » mentii, con tutta l'aria di chi dichiarava il contrario.
« Sicura che non vuoi una mano? »
Feci per rispondere quando udii la voce di James provenire da un angolo remoto della strada.
« C'è mio fratello, stia tranquillo. »
Barcollai verso la fonte della voce tastando le pareti esterne del locale per farmi strada. Tutto era abbastanza confuso intorno a me, l'effetto dell'alcool di quella sera non mi piaceva affatto. Avrei voluto chiamare James per farmi aiutare ma la sua voce alterata rimbombava prepotentemente nella mia testa, incapace di lasciarmi proferire parola.
« Dominique, ma ti rendi conto? Sei stata con un coglione di Corvonero e addirittura con il Capitano della squadra di Grifondoro! E me lo dici in questo modo? »
Mi coprii la bocca con una mano e tossii. I due erano così occupati ad urlare che non fecero per niente caso al mio colpo di tosse.
La voce di Dominique era tremante, a pezzi: mai in vita mia l'avevo sentita così disperata. « Non esiste soluzione per noi, James! »
« E io, invece, sono un povero coglione che credeva si potesse trovare una soluzione per stare... »
Un altro conato di vomito mi costrinse a non udire l'ultima frase. Dopo aver vomitato l'anima, mi resi conto che tutto intorno a me si stava facendo velato e che avevo un forte desiderio di dormire, di accasciarmi ai piedi della scalinata del locale e serrare le palpebre fin quando non mi fossi ripresa. Caddi bocconi mentre morfeo mi offriva lentamente le sue braccia e pian pianino sentii sempre di più il mio corpo abbandonarsi verso terra, verso l'asfalto.
Forse ero tra le braccia di morfeo o forse tra le braccia di qualcun altro. Un forte odore di gel per capelli mi pervase le narici...




Sentii dei passi rimbombare in casa e per le scale, e improvvisamente mi sentii adagiare sul letto. Qualcuno mi tolse il giubbotto dalle spalle e le scarpe dai piedi. Mi mossi lievemente, sfilandomi i vestiti in maniera frenetica, non sapendo che dall'altro lato della stanza in penombra qualcuno era arrossito violentemente e desiderava che fosse ancora più buio.
Quando feci per togliere anche l'intimo superiore, sentii le mani di qualcuno afferrare le mie per fermarmi.
Delle labbra mi sfiorarono la fronte prima che cadessi nuovamente addormentata...




Il mattino successivo mi destai nel letto di Lorcan.
Chiusi gli occhi e li riaprii di scatto. Non avevo dubbi: ero a casa e non avevo la minima idea di come ci ero finita. Probabilmente dopo che ero caduta addormentata ai piedi della scalinata del locale qualcuno mi aveva recuperata e riportata in macchina e a letto.
Mi strofinai un occhio e, guardandomi attentamente da sotto le coperte, notai di essere mezza nuda, con indosso solo l'intimo. Un lieve panico si impadronì di me mentre infilavo qualcosa di caldo e pesante e mi affrettavo a trovare il cellulare dalla tasca della gonna sparsa sulla moquette della camera. Notai parecchi sms e chiamate perse ma non mi importava in quel momento.
Mi alzai con uno scatto e mi afferrai la testa tra le mani: i postumi della sbornia si facevano prepotentemente sentire. Cercai di mettere a fuoco quel che era successo ieri. Ricordai di essere scappata fuori dal locale e di aver ascoltato tra un colpo di tosse e un conato di vomito la lite di James e Dominique. Lì i miei ricordi erano davvero confusi e le loro parole, quella mattina, avevano ancora meno senso della sera precedente.
Ma qualcosa stava riaffiorando inesorabilmente: chi diceva che l'alcool buttava nel dimenticatoio i ricordi di una serata mentiva. E in un attimo mi ritrovai a fare mente locale di tutto quello che avevo vissuto qualche ora prima, a partire dal complimento fatto al biondino sul suo sodo lato posteriore a finire a parlare di quanto io e lui non potessimo mai essere amici.
Con tutta l'audacia che poteva avere una persona che era ospite nella casa del ragazzo di cui aveva totalmente perso la testa, scesi in fretta le scale di casa Scamander e mai ci fu scelta più errata di quella...
Quando feci capolino nel salotto, vidi niente di meno che Cassandra Smith in piedi accanto al divano di fronte a Lysander, che non sembrava affatto tranquillo e per nulla accomodante con l'ospite. Mi sentii letteralmente sprofondare. Purtroppo, lei era fin troppo reale e il suo sguardo quando mi vide avrebbe potuto lasciarmi stecchita.
Mi affrettai a lanciare un'occhiata fredda al padrone di casa, che parve allarmato dall'invasione, e sparii dal salotto. La voce acuta e infastidita della Smith mi seguì fino alla cucina: « E lei che diavolo ci fa qui? »
Avrei potuto farle la stessa domanda.
   
 
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