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Autore: Barbara Baumgarten    26/03/2016    1 recensioni
Secondo capitolo della saga vampiresca rivisitato con gli occhi di Edward. Rispetto a Twilight è stato ed è decisamente più difficile scriverlo perché per gran parte del libro originale Edward non compare.
Ho cercato di creare una trama che descrivesse gli spostamenti di Edward dopo l'addio a Bella, pendendomi qualche libertà e inserendo nuovi personaggi. Spero che il risultato sia piacevole e coerente.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
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Queste gioie violente hanno fini violente. Muoiono nel loro trionfo, come la polvere da sparo e il fuoco,

Che si consumano al primo bacio

-Romeo e Giulietta, atto II, scena VI

 

Sei mesi. Questo era il tempo trascorso da quel giorno nella radura e non era passata nemmeno un’ora nella quale Edward non avesse ringraziato Dio per lo splendido regalo. C’erano delle giornate nelle quali stare con Bella era stupendo: baci, sempre più frequenti e passionali, gli abbracci… perfino le sue espressioni buffe e corrucciate lo facevano impazzire. Poi, c’erano giorni come gli ultimi tre, nei quali Edward dovette ricorrere più di una volta all’autocontrollo.

Si stava avvicinando il compleanno di Bella e, a quanto pareva, la cosa non faceva che renderla nervosa. Nel sonno piangeva e si agitava ma non gli aveva mai voluto rivelare cosa avesse sognato. Edward non desiderava altro se non la felicità di Bella e vederla sempre così arrabbiata e delusa lo faceva sentire impotente. Se solo avesse potuto leggerle nel pensiero…

“Sei più piccolo di me, Edward. Già di un anno! E sarà sempre peggio…”. Ecco il vero problema: Bella voleva fermare il tempo, dare al suo corpo la staticità dell’immortalità, essere un vampiro. Edward non capiva davvero come si potesse voler essere come lui, ma per la ragazza sembrava ormai una ossessione. Avevano affrontato il discorso più e più volte ottenendo sempre lo stesso risultato: Bella s’imbronciava e lui si alterava.

Nella sua esistenza quasi secolare, Edward Cullen non aveva trascorso giorno senza rimpiangere la vita mortale e non si capacitava di come Bella potesse, con così tanta leggerezza, credere che l’eternità fosse un sogno da dover realizzare.

“Io non posso darti quello che tu vuoi, Bella. Mi stai chiedendo troppo”. Il viso del vampiro, sebbene marmoreo, lasciava intravvedere tutta la sofferenza e l’impotenza di gestire una situazione come quella.

“Ma Alice mi ha vista, Edward!”.

Alice… era vero che la sorella aveva visto Bella vampira, eppure Edward, da quando gli era stata rivelata la visione, si chiedeva se sarebbe stato lui a farlo. La risposta era sempre al stessa: no. Ma allora chi? Anche quando ne parlò con Carlisle, il patrigno si era dimostrato più che comprensivo della situazione ed Edward sapeva che nessuno della sua famiglia avrebbe tradito la sua fiducia. Ma il tarlo di quel pensiero non faceva che tormentarlo.

Alle prime luci di quel nuovo giorno, Edward guardò la distesa di alberi che circondava la sua casa. Era giunto il momento tanto detestato da Bella: il suo compleanno. Lui sapeva bene quali fossero le regole del gioco, la ragazza era stata categorica: niente regali, niente feste, niente auguri. Se per lui quel dictat era più che limpido, lo stesso non poteva dirsi per Alice, intenta da ormai un paio di giorni ad organizzare la festa.

“Sono più che sicuro, Alice. Non le piacerà”. Edward guardava la sorella con lo sguardo di uno che la sa lunga, mentre Alice parlava con Esme degli ultimi ritocchi per la festa di compleanno di Bella.

“Edward” disse Alice in tono spazientito “Nella nostra famiglia non capita più da molto tempo di festeggiare un vero compleanno. Bella farà diciotto anni! Ti rendi conto? Diciotto!”.

“Sì, lo so”, ammise, “Ma ciò non toglie che non le farà piacere”. Era impossibile cercare di far ragionare Alice, soprattutto quando c’era di mezzo una festa. Lei era l’organizzatrice per eccellenza: minuziosa e impeccabile in tutto. Quando qualche giorno prima era entrata in camera sua per dirgli che voleva organizzare qualcosa per il compleanno di Bella, Edward le disse subito che alla ragazza non avrebbe fatto piacere. Lo sapeva. Eppure, Alice decise di ignorare categoricamente.

“A tutti fa piacere una festa, Edward. Credimi. Le piacerà!”. Con tutto quell’entusiasmo, Edward non seppe più come fermare la sorella. Così decise di lasciar perdere.

Mentre Alice ed Esme riguardavano assieme la lista delle cose, Edward prese le chiavi della macchina e la giacca. Dovevano andare a scuola. Non che ne morisse dalla voglia ma era da una nottata intera che non vedeva Bella. Non si separavano mai, se non in rare eccezioni. E quella notte era stata una di quelle: mentre Alice si dava al compleanno, lui era andato a caccia da solo. Gli altri avevano deciso di partecipare all’organizzazione e lui era stufo di dire e ridire la stessa identica cosa: Bella sarebbe andata su tutte le furie.

“Alice, io vado a scuola”, disse scocciato Edward.

“Aspettami che vengo con te”. Lui alzò gli occhi al cielo. Sapeva, anzi ci avrebbe scommesso anche l’anima che non aveva più, che una volta saliti in macchina avrebbe ripreso a chiedergli un parere sui colori, sui regali, sui fiori… e lui non avrebbe più assecondato una tale pazzia.

Preso il posto di guida e messa in moto la Volvo, rivolse un ultimo sguardo ad Alice. “Azzardati a parlare della festa e giuro che ti stacco la testa”. La sorella lo guardò di traverso, arricciando la bocca.

“Tanto lo so che mi vuoi bene lo stesso”. Edward cercò di mantenere il viso serio il più possibile ma più ci provava più le sue espressioni diventavano assurde. Finchè non esplose in una sonora risata. Alice era fatta così: impossibile tenerle il broncio.

 

Giunti al parcheggio dell’istituto superiore di Forks, Edward fermò l’auto ed entrambi scesero.

“Arriva”, disse Edward guardando nella direzione dalla quale il pick up di Bella avrebbe fatto capolino.

“No Alice, non è l’odore a dirmi che sta arrivando. Ma lo scoppio di quel motore più vecchio di me”. La domanda di Alice era stata formulata mentalmente: spesso la vampira preferiva quell’intimità alla parola. In fondo era un metodo più rapido e con meno dispendio di energie. Solo in quel momento Edward si rese conto che la sorella teneva in mano un pacchetto.

“Stai scherzando, vero?”, le chiese in tono d’accusa guardando il regalo.

“E’ solo un pensiero, Edward. Le piacerà, vedrai!”. Il vampiro stava per ribattere ma si rese conto che era troppo tardi: il pick up Chavy del ’53 aveva appena imboccato l’ingresso del parcheggio e Bella li aveva visti.

Alice non riuscì nemmeno ad aspettare che Bella fermasse il veicolo che subito le corse incontro, mentre Edward rimase appoggiato alla Volvo, ridendo.

“Buon compleanno, Bella!”, disse Alice raggiante.

“Ssssh”, sibilò in tutta risposta Bella.

“Il regalo lo apri adesso o più tardi?”. Questa, Edward, non se la voleva perdere e si preparò all’espressione adirata di Bella.

“Niente regali”. Beh era andata meglio di quanto lui si fosse aspettato. Non appena le due gli furono vicine, Edward allungò la mano per prendere quella di Bella. Per un attimo pensò di scappare, di portarla nella piccola radura e di rimanere sdraiati insieme per tutta la giornata. Poi, pensò che, sebbene per lui quello fosse un giorno di scuola come i milioni che lo avevano preceduto, per Bella ogni lezione era una novità che non doveva perdere. Così ricacciò l’idea indietro da dov’era venuta e si limitò a sorriderle.

“Quindi, come stabilito, ho il divieto di farti gli auguri di compleanno, ho inteso bene?”, chiese Edward con il suo solito lessico d’altri tempi.

“Hai inteso benissimo”, fece eco Bella. Alice che camminava a fianco a loro non riusciva a comprendere per quale motivo Bella fosse così restia a festeggiare il compleanno. Così glielo chiese.

“Cosa può esserci di così brutto?”. Bella si prese qualche istante per rispondere.

“Che sto invecchiando”. Edward, che fino a quel momento aveva un sorriso stampato in faccia, si rabbuiò. Lo sapeva… sapeva che anche quel giorno, anzi che soprattutto quel giorno, Bella avrebbe ripreso con maggior vigore la richiesta di trasformazione.

“Diciotto anni non sono tanti”, disse Alice, sperando di cacciar via le nubi.

“Sono più vecchia di Edward”. Il vampiro sospirò rumorosamente. Inutile sottolineare il fatto che, tecnicamente, ne avesse ben più. Per l’anagrafe Edward aveva diciassette anni al momento del decesso e su questo, Bella, si fece irremovibile. Mentre Edward era assorto fra le sue preoccupazioni, non si era accorto che Alice avesse già intrapreso l’ardua conversazione sulla festa di compleanno.

“Allora a che ora vieni a trovarci?”, domandò Alice con il plauso di Edward: non aveva detto la parola “festa”.

Seguirono alcune scuse senza senso di Bella, durante le quali Edward non sapeva se ridere divertito o fare la faccia seria di chi comprende perfettamente la situazione. Poi, per tagliare corto la conversazione, disse che sarebbero arrivati per le sette. Bella avrebbe continuato a lamentarsi per tutto il giorno, ma poco importava. Era meglio una Bella arrabbiata che una Alice frustrata.

*******     

Mentre le ore a scuola trascorrevano lente fra una lezione e l’altra, Edward sentì crescere dentro di sé una strana sensazione. Era un peso, alla base dello stomaco, difficile da ignorare. I suoi pensieri si fecero cupi perché conosceva bene quella sensazione: era l’allarme di pericolo. Per quanto si stesse chiedendo da dove provenisse, Edward cominciò a maturare la paura, anzi il vero e proprio terrore, che qualcosa di spaventoso stesse per accadere.

   
 
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