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Autore: Dian87    25/03/2016    1 recensioni
È guerra.
Il re ha dichiarato guerra alla Strega degli Acquitrini Neri ed il suo bando si spande per tutto il regno. All'appello risponde Amelia, una giovane fornaia che ha un conto aperto da molto tempo con la Strega, ma le certezze su cui si reggeva sono destinate ad essere scardinate.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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4. La partenza


Il giorno della partenza trovò Amelia in fermento fin dalle prime luci dell'alba. La giovane aveva preparato uno zaino che ora riposava accanto alla porta, ben chiuso ed avvolto in una tela cerata, al fianco di questa si trovava anche la fodera che conteneva il liuto.

«Se dovete fare nuovo pane, assicuratevi che il forno sia ben caldo.» stava istruendo la voce sicura di Amelia. «Non aggiungete cose strane, deve restare il più semplice possibile.»

«Tornerete?» chiese una voce più roca.

Amelia fece un sospiro, appoggiandosi con il fianco al tavolaccio imbiancato dalla farina.

«Lo spero, donna Giovanna.» rispose lei, osservando la tarchiata vecchietta i cui capelli bianchi erano nascosti sotto un velo.

«Ma cosa vi è saltato in mente, figliola?» indagò. «Avete una buona attività e un buon partito, senza contare quelli che avete rifiutato, per cosa volete rischiare?»

«È un vecchio conto in sospeso...» rispose, evasiva. «Abbiate cura di tutto fino al mio ritorno.»

«Non capirò mai voi giovani...» bofonchiò la vecchia, scuotendo il capo.

Amelia accennò ad un sorriso, staccandosi dal tavolo per raggiungere l'ingresso. Iniziò a caricarsi lo zaino in spalla sotto allo sguardo serio della donna che scuoteva di tanto in tanto il capo. La vecchia iniziò a frugarsi nel grembiule.
«Portate almeno questo con voi.» la invitò, estraendo da una delle numerose tasche un ferro di cavallo. «L'ho fatto benedire al tempio di Calidona.»

La giovane prese il talismano con un sospiro e lo infilò in una tasca laterale, dopo si controllò per essere sicura di essere in ordine: i pantaloni con gli ampi spacchi non erano sporchi, come invece il fianco del gilet di pelle che lasciava intravedere una camicia bianca di lino. Si diede qualche pacca sul fianco prima di fare un sorriso a donna Giovanna e aprire la porta.

«Perché non chiedete dei cavalli?» le chiese l'anziana, accompagnandola all'esterno.

«Di certo potete permetterveli.»

«Non è un terreno adatto a loro.» spiegò con calma, mentre il sole le baciava i capelli, facendo brillare il loro rosso. «Quanti si saranno incamminati senza saperne nulla?»

«A sufficienza perché non dobbiate andarci anche voi.» mugugnò la donna, scuotendo il capo.

Amelia si guardò attorno e gli occhi individuarono Ferdinando che si stava avvicinando. L'uomo indossava un corpetto di cuoio spesso e al fianco aveva una spada che colpiva ritmicamente i cosciali di pelle conciata.

«Se tra due mesi non sarò di ritorno, considerate vostro il forno per sempre.» prese congedo Amelia, dirigendosi verso l'uomo.

«Dovete essere impazziti...» borbottò donna Giovanna. «vedete di farla tornare intera.» intimò al giovane, puntando contro di lui un dito rachitico. «O gli dei vi puniranno.»

Ferdinando annuì gravemente alle parole della vecchia e, mentre questa si allontanava bofonchiando qualcosa contro i giovani, portò lo sguardo su Amelia, osservando il suo equipaggiamento.

«Non hai un'arma?» le chiese, sorpreso.

«No, m'intralciano soltanto.» fu la sua risposta dopo aver scosso lievemente il capo.

«Ho altri mezzi per combattere.»

Amelia lanciò un'occhiata alla fucina dormiente nella prima mattinata e un angolo della bocca si piegò in una smorfia di delusione, poi tornò ad osservare Ferdinando il cui zaino faceva capolino da dietro le spalle.

«Siamo sicuri di avere tutto?» le chiese.

«Sì, è meglio se ci mettiamo subito in marcia.» iniziò ad incamminarsi verso i cancelli del paese, affiancata dall'uomo.

«Perché dobbiamo andare a piedi? Faremmo prima a cavallo!»

Amelia sospirò. «Non è un posto per cavalli... come pensi passerebbero tra la boscaglia? E una volta all'acquitrino?» sbuffò. «Sfrutteremo le carovane in viaggio per essere al sicuro.»

Ferdinando osservò le prime persone che si stavano dirigendo ai loro abituali banchi nel mercato, mentre il macellaio apriva le imposte della sua bottega, mostrando diversi tagli di carne appesi ai ganci. Spostò quindi lo sguardo in avanti ai cancelli formati da vecchi tronchi inchiodati l'uno all'altro e sostenuti da due torrette di guardia lignee.

Una guardia era appoggiata pigramente al tronco che faceva da balaustra, il cui elmo che ricordava un cappello a tesa larga era inclinato in avanti, quella dell'altra torretta, invece, si stava fregando le mani e non appena udì dei passi in avvicinamento si voltò a guardare di sotto.

«Ehi, voi, mattinieri!» esclamò la guardia, in tono allegro.

L'altra guardia sobbalzò, mentre l'elmo scivolava a coprirgli il naso e, alla cieca, impugnò l'arco ed una freccia al contrario.

«Eh? Cavalieri?» esclamò questi.

«Dormi pure, Goffredo: sono solo Amelia e Ferdinando.» rispose la prima che aveva parlato, rivolgendosi poi ai due viandanti. «Qual buon vento vi porta?»

«Rispondiamo al bando.» rispose Ferdinando, anticipando Amelia e facendole un cenno con la mano per dirle di calmarsi. «Ma dubito faremo molta strada.»

La guardia sogghignò. «Buona uscita... ieri mi è sembrato di intravedere qualche carro a nord, se vi sbrigate forse riuscirete a farvi raggiungere ed avere un passaggio.»

«Grazie.» rispose soltanto Ferdinando, con un lieve sorriso in volto.

L'uomo spinse il cancello non bloccato dall'asse e fece passare Amelia prima d'infilarsi lui stesso e richiudere il portone. Fecero un cenno di saluto alle sentinelle, prima d'incamminarsi.

«Perché non mi hai lasciato rispondere?» si lamentò Amelia, prendendo il sentiero che portava alla grande strada sterrata che collegava i paesi meridionali e settentrionali.

«Conosco Jacopino,» rispose lui, «avrebbe voluto unirsi e sarebbe stato lento e senza equipaggiamento.» scrollò lievemente le spalle. «Così quando capirà che non abbiamo intenzione di tornare presto non ci potrà raggiungere.» guardò Amelia da sopra la spalla. «Non era questo che volevi? Andare da sola?»

«Non mi sembra di star parlando col vento...» ribatté lei, piccata.

La strada proseguì in silenzio per molto tempo. I due non si attardavano ad osservare il bosco né il loro passe cedeva, ma ognuno era preso dai propri pensieri.

Il sole raggiunse il suo culmine ed i giovani si fermarono al lato della strada. Amelia iniziò a liberare un piccolo spiazzo mentre Ferdinando andava a cercare della legna, ma ben presto il suo lavoro fu interrotto da uno scalpiccio. La giovane alzò lo sguardo vedendo un carro coperto trainato da una copia di poderosi cavalli bai, guardò verso la cassetta e vide un basso ometto con vestiti multicolori.

«Buon giorno, giovinetta.» salutò con abbastanza sputi che scappavano dalla bocca marcia. «Possiamo sfruttare il vostro campo?»

Amelia rimase senza parole, presa di sprovvista da quelle pesanti sopracciglia che oscuravano gli occhi.

«Gelsomino, non avrai intimorito quella giovane fanciulla?» lo rimproverò una voce squillante dall'interno.

«Non è Gelsomino, è Crisantemo!» abbaiò il nano. «Forse riesci a leggerle la mente, zingara...»

Amelia spostò lo sguardo verso il retro del carro: da qui saltò un'aggraziata giovane dalla pelle bruna, i cui capelli neri cadevano in morbidi ricci sulle sue spalle. Indossava una veste a righe verdi e rosse con un ampio scollo interrotto solo dalle numerose collane.

«Perdonate Crisantemo, giovane amica,» le disse in tono affabile. «è tutta la mattina che siamo in viaggio e siamo troppo stanchi per allestire un campo.»

Lo sguardo della ragazza corse dalla zingara al nano, quindi tornò indietro.

«Siete i benvenuti.» invitò, affrettandosi a mostrare un sorriso. «Il mio compagno di viaggio sarà qui a breve.»

Il nano si voltò lievemente verso l'interno. «Avete sentito, marmaglia? Scendere!»

Amelia vide scendere dal carro un omone corpulento, un esile individuo coperto da una maschera di cui metà era sorridente e metà piangente, ma l'ultima creatura era la più sconcertante: su due gambe si reggevano due busti, ognuno con un paio di braccia ed una testa dai lunghi capelli biondo cenere.

La bocca di Amelia si socchiuse per lo sconcerto, ma la zingara posò la mano sulla sua spalla. Gli occhi della donna si sbarrarono un istante, ma poi le fece un cenno col capo.

«Questi sono Ulfus il gigante, Amris il mimo e le sorelle Alina e Rosina.» presentò la zingara con un sorriso alle gemelle congiunte che arrossivano imbarazzate.

«Lieta... di conoscervi...» rispose lei con un cenno del capo.

Un rametto spezzato attirò la loro attenzione e Amelia allargò il sorriso vedendo Ferdinando che si stava avvicinando con le braccia colme di legna. «Abbiamo ospiti?» chiese.

«Giusto per il pranzo.» rispose Amelia, facendo un cenno d'assenso, poi si voltò verso il resto dei presenti. «Questi è Ferdinando, mentre il mio nome è Amelia.»

«Su, su, lazzaroni!» berciò Crisantemo, saltando giù dalla cassetta. «È ora di muoversi se vogliamo arrivare a Vetorco prima della festa.»

I tre che erano scesi per ultimi tornarono verso il carro e tutti iniziarono a lavorare alacremente per allestire un piccolo pasto che venne consumato in silenzio.

«Dove siete diretti?» chiese la zingara.

«Ad Acquemallio.» rispose Amelia, mentre Ferdinando stava finendo il panino con una fetta di carne e qualche foglia d'insalata.

La zingara si fece pensierosa per un po' e quindi accennò ad un sorriso.

«Per ringraziarvi possiamo offrirvi un passaggio.» propose la donna. «Se non sbaglio vi è un bivio all'inizio degli Acquitrini Neri e ci potremo separare lì.»

Amelia lanciò uno sguardo d'intesa a Ferdinando, poi lo spostò nuovamente sulla zingara.

«Saremo lieti di accompagnarvi.» rispose la donna, con un lieve sorriso.

 

 

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