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Autore: hunter95    28/03/2016    3 recensioni
Quanti hanno sempre desiderato farsi un giretto dentro alla loro opera preferita? E se a me fosse capitato?
Genere: Avventura, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Monkey D. Rufy, Nuovo personaggio, Roronoa Zoro, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Questa notte non dormo. Non ho fatto altro negli ultimi tempi e mi sento a posto. È il turno di guardia di Rufy, ma si è addormentato e Zoro lo ha sostituito. Non capisco come mai non faccia altro che trovarmelo tra i piedi ultimamente. Non che mi lamenti, per carità.
Ho chiesto a Nami dei fogli e una penna, giusto per scrivere qualcosa prima che mi dimentichi l’ebbrezza di ciò che sto vivendo. Dopo circa tre ore passate a scrivere alla luce della lanterna sono così immersa nelle parole che non sento lo spadaccino avvicinarsi e, quando mi parla, per la seconda volta sobbalzo, il cuore a mille.
-    Quale parte di “non farmi venire un infarto” non è chiara? – 
-    Ero curioso. È una vita che sei china su quei fogli. Posso leggere? – 
-    No. – li riunisco tutti quanti frettolosamente e li nascondo. 
-    Perché? – non sembra offeso, solo sorpreso. – Credevo volessi scrivere un libro. – 
-    Infatti. – rispondo in fretta. Come posso spiegargli che mi vergogno? 
-    Lo sai che i libri vanno letti? – 
-    Guarda che lo so, è solo che… - 
-    Che…? – mi incalza, notando il mio tentennamento.
-    Non voglio che le persone che conosco leggano ciò che scrivo. – 
-    E perché? – 
Perché? Perché no. È un po’ complicato, ma cercherò di spiegarglielo. Dopotutto mi ha ripescata, è il minimo che possa fare.
-    Io credo che la scrittura, i libri e i racconti, siano lo specchio dell’anima di chi li scrive. Per quanto possano essere solo storie che non riguardano assolutamente la vita dell’autore, penso che ci sia molto di lui dentro e chi lo conosce bene riesca anche a leggergli dentro. - rivelo tutto d’un fiato. Fortuna che non arrossisco molto spesso, anche se gli ultimi tempi mi stanno dando contro, perché altrimenti sarei rossa come un pomodoro maturo e forse anche di più.
-    E tu non vuoi che qualcuno ti legga dentro. – traduce Zoro perspicacemente. 
Annuisco.
-    Perché? – 
-    È questione di fiducia. Per rivelarsi bisogna fidarsi completamente del confidente. Io non intendo farlo. Di solito porta parecchie delusioni. – 
Zoro non dice nulla. Guarda il cielo, sdraiato sull’erba del ponte. Io osservo le sue spade. In particolare la Wado Ichimonji. 
-    Tu ti fidavi di Kuina. – a quel nome Zoro si alza di scatto, gli occhi sgranati. 
-    Come fai a…? – 
-    Lo so e basta. Tu ti fidavi di lei. – 
-    Non è una domanda. – 
-    Come potrebbe essere altrimenti? Sei qui per la promessa fatta a lei. Per portare avanti un giuramento fatto alla tua migliore amica morta ti sei diventato prima cacciatore di taglie, poi pirata. Rischi la tua vita ogni giorno per lei. Non si fa un giuramento del genere per qualcuno di cui non ti fidi. – 
-    Era la mia migliore amica, e allora era il mio obbiettivo. –
-    Lo so. Dopo 2001 combattimenti falliti immagino che il tuo orgoglio ne sia uscito leggermente ferito. – 
-    Ma non perché era una ragazza, non credo ci sia nulla di male nel farsi battere da una donna. Se determinato chiunque può diventare spadaccino. Almeno è questo che credevo e che credo, ma Kuina aveva paura di diventare più debole crescendo. Per questo mi piacerebbe che tu non ti facessi problemi per essere solo tu, puoi farcela, devi solo volerlo. – 
-    Zoro, tu non sei mai stato debole in vita tua. Non puoi capire. – 
-    Anche il mio è stato un percorso, e comunque non sono imbattibile. – 
-    No, ma sei forte, e questo non puoi negarlo. Ad Alabasta hai sollevato un palazzo a mani nude, non è qualcosa di così normale. – 
-    E allora? – mi guarda in faccia con la sua espressione seria e ammutolisco. – Sii ciò che vuoi essere. Sei vuoi essere in grado di sopportare questo mondo, siine in grado. – 
-    È una cosa impossibile. – 
-    No, devi solo esserne convinta. Il resto viene da sé. Combatti con noi, sfrutta il tuo potere, e se ti troverai nei guai, te ne tireremo fuori. – 
-    Dici sul serio? – 
-    Certo. Quando mai ci siamo tirati indietro? – 
In effetti mai. Ma non hanno mai incontrato me. 
-    Non ti arrendere in partenza. – 
-    Non mi sto arrendendo. Sto spiegando i fatti. – 
-    Ti stai arrendendo. – 
Lo sto facendo? Probabile. L’ottimismo non è mai stato il mio forte, ho la tendenza a credere che se qualcosa può andare male, lo farà (potrei fare comunella con Usopp). Ma sono testarda come un mulo, e se comincio qualcosa di solito lo porto a fondo, solo per far vedere che ne sono in grado.
Se lo posso fare nel mio mondo, lo posso fare anche qui, giusto?
Giusto.
Almeno credo.
-    Ci proverò. – sospiro, rassegnata. L’ho già detto, ma questa volta sono seria.
Zoro mi guarda un attimo soddisfatto, poi si alza e mi lascia sola con i miei pensieri.

Questa notte non ho dormito molto, nemmeno dopo che ho deciso di andare in camera verso le 4. Non ho fatto altro che pensare a ciò che mi ha detto Zoro. Davvero crede che possa farcela o lo ha detto solo per darmi il contentino?
Non lo so, ma dopo colazione lo tampino perché mi aiuti ad allenarmi.
-    Da sola non saprei come fare. – mi giustifico.
In realtà nemmeno lui sa bene come fare. Un conto è allenarsi per conto proprio, un conto è allenare un rogia che non sa nemmeno da che parte girarsi.
-    Che cosa senti quando diventi aria? – mi chiede. Che cosa sento? Mi sento molto leggera e consistente come carta velina.
-    E quando ti ritrasformi? – quando mi ritrasformo mi sento più pesante. 
-    Forse non dovresti provare a pensare a questo? Immaginarti leggera e pesante in base a cosa vuoi essere? – 
-    Dovrei provare a rievocare la sensazione nella mia testa? – 
-    Qualcosa del genere. – 
Ci provo e incredibilmente funziona. La mia mano sparisce come aria calda: tremolando.
Esulto gioiosa.
-    Visto? Bastava provarci. – dice Zoro.
Lo abbraccio, ignorando il fatto che essendo sul ponte ci stanno guardando tutti.
Lo lascio, imbarazzata all’ennesima potenza.
-    Comunque sia – dico riacquistando un contegno – continuerò a provare. – 
-    Saresti il primo rogia nella ciurma. – 
-    Prima o poi tornerò a casa, ma per ora direi di sì. – 

Sono sdraiata sul letto. I capelli ancora umidi dalla doccia, abbraccio il cuscino gongolante, immaginando che sia Zoro.
Lo so, lo so, sembro solo una stupida fangirl. Ma è da una vita che sognavo di farlo. In questi giorni sto raggiungendo vette del piacere da otaku fuori misura.
Mi sento talmente leggera che sparisco, trasformata in una brezza leggera che gira per la camera. Non ho ancora mollato il cuscino, in questa giornata ho più o meno imparato ad afferrare gli oggetti, così chiunque entrasse vedrebbe un ammasso di piume vorticare in aria. Deve essere divertente.
Circa trenta secondi dopo entrano anche Nami e Robin. 
-    Ehi, Gio, non ti sei ancora stancata di volare? – 
Alla domanda di Nami mi sveglio dal mio sogno ad occhi aperti, solidificandomi e cadendo, fortunatamente, sul letto. 
-    Hai l’aria felice. – 
-    Bè, ora so più o meno controllarmi. Magari la prossima volta riesco a non cadere in acqua, quindi mi sembra naturale un po’ di allegria. – 
-    Non c’entra per caso un certo spadaccino di nostra conoscenza? – allude Robin. 
Se c’è mai stato qualcosa che abbia desiderato più ardentemente di non avvampare in questo momento, proprio non me lo ricordo.
-    Che centra Zoro? – spero di minimizzare abbastanza bene nonostante l’evidente figura barbina. 
-    Da quando sei qui non hai occhi che per lui. –
-    Vi sbagliate. Gli sono grata per avermi ripescata, tutto qui. – 
-    Sicura? – 
-    Sì. C’è anche ammirazione, non lo nego, ma c’è per tutti voi. – 
-    Perché? – Nami sembra seriamente incuriosita. 
-    Per ciò che fate, per come lo fate e perché lo fate. Vi ammiro da morire. Nonostante il vostro passato doloroso, avete trovato la forza per andare avanti, vi siete riuniti tutti sotto una stessa bandiera, ma siete diversi dalle altre ciurme. Rufy è il vostro capitano, è vero, ma lo trattate come vostro amico e fratello. Nessuno di voi lo chiama “capitano”, a meno che non ci siano occasioni che lo richiedono e questo mi piace molto. Nemmeno nelle ciurme più unite l’ho mai visto. Inoltre avete sfidato il governo per uno di voi. Non è una cosa da poco. Non siete i classici pirati che se ne fregano di tutto tranne i soldi e che per questo uccidono e razziano. Voi vivete secondo una vostra etica. Non siete dei santi, ma nemmeno dei demoni, il giusto intermezzo per essere considerati pirati, ma pirati diversi. Aiutate le persone, ma solo quelle per cui avete rispetto, come Bibi o gli Kaya o gli Shandia e gli abitanti di Skypea. Vivete una vita elettrizzante, migliorandovi ogni volta che vincete o perdete. Avete dei sogni e fate di tutto per realizzarli. Come potrei non rispettarvi?- 
-    Descritto così sembra chissà cosa. – minimizza Nami. 
-    È qualcosa di stupendo. Nella mia vita non ho mai incontrato persone così. –
-    Allora hai incontrato le persone sbagliate. Ho conosciuto uomini morti per i loro sogni. – Robin sembra pensierosa.
-    Intendi gli studiosi di Ohara? – 
-    Sì, loro. – mi risponde dopo un attimo di sorpresa. Non riescono ad abituarsi al fatto che sono molte cose di loro. In effetti mi sento una stalker. 
-    La vita è una sola e noi cerchiamo di viverla appieno. – mi risponde Nami. – Io ho sprecato troppi anni della mia, come credo che tu sappia. – 
-    Arlong. – rispondo annuendo.
-    Lui. Rufy e gli altri mi hanno ridato la voglia di vivere e io non la spreco. –
-    Questo non toglie che siete persone incredibili sotto ogni punto di vista. –
-    Sarà, ma abbiamo ancora un sacco di strada da fare. – 
-    Creerete la vostra leggenda personale. – bisbiglio a me stessa. Adoro questa frase. È del libro “L’Alchimista” e significa realizzare i propri sogni. Credo sia la frase perfetta.

S ono passate sei settimane da che sono arrivata (come ancora non saprei dire) su questa nave.
Ho imparato a usare il mio frutto e ora mi sto potenziando. 
Ho imparato a creare una tempesta (anche se per fermarla mi ci è voluto un po’ e parecchia ira da parte di Nami), so prendere oggetti, togliere ossigeno al mio avversario (per poco non ammazzavo Usopp), condensare aria umida e creare nebbia e vortici, affilare l’aria come una storm leg e altri giochini interessanti. Una volta capito il trucco iniziale il resto è stato uno scherzo. 
Ora come ora sto lavorando su proiettili d’aria, basandomi anche sull’idea che mi ha dato Kuma, visto che la tecnica da cui mi sono ispirata l’ha ideata lui. 
Non sto raggiungendo grandi risultati.
-    Qual è il problema? – Zoro mi ha seguita per tutto il corso di questi giorni, dandomi consigli e sostenendomi mentre io provavo le mie tecniche. 
-    Non riesco a mirare. – rispondo. – Oppure non sono abbastanza forti. Se prendo la mira il colpo non porta più problemi a chi lo riceve di un po’ di brezza, mentre se è sufficientemente potente va dove gli pare. – 
-    Fa’ vedere. – ordina, sedendosi accanto a me. Il mio cuore comincia a battere, ma ho una faccia da poker perfetta, così spero che non si accorga di nulla. 
Credo di starmi prendendo una cotta mostruosa per lui, la prima della mia vita (eh sì, mai stata innamorata o cotta) e la cosa peggiore è che non si tratta nemmeno di una persona reale. 
Stendo il braccio e faccio partire il colpo modello kame kame ha (piccolo crossover), ma il rinculo mi manda stesa a terra e il colpo manca di un chilometro il bersaglio. 
-    Visto? – gli rinfaccio.
Sono ancora sdraiata a terra, godendomi la luce del sole e la vista di un marimo che sta riflettendo. Improvvisamente, mi viene in mente il modo per risolvere il problema, ma voglio vedere se ci arriva anche lui. 
Ci arriva.
-    Forse il problema è come prendi la mira. – suggerisce.
-    Che intendi dire? – mi metto a sedere.
-    Dovresti provare a tenere fermo il braccio con l’altro braccio. – 
Stessa soluzione mia. 
Ci provo, e in effetti va meglio, ma il problema del rinculo permane e sbaglio di nuovo il colpo, anche se molto meno. 
-    Vediamo se così funziona. – 
Mi si mette dietro, appoggiando il suo petto alla mia schiena, tenendomi ferma. 
Ok, cuore, questo è il momento per fare vedere quanto vali. Evita di entrare in tachicardia altrimenti ti sente e chissà cosa pensa. 
Ormai comincio a sbavare. Sento il suo petto possente e i muscoli scolpiti sulla mia schiena, sento il suo profumo. Sa di sapone e un vago odore di cuoio, un odore maschile ma buono. Ma soprattutto sento il suo cuore andare in perfetta sincronia con il suo respiro. Il battito è lento, come mi sarei aspettata, così regolo il mio cuore al suo e mi calmo. 
Tutto questo avviene nel giro di due secondi, così spero non si sia accorto di niente. 
Riprovo. Alzo il braccio destro tenendo distanziate le dita, usando lo spazio tra medio e anulare come mirino. Porto la mano sinistra sull’incavo del gomito, tenendo stretto il braccio, mi concentro e sparo il colpo più forte che abbia mai fatto. 
Sarei certamente volata contro il parapetto della nave, ma Zoro mi ha tenuta stretta e l’unica cosa che è successa è che per un attimo siamo stati incredibilmente vicini. 
Ormoni, a cuccia. 
-    Incredibile. – sussurra vicino al mio orecchio, ammirato. 
Guardo il bersaglio. È sparito. Al suo posto c’è un ammasso informe di legno con un buco grande come una mela nel mezzo ancora fumante.
-    Visto? Problema risolto. – 
Magari, se questo fosse il colpo finale lo userei in continuazione. Ma non posso certo usare sempre Zoro come sostegno. 
Così mi alzo in piedi, allargo le gambe distribuendo bene il peso e riprovo, seppur con minore intensità. Dopo un paio di tentativi ci riesco, colpisco ciò che resta del bersaglio e riesco a restare in piedi. 
-    È tutta questione di allenamento. – mi dico, contenta più che altro del mio allenatore. 
Forse non voglio nemmeno tornare a casa dopotutto. 
Queste settimane sono state le migliori della mia vita, non voglio che finiscano.

La tempesta è cominciata senza nessun tipo di preavviso. 
Sono bagnata fradicia, i capelli incollati alla faccia e al collo, i vestiti gelidi appiccicati addosso e rivoli di acqua ghiacciata mi scorrono lungo la schiena, ma cerco di non farci caso. 
Non so come, ma sono riuscita a salire in cima al pennone dell’albero maestro con Usopp e Sanji e ad ammainare le vele. 
Scendo il più velocemente possibile, cercando di seguire gli ordini di Nami e ringraziando mentalmente Robin e le sue lezioni di navigazione. 
Devo fissare degli ormeggi prima che partano, ma le cime bagnate mi scivolano di mano ferendomi e basta.
Le onde continuano a infrangersi sul ponte e io rischio di essere spazzata via in continuazione. Fortunatamente siamo fissati a funi di sicurezza, soprattutto i fruttati, ma ciò non toglie che la situazione mi crea notevoli problemi, visto e considerato che non riesco a stare in piedi, le mie povere Converse non fanno che scivolare e io con loro.
Ma devo finire questo nodo. Tutti quanti sono impegnati e se lascio andare la cima l’albero di trinchetto verrebbe gravemente danneggiato. 
Sono quasi riuscita a farcela, quando sento Usopp gridare e mi vedo venirmi incontro un barile rotolante a una velocità orribile. 
Se mollo ora la cima combinerò un casino e rischierò lo stesso di venire colpita.
Se non la mollo mi farò molto male. 
Sto per lasciarla e darmela a gambe, ma mi vengono in mente le parole si Zoro. Devo farcela, devo essere all’altezza.
Spero che il mio Rogia mi protegga e do un ultimo, decisivo strattone alla cima. Finito. In quel preciso momento il barile mi prende in pieno, il potere del mio frutto annullato dall’acqua.
Mi colpisce alla bocca dello stomaco, togliendomi ogni singola molecola di ossigeno all’interno dei polmoni. Boccheggio, incapace di respirare, per poi venire scaraventata contro l’albero maestro. Centinaia di macchioline mi appaiono davanti agli occhi e sento il sapore del sangue in bocca. Cado e sbatto la testa. Sono ancora sveglia. Cerco di rialzarmi, ma un’onda mi schiaccia a terra e mi spinge verso il parapetto. I polmoni scoppiano e istintivamente cerco l’aria, per trovare solamente acqua fredda e salata. Sputo, ma non funziona. L’onda poi si ritira e riesco a boccheggiare un po’ d’aria, ma una nuova onda mi butta nuovamente contro il parapetto. La fune di sicurezza è troppo corta, così almeno non dovrei sbattere, ma la forza dell’acqua è troppa e spezza la cima. Sbatto violentemente contro il legno e ormai volo fuori, ma non intendo farmi sopraffare. Afferro il bordo e mi isso dentro. I colpi ricevuti si fanno sentire e non riesco più a combinare niente. Una terza onda arriva, e io inerme mi lascio trascinare nuovamente contro il parapetto. Sbatto contro qualcosa di duro, ma non così duro come il legno della nave, e non freddo come l’acqua. È caldo. Due mani mi circondano e mi stringono. Mani ruvide e gentili, grandi e calde. Zoro. Non può essere che lui. L’onda ci sommerge ancora, ed io inspiro di nuovo come un’idiota. L’acqua salata va giù dritta dritta nei polmoni, mi brucia come fuoco. Prima di svenire mi aggrappo a quelle mani grandi e calde, pensando solo che mi ha salvata ancora. 

Mi sveglio, ma non apro gli occhi. Non posso, non ce la faccio. Non riesco nemmeno a respirare. Ho ancora i polmoni pieni d’acqua, lo sento, ma non posso buttarla fuori. 
Una mano grande e calda mi tiene indietro la fronte, mentre un’altra mano, probabilmente la sorella, mi tiene aperta la bocca. 
-    Respira. – un sussurro impercettibile, prima che due labbra si posino sulle mie e un getto di alito fresco e salato mi si riversi nei polmoni. Quelle labbra si staccano da me dopo circa due secondi.
-    Respira. – di nuovo quella voce. Di nuovo labbra sulle mie. Di nuovo alito fresco e salato nei polmoni. Di nuovo due secondi prima che si separino.
-    Respira. – per la terza volta quel sussurro e tutto si ripete, con la sola differenza che questa volta io obbedisco. 
Apro gli occhi di scatto, ritrovando improvvisamente la forza sufficiente per farlo. Un respiro convulso mi attraversa e poi comincio a tossire. 
Qualcuno mi gira di lato e io sputo fuori tutta l’acqua, cercando nel frattempo di respirare, un’impresa non facile. 
Sento di stare tremando, la testa scoppia e brucia, così come i polmoni.
Mi ci vuole un po’, ma finalmente torno a respirare abbastanza regolarmente. Per tutto il tempo le mani grandi e calde mi hanno tenuto stretta. D’istinto, ne stringo una con forza e quella risponde alla stretta con dolcezza. 
-    Va tutto bene. – la stessa voce di prima, così calda e rassicurante. Non sono sorpresa di scoprire che è la voce di Zoro. 
È qui accanto a me, mi stringe una mano e mi sfrega piano la schiena con l’altra. 
-    Mi hai salvata ancora. – gracchio. Ho bisogno di bere. 
Mi sorride dolcemente. Sta ancora piovendo, ma non è altro che una pioggerella fine che mi toglie il sale delle onde di dosso.
-    Ho freddo. – gracchio ancora, così lui mi stringe a sé.
Di nuovo il suo profumo, potrei farci l’abitudine. Sospiro beata, poi noto la macchia di sangue che si sta formando sulla sua maglietta bianca. 
-    Stai sanguinando. – 
-    È sangue tuo. – mi dice scostandomi i capelli fradici dalla fronte. In quel mentre sento una fitta a una tempia e mi porto una mano nel punto dolorante, per poi ritirarla sporca di sangue. 
-    Che ti è preso? Dovevi lasciare la cima e metterti in salvo. – mi rimprovera, ma non troppo duramente.
-    Mi hai detto tu di non mollare. – mi riferisco al discorso di quella notte.
Lui sghignazza, e io ci metto un po’ a capire perché. 
-    L’hai preso un po’ troppo alla lettera. –
-    Portala in infermeria. – è la voce di Chopper. Non voglio lasciarlo, così mi stringo di più a Zoro. Lui però annuisce e si alza, tenendomi stretta. 
Se non fosse che mi bruciano sia i polmoni, che la gola, che la ferita e la testa minaccia la detonazione da un momento all’altro, mi sentirei a dir poco umiliata all’idea che non posso camminare da sola e deve essere Zoro a portarmi, ma ora come ora sono solo contenta. Tengo gli occhi chiusi, inebriandomi del suo profumo. In altre circostanze non sarei così spudorata, ma sono ferita, posso permettermelo. 
Una volta in infermeria, mi adagia dolcemente su un letto e io mi rannicchio, ancora infreddolita. 
-    D’accordo, qui ci posso pensare io. – Chopper vuole sbattere fuori Zoro, ma non intendo permetterglielo. Gli stringo la mano con tutta la forza che posso concedermi. Entrambi capiscono, così Zoro si siede vicino al letto, accarezzandomi piano la fronte con la mano libera. Chopper fa un ottimo lavoro. A malapena mi accorgo che mi sta curando. Il cuore batte all’impazzata, facendo sgorgare ancora più sangue dalla ferita alla testa. Già sono anemica, non oso pensare quanto il mio livello di ferro diminuirà dopo questa esperienza. Apro piano gli occhi, per ritrovarmi quelli neri dello spadaccino che mi fissano mentre continua ad accarezzarmi la fronte. Sorride. 
-    Sei solo “tu”. –
Non  capisco, ma lui continua.
-    Sei sempre solo “tu”, lo eri anche venti minuti fa. Eppure hai rischiato la tua vita per impedire un disastro. Quindi non pensi che questo solo “tu” non sia così male? – 
Non so cosa pensare, ma l’incoscienza mi viene in aiuto un’altra volta.

Sono al calduccio sotto miriadi di coperte. La testa fa male, ma è un dolore accettabile. Il resto del corpo sta come se un tir gli ci fosse passato sopra e avesse deciso di fare retromarcia, ma nel complesso non sto nemmeno così tragicamente. La gola  e i polmoni non bruciano più, è già qualcosa. 
Ma devo seriamente smettere di tentare di annegare, anche perché arriva la volta buona che ci riesco. 
Indosso la stessa camicia che da quando sono qui mi fa da pigiama. Non ancora perso il suo profumo originario. Sa di sapone e cuoio, come Zoro. Un attimo. È la sua camicia? Se non fosse che sono ancora mezza addormentata salterei su sconvolta. Ecco perché era così larga. Non ho mai visto Zoro con la camicia a maniche lunghe. Deve essere un misto tra stupendo e sexy.
-    Stupendamente sexy. – borbotto piano. 
-    Cosa? – 
Oddio, è lui. Apro gli occhi e mi metto a sedere, per poi venire colpita da un acuto senso di vertigine e da un’esplosione di puntini neri davanti agli occhi che mi costringono a sdraiarmi di nuovo. 
-    Vacci piano, se non ti ricordi hai preso una bella botta e hai anche un po’ di febbre.-
Chissenefrega della febbre! L’unica cosa che riesco a fare è sperare che non abbia capito ciò che ho detto. A giudicare dalla sua faccia direi di no. Tiro un mezzo sospiro di sollievo.
-    Tieni. – mi porge un bicchiere colmo di invitante liquido rosso. 
-    Cos’è? – chiedo prendendolo.
-    Una medicina. Chopper mi ha detto di dartela non appena ti fossi svegliata. – 
La tracanno, assetata. È buonissima, fresca e dissetante. Mi sento tornare più lucida e il dolore alla testa diminuisce all’istante.
-    È formidabile. – 
-    Vero? Sapessi quanti litri me ne sono dovuti bere nel corso dei vari dopo battaglie. – 
Finisco di bere, sentendomi meglio. 
-    Come stai? – mi chiede.
-    Bene. – è vero, sto bene. Bè, quasi. 
-    Mi fa piacere. Perché non hai mollato la cima? – 
-    Contavate su di me, non potevo deludervi. – 
-    Ma sei quasi morta. – 
-    Non è successo. – 
-    Poteva accadere. – 
-    Mi fidavo. Hai detto che se fossi stata nei guai mi avreste tirato fuori. Ci ho creduto ed è successo. Non mi hai abbandonata, mi hai salvata per la terza volta. – 
-    Tu sei tutta matta. – 
-    Ci si prova. – ridacchio. 
Due ore dopo sono sotto la doccia, l’intruglio di Chopper mi ha fatto passare la maggior parte dei dolori e la febbre,  intenta a togliermi di dosso l’odore di medicine e salsedine. E intenta a pensare a quello che mi ha detto Zoro. 
Ero solo “io” durante la tempesta, eppure ho fatto una cosa degna da protagonista di One Piece. Ho rischiato la mia vita per altri. E ne ero pure contenta. Stavo facendo per la prima volta nella mia vita qualcosa di veramente utile e importante, qualcosa di coraggioso. Mi sono sentita viva. Anche mentre stavo morendo ero più viva che nel resto del tempo. 
Quindi è questo che si prova? È questo che significa essere un pirata? È questa l’adrenalina che ti circola nel sangue mentre combatti? Ho potuto fare quello che ho fatto nonostante non sia nessuno, nonostante la mia vita non mi abbia mai portato nemmeno lontanamente vicino a fare cose simili, perché ho trovato la giusta occasione, o perché questo mondo mi sta influenzando non solo nell’aspetto e nei poteri, ma anche nella mentalità?
Non lo so e non mi importa. Ora la domanda è un’altra.
Davvero voglio tornare a casa?
Davvero voglio tornare a quella vita vuota e priva di valore in cui non sono nessuno? In cui il mio unico obbiettivo è superare tutti gli esami prima della sessione estiva? In cui il massimo di coraggio che ho mai avuto è stato affrontare un tuffo da diversi metri di altezza o un roveto con maniche e pantaloncini corti?
-    No, credo di no. – le mie parole riecheggiano mentre l’acqua mi scorre addosso. Esco e mi avvolgo in un asciugamano. Poi mi guardo allo specchio. Ho qualche taglio in faccia e diversi lividi dove ho sbattuto nella foga della tempesta. La benda in testa è leggermente sporca di sangue. La tolgo e la sostituisco con un pratico cerotto. Questa potrebbe essere la mia vita se solo lo volessi. Sospiro ed esco.
Mi vesto con un paio di jeans, un top azzurro e sostituisco le Converse con un paio di infradito. Sono passate solo dodici ore dalla tempesta e c’è un bel sole mattutino fuori. Mi viene voglia di farmi una coda per domare la criniera, ma li pettino e basta, cercando di nascondere il cerotto. Fortuna che si lisciano in fretta.
Resto in disparte, non mi va di affrontare gli altri. Voglio capire se in effetti voglio davvero restare. Abbandonare la mia vita. Potrei davvero farlo? Rinunciare alle cose brutte della mia vita sarebbe la parte più facile. Ma dire addio alla mia famiglia? Lasciare tutte le questioni in sospeso con i miei genitori? Troncare un rapporto che dopo anni di litigi era finalmente diventato migliore con mio fratello? Rinunciare a vedere ancora i miei nonni? Non prendere la laurea? Non vedere mai più i miei amici? Sono davvero pronta? Posso davvero dire addio a tutte le cose belle della mia vita?
Quella che potrei avere qui sarebbe senza dubbio fantastica, piena e costellata di avventure.
Tutti i miei sogni si realizzerebbero restando, entrando a fare parte della ciurma di Cappello di Paglia. Potrei essere felice. Potrei tenere i miei poteri, potrei avere abilità. So che dovrei allenarmi ancora molto, ma so anche che nel giro di poco la guerra che si sta per scatenare convincerà Rufy a ritardare di due anni l’entrata al Nuovo Mondo, così avrei parecchio tempo per affinare il mio potere. Potrei arrivare alla fine di questo periodo forte come mai ed essere davvero degna di rimanere su questa nave. 
-    Che cosa dovrei fare? – mi sento afflitta, vorrei piangere, ma mi rifiuto. 
-    Riguardo cosa? –
Ma come diavolo fa Zoro ad essere sempre nei paraggi?
-    Niente. – minimizzo. 
-    Smettila. – sembra scocciato.
-    Di fare cosa? –
-    Di fingere che vada tutto bene. È da quando sei qui che non fai altro che ripetere che stai bene, che va tutto bene, ma sappiamo entrambi che non è così. Prima eri in crisi perché ti sentivi fuori luogo, ora cos’è? È sempre perché ti senti inutile? – 
-    Non voglio sembrare una che si lamenta. – 
-    Non lo sembri. – 
-    Io…io non so cosa fare. A casa ho una famiglia, una vita che per quanto non mi piaccia non credo di essere in grado di abbandonare così di punto in bianco. Di sparire così dal nulla. La mia famiglia mi cercherebbe e non potrebbe trovarmi, ne andrebbe fuori di testa. In più avevo dei progetti, delle cose da fare. So che se tornassi a casa per cercare di sistemare tutto sarebbe inutile, perché so che non riuscirei a tornare qui. Ma qui è dove voglio rimanere. Questa è la vita che voglio fare, le emozioni che voglio vivere. Quando sono quasi affogata, la prima volta è stato orribile, ma la seconda…oddio, la seconda è stata una botta di vita. La prima vera scarica di adrenalina della mia vita. Ne ho avute altre, ma mai, mai così e dopo aver provato una cosa del genere non voglio più tornare a una vita vuota. – mi trattengo dal dirgli che non voglio più vivere questo mondo solo come manga o anime, che non voglio più avere di lui solo un’immagine in 2D, senza il suo profumo, o il modo in cui aggrotta le sopracciglia o vederlo dormire sul ponte o senza poterlo davvero vedere allenarsi. La sua voce, la lingua che sta parlando, è quella del suo doppiatore. Ma qui, in questo mondo. È la sua lingua, la sua voce. Non quella di un giapponese bravo nel suo lavoro ma senza volto. Non voglio perdere tutto questo.
-    La scelta è solo tua. – 
-    È questo il problema! Non so cosa fare, non so cosa scegliere! Sacrificare tutto questo per non far soffrire la mia famiglia e per concludere ciò che avevo iniziato, o abbandonare tutto e vivere questa vita? – 
-    Non lo so. – 
Sapevo che non avrebbe potuto dirmi nulla. Ma un “non lo so” così secco mi lascia di sasso. Se non può dirmi niente nemmeno lui, che cosa potrò mai fare?
-    Nessuno dice che devi tornare a casa domani. Hai tempo, tempo per riflettere e decidere. Vedrai che quando sarà ora, saprai cosa fare. –
Chissà perché, ma non mi consola molto.
   
 
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