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Autore: Moony16    28/03/2016    2 recensioni
E se Harry riallacciasse i rapporti con suo cugino Dudley?
E se la figlia di Dudley, fosse anche lei una strega?
Come sarebbe il suo rapporto con James, il maggiore di casa Potter, così esuberante e fastidioso, bello e intelligente?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Potter, Famiglia Weasley, James Sirius Potter, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Era dispettoso James Sirius Potter
Emily Dursley lo aveva capito sin da subito, non appena lo aveva conosciuto.
Aveva cinque anni, era una bimba bionda e sempre vestita di rosa, tanto da sembrare un confetto. Amava i fiocchi, i fiori, e ogni cosa inutile e costosa che potesse rendere la sua piccola figura rosa meno piccola e più rosa. Era la prima volta che i genitori la portavano con lei in una delle cene con il cugino di suo padre, Harry. La nonna Petunia stringeva le labbra con disapprovazione ogni volta che lo nominavano, rimpiangendo il nonno che Emily non aveva mai conosciuto: Vernon Dursley era morto per un infarto quando aveva appena cinquantadue anni. E probabilmente era stato felice che anche la sua morte fosse perfettamente normale, soprattutto considerando la sua stazza.
Comunque, quel giorno Emily si sentiva molto grande, perché aveva un paio di scarpette –rosa, ovviamente – con un piccolo tacco, che quando camminava facevano un rumore simile a quello della madre. Era così entrata nella casa del cugino di papà. Subito capì perché a sua nonna non piacesse molto: la casa era piena di giocattoli lasciati negli angoli e di foto che si muovevano appese al muro. Per quanto una bimba come lei potesse esserne affascinata, sapeva che alla nonna, a cui dava fastidio persino se una sua calza fosse abbassata, non sarebbe mai piaciuto quel luogo.
Entrata in cucina, una saetta con una zazzera di capelli castani la travolse, urlando a squarciagola che non riusciva a trovare i pantaloni. Come a prova di ciò che diceva, il bambino indossava una maglietta molto ordinata, blu con disegnini rossi, mentre dalla vita in giù aveva solo un paio di mutande con dei boccini disegnati. Lei lo guardò sconcertata, con vistosa disapprovazione. Lui la guardò un attimo, poi scoppiò a ridere, come se quella in mutande fosse lei.
«che c’è da ridere?» chiese indispettita la bambina.
«sembri un’enorme torta alla fragola!» rise lui, che aveva all’incirca sette anni.
«beh almeno non sono in mutande!»
«e io almeno non ho scarpe così ridicole: quei fiocchi ti coprono i piedi» disse continuando a ridere. A quel punto, offesa nel profondo, la bambina non poté fare altro che mettersi a piangere urlando alla mamma di fare smettere quel bambino cattivo che la prendeva in giro.
Era egocentrico, James Sirius Potter
Emily lo aveva scoperto, dopo anni di incontri svogliati e dispetti sotto il tavolo. Aveva nove anni, quasi dieci, e la mania per le cose rosa non le era ancora passata, anche se era in declino. Ora nell’armadio facevano capolinea anche qualche paio di pantaloni viola o lilla e aveva persino dei fiocchi di quei colori.
Era a casa sua, nel suo comodissimo pigiama di flanella, e avrebbe volentieri guardato la tv, se non fosse stato per quel cugino di suo padre, che ogni anno che passava la scocciava sempre di più. L’unica nota positiva era che quello era il giorno in cui i due si incontravano per farsi gli auguri e scambiarsi i regali. I regali! Se c’era una cosa positiva in Harry erano i regali che faceva: caramelle di tutti i tipi, animaletti rosa che le solleticavano le mani (lui le aveva chiamate puffole ma per lei erano semplicemente le palline rosa) e anche trucchi per bambini, di cui lei andava matta, e bambole che sembravano veri bambini. Insomma, dopo quella serata atroce ci avrebbe guadagnato qualcosa.
Quando andò in salotto, a salutare gli ospiti, notò che James non faceva che sventolare un foglio fatto di qualcosa che non era carta. Non sapeva cosa fosse, quel materiale giallino, ma le faceva un po’ schifo per la verità. Insomma James tenne in mano il foglio per tutto l’incontro, guardandosi intorno mentre aspettava il momento buono per dare la notizia. Quando i convenevoli lo stancarono, la noia lo invase e l’attesa divenne insostenibile cominciò a guardare il camino. Quello, dopo un paio di secondi, prese fuoco, tra lo stupore generale.
«James che diavolo stai facendo?» urlò sua madre con voce via via più acuta.
«attiro la vostra attenzione» disse lui allegramente, mentre Harry si lasciava cadere sul divano sconfitto.
«ieri ho ricevuto questa lettera» disse sventolando la pergamena davanti al naso dei presenti, furiosi, sconcertati o sconfitti che fossero.
«e ora voglio leggerla!» quindi si alzò si mise davanti al camino finto scoppiettante di fuoco vero e cominciò a recitare quasi a memoria:
Caro signor Potter –signor Potter, capite? Sono importante!-
Siamo lieti di informarla che Lei ha diritto di frequentare la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
Qui accluso troverà l’elenco di tutti i libri di testo e …bla, bla, bla!
Insomma vi rendete conto? L’anno prossimo andrò ad Hogwarts!» tutti lo guardavano senza dire una parola, ma il suo entusiasmo non si placò mica.
«andrò ad Hogwarts, andrò ad Hogwarts» continuava a ripete improvvisando un balletto strano e buffo che la fece ridere a crepapelle, mentre Ginny, così arrabbiata da avere tutto il viso rosso, si alzò spense il fuoco e trascinò suo figlio per un orecchio fino al divano, dove mormorò un ben udibile –ne parliamo dopo-
«mi dispiace Dudley, è solo un po’ eccitato. Vedi il camino è come nuovo» disse con una risatina nervosa.
Da allora Dudley non li aveva più invitati in casa, se c’era anche James.
Era un buffone, James Sirius Potter
Lo aveva scoperto un paio di anni dopo, mentre con suo sommo stupore, trascinava un baule enorme verso il binario nove e tre quarti. Era una strega e questa era sicuramente una grande scoperta. Harry aveva convinto suo padre a mandarla in quella scuola di svitati dove non conosceva nessuno. Non era così che si sarebbe immaginata la sua scuola, e non ne voleva sapere nulla. Ma i genitori l’avevano convinta, con la scusa di controllare i suoi poteri, e adesso lei era lì, a sbuffare come non mai per quell’enorme seccatura. Si incotrarono con i Potter e dei parenti di Ginny, tutti rigorosamente con i capelli rossi, e tutti sconvolti dalla sua scarsa eccitazione. Quando poi salirono sul treno i ragazzi andarono ognuno con i propri amici e lei rimase sola, per buona parte del viaggio. Meno male che James, poco dopo il pranzo venne a prenderla in giro nello scompartimento. Finse di essere seccata, ma non lo era poi tanto.
Soprattutto quando poi lui, dopo averle detto “guarda come scoppiano tutti a ridere” uscì dalla tasca delle caramelle stranissime e iniziò a correre per tutto il treno con il fumo che gli usciva dalle orecchie, neanche fosse stato lui il treno.
Qualcuno vicino a lei mormorò bonariamente “è proprio un buffone quel James Potter” e lei non poté non essere d’accordo.
Era buono, James Sirius Potter
E lei lo aveva ringraziato per questo. Era stato lui, nonostante fosse più grande, nonostante non si fossero mai sopportati, nonostante fossero in case diverse, a prenderle la mano quella piovosa sera  di fine gennaio in cui si era rifugiata in uno sgabuzzino delle scope, al suo primo anno.
Aveva fatto tardi in biblioteca, mentre leggeva un libro interessantissimo. Era così presa da non rendersi conto che era scattato il coprifuoco per quelli del primo anno come lei, e quindi si era affrettata a lasciare la biblioteca. Solo che il castello era buio, e lei non lo aveva mai visto così buio, e sentiva professori e prefetti in ogni corridoio, e cercando di nascondersi, aveva finito per non capire più dove diamine era.
Si era rifugiata in un magazzino delle scope, sperando che nessuno la trovasse, per non far perdere punti alla sua casa, ma nel cuore il desiderio che qualcuno, uno studente magari, aprisse per caso quella porticina e la portasse in salvo. Non seppe quanto tempo stette lì. Probabilmente non più di mezz’ora, ma alla piccola bambina di undici anni sembrò un’eternità.
Subito dopo averla tirata fuori da quello sgabuzzino ripugnante, James le aveva sussurrato con aria biricchina“guarda come ti tiro su il morale!” per poi trascinarla fino alle cucine sotto il mantello di suo padre, per offrirle una cioccolata calda. Poi l’aveva accompagnata al dormitorio dei corvonero, mentre lei non faceva che ringraziarlo.
Gli elfi domestici l’avevano prima spaventata, poi intenerita, la cioccolata era buonissima, e quella piccola avventura le era piaciuta più del dovuto e le aveva fatto amare di più la scuola.
Più tardi avrebbe saputo della mappa del malandrino e avrebbe capito che lui, avendola notata sola a quell’ora nello sgabuzzino si era precipitato a recuperarla. E non aveva potuto fare a meno di pensare a quanto fosse stato buono.
Era uno sportivo James Sirius Potter.
Questo Emily lo aveva sempre saputo, vista l’innata bravura del ragazzo come battitore. Era un bolide anche lui, forse per questo riusciva a capire tanto bene quelle malefiche palle assassine. Lui e Fred Jr. formavano una squadra imbattibile, e con Albus come cercatore la squadra era imbattuta da quattro anni. In quel momento però, al suo quinto anno di scuola, Emily ne ebbe la prova schiacciante. Perché quegli addominali che il ragazzo stava mostrando a tutta la scuola per scommessa, dopo aver battuto i serpeverde 200-0 erano decisamente il frutto di un allenamento costante. Aveva scommesso con  sua cugina Molly, la figlia di Percy, l’unica serpeverde in famiglia, e ovviamente aveva vinto.
Negli anni passati Emily si era fatta degli amici nella scuola, si sentiva stupida quando pensava allo scarso entusiasmo dei primi tempi: Hogwarts era una seconda casa per lei. Aveva legato molto con la famiglia Weasley soprattutto grazie ad Albus, ed era molto affezionata a Rose e a Roxanne. Aveva in qualche modo imparato a convivere con James, ormai sapeva come prenderlo, e anche se faceva finta che la seccava sapevano tutti che in fondo si volevano bene.
Ma quel fisico … dove cavolo lo aveva nascosto per tutto quel tempo?
Se solo avesse staccato gli occhi dal ragazzo per un attimo, si sarebbe accorta che anche la maggior parte delle ragazze presenti stava sbavando sul maggiore dei Potter.
Era intelligente, James Sirius Potter
Lo capì quella sera di fine Maggio, quando era esplosa in una mezza crisi di esaurimento a causa degli esami imminenti e di quella dannata trasfigurazione che proprio non ne voleva sapere di rendersi comprensibile.
Emily aveva tirato via la pergamena ringhiando e l’inchiostro era volato ovunque nella biblioteca. La bibliotecaria l’aveva guardata malissimo, mentre tutti i ragazzi lì intorno ridacchiavano come degli scemi.  C’era anche James, che si sedette accanto a lei con un sorriso sornione.
«trasfigurazione?» lei annuì sconfitta e lui sospirò.
«ok, ora devo farti una confessione di cui sono a conoscenza solo i miei cugini …»
«cioè mezza scuola. E poi anche io sono tua cugina» lui rise.
«ma solo di secondo grado! Comunque, è una cosa che tendo a non dire a chiunque» disse lui solenne. Lei inarcò un sopraciglio. O meglio, ci provò, ottenendo una smorfia strana che comunque lasciava passare il concetto.
«io sono un asso in trasfigurazione. Mi basta ascoltare mezza volta la prof e capisco tutto, mi piace, mi diverte, e tendo a ricordare ogni cosa» disse con aria di superiorità
«e quindi? Bravo! Ora mi sento più stupida» disse scoraggiata e acida. Lui sbuffò.
«e quindi ti aiuto, cretina!»
E lo fece per davvero. Emily non pensava che lui potesse essere così intelligente da ricordare tutte quelle cose, praticamente sapeva il libro a memoria e dalla biblioteca ci passava solo per rimorchiare. Era semplicemente geniale per lei. E poi era paziente, le spiegava le cose anche mille volte. Era divertente studiare con lui, non si annoiava, e senza accorgersene era diventata bravissima anche in trasfigurazione.
Aveva un buon odore James Sirius Potter
Emily non ci aveva mai fatto caso. Quando però il suo cuore aveva decido di partire al galoppo ogni volta che lo vedeva, aveva iniziato a notare tutto, anche le cose più stupide come il suo odore. Erano insieme per le vacanze estive, quell’anno James avrebbe fatto i MAGO, poi avrebbe finito la scuola. Lo stomaco le si stringeva in una morsa solo a pensarci, ma cercava di scacciare il pensiero. Erano alla Tana, c’erano anche i suoi genitori e la sua sorellina più piccola, mentre lei era con i Weasley in giardino. C’era un bel sole e loro erano seduti nell’erba a chiacchierare. Ad un certo punto James le si era seduto accanto per prenderla un po’ in giro, come suo solito, poi si era appoggiato a lei. Ed Emily aveva sentito indistintamente l’odore buono e fresco della sua pelle e dei suoi capelli sparati da tutte le parti che le solleticavano il collo. A quel punto capì di essersene innamorata.
Era un dongiovanni James Sirius Potter
Questo però Emily non avrebbe mai voluto scoprirlo. Alla fine del suo sesto anno Albus e Rose avevano organizzato un viaggio in tutta Europa per festeggiare i loro MAGO, e ovviamente avevano invitato a partecipare tutti i loro cugini e gli amici, motivo per cui lei e James avevano passato buona parte dell'estate insieme. Avevano girato le città più belle, i posti più incantevoli, assaggiato i cibi più strani e dormito nei luoghi più impensabili. Manchester, Parigi, Madrid, Lisbona, Barcellona, Valencia, Palma de Maiorca, Marsiglia, Venezia, Firenze, Roma, Atene, Mosca, S. Pietroburgo, Varsavia, Amsterdam e Praga, le città che avevano visitato e che avevano cambiato tanto il modo di vedere la vita. Avevano alloggiato in tende o ostelli, preso passaporte internazionali, visto le discoteche più grandi, i musei più importanti, condiviso tutto. Erano in tanti in quel viaggio e spesso si erano ritrovati a litigare, un po’ per la stanchezza, un po’ per la convivenza prolungata e le diverse abitudini di vita di ciascuno. Erano partiti in così tanti, che era capitato che occupassero da soli un ostello, o che non ci fossero abbastanza posti per loro. Comunque in genere non riuscivano a stare tutti insieme, tranne che la sera: ognuno voleva vedere cose diverse e mettersi d’accordo sarebbe stato impossibile.
Ma Emily e James, chissà perché e chissà come, si erano ritrovati sempre insieme. Lei cercava di non stargli appiccicata, sarebbe voluta fuggire da quella situazione difficile, perché sapeva per fama che James non fosse un ragazzo proprio gentile con le ragazze. Non ne aveva mai avuto le prove, ma avrebbe preferito evitare di creare problemi nel loro gruppo e tra le loro famiglie.
James invece sembrava non riuscisse a staccarsi da lei. E una sera, ad Amsterdam, mentre erano tutti e due parecchio su di giri per l’alcol e qualcos’altro che in quella città era libero di scorrazzare per le tasche dei giovani, avevano finito per baciarsi. Non che lei se lo ricordasse, però l’indomani mattina si era svegliata a letto nuda. Del ragazzo misterioso che era andata a letto con lei, nessuna traccia. Quando però aveva espresso la sua preoccupazione su cosa fosse successo la notte prima davanti a tutti, lui sen’era uscito con nonchalance
«ah, non ricordi? Eri con me, tranquilla. Ho usato il preservativo, non lo faccio mai senza» aveva detto, per poi cominciare a bere da una bottiglietta d’acqua. Era calato il silenzio, e lei s’era andata stravolta, dopo quella uscita. Da lontano sentiva Albus prenderlo per coglione.
Dopo, lui aveva fatto finta di niente con lei, che invece lo aveva evitato: si sentiva fisicamente male ogni volta che lo vedeva o che ne sentiva il nome.
Dopo due giorni lo aveva visto ballare con un’altra, e lì Emily capì perché le ragazze gli dessero dello stronzo: era il peggiore essere maschile sulla faccia del pianeta, se era capace a comportarsi in quel modo.
Meno male che l’indomani tornarono a casa, non sapeva per quanto ancora avrebbe sopportato di vederlo.
Era pessimo con i sentimenti James Sirius Potter
Dopo due giorni da che erano tornati a casa, era arrivata una lettera da parte sua, ad Emily.
Cara Emily
So che probabilmente mi starai odiando, tutti quanti non fanno che ripetermelo. Ma io non voglio questo, Emily. So che ho fatto una cazzata, ma ero ubriaco e fatto e devi anche capirmi … ti ho sempre trovata bella, e l’unico motivo per cui non ci ho mai provato è che sei mia cugina di secondo grado, e io mi conosco: con le ragazze non faccio che combinare casini. Non volevo far litigare i nostri genitori.
Alla fine, mi sa che la cavolata l’ho fatta lo stesso. Mi dispiace, ma che posso farci? Ti trovo eccitante, e tu mi ballavi così vicina che … Merlino, davvero non ricordi nulla? È stato bello, e avrei fatto volentieri il bis.
Ma non volevo che tu ti facessi un’idea sbagliata, per questo dopo me ne sono andato. Stava andando così bene tra noi, se non fosse stato per quell’erba e tutta quella vodka! Sei una persona fantastica, divertente, intelligente. Non volevo rovinare tutto, ma mi sa che l’ho fatto lo stesso. Non puoi scordare quello che è successo? In fondo, neanche lo ricordi. Avresti preferito se non ti avessi detto nulla? Io non so che fare, Emily. Qua mi dicono che sono stronzo e stupido, e che dovrei crescere e bla bla bla. Tu probabilmente gli darai ragione. Ma che posso farci? Sono così. Mi piaci, e probabilmente tu sei finita con me solo per uno strano scherzo del destino, e comunque non vorrei mai stare con te. Sono un asso a far stare male le ragazze, e mi stanco facilmente, non vorrei mai fare lo stesso con te. Non te lo meriti.
Quindi … puoi perdonare un povero coglione, per averti detto una cosa così delicata in un modo tanto stupido, dimenticare quello che ti ho detto, e fare finta di essere andata a letto con uno sconosciuto? E magari, tornare amici come prima.
Ti voglio bene
James
Emily ne era stupita, e dopo che aveva finito di leggerla, provava emozioni così contrastanti da non riuscire a gestirle. Era arrabbiata per quelle scuse patetiche, intenerita dal motivo per cui lui non aveva nemmeno voluto provarci con lei, delusa dal suo comportamento infantile, offesa per come aveva liquidato la faccenda. Lo avrebbe volentieri preso a sberle, ma decise che la cosa migliore fosse ignorarlo. Aveva però riferito a Rose che se solo lo avesse visto in un luogo non scolastico gli avrebbe lanciato una maledizione. Oppure avrebbe dato fuoco ai suoi gioiellini, dipendeva dall’ambiente e dal suo stato d’animo. Rose aveva approvato, e aveva riferito a James che non gli conveniva più né cercarla né provare ad avere un qualsiasi altro rapporto umano con lei.
Era coraggioso James Sirius Potter
Emily ne fu certa quando si presentò a casa sua, un paio di giorni prima che tornassero a scuola, era passata poco più di una settimana dalla lettera a cui lei aveva risposto con un deciso silenzio. Quel giorno non c’era nessuno in casa, i suoi erano da sua nonna Petunia e avrebbero cenato lì, mentre lei aveva preferito restare in casa: dopo Hogwarts i suoi rapporti con la nonna si erano decisamente logorati.
Lui si era presentato così, senza avvisarla, e chissà come sapeva che i suoi non ci sarebbero stati. Aveva i capelli scombinati come sempre, gli occhi nocciola un po’ più spenti del solito. Aveva assunto una faccia da cucciolo pentito, tipo quei beagle che fanno pipì sul pavimento e poi ti guardano con i loro occhioni castani, dal basso verso l’alto, consapevoli di aver sbagliato e speranzosi di non ricevere punizioni.
Ecco James aveva quello sguardo. Comunque, dopo che lei gli ebbe chiuso la porta in faccia con aria assassina, per niente intenerita dai suoi occhi, lui si attaccò al campanello. La ragazza si guardò intorno spazientita, poi con passo di marcia chiuse tutte le finestre e le tende, assicurandosi che nessuno del vicinato potesse vedere, anche solo per caso, quello che stava per succedere all’interno. Poi prese la bacchetta e aprì con un gesto della mano la porta, che non appena James entrò si richiuse di scatto. Emily dovette ammettere che ci doveva volere un bel coraggio per starsene lì a guardarla senza aver neppure provato a scappare. Eppure lui sapeva che poteva fare male, quando voleva.
«che vuoi, James?» lui alzò le mani.
«parlare. Voglio solo parlare, Emily. Vengo in pace e voglio chiarire quest’assurda situazione. Perché non hai risposto alla mia lettera?» sembrava stanco, James, ma forse era solo una sua impressione.
«non ho risposto perché non aveva né capo né coda, era confusa più di te, e anche parecchio offensiva» lui sospirò davanti la sua aria battagliera.
«ciò non toglie che tutto questo potevi benissimo scriverlo in una lettera» disse mettendo in tasca le mani. Lo faceva sempre quando era nervoso.
«no, James. Certi discorsi si fanno di presenza, ma io, a essere onesta, avrei preferito non farlo mai questo discorso» lui aggrottò le sopraciglia, poi fece una risata amara che Emily non aveva mai sentito.
«certo, e poi sono sempre io lo stronzo, no? solo perché ti ho detto che abbiamo fatto sesso davanti a tutti» lei si accigliò, la bacchetta ancora saldamente in pugno.
«non solo per quello» lui inarcò un sopraciglio.
«ah, no? E per cosa allora? Non mi pare di averti ignorata dopo, non mi pare di aver fatto la vittima con tutta la mia famiglia, non mi pare di non aver cercato di dare delle spiegazioni!» aveva man mano alzato la voce.
«tu mi hai portata a letto quando ero ubriaca, l’indomani non eri nemmeno accanto a me, e poi mi hai spiattellato tutto questo davanti a tutti per infine chiedermi con aria di sufficienza “puoi scordare quello che è successo? Tanto, neanche lo ricordi, in realtà» concluse la frase scimmiottandolo.
«mi pare che eravamo in due ubriachi, a rotolarci tra le coperte! Non dare la colpa solo a me perché lo ricordo, sai benissimo che difficilmente scordo quello che succede, anche se sono ubriaco. E poi, tu al posto mio che avresti fatto? Mi avresti svegliato con la colazione in un vassoio per poi farti dire “scusa James, siamo cugini, è stato un incidente”» questa fu la volta di lui di scimmiottare lei.
«beh di certo non avrei fatto la bambinata che hai fatto tu, dicendolo davanti a tutti» lui rise di nuovo.
«allora lo vedi che è solo quello, il problema? Dove ho sbagliato dopo, dimmelo» ordinò lui perentorio. Lei annaspò, in cerca di una risposta. La verità era che gli aveva fatto così male, perché era lui.
«tu mi hai trattata come una bambola gonfiabile!» disse sviando il discorso.
«non è vero» disse lui, smettendo di urlare, con una voce bassissima.
«non ti ho usata, è stato bello. Per entrambi, Emily. Merlino, è stato il miglior sesso della mia vita» James aveva lo sguardo basso, le mani sempre in tasca, e - Emily lo notò con molta sorpresa- era arrossito.
«perché?» chiese solo lei, mentre lui alzava finalmente lo sguardo sui suoi occhi.
«perché mi piaci» disse semplicemente e con coraggio.
«mi piaci, ma siamo praticamente cugini, e io combino sempre disastri con …» lui non riuscì a finire la frase, che Emily lo aveva baciato. E James aveva mugolato sulle sue labbra e l’aveva avvolta nelle sue braccia con decisione, come se non aspettasse di fare altro.
 
Salve!!
Ho sempre amato l'idea di una nipote di Petunia strega, quindi eccomi qui a scrivere di questa fantomatica Emily e del suo amore per il maggiore dei Potter :)
Spero che sia piaciuta anche a voi l'idea, anche perché la storia in realtà potrebbe continuare per un altro paio di capitoli (non mi andava di fare una One-Shot troppo lunga) e potrei anche pensare di scrivere il seguito. 
Un bacio 
Moony16
  
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