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Autore: Amanda FroudeBlack    31/03/2016    2 recensioni
Vi voglio raccontare una storia, e lo farò al meglio delle mie capacità. Sarà lunga, spossante, e non so dirvi se alla fine ne sarà valsa la pena.
Vi racconterò di famiglie che non pretendono di essere le migliori al mondo, ma saranno quelle che non puoi fare a meno di ammirare perché ti spiegano il mondo attraverso l'amore. Ci saranno famiglie che, al contrario, useranno l'odio per dividere, accecate dal potere e rese folli dall'odore del sangue.
Poi, vi racconterò di chi sa da che parte stare, ma non giudica chi ha dovuto attraversare il male per comprendere la via del bene.
Vi parlerò di seconde possibilità, del dolore della morte e della sconfitta. Spiegherò il sacrificio, il sudore, la frustrazione.
E forse, vi racconterò una vittoria.
Genere: Angst, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Famiglia Black, Famiglia Potter, I Malandrini, Un po' tutti | Coppie: James/Lily, Rodolphus/Bellatrix
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Capitolo XXIX: “Il ritorno del calamaio”
 
“I ask myself
Is all hope lost?
Is there only pain and hatred, and misery?
And each time I feel like this inside,
There's one thing I wanna know:
What's so funny 'bout peace love & understanding?
What's so funny 'bout peace love & understanding?”

[Mi chiedo
è perduta la speranza?
Rimane solo dolore e odio e miseria?
E ogni volta che mi sento così
C’è una cosa che voglio sapere:
Cosa c’è di buffo nella pace, nell’amore e nella comprensione?
Cosa c’è di buffo nella pace, nell’amore e nella comprensione?]
Elvis Costello & The Attraction – (What’s funny ‘bout) Peace, Love & Understanding
 
BARTY CROUCH JR.
 
Mentre sedeva all’ombra di un albero nel giardino della scuola, Barty pensò che non si sarebbe mai abituato alle profonde cicatrici che solcavano per metà il viso di Marcus. Per qualche motivo, dopo l’incidente con Amanda, quei segni non erano più guariti. Il volto di Avery sarebbe rimasto in parte deturpato per sempre. L’odio di Marcus si era acuito ancora, per quanto fosse possibile, ma non sfidava più Amanda apertamente. Guardava malevolo chiunque trovasse a fissargli la faccia. In quel momento, tuttavia, Marcus era troppo impegnato a leggere un articolo sulla Gazzetta del Profeta per accorgersi che Barty si era incantato – per l’ennesima volta – a guardare una particolare piega della guancia che creava una strana ombra sul suo viso.  
“C’è qualcosa di interessante?” chiese Barty, avido di notizie. Decisamente, quel periodo di maggio era molto più eccitante per chi frequentava l’anno dei G.U.F.O. o dei M.A.G.O.
“Puoi scommetterci,” mormorò Marcus. Un ghigno gli attraversò la faccia, e parve ancora più inquietante. “Se la legge per cui Malfoy sta spingendo passerà davvero, mio padre uscirà da Azkaban nel giro di una settimana.”
Barty si raddrizzò e fece segno al compagno di passargli il giornale. Lesse velocemente e non poté credere ai propri occhi: i commenti del giornale erano entusiasti, elogiavano la proposta di legge di Augustus Rookwood. La Gazzetta del Profeta era finalmente dalla loro parte; giocavano sulla paura delle persone che aleggiava in quel periodo, e mostravano come tutte le accuse fossero infondate e il Ministero cercasse di tenere sotto controllo l’attività di ogni mago inglese. L’articolo spiegava quanto la libertà personale stesse venendo a mancare, a causa di una fantomatica minaccia incombente che, alla fine dei conti, ancora non si era palesata. Ora, metteva in dubbio qualsiasi cosa, dalle sparizioni ai giochetti politici, dalle presunte cospirazioni al reale lavoro dei giudici. Barty lo lesse con crescente fervore e comprese che tutto questo aveva una principale e diretta conseguenza: ogni sentenza del Wizengamot dell’ultimo anno sarebbe stata messa in discussione, tanto da costringere a scagionare più della metà delle persone processate. Era uno scacco matto senza precedenti a suo padre. Era un momento meraviglioso.
Se lo immaginò tornare a casa a notte fonda, imbestialito e paonazzo in volto, per chiudersi nello studio per trafficare con montagne di scartoffie e trattare con sufficienza sua madre, accantonata come un regalo poco gradito riposto sopra un mobile a prendere polvere.
Incontrò lo sguardo di Marcus, e insieme si voltarono poi verso Regulus, che in tutto ciò non si era ancora fatto sentire, né aveva emesso il minimo rumore. Barty si era quasi dimenticato che fosse con loro, troppo immerso a visionare nervosamente gli appunti di Aritmanzia.
Marcus si schiarì la voce e Regulus alzò lo sguardo, accorgendosi solo allora di avere l’attenzione di entrambi.
“Sì?” chiese, asciutto.
“Hai letto?” fece Marcus, sventolando il giornale.
Regulus tornò a sfogliare gli appunti e rispose distrattamente.
“No, ma Loraine mi ha accennato qualcosa a colazione. Fantastico.”
“Dovresti andarci piano, il tuo entusiasmo potrebbe uccidermi,” commento Marcus, sardonico.
Regulus alzò un sopracciglio, esternando un’espressione di sufficienza. In quel preciso istante somigliava particolarmente al fratello. Lo trovò insopportabile, non capiva come facesse Marcus a dargli così tanto credito.
“Festeggeremo a dovere appena concluderò gli esami e ti mostrerò tutto il mio entusiasmo,” affermò, sistemandosi con la schiena contro l’albero.
Barty vide Marcus alzare gli occhi al cielo, annoiato.
“Il tuo ragazzo è veramente uno spasso,” dichiarò a Loraine, che si stava avvicinando a loro proprio in quel momento insieme alla cugina, Penelope Burke.
Si sedettero tra loro; Loraine salutò Regulus con un entusiasmo che lui non contraccambiò.
“Mi spieghi cosa esci a fare in giardino se poi te ne stai in un angolo a studiare?” domandò lei, annoiata.
Regulus rispose in un borbottio, ma Barty non lo colse, con la coda dell’occhio registrò una figura avvicinarsi. Si voltò e notò Layla Froude, che camminava verso di loro, probabilmente in direzione del lago. Strinse gli occhi, rideva spensierata in compagnia di Lupin. Negli ultimi mesi erano spesso insieme, e ogni volta che Barty li avvistava, guardava Regulus per cercare di carpire una minima reazione. Non riusciva a fidarsi completamente di lui, così come invece faceva Marcus. Cosa aveva mai fatto Black per guadagnarsi la sua fiducia? Perché Barty non era trattato con lo stesso riguardo da Avery, malgrado si fosse mostrato sempre disponibile nei suoi confronti, soprattutto negli ultimi tempi, in cui la presenza di Regulus si era fatta desiderare a causa degli esami imminenti? E invece, Marcus non faceva che chiedere la sua opinione, domandare un suo consiglio; insieme a Piton, Mulciber e Rosier creavano un gruppo impenetrabile. Erano mesi che Barty tentava di insinuarsi in quella che era considerata una compagnia d’élite tra i Serpeverde e non solo: se da loro erano ricercati e rispettati, dalle altre case erano persino temuti. Da quando Severus era parte di quel gruppo, Potter e Black avevano preso ad ignorarlo, e Barty sapeva che non poteva essere solo una coincidenza.
Si accorse di essersi incantato a fissare Regulus, e quest’ultimo ora ricambiava il suo sguardo con un certo fastidio.
“Che c’è?” sbuffò, seccato per essere stato interrotto ancora una volta.
Barty fece spallucce.
“Ho visto passare qualcuno che morirebbe dalla voglia di sapere questa notizia sulla Gazzetta…” buttò lì, e con un cenno del capo indicò Layla, ormai a pochi metri da loro. Regulus gettò un’occhiata nella direzione della ragazza, ma non ebbe alcuna reazione particolare. Quella più disturbata dall’informazione fu Loraine, la cui espressione s’indurì improvvisamente.
Anche Marcus si voltò e la vide. I suoi occhi si animarono di una scintilla di perversione. Barty sorrise e si rilassò; non gli rimaneva che godersi lo spettacolo.
“Beati voi che non avete un accidente da fare,” sospirò Regulus, scocciato.
“Non ti disturberà, allora, se giochiamo un po’ con lei, vero?” domandò Marcus, con un ghigno.
“No, ma fate attenzione: non voglio sangue sui miei appunti,” rispose, tornando con gli occhi sulle pergamene.
“Froude! Hey, sì, dico a te,” la chiamò all’improvviso Penelope, bruciando sul tempo Marcus. Layla si girò nella loro direzione, probabilmente accorgendosi di loro per la prima volta. L’espressione serena che l’accompagnava un istante prima scomparve. Lupin, accanto a lei, s’irrigidì.
Penelope si alzò e le si avvicinò, brandendo la Gazzetta. Gliela porse con falsa gentilezza.
“Hai bisogno che lo legga per te?” chiese Layla, sconcertata, senza risparmiarle uno sguardo dal basso verso l’alto. “Devi avermi confuso per mia sorella, io non sono così compassionevole.”
Barty soffocò una risata e non sentì cosa aggiunse Lupin. L’aveva sempre pensato, in effetti: l’unico difetto di Layla era chiamarsi Froude di cognome. Marcus lo guardò di sbieco.
“Fai la spiritosa, Froude?” intervenne, alzandosi e raggiungendoli. “Lo sarai ancora dopo aver letto la prima pagina della Gazzetta?”
“Avery, smettila,” gli intimò Lupin, frapponendosi. Ma Layla non parve intimidita e si spostò per poter guardare Marcus negli occhi.
“L’ho letta stamattina a colazione,” gli fece notare. “Non so voi quanto ci mettiate a leggere una pagina, ma a me non serve tutto il giorno.”
Barty fu sorpreso di vedere quanto gli ultimi avvenimenti avessero temprato Layla: la conosceva come una compagna determinata, ma tutto sommato senza quella vena guerrafondaia, più tipica di sua sorella. E, chiaramente, Marcus non si aspettava che la conversazione prendesse una piega del genere: fece una smorfia che gli deformò le piaghe sul volto.
“Chissà se sarai ancora così spavalda fuori di qui,” mormorò.
“Tu osi minacciarmi?” sbottò, e in un gesto più svelto di quanto Barty potesse aspettarsi, tirò fuori la bacchetta.
Marcus rimase immobile, l’espressione di chi ha tutto sotto controllo e non è per nulla spaventato, mentre Penelope, che probabilmente non aveva previsto una reazione del genere, in un movimento istintivo prese la bacchetta da sotto il mantello.
Stupe-”
“Confringo!” esclamò Layla con decisione.
Barty balzò in piedi, sentì l’adrenalina scorrergli nel sangue nello stesso momento in cui udì lo scoppio dell’incantesimo colpire la bacchetta di Penelope. Quest’ultima trattenne la bacchetta, che esplose in mille pezzetti, e volò un paio di metri all’indietro, cadendo proprio ai piedi dell’albero, accanto a Regulus.
Il momento successivo tutti avevano la bacchetta sguainata, ma Marcus fu troppo lento e si fece Pietrificare da Lupin.
Barty, con la mente appannata dall’eccitazione, non fece in tempo a pensare all’incantesimo da usare contro Layla, che la voce di Regulus sovrastò ogni cosa.
Expelliarmus!” sbottò, in direzione di Layla. La bacchetta di quest’ultima volò via finendo tra le mani di Regulus, che l’afferrò con la stessa prontezza che riservava alla cattura dei boccini.
Lupin per qualche motivo non intervenne, limitandosi solo a frapporsi davanti a Layla.
Senza aggiungere altro, Regulus spezzò in due la bacchetta di Layla. Delle scintille di magia fuoriuscirono dal legno.
“Girate al largo,” disse poi, asciutto. Si chinò ad aiutare Penelope a rialzarsi. Barty notò che si era procurata qualche taglio alle braccia, nella caduta.
“Stupido idiota, me l’hai rotta di proposito!” protestò Layla, stringendo i pugni.
“Preferivi l’osso del collo, Froude?” domandò Regulus con un ghigno.
“È ora di andare, Lay,” sentì dire a Lupin, ma Barty non ci stava.
“Cosa? Li lasciamo andare? Hanno colpito Penelope, si è fatta male!” sbottò, adirato. Avrebbe tanto voluto cruciarla, era così arrabbiato che solo vederla soffrire l’avrebbe fatto sentire meglio. Anche se Marcus non gli aveva ancora insegnato bene a lanciare una Maledizione Senza Perdono, sapeva di volerlo abbastanza in quel momento. Provò a liberare Marcus dall’incantesimo, ma Regulus disarmò anche lui. Sapeva che faceva bene a non fidarsi di lui!
“Ha iniziato lei,” esclamò Lupin, serio, verso Penelope. “Layla si è difesa. Male, ma è stata costretta. Vi conviene non fare scherzi, o andrò dritto da Lumacorno.”
“Guardati le spalle, d’ora in poi, Froude,” mugugnò Penelope, tenendosi il braccio dolorante.
“Se Amanda è stata capace di rinchiuderti in un armadio pietrificata, pensa a cosa posso farti io, che non sono affatto gentile,” soffiò Layla, prima di essere tirata via da Lupin.
Barty dovette attendere che i due sparissero dalla loro visuale, prima che Regulus si decidesse a restituirgli la bacchetta. L’incantesimo su Marcus terminò subito dopo, e con soddisfazione Barty lo vide scagliarsi contro il compagno, adirato.
“Dovevi schiantarli entrambi!” sbottò. Se la prese anche con Loraine, rimasta impalata tutto il tempo. Non riuscì a insultarla più di tanto, quando notò che tremava ancora dalla paura.
“Avrei dovuto colpirli, qui, alla luce del sole, e poi magari prendermi una punizione perché le cose non sono andate come volevate!” rispose Regulus, sarcastico. “Non posso giocarmi i G.U.F.O. solo perché voi avevate voglia di divertirvi e le vostre aspettative non si sono realizzate,” disse poi, raccogliendo gli appunti da terra. Sbuffò, notando che, alla fine, si erano macchiati del sangue di Penelope.
“Nemmeno tu te l’aspettavi, a quanto pare, quando ci hai detto di non macchiare del suo sangue le tue preziose pergamene,” intervenne Barty, scocciato, indicando con un cenno del capo gli appunti.
Incontrò lo sguardo di Regulus, nero come la pece.
“Io non parlavo del suo, infatti,” concluse lui, serio.
 
*
 
“Non mi fido di te.”
“Credimi, è reciproco.”
Regulus non gli staccava gli occhi di dosso, sembrava una gara a chi riusciva a sostenere lo sguardo più a lungo. Barty ghignò; era un esperto in questo campo, dopo essersi allenato per anni e anni a sfidare suo padre.
Si trovavano da soli nel dormitorio di Regulus. Barty, con la scusa di posare il mantello di Marcus, lo aveva seguito nel dormitorio e aveva deciso di dirglielo. Non si fidava di lui, e Regulus non si comportava come se fosse preoccupato della faccenda. Era una pessima reazione, pensò Barty, non aveva idea di quanto lui potesse essere pericoloso.
“Non capisco davvero cosa Marcus veda in te, come possa darti tutta questa fiducia,” continuò.
“Sono stato scelto, io sono uno di loro. Nessuno più mette in dubbio la mia appartenenza al Signore Oscuro, ora che sono Marchiato,” gli spiegò molto semplicemente Regulus.
La diffidenza nei suoi confronti passò improvvisamente in secondo piano. Marchiato? Quindi era vero, anche Regulus aveva ricevuto il Marchio Nero. Quando sarebbe venuto il suo turno?
“Tu… tu hai visto il Signore Oscuro?” chiese, cercando di non apparire troppo avido di informazioni.
“Sì, la sera della prova.”
“Una… prova?” domandò, confuso.
Regulus annuì.
“Si fidano di me perché ho ucciso, Crouch,” disse, finalmente. “Ho ucciso per loro.”
Barty sorrise.
“Questo è bastato a far credere che sei dalla loro parte?” domandò.
Regulus lo guardò, scocciato. Gli si avvicinò fino ad essergli praticamente attaccato.
“Ho ucciso una persona mani nude,” sussurrò. “Se sono stato capace di farlo a qualcuno che non conoscevo, pensa cosa posso fare alle persone di cui non mi fido per niente.”
 


 
AMANDA
 
 
Osservò James seguire i suoi movimenti minuziosamente, per poi imitarli nel modo più goffo che Amanda avesse mai visto, tanto che scoppiò in una fragorosa risata che echeggiò nella sala comune grifondoro vuota. Loro due erano gli unici pazzi ad essere rimasti dentro, ora che il sole di inizio giugno scaldava i giardini di Hogwarts.
Si sentì tirare per un braccio e un secondo dopo entrò in contatto con le familiari labbra di Sirius. Si tirò indietro e lo guardò, infastidita.
“Non ci interrompere proprio ora,” esclamò James. “Abbiamo quasi finito!”
“Finito cosa?” domandò lui, confuso. “Di saltellare?”
“Gli sto insegnando la danza della felicità,” spiegò Amanda. Si aspettava che Sirius la guardasse con disapprovazione, ma non reagì, quasi come se non la stesse ascoltando. “Com’è andata la punizione?”
Sirius fece spallucce.
“Tranquilla.”
Lei e James si guardarono; a quanto pare anche lui aveva percepito che qualcosa non andava.
“Va tutto bene?” gli chiese, curioso.
“Sì,” borbottò lui, per nulla convincente. Tirò fuori la mappa dalla tasca dei pantaloni e la appoggiò sul tavolo. “Si tratta di mio padre. È di nuovo qui a Hogwarts.”
Da qualche settimana a quella parte, l’argomento ‘mappa’ era diventato piuttosto delicato per Sirius, che aveva notato sempre più spesso suo padre fare visita a Hogwarts. Ciò che rendeva strana tutta quella faccenda era il fatto che Orion Black appariva improvvisamente nell’ufficio di Silente, vi sostava ore per poi sparire altrettanto velocemente. James aveva supposto quindi che potesse arrivare da un collegamento protetto con la Metropolvere, siccome non era possibile Materializzarsi nei confini di Hogwarts, ma questo non aveva accontentato Sirius, curioso piuttosto di sapere perché suo padre fosse ultimamente così in contatto con il Preside.
“Probabilmente è qui per Regulus,” buttò lì James. Avevano azzardato quell’ipotesi almeno un migliaio di volte, ma in realtà nessuno di loro ci credeva davvero, men che meno Sirius.
“Pensi sia invischiato in faccende losche?” chiese Amanda.
“Non credo,” rispose Sirius, scuotendo il capo. “E se anche fosse, non sarebbe capace di sostenerle, soprattutto con Silente.”
“Secondo me lo sottovaluti,” ammise James. “Voglio dire, sopporta tua madre da più anni di te.”
“Certo, facendosi deridere da chiunque,” commentò, sarcastico. “Ma c’è qualcosa che non quadra e voglio vederci chiaro.”
James si sistemò gli occhiali sul naso e si strofinò le mani.
“Perfetto! Come agiamo?” chiese immediatamente.
“Cosa avreste intenzione di fare?” domandò Amanda, confusa. “Entrare e chiederglielo?”
“Che? Nemmeno per sogno,” esclamò Sirius. “Non voglio averci niente a che fare. Però puoi farlo tu!”
“Cosa?” fece Amanda, sconvolta. “Perché dovrei? Perché non James?”
“Perché dovrebbe confessare qualcosa a James?” disse Sirius.
“Beh, perché dovrebbe farlo con me?” chiese, sentendo andare il volto in fiamme. Sapeva che con molte probabilità non sarebbe riuscita a sostenere una conversazione con quell’uomo. L’aveva sempre messa a disagio, un po’ per il suo aspetto, così simile a Sirius, un po’ per l’aria austera che mostrava, e… sì, probabilmente anche per il fatto che Orion Black aveva confessato davanti a suo figlio che l’unica donna mai amata da lui non era sua moglie ma la madre di Amanda. Tutto ciò era decisamente troppo strano. Dopo ciò, la pensata di Sirius le si presentò proprio davanti agli occhi.
“Stupido… idiota!” sbottò, iniziando a colpirlo. “Non vorrai usarmi perché smuova i suoi sentimenti in quanto figlia di mia madre, spero!”
“Amico, è un’idea geniale!” esclamò James, entusiasta. Il suo sorriso si spense quando Amanda colpì con un pugno anche lui.
“Non provare a supportare questa idea!” lo ammonì, arrabbiata.
“Andiamo, Amanda, non è così pessima,” sostenne James, allontanandosi da lei e schivando un altro colpo. “Quando l’abbiamo incontrato al San Mungo sembrava ben disposto ad aiutare te e Layla… non capisco perché non dovremmo approfittarne,” esclamò poi, “al massimo non ti dirà niente, oppure non sarà nulla che a noi interessi!”
“Esatto,” gli fece eco Sirius. “È inutile negarlo: mio padre è molto ben disposto con te, più di quanto lo sia stato per tutta la vita nei miei confronti,” ammise con una nota di amarezza nella voce.
Amanda sospirò. Quel farabutto stava giocando la carta della compassione e, inutile dirlo, stava funzionando. Forse stava prendendo quella situazione un po’ sul personale; comprendeva i motivi per cui Sirius non avesse intenzione di avere alcuno scambio con suo padre, dopo una vita passata nella più totale anaffettività familiare. Se andare al posto suo poteva aiutarlo, forse avrebbe dovuto provare.
“Mi mette in soggezione,” ammise.
“È innocuo, non ti preoccupare,” la rassicurò Sirius. “Allora? Che ne pensi?”
Lo sguardo di Amanda viaggiò da Sirius a James un paio di volte.
“Perché non mi accompagnate e osservate da sotto il Mantello dell’Invisibilità?”
James rivolse uno sguardo a Sirius, come per consultarlo, ma poi scosse il capo. “Non ci stiamo tutti e due, ci faremmo scoprire, soprattutto se Fanny decide di svolazzare per l’ufficio. Però, tranquilla, ti aspetteremo fuori e faremo i pali, assicurandoci che non arrivi nessuno!”
Amanda sbuffò, ma alla fine cedette. Sirius sorrise soddisfatto e la baciò, mentre James mise in atto ciò che aveva appreso con l’ultima lezione di danza della felicità e le disse che questa missione era paragonabile ad un rito di iniziazione, dopo il quale sarebbe stata nominabile come una fiera Malandrina.
“Okay,” esordì James, una volta arrivati nei pressi dell’ufficio di Silente. Controllò la mappa. “È ancora qui e Silente non c’è, puoi andare. Mi raccomando, Amanda, indaga con discrezione e, soprattutto, mostrati sorpresa di vederlo. Lui non deve sapere che noi sappiamo che si trova qui. Pronta?”
Amanda annuì, anche se in realtà non era vero. Non ebbe bisogno di farsi dare la parola d’odine; la pronunciò, e le scale a chiocciola scesero fino ai suoi piedi. Iniziò a salire i primi gradini dopo un saluto veloce ai due grifondoro. Arrivata alla porta, fece un respiro profondo e la aprì. Fece un primo passo all’interno dell’ufficio, e ancor prima di chiudere la porta e stamparsi un’espressione stupita sulla faccia, si trovò a fissare un Orion Black, dall’altra parte della stanza, molto perplesso. Sicuramente più di lei.
Amanda fu colta da una vampata di imbarazzo incontrollabile, ma diede comunque una prima occhiata veloce a tutto quello che aveva intorno. Sembrava aver imbandito un tavolo con libri, ampolle e beute. Gli ingredienti erano ordinati in modo preciso, in file o mucchietti; Amanda sentì formarsi un nodo alla gola, perché anche Regulus aveva l’abitudine di lavorare alle pozioni con un piano così metodicamente ordinato. Un fornello piccolo era posizionato alla sinistra del tavolo e, sopra, un paiolo di dimensioni trascurabili emanava un fumo verdognolo, poco rassicurante e inodore.
Orion era intento a consultare una pila di volumi pieni di polvere alla destra del tavolo. In un angolo, c’erano alcuni fogli ordinatamente scritti e, accanto a questi, spiccava un calamaio più grande del suo pugno e finemente lavorato. Sembrava un modello da collezione di una ventina di anni prima, ma da come era stato trattato Amanda non gli avrebbe dato più di un mese. Al contrario, i libri erano un po’ rovinati e avevano tutti una copertina scura.  Davano l’idea di essere stati rinchiusi in qualche angolo sperduto della biblioteca e riesumati solo per una precisa necessità. Si voltò infine verso il trespolo e notò che Fanny non era presente.
“Buongiorno,” borbottò Amanda subito, chiudendosi la porta alle spalle. Si rese conto di non essere sembrata affatto sorpresa, quindi corresse il tiro.
“Buonasera!” esclamò allora. Ma no, più che sorpresa era sembrata solo molto entusiasta. E aveva sorriso. Perché stava sorridendo?
“Cioè…” mormorò, in evidente difficoltà. “Non mi aspettavo di vederla…”
Cercò di fare l’espressione più sorpresa di cui era capace, ma probabilmente le uscì solo una smorfia.
Gli occhi taglienti di Orion la misero in soggezione. Inaspettatamente, però, accennò un sorriso e chiuse delicatamente il libro che stava leggendo.
“Amanda.”
“Ehm… pensavo che il professor Silente fosse qui,” mentì, evitando il suo sguardo. Lui non parve cascarci.
“Sei sicura?” chiese, divertito.
Amanda scrollò le spalle. Sicuramente, fare l'Auror non sarebbe mai potuto essere il suo mestiere. Iniziò a tormentarsi le dita, a disagio. Visualizzò davanti a sé le espressioni di disapprovazione di Sirius e James per aver miseramente fallito il loro piano dopo mille raccomandazioni sulla discrezione.
“No,” borbottò, sconsolata. “Beh, ho notato che viene qui spesso, nell'ultimo periodo...”
“Mi domando come tu faccia a saperlo, visto che non esco da questo ufficio.”
Amanda cercò il coraggio e fece qualche passo avanti in direzione di Orion. Lui coprì i libri che stava consultando.
“Lei ha i suoi segreti su come entra, io i miei su come so che è qui…” tentò, piegando le labbra in una linea sottile.
Lui sorrise, divertito.
“Propongo di lasciare che restino tali, allora…” rispose. “Preferirei che Sirius rimanesse all’oscuro della mia presenza qui.”
“Ecco, in verità… già lo sa,” ammise. Non poteva perdere altro tempo, doveva sapere.
“Perché è qui? È qualcosa che c'entra con… con i suoi figli? E se anche fosse per i suoi figli, perché questo dovrebbe coinvolgere tutti questi libri e probabili pozioni?” chiese, indicando il tavolo.
Il sorriso di Orion si spense alla stessa velocità con cui era apparso. Sembrava preoccupato.
“Dico davvero, Amanda. Nessuno deve saperlo, Sirius men che meno.”
“Che cosa mai Sirius non potrà sapere?” insistette, curiosa.
“Qualcosa di abbastanza importante.”
“Qualcosa di importante ma anche di positivo, visto che c'entra Silente.”
Lui non rispose. Amanda lo scrutò; provò ad avvicinarsi ulteriormente e notò un foglio accanto ai libri. Era piegato, ma quella carta azzurrina con i ghirigori blu ai lati le era così familiare…
Orion dovette notare il suo improvviso interesse; con uno scatto, prese quella che sembrava una lettera e se la infilò in tasca.
“Che cos’era?” chiese immediatamente Amanda, indicandola. Un macigno sembrò piombarle sullo stomaco. “Quella carta, io la conosco.”
“Cosa vuoi sentirti dire?” le chiese, accennando un sorriso.
Sentì gli occhi inumidirsi, ma resistette.
“Perché ha la carta da lettere di mia madre?” domandò, secca. Fece un passo indietro, d’un tratto capì di non riuscire a decifrare quell’uomo. Lo percepì come talmente incomprensibile da essergli ostile. C’era qualcosa che le stava sfuggendo.
Lui sospirò, in evidente difficoltà.
“Tua madre mi ha scritto,” confessò, “poco dopo Natale, per raccontarmi alcune cose, tra le quali di Sirius.”
Strabuzzò gli occhi.
“Lei e mia madre eravate in contatto?” domandò. Non ebbe bisogno di fingersi sorpresa, quella volta.
Orion scosse il capo.
“No, l’ultima volta che ho visto tua madre, lei ti aveva in grembo. Silente me l’ha consegnata da poco.”
Amanda lo osservò e constatò che sembrava sincero.
Silente? Perché Silente aveva conservato una lettera indirizzata a lui per conto di sua madre? Perché non gliel’aveva data quando era ancora in vita, o almeno appena dopo la sua morte?
Sembrava il genere di cose che programmava sua madre. Non faceva nulla che non avesse un senso. Silente non si sarebbe mai permesso di tenere una lettera contro la volontà di sua madre, per cui doveva aver eseguito delle precise istruzioni, proprio come le aveva disposte prima di morire. Tra queste, a quanto pare, c’era quella di dare quella lettera ad Orion in un preciso momento. Ma questo presupponeva che Silente e lui fossero in un qualche modo in contatto, che… la risposta le illuminò lo sguardo pensoso.
“Oh, Merlino, lei-” ridusse la voce ad un sussurro. “Lei è entrato nell'Ordine!”
Non attese che Orion rispondesse, lo incalzò ancora, in preda all’entusiasmo.
“Perché Sirius non può saperlo? Perché non può sapere che lei è dalla nostra parte!”
Il perché le attraversò la mente e l'entusiasmo scemò.
“Ah, giusto, la famiglia. Ma perché non-”
“Okay, basta, smetti di dedurre!” la interruppe Orion, burbero.
Amanda tacque; si guardarono per un momento, e finalmente lo vide davvero. Ad un tratto, ecco svelato il mistero, ciò che le sfuggiva: un uomo che aveva a cuore il figlio più di quanto il figlio immaginasse, disposto a non svelargli la parte migliore di sé per continuare a tenerlo lontano dalla famiglia, diviso a metà da un secondo figlio propenso all’oscurità. Orio Black era un uomo spezzato. Avanzò di un passo, era ormai davanti al tavolo.
“Ma non ha negato! Quindi è vero!” esclamò, entusiasta. Il coraggio superò la vergogna in quel preciso istante; superò il tavolo e in uno slancio lo abbracciò. Se Orion conosceva davvero sua madre come diceva, allora doveva essere abituato ai suoi abbracci. Lo sentì irrigidirsi, e subito dopo aver sciolto l’abbraccio, Amanda notò che aveva una buffa espressione accigliata scolpita sul volto.
“Non farlo mai più,” borbottò.
Amanda rise.
“È per mia madre? Le somiglio così tanto?”
“Spaventosamente,” ammise, imbarazzato. “Soprattutto in questa cosa degli abbracci.”
“Dovrebbe dispensarne di più, infatti, lei è comodo da abbracciare,” ammise, facendo spallucce. “Davvero vuole tenere nascosta una cosa del genere a Sirius?” domandò poi. Già sudava freddo: non sarebbe mai riuscita a mantenere un segreto del genere con lui.
“Sì, e dovrai promettere, Amanda, che non gli dirai nulla,” rispose, sospirando. “Ne va della sicurezza dell’Ordine.”
“Cosa?” fece, confusa. “Che vuol dire? Riguarda il perché si trova qui?”
“È fondamentale che tu finga di non sapere quello che ci siamo detti,” insistette. “Se Sirius sapesse che sono coinvolto in qualcosa, potrebbe mettere a repentaglio l’intero Ordine. Solo pochi sono al corrente del mio coinvolgimento.”
“Cosa? Mi sta chiedendo di tenermi una notizia di questa portata per me?” fece, sconvolta.
“Se tieni all’Ordine, questo è il momento di dimostrarlo,” concluse.
Amanda sospirò, sconsolata e bloccata in quell’impasse terribile.
 
*
 
Chiuse la porta dietro di sé e scese le scale a chiocciola. James e Sirius la travolsero letteralmente di domande. Che fa? Cosa succede? È qualcosa di interessante? Cosa gli hai detto? Sei stata discreta?
Amanda guardò per secondi interminabili i loro visi pieni di speranza, cercando di camuffare nell’espressione la disperazione che sentiva dentro.
Sirius, tuo padre non è chi credi. È un uomo migliore, che preferisce soffrire e tenere lontano te perché continui il tuo cammino lontano dalla tua dannata famiglia. Nel frattempo, collabora con l’Ordine in non si sa quale mirabolante missione di cui non posso dirti un accidente, perché comprometterei le cose e mancherei di lealtà verso una società segreta in cui mio padre ha investito il massimo delle energie e in cui credeva più di ogni altra cosa. Mi odio perché devo tenerti nascosto tutto questo e vorrei non averlo saputo, vorrei non essermi fatta convincere in questa malsana operazione di scoperta!
Si schiarì la voce mettendo a tacere i pensieri.
“La tua teoria si è rivelata un’autentica cavolata,” bofonchiò, senza guardarlo. “Non mi ha detto niente di niente!”
“Non ci credo,” rispose James, deluso.
“Ma sei stata dentro un po’! Cosa vi siete detti?” chiese Sirius.
Amanda s’incamminò per il corridoio, con i due ragazzi al seguito, avidi di informazioni.
“Ha parlato di fondi per la scuola, è stato molto evasivo,” mentì. “Penso che con i G.U.F.O. dietro l’angolo di tuo fratello, voglia assicurarsi un trattamento riservato. Chissà se Regulus ne è al corrente!”
“Ma che motivo avrebbe di venire a scuola così spesso solo per dei fondi?” domandò Sirius, sospettoso.
Amanda mandò giù un fastidioso nodo alla gola.
“Probabilmente Silente avrà declinato l’invito e lui starà insistendo,” ipotizzò James.
“E comunque non sappiamo se è la verità,” gli ricordò Amanda. “Questo è ciò che mi ha fatto capire.”
“Già,” concluse James, affiancandosi a lei. Le cinse le spalle con un braccio in un gesto affettuoso. Sirius, invece, le spettinò i capelli.
“Sei stata brava lo stesso,” la consolò James. “Sei una di noi, ormai.”
Amanda si sentì morire dentro. Forse confessare un segreto diverso poteva aiutarla a stare meglio.
“Ragazzi,” esordì, “vi ho mai parlato di… Evan?”
 
 
 
 
 
 
 
 Note:
 
Sono viva e vegeta. E in MOSTRUOSO ritardo. Non accamperò scuse, l’idea era di aggiornare entro Pasqua ma non ce l’ho fatta, ho avuto troppi impegni! Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento. Io mi sento morire per Amanda, soprattutto anche per Sirius e James – anche lui, con l’ultima cosa che le dice… mmm che disagio ç.ç!
Ad ogni modo, non credo di avere cose particolari da farvi notare, a parte… il calamaiooooooo. Zan zan zan!
Io in realtà sto svalvolando, quindi vi saluto e vi mando un abbraccio amandoso :*!
 
-Amanda 
   
 
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