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Autore: Lumos and Nox    25/03/2016    8 recensioni
Cinque capitoli, cinque coppie diverse, ognuna con cinque diversi prompt. Pronti a tornare nella follia dei nostri Villains?
#1: Chans [Charlotte/Hans]
#2: Yzier [Yzma/Facilier]
#3: Aderis [Ade/Eris]
#4: Jalefica [Jafar/Malefica]
#5: Medelia [Medusa/Crudelia]
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Cross-over, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ade/Eris



1. Vento
Solitamente, i capelli di Eris fluttuavano già di per sè, senza alcun bisogno di una qualsiasi brezza esterna. Era lei a controllare quel loro contorcersi così mellifluo, che li faceva sembrare costantemente immersi nell'acqua.
Quando però quel giorno, avevano deciso di fare una capatina fuori, nel mondo mortale, senza nemmeno un vero e proprio motivo- perché si, divertirsi a spaventare i mortali costituiva una buona facciata, ma non spiegava perché erano usciti in un boschetto frondoso e abbastanza deserto- ad accoglierli nel mondo era stato il vento. Prima sottile ed invitante, poi a folate sempre più forti.
Ade aveva alzato gli occhi al cielo, maledicendo silenziosamente e ancora una volta Zeus e il suo amichetto Eolo per lo scherzetto così simpatico- avrebbe dovuto ringraziarli degnamente, magari scaraventando Cerbero o qualche anima particolarmente noiosa sull'Olimpo, così, giusto per un piccolo errore di calcolo. Si era voltato verso Eris per annunciare il suo intento deocida, ma si era bloccato con la bocca aperta come un qualsiasi beota. I capelli di Eris volteggiavano nel vento in un modo tutto diverso dal solito. Si alzavano e si abbassavano, seguendo il vento, quell'aria che dalle parti del Tartaro non c'era. Nonostante Eris stesse imprecando nei modi peggio possibili- certi insulti doveva segnarseli, li avrebbe potuti riciclare!- mentre cercava di sistemarsi i capelli a manate ed unghiate, Ade trovava bello guardarli, lì nel vento: sporse una mano e li sfiorò con noncuranza, fingendo di essere capitato lì ad accarezzarli per caso e, soprattutto, senza emozione o imbarazzo. Sogghignò. Stupido vento.

2. Fuoco
Ade dava così spesso in scintille che Eris considerava quel suo fuoco di una banalità un poco... indispensabile.
Specialmente per certe funzioni.
«Avresti terminato, Eris?» le arrivò la voce di Ade, l'irritazione ancor maggiormente sottolineata dal fatto che la chiamasse per nome e non con ridicoli soprannomi.
La dea si concesse una risatina. «Ancora una volta, no, carino. Ma non ti preoccupare, ne avremo soltanto per altre... diciamo sette o otto ore».
I capelli di Ade si fecero per un attimo rosso fuoco, prima che il dio riuscisse a ricomporsi- non abbastanza da evitare un evidente tic all'occhio allo sguardo di Eris. Quest'ultima stavolta rise apertamente. «Ade, Ade, Ade! Sei così prevedibile, mio adorato. E poi lo sai che "dando in escandescenze" ci impiegheremmo molto meno».
«Io non intendo sottostare ai tuoi giochetti!». Resosi conto che non sarebbe riuscito a controllarsi ancora a lungo, Ade si scostò bruscamente da Eris, scivolando ben distante da lei. «Trovati qualcun'altro! Perché se non te ne sei ricordata, Mela d'Oro, sono un dio, per il tallone calloso di Achille, non il tuo dannato aiutante! Trovati un lanciafiamme!»
Terminata la sua scenata senza scatenare nemmeno la più piccola delle scintille dai suoi capelli, Ade sparì alla volta della sua sala del trono. Eris alzò gli occhi al cielo- se mai ce ne fosse stato uno nel suo palazzo lì nel Tartaro- e scosse la testa, osservando con una mezza smorfia lo specchio d'acqua che faceva la bella mostra di un reame mortale in fiamme, con uomini che correvano qua e là, agitando le braccia e cercando di salvare con secchi d'acqua il poco salvabile, in preda alla disperazione.
Si, in effetti Eris avrebbe potuto anche trovare un altro metodo per distruggere con una pioggia infuocata quegli stupidi mortali, ma usare i capelli fiammeggianti di Ade rendeva il tutto molto più divertente.

3. Bandiera
«Cosa sarebbe quella?» chiese Eris con tono vagamente disgustato, sdraiata sul trono che sarebbe spettato ad Ade, ma che era occupato da una dea della discordia profondamente annoiata.
Ade ghignò scoprendo i denti appuntiti, lieto della domanda. «Ho saputo che al caro, vecchio, Olimpo, Zeusino ha indetto un bando per avere una propria bandiera che non stoni con le graziose nuvolette e i cori angelici della sua personalissima nuvola».
Eris lanciò svogliata quella che sembrava una vecchia spina dorsale fuori dalla finestra, cercando di divertire un pochino il povero Cerbero- le ricordava tanto i suoi piccoli mostri... «E quindi?»
«E quindi anche noi dovremmo avere una bandiera, Mela d'Oro! Disegnata dall'artista migliore che ci sia!» dichiarò il dio con tanto di fiamme azzurre, sventolando l'opera sull'asta che stringeva tra le mani.
La dea della discordia stavolta lanciò uno sguardo allo stesso Ade, concentrandosi sulla bandiera: più che altro, sembrava un consunto mantello delle Parche su cui qualcuno aveva scarabocchiato un teschio che non era nemmeno così tanto minaccioso, dato che l'occhio sinistro era almeno il doppio di quello destro. Gli occhi di Eris ritornarono su di Ade. «Il tuo migliore artista è un marinaio molto ubriaco?»
Ade deformò la bocca in una smorfia contrita mentre le si avvicinava. «Non ti facevo così lenta, dolcezza. Un marinaio ubriaco, gne gne» le fece il verso dondolando a destra e a sinistra la testa e la l'asta, che poi piantò dritta dritta davanti ad Eris, notando un suo sbuffo particolarmente non interessato. «Stavo parlando di me, ovviamente!» dichiarò portandosi a pochi centimetri dal volto della dea.
Quest'ultima si ritrovò per un attimo in una posizione scomoda. Aveva sospettato che quell'obbrobrio degno della bellezza di Marina fosse opera di Ade, ma non si era preparata all'eventualità che ne fosse così... spudoratamente fiero e che cercasse in tutti i modi di ottenere qualche riconoscimento. In più, Eris non capiva se stesse o meno scherzando- nel profondo, sperava di sì, quella bandiera era davvero orrenda. Le rimaneva una sola opzione con un ampio margine di certezza. Sorrise maliziosa, passò una mano dietro al collo di Ade e, tirandosi in avanti, lo baciò. La bandiera cadde con un tintinnio sul pavimento e, mentre Ade rispondeva al bacio, Eris si assicurò che finisse fuori dalla finestra, tra le fameliche fauci del piccolo Cerbero.

4. Paragoni
«E così, questo Loki rimaneva incatenato su una roccia, mentre sua moglie Sygn cercava di allontanare il veleno che gli colava sulla faccia» terminò Eris, giocherellando con un pugnale che aveva evocato mentre se ne stava seduta al tavolo dove Ade era solito disporre le miniature dei suoi alleati.
«Uh! E poi dicono che siamo noi greci quelli tragici» commentò Ade, aggiungendo sopra il tavolo quella che sembrava la statuetta di una arpia. «Questo dei vichinghi non deve essere un passatempo piacevole... però devo ammettere, zucchero, che lo consiglierei volentieri al megafustacchione Herc e alla sua combriccola».
Eris emise una risatina in cui era palese un avvertimento. «Attento a ciò che desideri, Ade. Il fato si diverte a incastrare la gente in punizioni create per i propri nemici... e a te piacerebbe startene incatenato su una roccia?»
Il dio si mordicchiò il labbro anteriore, divertito. «Se ci fossi tu a tenermi distante il veleno dalla faccia, Mela d'Oro, potrei farci un pensierino».
La vaga preoccupazione di Eris in parte sfiorì, e la dea si portò l'indice sinistro sulla guancia, picchiettandola come in sovrappensiero. «Non credo che del veleno potrebbe peggiorare ancora di più il tuo visetto. Sei già orrendo così, Ade».
«Ma se dovessi fare il Loki della situazione» cominciò teatrale il dio, portandosi una mano al petto, «avrei bisogno di una mia Sygn, no?»
«Sei proprio certo di voler essere al cento per cento Loki, carino?»
Anche soltanto l'espressione di Eris, con quel suo brillare negli occhi gialli, avrebbe dovuto far fare marcia indietro ad Ade riguardo il suo paragone, ma prima che se ne rendesse conto, era già caduto nella trappola, arrischiandosi a chiedere un perché.
La risata della dea arrivò molto più soddisfatta del solito. «Perché in questo caso dovresti essere in dolce attesa, tra le altre cose, di un serpente, di un lupo e di un cavallo ad otto zampe». Eris comparve in uno sbuffo accanto a lui per sfiorargli la pancia. «A quando il parto, dolce Loki?»
Gli insulti di Ade si persero nel vuoto quando la dea scomparve con un altro sbuffo dalla sala del trono, portandosi via una sonora risata e i suoi paragoni.

5. Cane
«No». La voce del dio risuonò- almeno a parere del dio in questione- inflessibile nella sala, ma Eris si limitò a ridacchiare soave, senza nemmeno degnarlo di uno sguardo. «Oh, andiamo, Ade. Non vorrai farmi credere che non lo trovi anche tu adorabile».
«Mela d'oro, forse la situazione non ti è del tutto chiara. Lascia che sia io ad inquadrarla». Ade indicò la bestiolina che scorrazzava qua e là per la sala del trono degli inferi, abbaiando e scondinzolando e annusando qualsiasi cosa che si presentasse davanti- i piedi del dio compresi. «È un sacco di pulci, e- sorpresa!- è anche, meravigliosamente, defunto» chiarì, come se Eris non avesse notato da sola che il cane in questione non era nient'altro che uno scheletro vecchio di decenni animato da chissà quale perversa decisione del fato.
«Quindi stai dicendo che, dopo Cerbero, questo piccino sarebbe un problema?» chiese la dea, senza distogliere lo sguardo dal cagnolino, che ora stava annusando il trono di Ade per probabilmente prepararsi a marchiarlo come suo territorio. Il dio intuì il pericolo, perché si precipitò a scalciarlo via, sottolineando la sua azione con una raffica di fuoco azzurro che mancò di poco il posteriore in ossa del cagnolino. «Cerbero se ne sta abbastanza fuori da qui, zucchero. E abbiamo già Nemesi a cui badare». E qui il suo sguardo si posò sulla parete a sinistra della sala, che la bambina- ora, grazie agli dei, a giocare con i mostri di Eris- aveva impiastricciato con disegni di ogni genere. Gli operai zombie erano ancora al lavoro per ripulire e riparare- dato che una parte del muro era anche meravigliosamente crollata, quando Nemesi aveva lanciato troppo forte la palla a Cerbero.
Il cane scheletro saltò in braccio ad Eris, che lo strinse dolcemente a sé, grattandolo sotto la mascella. «E non vorresti regalare un cane così bello alla tua unica figlioletta?»
«Scherzi, Mela d'Oro? Con tutti i mostri che ha, non capisco perché un cane...» Ma non fece in tempo a finire la frase. Alla parola "cane", la porta della sala si spalancò, rivelando una bambina dalla pelle grigio scuro, gli occhi gialli e una nuvola di disordinati capelli neri. Inciampando nella lunga veste viola e nera, corse dentro, urlando e tendendo le mani verso lo scheletro del cane. E quando vide la gioia nel viso di Nemesi mentre praticamente strangolava lo scheletro, Ade si ritrovò a sospirare e ad annuire mentre incrociava lo sguardo ironico di Eris che, ancora una volta, aveva vinto.



N.d.A.
Ecco qui il terzo capitolo! Sono a più di metà dell'opera, me è felice anche se non crede di aver centrato tutti i prompts.
Commenti? I personaggi sono IC (spero tanto di si)? Il capitolo vi è piaciuto? Quale parte maggiormente? Che coppia vorreste nel prossimo? #sondaggiomodeison
Coooomunque, vi annuncio cum magno gaudio che PR potrebbe arrivare davvero fra poco, se riesco a gestire bene i tempi di queste mini scricciole vacanze.
Speriamo bene, dai. Subscribe con una recensione, se vi va, mi fanno sempre piacere!
Un grazie a tutti quelli che lo faranno, a tutti coloro che sono giunti fin qui e in particolare a MissVillains, per il sostegno che mi dà sempre e per le nostre meravigliose chiacchierate "epistolari"! Passate a trovarla, se avete tempo!
Baci e a presto,
Nox

  
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