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Autore: just_es    28/03/2016    0 recensioni
Vera è una ragazza – una donna, ormai – comune. Una Babbana, esatto. E, come tanti, adora la saga di Harry Potter. Ma se i libri non fossero frutto di fantasia? Se quell’universo esistesse davvero, e lei avesse la possibilità di farne parte? Solo per un po’, solo perché deve… Solo perché quella potrebbe essere l’unica soluzione…
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Ciao a tutti. Chiedo scusa per l’assenza (e per la lunghezza del capitolo), ma la situazione è più tragica del previsto: 2016 e zero connessione internet. Lo so, è terrificante.

Scherzi a parte, ho modificato qualcosina dei due capitoli precedenti e mi accingo a postare il terzo. Buona lettura e un bacio.

S.




CAPITOLO III

 

4 giugno

«Ma, professore, mi scusi».

Rüf s’interruppe e alzò uno sguardo stupito su di lei.

«Farsi catturare e bruciare viva almeno quarantasette volte non è un’aperta dichiarazione di appartenenza al mondo magico? Voglio dire, si saranno accorti che si trattava sempre della stessa persona. Non è stato un po’… azzardato?»

«Lei non mi ascolta, Deveraux. Guendalina la Guercia si travestiva. E, in ogni caso, certo che era una dichiarazione esplicita. È per questo che continuavano a metterla al rogo. E lei lo trovava divertente, capisce? Divertente. Dov’ero rimasto? Ah, sì…»

Vera sbuffò e riprese a tracciare disegnini con la piuma in fondo alla pergamena. La bacchetta russò.

 

9 giugno

«Sistemi meglio gli occhiali, il Pugnacio non è affatto facile da gestire. Quando è pronta – non abbia paura, mi raccomando – blocchi questi tralci con una mano e infili rapida il braccio nel buco che si creerà al centro. Io terrò gli altri, non è un lavoro che si può svolgere facilmente da soli».

Vera eseguì gli ordini e, quando ebbe estratto il baccello, fu certa di avere escoriazioni in almeno tre punti diversi.

«Adesso… Adesso mi racconta di quando ha decapitato il serpente? L’ha promesso!»

Neville sorrise indulgente. La bacchetta di Vera vibrò di emozione.

 

***

 

Vera tirò fuori la sua copia di The Standard Book of Spells – Grade 1 dalla sacca e fissò il vuoto in attesa dell’insegnante, facendo scorrere avanti e indietro la piuma sul palmo. Era stata una settimana dura ma eccitante. Non se la stava cavando poi così male. Gli insegnanti erano eccentrici e disponibili. Seguiva una materia diversa al giorno – domeniche comprese –, poi ricominciava il giro. Mancava Incantesimi per chiudere la prima tranche.

Era stanca, parecchio. La sera si concedeva giusto un intervallo per mettere un boccone sotto i denti, prima di crollare sul materasso. Che ingiustizia. Com’era che nei romanzi il trio aveva tonnellate di tempo libero da spendere dietro a furti, rapimenti e omicidi? Bah. Lei invece doveva farsi un…

Sovrappensiero, aveva allentato la presa sulla piuma, che era scivolata sotto il banco e rotolata via. Vera si chinò per recuperarla, ma dovette scendere dalla sedia e mettersi carponi per raggiungerla. Proprio in quel momento l’insegnante entrò e la vide così, a quattro zampe. L’uomo, divertito, si schiarì la voce. Vera si sollevò di scatto e sbatté contro il legno, provocando in lui una serie di risatine.

«Un primo incontro che definirei quantomeno poco ortodosso» attaccò l’insegnante mentre Vera tratteneva il fiato e si girava con gli occhi sgranati, massaggiandosi la testa. Quella voce…

… no. Non era possibile. No, no, no!

«Accidenti…» mormorò lui a voce troppo bassa perché lei lo sentisse, condividendo l’incredulità solo per un istante. Tuttavia, si ricompose subito e si stampò sulla faccia lo stesso sorrisetto odioso sfoggiato al Paiolo Magico. «Allora, Di Virgilio. Hai problemi con la forza di gravità?»

Vera gli lanciò un’occhiata di fuoco attraverso le fessure tra le ciglia inumidite dal colpo. Era scarlatta in faccia, lo sentiva. Quello lì non poteva essere il suo professore. Avrebbe dovuto sopportarlo tutto l’anno?! Idiota borioso. E perché ogni volta che lo incontrava doveva fare la figura della deficiente?!

L’insegnante interpretò male – o finse di farlo – gli occhi socchiusi.

«Ti sei fatta male?» chiese interessato.

«Sto benissimo» affermò Vera con sussiego, avvertendo il dolore propagarsi fino alle tempie.

«Bimba stoica» l’apostrofò lui raggiungendola per posarle una mano sulla testa alla ricerca di un bozzo. Vera avvampò d’ira. Alzò lo sguardo per intimargli di toglierle subito le mani di dosso e fu agganciata da un lampo viola e da un profumo intenso e penetrante che non seppe riconoscere. Dimenticò di colpo ciò che stava per dirgli.

«Passerà presto» le comunicò lui asciutto, minimizzando la faccenda con un gesto della mano e riportandola alla realtà. «Ma puoi sempre fare un salto in infermeria, se proprio non riesci a resistere…»

Vera scattò all’indietro con aria riottosa.

«Ho detto che sto benissimo, professor…»

«… Marwood. Damien Marwood, al tuo servizio».

Le spalancò in faccia un gran sorriso che sembrava plastificato. Lei decise all’istante che quell’aria da fastidioso bambino viziato che lui si portava dietro non le sarebbe mai andata a genio. E che se pensava di averla sempre vinta grazie alla sua autorità di professore, si sbagliava di grosso.

 

***

 

14 giugno

«Controlli le corrispondenze delle lettere che compongono il suo cognome, dopodiché sommi tutti i valori. Il numero che otterrà le dirà molto sul suo futuro».

«Va bene, professoressa Vector. Allora… D-4, I-9, V-4, I-9, R-9, G-7, I-9, L-3, I-9, O-6. In totale fa…»

«69. Cosa le fa venire in mente?»

Vera diventò rossa come un San Marzano.

«Niente di magico, temo». La bacchetta fu scossa da una serie di risatine.

 

28 giugno

«Si sente bene, signorina?»

«Una favola» biascicò Vera, sputacchiando qua e là nell’erba.

«Ha preso abbastanza Pozione Antivertigine stamattina?»

«Sì, professor Hurtle…»

«Ottimo. Torni sul manico come le ho spiegato e prenda quota».

Vera sbiancò. La bacchetta svenne.

 

***

 

Non lo vedeva dall’ultima lezione, né moriva dalla voglia di incontrarlo. L’avrebbe scambiato volentieri con un troll. Ma come poteva sottrarsi agli insegnamenti di quell’imbecille? Impossibile. Ecco perché aveva deciso di concentrarsi solo sulla materia e di ignorarlo, di lasciarsi scivolare addosso qualsiasi commento stupido o poco pertinente. Sperava solo che la giornata passasse presto, così sarebbe stata libera della sua presenza per altri dieci giorni. Marwood entrò in uno svolazzo di irritanti vesti azzurre proprio in quel momento.

«Come va la testolina?» le chiese togliendosi il mantello e rimanendo in maniche di camicia. Vera serrò le palpebre, inspirando sdegno e sbuffando dalle narici. “Ecco come mandare in vacca un piano in otto sillabe”. Il professore la beccò mentre roteava gli occhi e le sorrise.

«Direi male. Ti si è danneggiata l’area di Broca o sei scontenta di vedermi?»

Vera strinse la mascella e lui ridacchiò.

«La seconda, eh? Poco male, posso sopravvivere. Passiamo subito alla lezione, allora. Spero che ti sia tutto chiaro finora e che tu abbia ripassato ciò che…»

«Diffindo».

Un preciso strappo corse lungo tutta la circonferenza della manica sinistra di Marwood all’altezza del bicipite. Il tessuto candido si staccò e cadde sul pavimento, rivelando un muscolo scolpito ma non eccessivo. Vera registrò la cosa con scarso interesse. Il professore la guardò con quella che poteva senza dubbio definirsi ammirazione mista a stupore, lei sostenne il suo sguardo sollevando un angolo della bocca. Marwood accennò un piccolo inchino divertito.

«I miei complimenti, Di Virgilio. Ragazza intelligente e ottima studentessa». Raccolse la manica con deliberata lentezza, la riattaccò con la bacchetta e avanzò piano verso la ragazza, mandandola in panico all’istante. Si sarebbe vendicato, vero? Doveva stare all’erta. Doveva… Ma quel suo profumo strano l’avvolse, e lei dimenticò ogni proposito.

«Non sarà difficile, quindi, padroneggiare uno degli Incantesimi di oggi… Expelliarmus. Questa la tengo io, va bene?». Si allontanò di qualche passo; Vera sbatté le palpebre tornando in sé. Guardò prima la sua mano vuota, poi la sua bacchetta in ostaggio che vibrava di protesta, poi il sorrisetto compiaciuto di lui. Bastardo.

 

***

 

10 luglio

«Cosa vede, signorina Di Virgilio?»

Un’espressione di noia esemplare era dipinta sul volto di Vera mentre osservava il fondo della sua tazza.

«Ehm… Sembrerebbe… un paio di forbici, quindi… rinnovamento?»

La professoressa Cooman le strappò la tazza di mano e sospirò.

«Mi duole dirle che lei non ha l’Occhio, cara. È evidente che queste non sono forbici. È un fiocco. Cosa significa?»

Vera fece scorrere il dito sulla pagina aperta del suo Unfogging the Future, di Cassandra Vablatsky, e lesse ad alta voce: «Nascita. Qualcuno vi pensa intensamente».

Alzò uno sguardo scettico sulla professoressa, che le restituì una gigantesca occhiata comprensiva.

«Mia cara, dove siete arrivati con i programmi di Incantesimi e Pozioni?»

«Perché?»

«Di certo, visto il suo stato attuale, potranno esserle più utili della mia materia. Se non riesce a prevedere un’eventualità come questa, dovrà far ricorso ad altri metodi a posteriori, mia cara».

Oh, Gesù. Vera si diede una manata in faccia. La bacchetta affondò ancora di più nella tasca.

 

24 luglio

«Satelliti di Mercurio?»

«Non ne ha».

«L’unico pianeta visibile anche di giorno?»

«Venere».

«Che mi dice degli anelli di Saturno?»

«Sono formati da particelle di varie dimensioni ruotanti attorno al pianeta in orbite circolari indipendenti».

«Rivoluzione di Urano?»

«Ottantaquattro anni».

«Colore di Nettuno?»

Non ci fu risposta. La professoressa Sinistra scrutò nell’oscurità per individuare meglio la sagoma della sua studentessa. La beccò mentre dormiva abbracciata al telescopio. La bacchetta l’aveva anticipata di parecchio.

 

***

 

«Forza, riprovaci».

«Accio cattedra!»

Il mobile non si mosse di un millimetro. Vera aveva i capelli scomposti e ansimava. Era pomeriggio inoltrato, aveva saltato il pranzo e andavano avanti da ore con quel maledetto Incantesimo di Appello. Il sole era ormai basso all’orizzonte e riversava oro caldo sulla pietra viva delle pareti.

«Non ci riesco, sono stanca!»

«Sarà che non ti stai concentrando abbastanza?»

«Sarà che lei mi sta facendo impazzire?!»

«Devo prenderlo per un complimento?»

Vera non si prese nemmeno la briga di guardarlo torva. Maledetto idiota. Chi credeva di essere?!

«È pesante! Come faccio a spostare qualcosa di così voluminoso se sono a pezzi? E poi, credevo che questo incantesimo servisse solo per piccoli ogget…»

«Accio bimba».

Vera si librò in aria contro la sua volontà e lanciò un grido mentre volava verso Marwood, che la accolse tra le braccia. L’effluvio insidioso le avviluppò i sensi.

«Vedi? Non è solo per oggetti piccoli».

Vera provò la sensazione di avere una densa nebbia accumulata sulla testa. Era piacevole abbandonarsi così al sonno, sempre più cupo, sempre più accattivante, in quel tepore che veniva dall’ultimo sole, accarezzata dalla brezza che fece improvvisamente sbattere una finestra…

«ReRelascio!» strillò lei inviperita tornando presente a se stessa e staccandosi da lui con uno schiocco, mentre gli ultimi istanti si dissolvevano senza lasciare traccia. Finì per terra e scosse la testa. Cos’era successo? Non ricordava… No, un momento. L’aveva… Ecco, sì, l’aveva presa in braccio! Era inammissibile. Chi diavolo gli dava il permesso di prendersi tutta quella confidenza? Si rimise in piedi e, incapace di trattenersi, lo colpì sul petto con entrambe le mani. «È impazzito?!»

Marwood, facendo a stento un passo indietro, non si scompose. Sembrava anzi piuttosto divertito. Vera deglutì per riprendere fiato e si rese conto di aver appena aggredito un insegnante. Desiderò sprofondare.

«Mi scusi» borbottò sistemandosi l’uniforme, gli occhi puntati a terra.

«Figurati. Le bimbe come te si spaventano facilmente. Avrei dovuto immaginarlo».

Lo guardò oltraggiata. Credeva davvero che avesse strillato per la paura del volo? Non poteva essere così ottuso. Aveva frainteso sul serio o fingeva?

Lui sorrideva sardonico, come sempre del resto. Che stronzo. Faceva così con tutti gli alunni? Non si rendeva conto di superare ogni limite professionale? E perché continuava a trattarla come una poppante? La collera lievitò dentro di lei così rapida da non lasciarle spazio nemmeno per contare fino a dieci. Al diavolo, se lui poteva permettersi il lusso di metterle le mani addosso, lei aveva tutti i diritti di spintonarlo… e, già che c’era, di prendersi qualche licenza poco poetica.

«Accio fottuta cattedra!» gridò puntando la bacchetta verso il mobile senza nemmeno guardarlo. Quello schizzò verso di lei finché Marwood non lo bloccò con un gesto della bacchetta.

«Io non ho paura» puntualizzò la ragazza caustica. «Ma si azzardi di nuovo a prendermi in braccio, e l’ultima cosa che dovrà Appellare sarà un miracolo».

I due si scambiarono una lunga occhiata: lei, accigliata e coi capelli in disordine, fremeva di livore; lui, apparentemente compassato, la scrutava con uno sguardo indecifrabile.

«Per oggi può bastare, bimba» le disse all’improvviso. Poi recuperò la borsa e la lasciò sola.

 

***

 

27 luglio

«Proviamo ancora. Si concentri. Deve lasciare che il ricordo felice s’impossessi totalmente di lei».

Vera chiuse gli occhi. Scavò a fondo, ma era stressata, stizzita, e non aveva ricordi felici, lo sapeva bene. L’unica soluzione, nell’attesa che la vita gliene regalasse in futuro, era pensare a quel meraviglioso momento in cui aveva sbattuto le ginocchia sul pavimento del Preside, quando le avevano donato un anno in quel mondo fantastico. Quel mondo che esisteva sul serio.

«Expecto Patronum

Lo sbuffo argenteo scaturito dalla sua bacchetta prese la vaga forma di un pennuto, che sbatté le ali goffamente prima di dissolversi.

«Molto bene» esclamò orgogliosa Scarlett Alcott Jones, la sorella del Preside. Vera espresse il suo disappunto con una smorfia.

«Era un’oca? Sarei un’oca?!»

La Jones scoppiò a ridere. «Tutt’altro. Quella era un’anatra, ossia la personificazione del viaggio iniziatico. Simboleggia la difficile ricerca spirituale e il ciclo delle rinascite. Sa, immagino, che le anatre sono uccelli migratori, ma forse non sa che gli esemplari maschi compiono questi viaggi sempre insieme alla femmina. Inoltre, le persone associate alle anatre sono in grado di sciogliere i blocchi emozionali e fisici degli altri, poiché sono empatiche».

Vera rifletté sulle implicazioni di quel verdetto, ma si limitò a commentare ironica:

«Vedo che il femminismo non ha preso piede tra le anatre».

La professoressa rise di gusto: «Lei è una ragazza molto simpatica. Ad ogni modo non si preoccupi, i Patronus possono sempre…»

«… cambiare forma. Sì, lo so».

«Molto bene. Allora continui a esercitarsi. Non sia mai detto che il suo percorso non la porti altrove, alla fine» fu l’enigmatico responso della professoressa, che le sorrise prima di uscire dall’aula. La bacchetta, offesa per non aver prodotto un Patronus gradito alla sua proprietaria, non diede segni di vita.

 

30 luglio

«Bene. E ora?»

Vera aggrottò la fronte, cercando di ricordare.

«Uova di Ashwinder congelate?»

«Per l’appunto. Se ha fatto tutto nel modo corretto, la sua Amortentia dovrebbe assumere…»

«… un colore madreperlaceo e risalire in spirali».

«Molto bene, Di Virgilio. Lei è un’ottima studentessa».

Vera osservò il sorriso compiaciuto della professoressa Hodgepodge, mentre la pozione assumeva le caratteristiche esatte. A quel punto inalò, curiosa di sapere quali odori avrebbe sentito… e starnutì. L’insegnante le si allontanò di qualche passo.

«Per fortuna abbiamo già studiato la Pozione Pepata. Ne prepari un po’ nel pomeriggio piuttosto che andare in infermeria. Avrà il doppio vantaggio di ripassare e curarsi il raffreddore».

Vera la guardò costernata e starnutì ancora. Non sentiva nessun odore, il naso era completamente tappato. La bacchetta ebbe un moto di comprensione.

 

***

 

«Non sei per niente concentrata! Stupeficium

Vera cadde sulla pila di cuscini per l’ennesima volta, priva di sensi. Marwood le si avvicinò e lasciò scorrere lo sguardo su di lei. Strinse la mascella. Un sospiro uscì dalle sue labbra.

«Innerva» mormorò, puntandole la bacchetta verso lo sterno. Vera sbatté le palpebre, rinvenendo. «In piedi, da capo. Finché non lo schermi non ti permetterò di attaccarmi» minacciò lui con durezza.

La ragazza si rimise in piedi scrollando il capo, al limite delle forze.

«Proteg…»

«… Stupeficium! Dannazione, Innerva! Alzati, forza!»

Che figlio di puttana, l’avrebbe ucciso. Era stato così per tutto il giorno. Nessun sorrisetto scemo, nessuna battutina del cazzo. Aveva iniziato la lezione senza preamboli e la stava devastando. Cos’era, una punizione? Ma perché, accidenti? Non poteva avercela con lei per la reazione avuta durante l’incontro precedente. Era già tanto che non l’avesse denunciato. Cosa si aspettava che facesse? Che ridesse di gusto insieme a lui? “Oh, sì, grazie professore, adoro quando mi mette in imbarazzo!”. Ecco. Sì, era quello, il punto. Sicuramente era abituato all’idolatria dei suoi studenti, ma da lei non avrebbe avuto niente, niente, se non i risultati nello studio. Era lì per imparare. Al diavolo lui e la sua razza filomaride.

«Un momento, basta, fermo!»

«Che c’è?»

«Mi… mi viene da vomitare…»

Marwood sbuffò contrariato. «Bambine…»

Vera lo fissò sconvolta. Si sentì frustare dall’indignazione e avvertì con precisione gli argini della sua pazienza frantumarsi.

«Bambine un cazzo!» sbottò allora puntandogli l’indice contro. Marwood sbatté le palpebre. «Mi ha lanciato un incantesimo dopo l’altro, io a malapena sono in grado di disarmarla, e pretende che respinga il suo schifosissimo attacco e faccia lo stesso su di lei! Non mi dà il tempo di riprendere i sensi! Che razza di problema ha? Per caso soffre di bipolarismo? Un giorno ride e scherza come un cretino, per non parlare dei suoi atteggiamenti che definire ambigui è un eufemismo, l’altro si comporta come uno… uno…»

«… uno Slytherin?» completò l’insegnante passandosi una mano sulla nuca. Sembrava colpito.

«Ecco, bravo. Serpe. La lezione è finita, lo decido io. Vada pure a farmi rapporto dal Preside. Io faccio i bagagli e torno a casa di mia spontanea volontà, non mi farò espellere solo perché lei mi considera una bambina insubordinata. E non ho intenzione di scusarmi, stavolta!»

Raccattò le sue cose in fretta e furia prima di arrestarsi ansimante. Accidenti… Era esplosa. Questo era grave, gravissimo. Poteva scordarsi Hogwarts e tutto il resto. Ma in quel momento non le importava, aveva troppa adrenalina in circolo. Scrollò le spalle e si diresse verso la porta con decisione.

«Aspetta, dove vai?» tentò lui, ma lei tirò dritto, ostinata. Finché…

«Vera…» la chiamò, e quello fu molto più forte di qualsiasi Schiantesimo. Il suo nome, pronunciato da lui, sembrò avere un suono molto, molto particolare. Si volse a studiarlo, conficcando gli occhi nei suoi per un lungo istante.

«Mi dispiace. Io cercavo solo di…». “Di cosa? Giustificati, razza di…” «… di renderti una perfetta combattente» terminò rassegnato.

Vera si afflosciò. Che spiegazione del cazzo. Del resto, cosa si era aspettata di sentire? E perché aveva esitato prima di finire la frase? Qual era il vero motivo di quel comportamento?

«E non sei una bambina» proseguì il professore. «Sei una ragazza forte e tenace, sei una delle migliori studentesse che abbia mai avuto, e non farò rapporto solo perché un’adolescente si è giustamente arrabbiata» concluse sorridendo. Un’adolescente. Quello era il problema. Era convinto di avere a che fare con una minorenne. Forse le cose sarebbero cambiate se lei gli avesse detto la verità. L’avrebbe rispettata come sua pari. Ma così avrebbe tradito la fiducia di Jones.

«Coraggio, tira fuori la bacchetta adesso. Ti lancio uno Schiantesimo al “tre”. Uno… Stup…»

«…Protego!» gridò Vera gettando di lato la borsa, che sparse il suo contenuto sul pavimento. Una barriera trasparente, seguendo l’arcata disegnata dal suo braccio, si frappose tra lei e il fiotto cremisi che stava per raggiungerla a tradimento. Quest’ultimo s’infranse contro di essa, riverberandovi la sua vivacità. La bacchetta di Vera propagò un’ondata di trionfo sotto la pelle della sua proprietaria. Vittoria. C’era riuscita, nonostante lui avesse tentato di fregarla. Troppo prevedibile. Marwood, dall’altro lato dello scudo, le sorrise compiaciuto. L’umore di Vera migliorò di colpo.

«Non rida, professore. Tocca a me Schiantarla, adesso».

 

***

 

17 agosto

«No, no. Se non si concentra, la sua capigliatura prenderà fuoco».

Vera gemette tragicamente.

«Come posso riprovarci sapendo che potrei rovinarmi i capelli?!»

Il professor Swingtwist le gettò un’occhiata obliqua.

«Può avendo fiducia nelle mie capacità d’insegnamento, Di Virgilio».

Vera deglutì, poi inspirò a fondo, visualizzando un fondale oceanico.

«Crinus Muto

Alcune ciocche dei suoi lunghi capelli neri si tinsero di un blu molto più chiaro di quello che avrebbe voluto, ma poteva comunque considerarsi un passo avanti. Guardò di sottecchi Swingtwist e notò che cercava di trattenere un sorrisetto. La bacchetta s’inorgoglì parecchio.

 

24 agosto

«Ricorda le tre D?»

«Sissignore, signor Twycross…»

«Allora ci riprovi. Non avremo tutto il tempo che impiego di solito per insegnare agli studenti a Smaterializzarsi, perciò le chiedo la gentilezza di concentrarsi al massimo. E cerchi di non Spacc… Va tutto bene, non ne faccia un dramma, è solo un braccio» disse calmo mentre Vera strillava terrorizzata. La sua bacchetta, se solo avesse avuto la voce, avrebbe fatto altrettanto.

 

***

 

Vera sospirò. Era giunta l’ultima lezione prima dell’inizio ufficiale del settimo anno, ossia prima dell’inizio dei veri problemi, e non sapeva come sentirsi in proposito. Forse avrebbe dovuto rimandare quell’analisi e dedicarsi ai bicchieri davanti a sé.

Le cose tra lei e Marwood erano andate meglio, dopo quella schermaglia. Avevano un rapporto quasi normale, ora – benché non catalogabile come un classico professore-alunna. Certo, lui continuava a starle antipatico e non era ancora venuta a capo dei suoi strani sbalzi d’umore, ma per quello ci sarebbe stato tempo.

«Vinum Renatus» tentò ancora, ma i calici davanti a lei rimasero pieni d’aceto.

«No, non ci siamo. È il movimento che sbagli. Guarda bene».

Marwood ripeté il gesto necessario all’incantesimo. A Vera non sarebbe mai riuscito con una tale fluidità. Ci riprovò senza successo e sbuffò.

« Sei troppo rigida» l’ammonì lui. «Avanti, lascia che ti aiuti».

Si piazzò alle sue spalle; mise la mano destra sul suo fianco e l’attirò verso di sé. I sensi di Vera scattarono subito sull’attenti. Cercò di rimanere concentrata e di non scostarsi bruscamente da lui come se la sola idea la repellesse, ma quel maledetto profumo le si aggrappò al cervello. Marwood le strinse il polso sinistro tra le dita con delicatezza e le parlò all’orecchio.

«Non avere fretta. Concentrati sulla tua mano. Conosci il movimento. Fallo insieme a me…»

Vera si accorse di avere una volontà pressoché nulla e una vena del collo che pulsava con preoccupante insistenza.

«Vinum Renatus» pronunciò con voce strozzata, e questa volta il liquido tornò a essere vino.

«Bravissima» le sussurrò lui, senza accennare a lasciarla andare. Poco male. Voldemort in persona avrebbe potuto riemergere dal Velo, e lei non se ne sarebbe accorta. C’era nebbia, nebbia ovunque. Su di lei, dentro di lei, non aveva idea di dove venisse né perché. Volse appena la testa per chiedere spiegazioni, ma dalle labbra le uscì solo un flebile verso sconnesso. Tuttavia, bastò quella piccola torsione a creare una lieve corrente d’aria che deviò il profumo di lui, convogliando ossigeno verso le sue narici. Schizzò lontano, sconcertata. Nebbia. Lo ricordava. Che diavolo era successo? Cos’era quella roba che le faceva quell’effetto strano?

Vera lo fissò atterrita, gli occhi allargati nel tentativo di captare una qualsiasi reazione dell’uomo. Sul volto di Marwood apparve per la prima volta un lampo di disagio, subito dissipato non appena si schiarì la voce.

«Ottimo. Hai ufficialmente completato la tua preparazione in Incantesimi del sesto anno. Ti proporrei un brindisi, ma alla tua età…»

«Smettiamola con questa storia» mormorò lei. «Io ho tr… diciassette anni». Si morse la lingua. «Li ho già compiuti».

«Oh. Quand’è così, allora… Al tuo futuro, e che sia ricco di sorprese».

Bevvero entrambi, lei senza staccargli le iridi di dosso, lui fissando il vuoto con una ruga che gli solcava la fronte. Era un incantesimo? Stava forse cercando di… ucciderla? Suvvia, per carità. Quello sì che si chiamava “galoppare con la fantasia”. Magari lui non ne era nemmeno consapevole. Magari era una malattia. Magari si stava inventando tutto.

«Grazie dei suoi insegnamenti e della sua disponibilità, professore» disse Vera cauta, incapace di porgli una domanda diretta. Marwood le sorrise serafico.

«Ci vediamo a lezione, bimba».

 

***

 

31 agosto

Nonostante l’esame finale fosse andato bene aveva mangiato pochissimo, si era persa al terzo piano ed era stata rimproverata da un paio di ritratti: così aveva deciso di ritirarsi in camera e restare sdraiata finché il sonno non l’avesse colta. Cosa che, con ogni probabilità, non sarebbe successa.

Era terrorizzata all’idea di iniziare quel nuovo anno. Orde di studenti si sarebbero riversate nel castello, e per un’asociale come lei equivaleva a una catastrofe. Oh, sarebbe stata sul cazzo a tutti, ovvio. E le compagne di stanza, ne vogliamo parlare? Vivere costantemente appiccicata ad altre ragazze? Orrore.

La bacchetta al suo fianco tremò agitata. Vera la prese, la puntò contro alcuni petali caduti da un vaso lì accanto e quelli presero a vorticarle dolcemente davanti al viso, in lente spirali regolari. Ormai padroneggiava anche gli Incantesimi Non Verbali. Non aveva nemmeno più paura di fare brutta figura, era diventata una discreta strega. Poco importava che nel giro di un anno sarebbe tutto finito, e che non avrebbe mai potuto raccontarlo a nessuno. Era lì, e un giorno dopo l’altro sarebbe migliorata fino a capire quale fosse il famoso problema. E Marwood… quelle sue azioni incomprensibili. Quell’aria insopportabile. E la faccenda dello stordimento…. No, basta, tutte quelle elucubrazioni potevano rimanere in secondo piano, rispetto ai suoi dilemmi scolastici: di certo con la mole di lavoro che l’aspettava non avrebbe avuto un attimo per pensarci e lui si sarebbe dissolto insieme a quel suo infido profumo.




NOTE

 

– Damien Marwood è un personaggio di mia invenzione e ne detengo i diritti. Mi piaceva il cognome preso dalla saga (Dylan Marwood è il noto autore di “Guida completa alla lingua e ai costumi dei Maridi”) e vi ho accostato un nome di mio gradimento che iniziasse sempre per D. Qualche idea su questa faccenda della “nebbia”? ;)

– Il Professor Hurtle è un personaggio di mia invenzione e ne detengo i diritti. Fa parte dei nuovi insegnanti in sostituzione degli ormai pensionati; viene dall’inglese to hurtle, “sfrecciare veloce come un razzo”.

– Non credo che l’Incantesimo di Appello possa essere efficace per Appellare la gente ma, ai fini della storia, mi serviva la scena esattamente come l’ho descritta.

– Scarlett Alcott Jones è un personaggio di mia invenzione e ne detengo i diritti. Il nome è completamente inventato. Le informazioni sulle oche sono prese da alcune ricerche che ho fatto sulla simbologia animale.

– La Professoressa Hodgepodge è un personaggio di mia invenzione e ne detengo i diritti. Fa parte dei nuovi insegnanti in sostituzione degli ormai pensionati; viene dall’inglese hodgepodge, “miscuglio”.

– Il Professor Swingtwist è un personaggio di mia invenzione e ne detengo i diritti. Fa parte dei nuovi insegnanti in sostituzione degli ormai pensionati; viene dalla fusione inglese di swing e twist, con il significato di “colpo” (sia di bacchetta che di scena).

  
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