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Autore: Bellatrixdulac    25/03/2016    1 recensioni
"L’ultimo figlio della morte bisognerà allora trovare
Colui che il Caos nel mondo è destinato a riportare"
Cassandra e Alexander sono due normali ragazzi nati e cresciuti in famiglie comuni. Durante una crociera, però, uno strano uomo si presenterà da Alexander raccontando di un mondo di cui lui sembra essere solo una piccola parte. Questo è solo il preludio, per i due ragazzi, all'evento che cambierà per sempre le loro vite e che li trascinerà in una realtà di dei e mostri, poteri e, soprattutto, pericoli, pericoli che non arrivano dai nemici ma dagli alleati in teoria più fidati...
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hazel Levesque, Luke Castellan, Nico di Angelo, Nuova generazione di Semidei, Percy Jackson
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cassandra & Alexander e gli dei dell'Olimpo'
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Alexander sorrise all’uomo e si alzò.
Era chiaro che aveva qualcosa di strano come era chiaro che voleva parlare in privato con sua madre.
Lo aveva visto vagare per la nave alcune volte e lo aveva sempre evitato, ma l’uomo sembrava volerlo seguire.
Alla fine quella dottoressa lo aveva aiutato ed era andato a nascondersi nella zona bambini, dove era abbastanza certo che l’uomo moro non lo avrebbe cercato.
Era uscito e aveva raggiunto la madre all’appuntamento al McDonalds’ ma, sfortunatamente, anche l’altro aveva trovato sua madre.
Da come la donna aveva invitato Alexander a sedersi aveva capito che doveva essere successo qualcosa di grave.
Per prima cosa Alex si era chiesto se l’uomo non fosse un poliziotto che era venuto ad avvertirli della morte di qualcuno o di un furto o di qualche altro problema, ma poi aveva capito che non era affatto un poliziotto.
Aveva meno di trent’anni, ventisei o ventisette anni, era vestito completamente di nero e si rigirava continuamente un anello a forma di teschio tra le mani che continuava a far entrare e uscire dalle tasche del giubbotto da aviatore.
All’inizio Alexander aveva pensato che forse anche l’uomo doveva essere iperattivo, ma poi capì che era solo nervoso.
Ma quello che convinse Alexander che quell’uomo fosse pazzo era una spada di meno di un metro che portava appesa al fianco.
Si guardò attorno ma notò che nessuno era agitato dall’ arma, quindi decise che la stava immaginando.
Evidentemente nel tempo che Alexander aveva passato nascosto tra le palline di gomma lui e la mamma avevano parlato e quello che si erano detti non doveva essere stato rassicurante.
-Io mi chiamo…-cercò di presentarsi l’uomo ad Alexander, ma la madre lo interruppe.
-Lui è James Black-
“Cognome adatto” pensò Alexander.
James guardò la madre come se la volesse smentire, ma poi continuò –Sono venuto qui per parlarti di un…-
guardò la madre, che fece cenno al signor Black di continuare –di un campo estivo-
Alexander lanciò un’occhiata alla spada che James portava alla cintura –Che genere di campo?-
-Non sei costretto ad andare, credimi- disse rassicurante la madre.
-Ma sarebbe preferibile. Te lo raccomando- si intromise James.
La donna lo fulminò con lo sguardò.
-Che genere di campo?- insistette Alexander.
Capì che James aveva bisogno di dire qualcosa ad Alexander, ma la madre non voleva.
-Che genere di campo ti spedirebbe su una nave da crociera per reclutare un solo ragazzo?- chiese Alexander.
-è complicato, Alexander…- provò a dire James.
Guardò la faccia di sua madre.
Era spaventata?
Alex capiva che James non era rassicurante e che spaventava anche lui, ma cosa mai poteva averle detto per terrorizzarla?
Invece quell’uomo non gli piaceva affatto.
-Senti, non mi interessa. Se non mi vuoi dire chiaramente cosa succede e perché mi cerchi non voglio neanche ascoltarti-non aveva alzato la voce, lo aveva detto come un dato di fatto, ed era vero.
Ma non del tutto…
Lui voleva ascoltarlo.
Voleva sapere chi era suo padre, perché vedeva cose strane che altri non vedevano.
Voleva sapere perché quelle “persone” lo trovavano e gli parlavano.
Persone morte, persone morte che tenevano lontani i mostri.
Persone e mostri che sua madre non vedeva.
James lo guardò con interesse, come per valutare se valesse la pena mettersi nei guai per lui, poi si voltò verso la madre –Hai vinto, Alexander Johnson non verrà al Campo Mezzosangue-
Ma la sua attenzione venne catturata da qualcuno due o tre tavoli più avanti, che andava a gettare delle patatine.
-E neanche…-disse sua madre.
James concentrò nuovamente l’attenzione sulla donna –Neanche nell’altro posto-
-Ottimo. Ora andiamo, devo andare in piscina-
Alexander non capiva perché sua madre volesse così disperatamente andare in piscina, ma sospettava che fosse più una fuga da James.
Si erano già allontanati, quando Alexander sentì la voce di James che lo chiamava, si voltò ma, sorprendentemente, James era scomparso.
Disse alla madre che non aveva voglia di andare in piscina e andò a prendere una bibita.
Si specchiò nel tavolino lucente.
Era magro e alto e aveva i capelli marrone chiaro, del colore del caramello non troppo lunghi ma spettinati.
Si soffermò sugli occhi e, con un brivido, si accorse che erano uguali a quelli di James.
Pozzi neri.
Anche la sua pelle era simile a quella di James, anche se quella del’ uomo sembrava quella di un fantasma.
-Alexander-
Era la voce di James, anche questa si voltò ma dietro di lui non c’era nessuno.
Poi colse un movimento in un corridoio buio che portava ai bagni.
Non sapeva perché lo stesse facendo ma si alzò e andò nella direzione in cui aveva visto i movimenti.
Le lampade al neon attaccate al soffitto erano per metà rotte quindi nel corridoio regnava la penombra.
Gli sembrò di vedere altri movimenti in fondo al corridoio e decise di seguire le ombre oltre la porta del bagno.
Entrò, ma non c’era nessuno.
Stava per andarsene quando si sentì afferrare alle spalle.
Si voltò velocemente cercando qualcosa da afferrare per difendersi, ma non trovò niente sottomano.
Sobbalzò vedendo il volto di James alle proprie spalle.
-Che ci fai qui, James…-
Non certo la cosa più intelligente da dire ma la prima che gli fosse venuta in mente.
-Non mi chiamo James Black, sono Nico di Angelo-
-Nico di Angelo? Perché non mi hai detto subito il tuo vero nome?- chiese Alexander allontanandosi.
Sarebbe voluto andare verso la porta ma tra lui e l’uscita si trovava Nico.
-Tua madre non voleva che tu potessi ricercarmi se fossi stato interessato…-
-Sei mio padre?-
Ma appena ebbe formulato la domanda si accorse della sua stupidità.
Quell’uomo aveva tredici o quattordici anni più di lui, il che rendeva la cosa difficile.
-No-rispose squadrandolo come a voler fare un test del DNA con lo sguardo –Senti, lo so che non ti fidi di me, ma…-
Nico cadde a terra.
Sembrava più pallido di quando lo aveva incontrato con sua madre, e già in quel momento sembrava malato.
-Stai…stai bene?- domandò titubante Alexander.
Non si avvicinò per aiutarlo, poteva essere una trappola.
-No, ho lottato un po’… e l’ultimo viaggio nell’ ombra per trovarti… non è importante. Tu devi venire al Campo. È di vitale importanza per te e per tutti…-
-Quale campo?-
Nico sospirò e cercò di rimettersi in piedi, ma alla fine decise de appoggiarsi alla porta da seduto.
-Hai presente gli dei greci? L’ Olimpo? E’ tutti reale-
Alexander non lo interruppe.
Se fosse stato un ragazzo normale, cresciuto come tutti lontano da mostri e fantasmi che lo proteggevano, gli avrebbe dato del pazzo e sarebbe scappato.
Ma lui non era un ragazzo normale.
-Ti credo-
Anche lo stesso Nico parve sorpreso dalle reazione –Ottimo, perché non ero in grado di darti una dimostrazione dei miei poteri. Tu sei un semidio e tutti i semidei, o mezzosangue, vengono cercati dai mostri per essere uccisi-
-E dai fantasmi- tirò a indovinare Alexander.
Nico lo guardò con un interesse particolare –Di solito no, ma be’…non so che dirti. Comunque al Campo Mezzosangue ti addestreranno e ti proteggeranno. Troverai degli amici, persone come te. Immagino che tu sia dislessico e iperattivo-
-si…come…-
-Anche io sono un mezzosangue-
-Figlio di…?-
-Credimi, non ti piacerebbe saperlo-
Alexander pensò ad alcune divinità per cui non provava molta simpatia e decise che era meglio non indagare oltre –E io? Chi è mio padre?-
Nico stava per rispondere, ma si fermò.
-Padre dici? Hai ristretto il campo. Sinceramente non lo so-
-Stai mentendo- disse Alexander.
Era chiaro che Nico sapesse chi era il padre di Alexander.
-No, e comunque per avere una sicurezza schiacciante il tuo genitore ti deve riconoscere-
Lo disse come se fosse una cosa impossibile che accadesse.
-Non succede spesso, vero? Potrei stare tutta la vita ad aspettare un segno-
-Un tempo era così-lo rassicurò Nico mettendosi in piedi. Sembrava più stabile – Le cose sono cambiate. È tuo diritto essere riconosciuto entro i tredici anni. Se non sbaglio, tra una settimana-
Alexander annuì. Come faceva Nico a conoscere la sua data di nascita? E più importante: perché mai a Nico sarebbe dovuto importare di lui?
-Dove si trova il campo?-
-A Long Island. Il centro del potere degli dei si trova qui a New York: l’ Olimpo è sull’ Empire State Building- rispose Nico come se la risposta fosse ovvia.
Ma non era ovvio.
Era già abbastanza strano che gli dei esistessero ancora, ma che tutto il mondo greco si fosse spostato in America…
-Capisco che per te può essere difficile, ma devi capire che è essenziale che tu mi segua- aggiunse Nico guardandolo negli occhi.
-Certo, verrò- promise Alexander.
Nico sorrise.
Alexander pensava che l’altro non fosse capace di fare un vero sorriso, e in effetti anche l’ultimo era una specie di sorriso malinconico come se si sentisse in colpa di quello che stava per fare, cosa che non rassicurò affatto Alexander.
-Posso portarti al Campo dopo la crociera, non c’è fretta- disse Nico.
-Grazie…veramente. Tu rimarrai sulla nave per tutto il tempo?-
Nico annuì e si guardò le spalle come a voler scrutare oltre la porta e il corridoio buio tutta la nave –C’ è un’ altra cosa che devo fare, oltretutto. E comunque ora devo riposarmi, i miei poteri mi stancano parecchio-
Nico gli fece cenno di seguirlo.
Erano appena arrivati fuori dalle tenebre che Alexander sentì il pavimento sollevarsi e la testa sbattere contro la parete.
   
   
 
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