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Autore: LizzieGold    29/03/2016    0 recensioni
Una ragazza e la sua famiglia, all'apparenza fuori dal comune ma assolutamente normale, vive in una situazione di instabilità che l'ha sempre portata a fare scelte sbagliate per sé e per gli altri. Si ritroverà costantemente a fare i conti con il suo orribile passato alla ricerca di un futuro da vivere e riscoprirà, grazie ad un incontro col destino, il valore dell'esistenza e del suo vero senso.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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6.
Sobbalzo. Due occhietti che mi scrutano curiosi da sopra un paio di occhiali da sole. I capelli arruffati che cadono come una tenda sul viso su cui aleggia una smorfia bambinesca.
Una ragazza, forse più piccola di me, a dir poco inquietante, mi fissa costantemente e studia attenta la mia espressione tra il terrore e la sorpresa.

Non rispondo, aspetto che sia lei a darmi delle spiegazioni. D’altronde è stata lei a disturbare la mia ora di quiete.

-Non volevo disturbarti, ma ho visto queste scarpe che cerco da un sacco di tempo e non ho potuto resistere!

Continuo a non rispondere e a fissarla con aria indicativa.

-Piacere, Anita.
Mi porge la mano e io a questo punto rispondo presentandomi e stringendole la mano.

-Cosa stavi facendo?
-Riposando.
-Capisco. Beh, anch’io. Ogni tanto ho bisogno di star sola e quindi mi allontano da casa per stendermi qui al parco nel silenzio più assoluto… E’ vero, il silenzio è d’oro. 
Annuisco seccata. Sai com’è, anch’io volevo restar sola, e ci ero riuscita finché non sei venuta tu a rompermi il cazzo!

Non so come scrollarmela. Allora, con noncuranza, mi rimetto le cuffie nelle orecchie per mandarle il messaggio: non mi rompere i coglioni. Chiaro, no?
A quanto pare no.

-Che ascolti?
Senza permesso mi sfila un auricolare e se lo infila. Sto fumando come un vulcano che sta per eruttare. Ma non erutto perché mi fa pena. Mi sa di persona sola ed emarginata. Per forza, è una rompicoglioni…

-Che bello… Anche a me piacciono! Oddio, adesso li ascolto raramente, quando avevo quindici anni di più…

Cavolo, pensavo ne avesse quindici! Quanti ne avrà? Sedici? Diciassette? Più di diciotto non le do…

-Vai ancora al liceo?
-No, io ho ventidue anni.
-Ma dai, anch’io! Giuro, te ne avrei dati di meno, sui quindici!

Non ci credo… 

Ed ecco l’ennesima persona che mi dà della ragazzina. Va beh, gliene ho dati altrettanto anch’io, ma guarda te il caso…

L’unica paura è che adesso mi chieda dell’università. Proprio non sono in vena di parlarne.

-Lavori o studi? Io studio lettere!

Bene. Trattengo il respiro, sento che sto per sbottare da un momento all’altro ma non lo faccio.

-Studiavo, ma per problemi personali ho sospeso.

-E adesso come passi il tempo?

Questa frase mi ha spiazzato. Non ho mai dovuto spiegarlo a nessuno, tantomeno ne sono consapevole, non me ne sono mai resa veramente conto… Devo cercare di improvvisare ed essere il più dolce possibile.

-Tu come lo passi, oltre a impiegarlo nello studio?
Contrattacco.

-Beh… Aiuto mia madre nelle faccende di casa… Leggo… Ascolto musica, guardo film, seguo serie… Esco con i miei amici…
-Anch’io.

Sì, tutto tranne le faccende di casa e uscire con gli amici. Primo perché mia madre fa tutto e non vuole essere distratta, secondo perché non ho più amici. E questo lei non deve saperlo, se no si attacca a cozza.

-E poi giro per il parco quando ho bisogno di solitudine.

“E allora perché sei venuta a fracassarmi?”, ma muovo concorde la testa e basta.

-Idem.

Silenzio. Mi guarda, scrutandomi come fa dall’inizio. E’ come se penetrasse nel mio cervello e mi leggesse dentro. Mi sento vulnerabile. E’ come se sapesse tutti i miei segreti più privati…

-Mi ricordi una mia amica, sai? Ecco perché mi sono avvicinata.

La questione mi incuriosisce.

-Perché, com’era lei?
-Beh, a dire il vero a cominciare dal carattere schivo per finire con i gusti e le abitudini… Un po’ le somigli. Anche nell’aspetto.

Trasalgo.

-Mi starai scambiando con lei.
-Infatti. Non ho mica detto che sei lei!
-E lei come’era?
-Quando l’ho conosciuta era la persona più dolce e sensibile che avessi mai conosciuto. Era lei che doveva tirarmi fuori le parole di bocca…
-Non si direbbe.
E cazzo, prima o poi dovevo dirglielo!

Ma lei mi guarda con uno sguardo triste, il sorriso che le muore sulle labbra, e con tutta la pacatezza di questo mondo mi risponde:
-Sì. In realtà sono molto fredda e distaccata, ma in te c’è qualcosa di lei che mi ha dato lo slancio per venirti incontro. Pensa, ho fatto una fatica immane per rivolgerti la parola. Non è stato facile, credimi.
-Deve averti fatto molto male questa persona.
-No, in realtà sono io che gliene ho fatto a lei.

Aspetto che continui a raccontare, e invece si alza con gli occhi velati di lacrime, si gira verso di me e mi saluta:
-Si è fatto tardi, devo andare. Mi ha fatto piacere conoscerti, Valeria. Alla prossima, spero.
Mi sorride timidamente.
-Ciao, Anita.

E le sorrido anch’io, mentre si allontana in fretta, con la malinconia nel cuore, lasciandomi sola a crogiolarmi in nuovi dubbi dal sapore amaro.
  
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