Io
sono come un uovo di Pasqua, full of surprises!
Quindi eccomi qui con il nuovo capitolo!
Buona Pasqua a tutti coloro che in questo momento stanno leggendo
queste
parole. E un grazie di nuovo a chi recensisce… siete il mio
ossigeno, senza di
voi non andrei avanti
H (che tra qualche ora si godrà un bel pranzo in riva al
mare)
“Si, hanno bisogno di una
bella scossa. Non sono più a scuola, prima lo capiscono
meglio è” rispose lui
in tono seccato. Non era il primo che aveva polemizzato sulle sue idee.
Anche
Charlotte si era detta in disaccordo ma alla fine aveva ceduto con un
“Fa’ come
ti pare”
“Per la festa è tutto
pronto?” chiese lui, cercando di deviare il discorso su temi
più allegri.
“Sì certo. Sarà una serata
memorabile, come ogni anno, del resto” rispose Caroline,
l’istruttrice del
terzo anno.
“Quindi chi rimane qui,
oltre me?” chiese Will, istruttore del secondo anno.
“Noi ci siamo entrambi”
rispose Caroline
“Per il primo anno resto
io” disse Richard
“Ma come, non doveva
restare Charlotte?” chiese Caroline, un po’
dispiaciuta di essere l’unica donna
a dover controllare tutta quella gente.
“No, vuole andare a casa…
sai, per via di Jeremy”
Entrando gli allievi non si
accorsero dell’istruttrice dietro di loro, ma appena le luci
vennero accese con
un colpo di bacchetta si accorsero del macabro spettacolo che avevano
davanti.
Dei cadaveri erano sdraiati a terra, uno accanto all’altro. A
quella vista una
ragazza urlò e un borbottio si diffuse tra la gente.
Gli occhi di Ezra si
posarono su un corpo, quello di una donna, talmente insanguinato che
ella era
irriconoscibile. Istantaneamente la gola gli si chiuse in una morsa che
gli
impediva quasi di respirare.
“Hey, stai bene? Sembri un
fantasma” gli chiese Hayden lì accanto
L’altro cercò di annuire ma
era completamente bloccato, come congelato. Ed in effetti era
così che si
sentiva, come se il sangue nelle sue vene avesse smesso di scorrere.
Come se
fosse tornato indietro nel tempo, a tanti anni prima. Come se fosse
tornato in
quel ricordo dai contorni sfumati, ma ancora vivo nel suo cervello.
“Ezra, se vuoi puoi uscire
per un po’” gli propose Charlotte, giunta
silenziosamente alle loro spalle.
Il ragazzo sembrò pensarci
su, di certo tutti l’avrebbero notato se fosse uscito solo
lui e non voleva
dare l’impressione di essere debole, ma allo stesso tempo
rimanere lì gli
causava una bruttissima sensazione. Aveva freddo, come se
l’aula fosse stata
piena di Dissennatori.
Il suo flusso di pensieri
venne interrotto dalla voce di Richard.
“Oggi ci occuperemo di
scoprire come sono morte queste persone. Naturalmente gli Auror hanno
già fatto
le dovute indagini ma hanno ripristinato le condizioni di questi corpi,
al
momento del ritrovamento. Prendetevi un momento per pensare a queste
persone,
alle loro storie e alla fine di esse. Questa giornata
servirà perché… anche
dalla peggiore delle situazioni si può imparare qualcosa.
Chi non se la sente è
libero di uscire, la vostra partecipazione a questa esercitazione non
influirà
sul vostro giudizio finale”
Più della metà degli
allievi si diresse verso la porta, continuando a parlare di quanto
fosse
assurda quella esercitazione. Tra questi c’era Elias che, da
buon osservatore
quale era, aveva notato la reazione di Ezra e si era avvicinato
all’amico
dicendogli “Dai, andiamocene”
Fuori dall’aula i due si
ritrovarono in compagnia di Emily. “Non capisco proprio
perché ci facciano fare
una cosa del genere…” stava dicendo “Ci
sono i Guaritori del San Mungo che lo
fanno per mestiere”
“Sì, ma quando arrivano
sulla scena di solito sono gli Auror a fare i primi
rilevamenti” replicò Federica,
mentre si chiudeva la porta alle spalle.
Sadie, insieme ad altre due
ragazze e un ragazzo si stava concentrando sul corpo di un uomo, sulla
quarantina, che mostrava tutti i segni di una tortura con la
maledizione
Cruciatus.
“Si può
morire di Cruciatus?” chiese una delle
ragazze del gruppo a Charlotte.
“Generalmente no. O si è
tanto fortunati di venire uccisi, alla fine, o si rischia di impazzire.
Cercate
altri segni.”
I vari gruppetti lavorarono
tutta la giornata per poi giungere alla conclusione che quattro su
dieci erano
morti a causa dell’Avada Kedavra, un paio erano morti a causa
del Vaiolo di
Drago, uno per una botta in testa, dovuta probabilmente a qualche
Schiantesimo
che l’aveva spedito contro qualcosa, una donna era morta per
avvelenamento
mentre per gli altri non riuscirono a scoprire la causa del decesso.
La sala da pranzo era stata
svuotata dei grandi tavoli che la arredavano di solito, era stata
posizionata
una pista da ballo al centro e tutt’intorno c’erano
una serie di tavoli
rotondi. La cena venne servita a buffet. Dopo cena, vennero fatti
sparire tutti
i tavoli. Gli istruttori avevano ingaggiato un gruppo piuttosto famoso
per
suonare, trasformando la sala in una specie di discomeca,
o come cavolo la chiamavo i babbani.
Sadie e Eveline avevano già
bevuto qualche bicchiere di Whisky Incendiario prima di scendere in
pista a
ballare, ridendo come matte.
In un angolo della sala
Justin cercava di convincere Emily ad andare a conoscere tutti i suoi
compagni
di corso, ma la ragazza mostrava delle remore, ritenendo la situazione
piuttosto strana e imbarazzante.
Abigail stava
chiacchierando con un paio di amici, ma non le sfuggì il
fatto che James, come
al solito ci stesse provando con una ragazza. Si sforzò di
ignorare la cosa, ma
era talmente palese quello che l’amico stava facendo con
un’ochetta bionda che
si stupiva di come facesse a non capirlo l’interessata.
Per evitare di assistere
oltre si allontanò con una scusa, quella di cercare qualcosa
da bere. Fece
fatica a farsi strada tra coppiette in amore e gruppetti di amici che
scherzavano, già evidentemente alticci.
Dov’erano finiti i
gentiluomini di cui aveva letto nei libri di Jane Austen di sua madre?
Dov’era
il suo signor Bingley?
L’aria fredda le sferzava
le gambe lasciate nude dal vestito che aveva deciso di indossare quella
sera. Rabbrividì
stringendosi le braccia intorno al corpo. In un attimo si
trovò una giacca
appoggiata sulle spalle. Si girò istintivamente e si
ritrovò a guardare un
James Zenon in pantaloni scuri e camicia, con le mani infilate nelle
tasche e
lo sguardo piuttosto annoiato.
“Grazie” sorrise lei.
“Non saresti dovuta venire
qua fuori senza cappotto. Fa freddo stasera. Rischi di
ammalarti”
Abbie scosse leggermente la
testa, continuando a sorridere “Ma in questo modo lo rischi
tu”
James scoppiò a ridere. “Io
sono forte, non ho bisogno della giacca”
Come al solito. Lui voleva
sempre atteggiarsi a indipendente e sicuro di sé. Restarono
qualche momento uno
accanto all’altra, in piedi, in silenzio.
“Allora, che fine ha fatto
la biondina di prima?” chiese Abbie
“Mhh carina, piuttosto
provocante ma niente di eccezionale, odiavo la sua voce. Direi che come
voto le
darei un Accettabile” rispose lui. Si girò verso
la ragazza con un sorriso
malandrino. “Gelosa?”
“Oh, come potrei essere
gelosa di un Accettabile?” scherzò sottolineando
l’ultima parola con delle
virgolette mimate con le mani, poi continuò “Io
cosa sarei?”
“Eccezionale… in tutti i
sensi” rispose James, improvvisamente serio nella voce ma con
la solita
espressione.
Abbie rimase colpita dalla
risposta, piegò leggermente la testa per studiare
attentamente l’espressione
dell’amico. Il luccichio malizioso negli occhi ambrati di
James venne male
interpretato.
“Ma smettila!” la buttò lì
la ragazza, pensando ad uno dei soliti scherzi di lui.
Per una frazione di secondo
qualcosa di diverso dal solito sorriso passò sul viso di
James, sembrava quasi…
delusione.
Vedendo l’amica divertirsi
decise di andare a farsi un giro, e non passò molto tempo
prima che individuò lui.
Stava chiacchierando con
degli amici ma sentendosi osservato si girò ed
individuò subito Federica, disse
qualcosa ad un amico alla sua destra, gli diede una pacca sulla spalla
e si
diresse verso la giovane.
“Ti piace la festa?” chiese
lui, esibendo una notevole faccia da schiaffi.
“Beh, meglio dell’ultima a
cui sono stata”
Lui soffocò una risata e le
si avvicinò molto, troppo. “Mi pare che
all’ultima festa c’era qualcosa…o
qualcuno che ti è piaciuto particolarmente”
L’espressione di Federica
era di puro sdegno. “Non osare rinfacciarmelo”
disse “E’ stato solo un bacio!”
“Solo un bacio? Scommetti
che il tuo ragazzo non sarebbe d’accordo? Mi sembrava che tu
volessi andare
oltre il bacio, molto oltre” puntualizzò Caradoc.
La mano della ragazza si
sollevò istintivamente, per tirargli un sonoro ceffone, ma
venne bloccata.
Caradoc le bloccò il polso e la attirò verso di
sé. I loro visi erano
vicinissimi ora. Solo pochi centimetri di un’aria carica di
palpabile
elettricità separavano le loro labbra. Caradoc si
avvicinò ancora di più, ma
non la baciò, anche se le loro labbra si sfioravano, quasi.
“Passa una buona serata,
Forrest” le augurò, poi si staccò,
girò sui tacchi e tornò da dove era venuto.
Federica rimase lì, immobile come un pesce lesso.
Perché le faceva quell’effetto?
Gli occhi azzurri, i capelli indomabili e il sorriso malandrino di
Dearborn la
rendevano infinitamente stupida. Ah, poi c’era il profumo.
Morgana santissima,
quel profumo la mandava fuori di testa.
Con il senso dell’equilibrio
e della proporzione modificato dall’effetto
dell’alcool si diresse barcollando
verso il giardino sul davanti della villa, dove trovò
esattamente chi cercava.
Richard Pollux stava seduto
su uno dei gradini di pietra grigia che conducevano al portone
principale della
villa, gustandosi una sigaretta babbana. Il lavoro di Auror gli aveva
insegnato
a notare ogni singolo dettaglio, così non gli sfuggirono i
passi incerti alle
sue spalle.
“Hai finito di scappare”.
La voce di Sadie suonò carica di astio.
“Sono qui, non mi sembra
che io sia scappato”
La ragazza si sedette sull’ultimo
gradino, appoggiandosi con la spalla e la testa sulla colonnina alla
sua
destra. “Credo che dovremmo parlare di cosa è
successo”
“Già… beh, cosa vuoi
sapere?” chiese lui “Se sono pentito, se considero
la cosa un errore?”
Richard si voltò verso
Sadie, ma vide che la ragazza si era appisolata.
“Sean, hai visto Sadie per
caso?” chiese al ragazzo che, in quel momento, stava
discutendo di Quidditch
(chissà che novità…) con altri allievi
degli anni superiori.
“No, ma ti aiuto a cercarla”
Insieme continuarono a
cercare la ragazza all’interno della villa, poi si spostarono
sul portico nel
retro dell’edificio. Continuavano a guardarsi intorno alla
ricerca di Sadie,
sforzando gli occhi ormai stanchi. Essendo distratta, Eveline
inciampò
malamente in un paio di bottiglie di burrobirra lasciate lì
a terra e cadde a
terrà graffiandosi una mano.
Sean, che era solo qualche
passo più avanti, si girò e le venne subito in
soccorso.
“Stai bene?”
"Sì, certo” disse lei
alzandosi e cercando di tornare alla sua normale compostezza.
“Vieni”
Sean la condusse al
divanetto di vimini più vicino, la fece sedere e con un
veloce “Ferula” medicò
le ferite sulla pelle di lei. Nel gesto di prenderle la mano ferita con
la sua
non gli sfuggì la benda che circondava
l’avambraccio della ragazza.
“Che ti è successo?”
“Oh no, niente di che” si
sbrigò a giustificarsi Eveline, sfruttando la mano libera
nascondere il tutto
con la manica della camicetta che aveva indossato per
l’occasione.
Il ragazzo decise di non
indagare oltre, nel frattempo non aveva lasciato andare la sua mano
della
bionda. Passò qualche secondo, indeciso su cosa fare. Prese
coraggio e decise
di farlo, di baciarla. Con sua somma sorpresa, Sean non venne respinto
o
schiaffeggiato bensì ricambiato in un bacio lento e sensuale.
Sean circondò il viso di
Eveline con le sue mani e lei, per risposta, immerse una mano nei
capelli
castani di lui, torturandoglieli un po’.
Una volta staccati,
continuarono a guardarsi, finchè non vennero interrotti da
James che, insieme
ad un gruppo di altri ragazzi e ragazze, propose a Sean di andare con
loro a
vedere l’alba dalle rive dello laghetto lì vicino.
Sean si rivolse ad Eveline “Allora,
che ne dici?”
Lei annuì e il ragazzo la
prese di nuovo per mano per condurla al luogo dove avrebbero ammirato
il sole
sorgere.
Lungo il corridoio dove c’erano
gli uffici degli istruttori notò la luce accesa
nell’ufficio della Minchum, e
naturalmente lei lo vide passare davanti la porta aperta, con
un’allieva tra le
braccia.
“Rich!” lo chiamò, la
voce ridotta ad un sussurro.
“Shh” replicò l’altro.
Charlotte lo seguì prima
nell’ufficio di lui e poi attraverso la porta che conduceva
alla camera, dove l’istruttore
appoggiò Sadie sul letto. Richard uscì dalla
camera lasciando la porta socchiusa,
poi si sentì spinto dietro la schiena da Charlotte, che
continuando a spingerlo
lo condusse nell’ufficio di lei.
“Voglio delle spiegazioni.
Ora” ordinò la giovane donna prima di chiudersi la
porta alle spalle e lanciare
un Muffliato sulla stanza. Adesso sì che erano guai.