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Autore: Crilu_98    29/03/2016    3 recensioni
"La prima cosa che noto è che cammina in modo strano: tiene le braccia larghe attorno a sé e procede lentamente, titubante. Le sue mani incontrano lo spigolo di uno dei banconi e mi chiedo perplesso perché abbia dovuto toccarlo, prima di aggirarlo. Poi, quando mi soffermo sui suoi occhi, spalancati e fissi su di noi, comprendo.
-Ma è cieca!- urlo, balzando in piedi. La ragazzina si ferma e fa una smorfia sorpresa, voltando il capo proprio verso di me."
Alexandra Jane Sorrentino: origini italiane, orgogliosa, razionale, talmente sicura di sé e delle sue capacità da iscriversi ad un concorso televisivo di cucina. Unico problema: un incidente l'ha resa cieca. Ed è questo che attrae e insieme spaventa Jake Moore, inflessibile e scontroso giudice del concorso: perché Alexandra è diversa, speciale... Ma è probabilmente anche l'unica in grado di capire il suo modo di fare cucina e, con esso, tutto ciò che ha tentato di dimenticare dietro di sé...
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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P.O.V. Alexandra
 
Robin presenta il suo piatto alla giuria: stando alla descrizione di Richard, è una piramide di bocconcini di carne di forma rotonda, speziati in diverse maniere. Il mio naso riesce a cogliere solo una vaga zaffata del profumo che la carne ancora calda emana, ma i mugugni di approvazione dei giudici parlano da soli. Anche Moore, con mia estrema sorpresa, è positivo nei confronti della mia amica... Ma per positivo intendo dire che si limita ad una battutina sul fatto che sia finita nella prima prova eliminatoria. Le riprese vengono stoppate, il verdetto è definitivo: Bill ha perso, Robin rimane con noi. Nel giro di pochi istanti mi sento soffocare in un abbraccio rumoroso: sono stretta tra la marocchina e Richard, che ride come un pazzo.
"E' naturale che tra degli avversari ci sia così tanta confidenza?" mi chiedo. Ma evito di darmi una risposta: Robin e Richard sono una ventata d'aria fresca, rispetto alla pesantezza dei miei fratelli. Mi accompagnano fuori e rimaniamo lì a chiacchierare per un po'. Ad un tratto sento il mio telefono squillare, e dall'altra parte c'è Tyler:
-Alex, scusa ma sono bloccato qui in ufficio!- esclama affannato -Non so quando riesco a passare a prenderti!-
Sento un brivido scendermi lungo la spina dorsale: e ora come faccio?
-Non fa nulla, fratellino, ti aspetto...-
Mi sono allontanata dai miei amici e mi appoggio al muro con la fronte, facendo una smorfia: Tyler è l'unico della mia famiglia che abbia accettato il mio desiderio di partecipare a "Chefs", non troverei mai un altro passaggio per tornare. Il cellulare mi viene sfilato dalle mani; sobbalzo, impaurita, ma poi capisco che accanto a me c'è Moore.
-Tyler? Bene. Sono lo stronzo dell'altro giorno, ricordi? Alexandra ha appena rimediato un passaggio, non ti scomodare a venire fino a qui!-
Non è ciò che ha appena detto ad avermi sconvolto, né il fatto che abbia appena chiuso il telefono in faccia a mio fratello: Jake Moore mi ha appena chiamato per nome. Ha pronunciato "Alexandra" indugiando sulla x e arrotondando la r... Non avevo mai sentito nessuno chiamarmi in questo modo. Il mio nome, in bocca a lui, sembra avere lo stesso sapore di un dolce prelibato.
-Allora, non dici nulla?-
La sua voce divertita e sprezzante mi risveglia dalle mie riflessioni e mi fa arrabbiare in modo inconsulto. Inizio a tirare pugni alla cieca, colpendolo di striscio sul petto e sul braccio:
-MA COME- risata divertita di Moore -TI SEI- grugnito di dolore -PERMESSO?-
In un lampo di lucidità la mia mente registra di essere appena passata dal "lei" al "tu", ma il pensiero viene nuovamente sopraffatto dall'indignazione e dalla rabbia.
La sua mano blocca la mia con fare annoiato e attira il mio braccio verso di sé, iniziando a camminare - verso la sua macchina, presumo. Abigail abbaia furiosa, irritata dall'irruenza di questo sconosciuto. Non posso far altro che seguirlo, continuando a masticare insulti.
-Ora capisci perché ti chiamo ragazzina, ragazzina?-
-Qualcuno è di buonumore oggi!- ironizzo. -Vuole spiegarmi cosa sta succedendo qui?-
-Ti sto riaccompagnando a casa...-
-Perché?-
La domanda sembra coglierlo di sorpresa:
"Richard, le tue congetture vengono confermate ogni minuto che passa..."
-Perché non hai ancora risposto alla mia domanda!- replica poi, deciso. Con una gentilezza che non credevo possedesse, fa salire me ed Abigail in una macchina grande e spaziosa. Quell'ambiente è saturo del suo odore e la cosa mi fa quasi perdere il contatto con la realtà: il naso fino in cucina è un grande vantaggio, ma in altri casi si rivela solo una gran seccatura!
Jake Moore sale al posto di guida ed ingrana la marcia.
-Dove abiti?-
-E se non volessi dirglielo?-
-Oh, faresti il mio gioco! Mettiamo subito le cose in chiaro: tu non uscirai da questa macchina finché non mi avrai detto perché sei voluta entrare a tutti i costi nella cucina di "Chefs"-
"Perché gli interessa tanto?" mi chiesi, ma non avevo il coraggio di ripetere ad alta voce quella domanda.
-E' strano che Tyler non abbia ancora richiamato...-
-Ho spento il tuo telefono...-
-Questo è un rapimento!-
-Non la fare tragica, avresti aspettato chissà quanto che il tuo ragazzo ti venisse a prendere!-
-Il mio... ragazzo?- ripeto, incredula. Scoppio a ridere istericamente, passandomi una mano tra i capelli: sento alcune lacrime sfuggirmi dalle ciglia e mi piego in due per le risate.
-Cosa c'è di tanto divertente?-
Ecco, è tornato di nuovo scontroso.
-Davvero crede che Tyler sia il mio ragazzo?-
-Non è così?-
-Certo che no! E' mio fratello!- esclamo -Come le è venuta in mente una cosa del genere? Lo sa che sono cieca!-
Moore soppesa la mia risposta.
-Ciò non toglie che tu sia una bella ragazza, Sorrentino. Ora, l'indirizzo per favore.-
Il mio cuore manca un colpo per la sorpresa e la contentezza: è il primo uomo a fare un commento positivo sul mio aspetto, dopo anni.
"E' il primo estraneo con cui ti trovi a stretto contatto, dopo anni!" rettifica una petulante vocina nella mia testa. Gli riferisco malvolentieri l'indirizzo di casa mia, mentre Abigail annusa incuriosita l'odore nuovo della macchina. Passano alcuni minuti di pesante silenzio, che alla fine mi vedo costretta a spezzare con un sospiro:
-Cosa vuole sapere?-
Non lo posso vedere, ma potrei scommettere che sta sorridendo.
-La motivazione, ragazzina. Perché sei qui.-
-Per dimostrare alla mia famiglia che posso cucinare anche se sono cieca, che posso vivere una vita quasi normale, senza dover essere costantemente controllata in maniera soffocante. Secondo loro dovrei rimanere chiusa in casa fino alla fine dei miei giorni, o uscire tenuta al guinzaglio corto da uno dei miei fratelli.-
Per qualche strano motivo, Jake Moore non sembra affatto soddisfatto dalla risposta.
-Tutto qui?- chiede ancora.
-Che le devo dire? Mi è sempre piaciuta la cultura e la cucina italiana dei miei nonni, ma fino all'... Fino a quando non sono diventata cieca non mi era mai saltato in mente di fare del cucinare uno scopo di vita!-
-E' per quello che hai così tante cicatrici?-
-Non sono affari suoi, questi!- borbotto, mordendomi il labbro e stringendo i pugni, sui quali spiccano i numerosi tagli e le diverse bruciature che mi sono procurata in sei anni di cecità.
-Come hai perso la vista?-
La domanda, prevedibile, mi lascia di sasso: non credevo potesse essere così diretto. La cosa mi spiazza, mi ferisce e, in minima parte, mi fa sorridere: dopo l'incidente tutti mi hanno trattato come una bomba ad orologeria, una mina pronta ad esplodere se non viene maneggiata con la cura dovuta. Per la mia famiglia sono diventata una specie di bambolina di porcellana, che può essere incrinata anche dal più piccolo soffio di vento. Ma Moore non è un soffio di vento, è un ciclone brutale e non gira mai intorno a ciò che vuole dire: è una qualità da apprezzare, anche se in lui si manifesta in una maniera alquanto discutibile.
-Non ho intenzione di risponderle...- mormoro, sovrappensiero.
-Sei uno strazio, ragazzina: hai risposto ad una domanda su tre e nel contempo hai aumentato la mia curiosità! Così non arriveremo da nessuna parte!-
-Perché, dove vuole arrivare?- chiedo preoccupata, serrando le dita attorno alla maniglia del corpetto di Abigail. Lo sento grugnire, non so se infastidito o divertito.
-Sorrentino, non farti esagerati film mentali. Sei l'unica concorrente degna di nota in quattro anni di concorso. Quattro fottuti anni passati in mezzo a quegli imbecilli, capisci? Oh, non sei la prima a colpirmi, sia chiaro: sei solo quella più strana e assurda, l'unica che spicca in quella marea di facce!-
-Lei ha qualche problema.-
La frase rotola fuori dalla mia bocca prima che io possa fermarla: sembra succedere spesso, quando Moore è nei paraggi. E' che la sua risposta ha avuto lo stesso effetto di una secchiata di acqua gelida, anche se non lo ammetterei mai ad alta voce.
-Ne ho parecchi, ragazzina!- esclama lui con amarezza.
-Ne vuole parlare?-
"Vai così, Alex, manda a benedire quel poco di dignità che ancora ti è rimasta! Secondo quale logica dovrebbe confidarsi con una ragazza che conosce a malapena e che sopporta solo a giorni alterni?"
-Siamo arrivati.-
La voce non tradisce alcuna emozione: all'improvviso appare freddo nella stessa misura in cui prima era interessato a me. Vorrei continuare a parlare, perché so che non avrò più una possibilità del genere per comprendere almeno in parte quest'uomo così geniale e scontroso, ma sento una sgommata dietro di noi, una portiera che sbatte e pochi istanti dopo la mia che si apre. Abigail guaisce felice, ma il tono di Tyler è tutto meno che contento.
-Alexandra- dice gelido -Vai in casa.-
-Tyler...-
-Ho detto vai!-
Tyler è buono come il pane e dotato di una pazienza infinita; per questo le sue incazzature sono temibili. Non volendo ritrovarmi nel fuoco incrociato dei due ragazzi, obbedisco senza fiatare: solo quando sono entrata mi rendo conto che non ho neanche salutato Moore.  
 
P.O.V. Jake
 
Tyler Sorrentino aspetta pazientemente che io sia uscito dalla macchina per poi prendermi per il collo della camicia e sbattermi contro il muro di casa sua. E' un edificio come tanti, curato ma ammantato di quella malinconia propria dei vecchi condomini; sembra lontano anni luce dal mio loft a Manhattan.
Il ragazzo sembra particolarmente arrabbiato e nei suoi occhi verdi brilla la stessa luce di Alexandra: digrigna i denti, e un ciuffo castano gli scivola sulla fronte.
-A che gioco sta giocando?- ringhia. Io non mi scompongo, ma appoggio una mano sulla sua e con un movimento secco lo costringo a lasciarmi.
-Volevo solo...- tento di dire, ma lui mi anticipa:
-Umiliarla ancora? La cosa sembra divertirla parecchio, no? Alexandra mi ha raccontato di cosa ha fatto l'altro giorno: come si permette di venire qui?-
Lo fisso in silenzio, non sapendo come giustificarmi. Perché effettivamente non c'è una spiegazione convincente per il mio atteggiamento.
"Idiota." mi dico mentalmente.
-Volevo scusarmi!- esclamo tutto d'un fiato, prima che il giovane Sorrentino dia sfogo al suo desiderio di picchiarmi. Lui mi soppesa:
-E' un gioco, per lei, vero? Un modo per alzare gli ascolti, forse? Beh, le racconto cos'è per Alexandra questa sfida: l'unica possibilità di tornare a vivere. Negli ultimi sei anni non è mai uscita di casa: ha una vaga idea di quanto sia deprimente muoversi sempre nelle solite quattro mura, respirare gli stessi odori, sentire le stesse voci ogni giorno? I nostri genitori e mio fratello Dan non sembravano accorgersene, ma lei si stava spegnendo pian piano... Volevano addirittura imporle di smettere di cucinare! La stavano soffocando, perciò un giorno le ho fatto ascoltare una puntata di "Chefs".-
Tyler si ferma un attimo, col respiro affannato. Sono stato attraversato da un brivido nell'ascoltare le sue parole, soprattutto al pensiero che alla ragazzina potesse venir negata la possibilità di cucinare: vorrei davvero sapere cosa è accaduto, sei anni fa, ma so per certo che il ragazzo di fronte a me è l'ultima persona a cui chiederlo.
-E' rinata.- riprende, a voce più bassa, assorto -Ha iniziato ad impegnarsi più duramente, affinando il palato, il tatto, l'olfatto... Ha anche sforzato al massimo la sua vista offuscata, pur di imparare ad impiattare in maniera decente! Non si è lamentata delle ferite che riportava, ha rifiutato ogni tipo di aiuto, chiuso le orecchie ad ogni divieto dei miei. E tutto per partecipare al vostro concorso. Sinceramente, non credevo che sarebbe entrata; so che se fosse stato per lei non sarebbe successo, e in verità penso sia stata solo una mossa strategica da parte della produzione. Ma tutto questo non mi importa, fino a quando Alexandra è felice: e in quella cucina lei lo è. Se non fosse per la sua presenza lo sarebbe anche di più, perciò mi faccia un favore e stia lontano da lei: le fa male, signor Moore. Non mi frega un cazzo delle sue ragioni, non so se ci sia una spiegazione per il suo modo di fare o se è semplicemente crudele come la dipingono: rischia di spezzare la grinta appena ricomparsa di mia sorella, e questo non posso permetterlo.-
Si allontana da me, e prima di entrare anche lui nel palazzo aggiunge:
-Alexandra ha talento, e sono sicura che lei se ne è accorto: sia equo nel suo giudizio... La prego.-
 
Sono le due di notte, il ristorante sta per chiudere e gli inservienti attorno a noi stanno già ripulendo i tavoli e sistemando per il giorno dopo. Ho superato indenne l'affettuoso interrogatorio di Maria, la moglie di Juan, e il neanche tanto velato tentativo di seduzione di sua figlia Angelique. Questa è l'unica attività di livello condotta ancora a gestione semi-familiare e la ragazza coordina il personale della sala: questa sera era ancora più su di giri per il fatto che io, troppo immerso nei miei rimuginii, non l'ho respinta con la solita rudezza.
Non sono mai stato un uomo incline a confidarsi con gli altri: per questo le cene da Juan si sono sempre risolte con la sua sconfitta. Per quanto si sia impegnato, non è mai riuscito a sapere nulla su di me, o sul mio passato... Almeno, nulla di più rispetto a quello che ogni tanto si legge sulle riviste specializzate.
Questa sera l'ho spiazzato, raccontandogli per filo e per segno tutto ciò che riguarda Alexandra Jane Sorrentino, compreso l'arrabbiato monologo del fratello.
Lo osservo riflettere, sorseggiando la mia sangria di fine pasto: normalmente Juan non la serve ai clienti del ristorante - non è ritenuta una bevanda abbastanza chic da questi boriosi e facoltosi borghesi - ma per me mette sempre in campo le sue riserve personali. Pensa che controllando ciò che bevo possa in qualche modo attenuare la mia dipendenza... Povero illuso.
-Che dire, la giovane Sorrentino non ha avuto una vita facile... Come molti dei nostri concorrenti. La cucina comporta sacrificio e dedizione, lo sai anche tu, e sebbene lo sforzo di quella ragazza sia ammirevole e singolare, niente di simile ha mai attirato la tua attenzione. Tu non ti sei mai curato della persona che si celava dietro un piatto, hai giudicato sempre e solo ciò che assaggiavi. Perché con lei è diverso?-
-Speravo potessi dirmelo tu...- mormoro, massaggiandomi le tempie.
Sono stanco. Stanco della mia vita, stanco di "Chefs", stanco delle mani scattanti che mi si parano davanti non appena chiudo gli occhi.
-Le cicatrici...-
-Come?- Juan socchiude gli occhi, perplesso.
-Le ho notate durante la prima prova, e da quel momento mi ossessionano. Sono orrende, scure e ruvide, eppure... Hanno un loro fascino. La ragazzina ha letteralmente versato sangue per arrivare dov'è ora, e quei segni sulla sua pelle ne sono il sigillo eterno. Non riesco a togliermele dalla testa e quando l'ho riaccompagnata a casa le ho osservate per metà del viaggio, visto che non portava i guanti. Ho bisogno di distrarmi, o questa cosa mi farà impazzire!-
Lo spagnolo sorride comprensivo:
-Da quanto non cucini, Jake?-
-Che significa?- domando, brusco -Lo sai, il direttore del The Mark mi ha concesso...-
-No, no!- esclama scuotendo la testa -Intendo: da quanto non ti metti dietro ad un bancone a cercare qualcosa di nuovo? Ultimamente ti limiti a riproporre sempre le stesse cose e i giornalisti mormorano, dicono che hai perso il tocco...-
Sbatto un pugno sul tavolo, irritato.
-Non ho perso nulla, dannazione!- ringhio, a voce troppo alta: Maria si affaccia dalla cucina e Angelique si volta a guardarmi sconvolta. Juan non dice nulla, si limita a fissarmi con dolcezza.
Lo detesto. Detesto la sua bontà e il suo atteggiamento paterno. Detesto questa sangria che mi sta bruciando la gola. Detesto i ricordi che non mi lasciano in pace. Detesto Tyler Sorrentino, che mi ha fatto vergognare di ciò che sono e ha posto nella mia mente un tarlo incessante.
E poi detesto lei: detesto i suoi occhi spenti, le mani martoriate, l'abilità sorprendente, la lingua affilata e l'orgoglio incrollabile.
Il mio primo istinto sarebbe quello di distruggerla, di umiliarla e di vederla sconfitta: è quello che sono abituato a fare. Ma nessuna delle mie esperienze mi aveva preparato al senso di colpa che mi attanaglia.
Una volta rientrato a casa vado in cucina, accendo le luci e apro il frigo. Dispongo i miei strumenti ordinatamente di fronte a me e li fisso per un tempo indefinito, mentre fuori dalla finestra le luci di New York lampeggiano fredde ed ironiche.
Juan, senza saperlo, ha colto il nocciolo della questione: non riesco più a creare un piatto. Non ho la materia prima per farlo, l'ispirazione: se n'è andata, qualche mese fa, lasciandomi solo e instupidito. Senza la cucina, non ho altre vie per scappare dalla realtà e la mia mente sta lentamente degenerando in pensieri folli. Mi sono reso conto che per intere ore, durante il giorno, non vivo più nel presente: siedo tra i miei ricordi e li ripercorro all'infinito, chiedendomi dove ho sbagliato, immaginando come sarebbe stato se le cose fossero andate per il verso giusto.
Sento qualcosa di bagnato scorrermi sul viso e capisco di star piangendo.
 
 
Angolo Autrice:
Buongiorno e Buona Pasqua, anche se in ritardo! xD
Pubblico oggi perché per ovvie ragioni domenica non ne ho avuto il tempo... Temo anche di dovervi informare che, causa studio ed altri impegni, la pubblicazione di Chefs procederà un po' a rilento (da settimanale a bisettimanale).
Comunque, tornando alla storia: Jake è abbastanza scombussolato e non si spiega cosa gli sta succedendo, poverino! E grazie a Juan e alla sua sangria si scopre anche cosa lo turba da un po' di tempo: cosa succede quando uno chef stellato non è più in grado di cucinare? Lo scoprirete nei prossimi capitoli!
Alla prossima
 
Crilu 
   
 
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