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Autore: _apefrizzola_    31/03/2016    6 recensioni

«Sei più pettegolo della buon’anima di Bertha Jorkins, Ramoso»
«Ma come ti permetti, canide perfettamente riuscito?»
«Bertha Jorkins è morta!?»
«No, Peter... era per dire... visto che non è più a scuola...»
«Cosa te ne frega cosa si dicono Bones e McKinnon, James?»
«Se solo ci fossi stato, quel giorno davanti alla porta chiusa dell'ufficio di Silente, adesso staresti origliando dietro quello scaffale come il segugio quale sei»

«Barty, parlo sempre di te a Bella»
«Ma non l'hai ancora convinta! Così come non ho convinto del tutto voi, soprattutto da quando mio padre ha dato agli Auror il permesso di uccidere! Lo vedo nelle vostre facce, non sono stupido. E sappiate che lui non si fermerà, è sempre più pazzo. Svegliati, Regulus, sono quello messo peggio tra voi!»


«Stavo salendo le scale, lui è sprofondato da solo in quel gradino» esordì Liv per mettere subito in chiaro le cose come ogni volta che si ritrovava lì, a spiegare il motivo per cui aveva usato la bacchetta.
"Il Prefetto Malfoy ha detto che ho un cognome da Sanguesporco";
"Mulciber ha attaccato Mary";
"Rosier ha chiamato Dirk Cresswell mancato Magonò";
"Piton ha insultato Lily, l'ha chiamata schifosa Sanguesporco."
Genere: Commedia, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Nuovo personaggio, Regulus Black, Severus Piton | Coppie: James/Lily
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I Malandrini'
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Capitolo 15
 

 

UNA SQUADRA ALLO SBARAGLIO

 
 
 




Ho tutto sotto controllo.

«James, attento c’è una pozzanghera lì»
«Sì... stavo per accorgermene, Pete, ma grazie lo stesso per avermi avvertito»
«E comunque io non avrei mollato Evans e Olivia davanti al pub, James. Siamo stati dei grandi maleducati, non trovi?»
«Piantala, Felpato»
«Infatti, perchè sei voluto andare via? E cosa facciamo adesso?»
«Non ti ci mettere pure tu, Codaliscia. Andiamo dove ci pare. I Tre Manici di Scopa non è l’unico pub, ok? Non è il solo! Hogsmeade è un posto grande! Enorme! Con tantissimi altri negozi interessanti!»

Tutto sotto controllo, caro mio, anche se i Tre Manici di Scopa è senza alcun dubbio il miglior pub del villaggio. Lì si sta comodi e al caldo, c’è un piacevole e dolce profumo di burrobirra, le persone sono cordiali e divertenti, tutto è pulito e luminoso. Nemmeno a paragone con la Testa di porco o con Madama Pièdiburro.
In realtà, non si può mettere a paragone con niente, è semplicemente il meglio. Non c’è niente di più perfetto dei Tre Manici di Scopa, James! Maledizione!

Il brutto presentimento di Sirius divenne realtà quando, mezz'ora dopo, si ritrovarono ancora a scorrazzare come dei vagabondi per le strade di Hogsmeade, gli Auror avevano addirittura cominciato a guardarli con sospetto.
Sempre meglio, comunque, che seguire Evans e Owen nei negozi per causare incidenti innocui ma imbarazzanti al Corvonero. Sempre meglio, la sua opinione rimase quella fino a quando non arrivò l’ora di pranzo e James puntò dritto verso la fine della strada per raggiungere La Testa di Porco. Ma Sirius restò in silenzio, ammutolendo anche Peter che aveva provato a ribattere. Non disse nulla nemmeno quando si sedettero ad un tavolino sudicio tra un losco signore incappucciato e una vecchia che assomigliava più ad Banshee che ad una strega normale.

Strinse le labbra quando una brodaglia fumante gli stuzzicò spiacevolmente il naso- provò un forte impulso di prenderlo a pugni, certo, ma strinse le labbra- e rimase in silenzio.
Rimase in silenzio perchè se c’era una cosa meglio di tutte le altre, anche meglio di passeggiare invece che sabotare gli appuntamenti degli altri, era far digerire l’acqua calda a James come lui meglio credeva. E se adesso James aveva bisogno di stare zitto e di mangiare un liquido verdognolo con pezzetti di chissà cosa che ci galleggiavano dentro, allora l’avrebbero fatto. Di sicuro, la scoperta di essere innamorato di Evans era molto più digeribile di quel brodo dall’odore nauseabondo.
Fu un sollievo vedere Remus raggiungerli sulla strada per Hogwarts, il primo pomeriggio.
«Ci si vede alla prossima uscita ragazzi! Ciao, James!» li salutò Frank ancora di guardia al cancello per il castello.
Ho tutto sotto controllo anche se continuo a paragonare un pub a Evans. Ma che sarà mai? Insolito, certo, ma niente di cui preoccuparsi. Un pub carino, poi, non la sto mica paragonando ad una bettola.

«James? Frank ti ha salutato»
«Davvero? Dov’è?»
«Al cancello... l’abbiamo appena superato. Ma non sarai un po’ troppo distratto, oggi?»
«Distratto? No ho tutto sotto controllo, Remus. CIAO, FRANKIE!»
Ogni cosa sotto controllo. Come con il Quidditch, James, il Quidditch. Tutto sotto il tuo controllo. La pluffa che centra in pieno l’anello, le dita attorno al boccino, che ci vuole?
Tutto in effetti assomiglia ad un boccino, un boccino quando accellera all’improvviso e sfugge dalle dita, dannazione! I gradini, le porte, il tavolo dei Tassorosso... che non è il mio... siediti, cena e piantala.

«Oh! Scusami, Daisy! Non volevo rovesciare il bicchiere»
«Fa niente, Capitano. Ma stai bene? Hai gli occhi strani»
«Certo che sto bene. Tu, piuttosto, vedi di essere in forma per mercoledì, gli allenamenti saranno intensivi! La partita è dietro l’angolo!»
Il tossicchiare eloquente di Sirius al suo fianco gli entrò da un orecchio per uscirgli dall’altro anche se rientrò come un Boomerang Rimbalzatutto subito dopo.
‘Ammettilo, James, non hai un bel nulla sotto controllo, nemmeno lo stomaco. Quel pasticcio di tacchino è delizioso! In sei anni di Hogwarts ti ho sempre visto divorarlo come un maiale... a pranzo, a cena e anche alle due di notte. E invece adesso è lì, sul piatto, a raffreddarsi come un comune purè di patate’. Era questo che quella tosse finta stava dicendo, era questo che lo sguardo intenso del suo migliore amico gli stava suggerendo da sopra il calice.
James non aveva niente sotto controllo e anche se continuava a ripetersi il contrario sapeva benissimo qual era la verità. Perchè se avesse avuto davvero tutto sotto controllo, il poster con la motocicletta appeso vicino al baldacchino di Sirius non si sarebbe trasformato nel sorriso di Evans. Non si era accorto quand’era successo, a dire il vero non si era nemmeno accorto di essere arrivato in dormitorio.
«Allora, James? Adesso o dopo?» chiese per l’ennesima volta Remus fissandolo sconcertato dal baldacchino di fronte.
«Come, scusa?» bofonchiò lui sollevando lo sguardo incantato dal muro. Peter sollevò le sopracciglia con fare perplesso. James non c’era con la testa, l’aveva lasciata a Hogsmeade.
«Adesso o dopo?» ripetè Remus con pazienza senza però riuscire a nascondere una certa aria stranita davanti al volto smarrito dell’amico. Ma a quelle parole James sembrò svegliarsi.
«Mai, Remus! Stai scherzando?» sbottò allarmato. Remus era impazzito o cosa? Non avrebbe detto assolutamente niente a Evans.

Sirius rise attraversando la stanza con tranquillità prima di sparire in bagno. Remus e Peter rimasero a guardare James passarsi più volte le mani tra i capelli non ricordando di averlo mai visto così spaesato.
«Non vuoi mangiare i Calderotti ripieni? Mai più esclamò Peter seriamente sconvolto.
«Ah, i Calderotti...» mugugnò James ricordandosi che Remus e Peter erano all’oscuro di tutto. Non stavano di certo parlando di quando lui si sarebbe dichiarato a Lily Evans, una cosa alla quale non voleva nemmeno pensarci per almeno i prossimi vent’anni.
«Sì, i Calderotti. Di cosa pensavi stessimo parlando?» chiese Remus osservandolo avanzare verso il bagno con aria ridente.

«Pensavo mi stessi chiedendo quando avevo intenzione di chiamare Lumacorno amore mio’» fece, suadente, entrando in bagno con finta calma per poi chiudere la porta velocemente.
Sirius lo stava aspettando, seduto sul bordo della vasca con un espressione tra il divertito e l’arreso. James lo ringraziò con lo sguardo per aver occupato il bagno regalandogli così una via di fuga assicurata.
«Sono innamorato di Evans, Sirius». La frase gli uscì spontaneamente dopo una giornata passata a tenerla a bada tra le labbra, e quel tono incredulo dimostrava soltanto una cosa: solo adesso si era effettivamente reso conto della cosa.
Lily era il Tre Manici di Scopa della sua Hogsmeade; era la pluffa alla partita, il boccino nei momenti di tranquillità, era tutte queste cose, le migliori, quelle che lo facevano sentire rispettivamente felice, imbattibile e sicuro di sè. E allora perchè diamine si sentiva uno schifo?
«Che hai intenzione di fare?» gli chiese Sirius facendolo ridere sarcasticamente. Che aveva intenzione di fare? Bella domanda, Felpato.
Non aveva la più pallida idea di cosa fare. Non aveva mai avuto alcun problema a centrare gli anelli con la pluffa o ad afferrare il boccino al volo, ed era un vero schifo sentirsi un perdente.
Ma forse non andava perchè Lily era il Tre Manici di Scopa... chiuso; Era la pluffa... che non arrivava all’anello perchè semplicemente non c’era nessun anello; Era il boccino da acchiappare... con una mano fratturata.
Perchè sapeva che quel sorriso non l’avrebbe più rivisto, che Lily avrebbe continuato a vederlo soltanto come un compagno di scuola e che John Owen avrebbe sicuramente trovato le prove del filtro d’amore.
Anche se in fondo sapeva anche che Lily non era niente di tutto ciò. Lei era una cosa nuova che a quanto pareva non lo faceva brillare. Non era Quidditch- non c’entravano niente il talento per il volo e  i quattro giorni di allenamento alla settimana- era una cosa, l’unica cosa, in cui lui non era per niente bravo; una cosa che lo rendeva imperfetto e James aveva appena scoperto che odiava sentirsi così.
«Una lista... una lista delle cose da fare per non rimbecillirmi o magari un incantesimo di memoria. Cancellami la memoria, Sirius»
«James»
«Non vedi come sono ridotto!? E se non si vede te lo sto dicendo io: sento che mi sto rimbecillendo, Sirius. O mi cancelli la memoria di oggi o facciamo la lista. Mi serve»
«Ti serve un altro cervello, fratello»
«Funzionerà, Felpato!»
«No che non funzionerà»
«Da dove cominciamo? Dal punto uno? Mi sembra logico»
«James, questa volta sarai tu ad avere un occhio nero se continui con queste idiozie»
«Quindi qual è il punto uno?» chiese impassibile James in un sorriso falsamente rilassato come se non avesse sentito niente di quello appena detto da Sirius.

Non aveva assolutamente niente sotto controllo e quella lista gli serviva eccome, la desiderava come si desidera un salvagente in alto mare.
«I punti sono solo tre» cominciò Sirius. «Punto uno: calmati. Punto due: ci penso io a non farti rimbecillire. Non vado da nessuna parte, Ramoso. Punto tre: non ho intenzione di passare la vita a cancellarti la memoria ogni giorno visto che non potrai fare a meno di innamorarti di Evans, James. Fattene una ragione».
James si lasciò cadere al suo fianco, sedendosi sulla vasca. Era innamorato di Evans e non ci poteva fare niente, si sentiva uno schifo e non ci poteva fare niente.

«Mi spiegate cosa ci fate chiusi in bagno?» sbottò Remus avvicinandosi alla porta del bagno.

«Io devo fare pipì da un quarto d’ora, ragazzi» aggiunse Peter dondolandosi sui talloni per cercare di trattenere il suo bisogno urgente.
«E hai una ronda da fare, James, sei già in ritardo» continuò Remus, impaziente.
«La ronda! Sì, certo» commentò ironicamente James alzandosi dalla vasca per avvicinarsi alla porta chiusa. «Un tempo ce la spassavamo nei corridoi e nel Parco! Adesso ‘ho un ronda’, pazzesco!»
«Stai bene, Ramoso?» affermò Remus stranito. «È da un mese e mezzo che pattugli i corridoi la sera e ti accorgi di questa cosa solo adesso? E cos’è questo tono? Quello arrabbiato dovrei essere io visto che stamattina ho comprato tre burrobirre per i miei ‘amici’ che ho visto soltanto nella strada di ritorno per il castello»
«Non volevamo disturbarti!» ripetè per la millesima volta Peter in tono colpevole.
«Già, sarebbe stato un peccato sciupare un appuntamento così romantico» aggiunse Sirius sapendo benissimo quanto desse fastidio a Remus. Lui infatti scoccò un’occhiata ammonitrice al legno che li separava. «Non era un appuntamento! Tanto meno romantico! Non siamo una coppia, intesi? Non voglio più ripeterlo» spiegò con decisione per poi rivolgersi di nuovo a James.

«James, esci da lì e vai a fare il Caposcuola»
«Vai pure tu al posto mio, Remus. Il distintivo da Caposcuola doveva andare a te, lo sanno tutti. Buon lavoro!»
«...»
«James, mi stai facendo preoccupare» bofonchiò Peter guardando Remus con apprensione.
James si allontanò di nuovo dalla porta, risedendosi sul bordo della vasca vicino a Sirius. «Dormi, Pete, così non ci penserai» gli disse semplicemente, sollevando il tono di voce per farsi sentire bene.

«Non posso! Devo fare pipì!» squittì lui, disperato.
Remus rimase a fissare con sopracciglia aggrottate il legno scuro. James aveva davvero intenzione di stare lì dentro?
«Sei rigido da quando siamo tornati da Hogsmeade» cominciò, facendo il resoconto della giornata per capirci qualcosa. «A cena non riuscivi nemmeno a sollevare il calice. Non hai mangiato niente a parte una polpetta. Se stai male basta andare da Madama Chips»
«Dillo, James» esordì Sirius in tono asciutto.
«Cosa deve dire?» chiese Peter curioso.
«Niente» sbottò James guardando di traverso quello che un tempo era suo fratello.
«Cos’è successo stamattina?» domandò Remus indagatore.
Un silenzio di tomba precedette il cigolio della porta del bagno che si aprì, facendo apparire un James arreso.
«Sono innamorato di Lily Evans. Sopprimetemi, per favore».

Sia Remus che Peter restarono per un attimo storditi. E contemporaneamente al sorriso smagliante di Peter, Remus aprì bocca.
«Come scusa, James?»
«Hai capito benissimo, Remus. Non c’è bisogno che lo ripeta. É abbastanza imbarazzante così»
«Sì, ma, voglio dire... è una cosa importante. Ne sei davvero sicuro?»
«Ma certo che è sicuro!» esclamò Peter saltando addosso a James che barcollò sotto il suo peso non indifferente. «Era ora! Con Rem e Sirius ci chiedevamo quando l’avresti tirato fuori!»
«Parlavate alle mie spalle di questo argomento?» sbottò con oltraggio James, scoccando occhiate torve a Remus che scosse le spalle.
«Dopo averci fatto fare i salti mortali per seguire Evans e il suo principe ‘blu-bronzo’ da Madama Pièdiburro, l’anno scorso, mi sembra il minimo» disse, scrutandolo per bene. Era evidente quanto fosse frastornato.
«La situazione stava degenerando» spiegò Sirius osservandosi distrattamente allo specchio del bagno prima di raggiungere il suo baule. «Dovevamo per forza parlarne o uno di noi avrebbe minacciato di farti cadere dalla Guferia se non avessi ammesso di essere stracotto»
«Non esageriamo con i termini, Sirius. Stracotto lo dici a Lunastorta quando guarda Macdonald» lo bloccò James, zittito a sua volta da Remus.

«Piantala»
«OK, VA BENE. Sono stracotto anch’io. Ma avreste dovuto farlo!»

«James...»
«Dovevate dirmelo!»
«Ah, pensavo stessi dicendo che dovevamo buttarti giù dalla Guferia»
«Dovevate fare anche quello, Pete! Prima dirmelo e poi buttarmi giù!»
«Io te l’ho detto. Non so se ti dice qualcosa ‘occhio nero’»
«Ecco! E l’avevo ammesso!? NO! Quindi avreste dovuto buttarmi giù come avevate detto!»
«Non credi di stare esagerando, James?»
«No, Pete».
Non stava affatto esagerando. Almeno, James la vedeva così.
Era innamorato, d’accordo. Lily Evans gli aveva fatto capire che non ci sarebbe stato niente migliore di lei, nessuna avrebbe potuto riempire il vuoto che si era appena creato appena quel sorriso si era spento, quel sorriso che avrebbe voluto vedere sempre di fronte a sè. Ma tutto questo cosa significava? Evans rimaneva sempre Evans’ e lui ‘Potter’, con la differenza che quella sensazione che prima gli aveva sempre dato solo fastidio adesso faceva estremamente male ed era quasi impossibile da camuffare con una risata.
Quell’Evans avrebbe dovuto diventare Lily e quel Potter James, ma non c’era modo per compiere un miracolo simile.
«Dovrai dirlo a Lily, prima o poi»
«Nemmeno con un litro di Veritaserum, Remus. E se vi azzarderete a farlo voi giuro che vi appenderò in Sala Grande al posto degli stendardi deiSerpeverde»
«James...»
«Remus».

Remus sbuffò, lasciando cadere le braccia sui fianchi. Quando James si metteva in testa una cosa era impossibile fargli cambiare idea.
«E che cosa farai allora?» gli chiese con infinita pazienza. Come si aspettava, James taque.
«Vi ricordate chi è che aveva le fossette sul fondo schiena?» spezzò il silenzio Sirius con tono tranquillo. «Susan Wilson o Jane Phillips?» Le occhiate torve dei tre gli fecero sollevare le mani in segno di resa. Doveva assolutamente ricordarsi chi delle due aveva quelle maledette fossette, aveva decisamente bisogno di scambiarle con quelle di Olivia che continuavano ad apparigli in testa.
Il silenzio tornò sovrano nella stanza perchè James continuò a non aprire bocca, almeno fino ad un quarto d’ora dopo quando scese al primo piano e vide Lily parlare con il professor Lumacorno e Gazza davanti all'aula degli insegnanti.
«Sono innamorato di Lily Evans» mormorò più sicuro che mai, senza riuscire a distogliere lo sguardo da lei.
Perchè non si poteva più negare; perchè quel sorriso adesso rivolto a Mary l’avrebbe voluto vedere di nuovo davanti a sè; perchè John Owen non doveva più permettersi di dire di essere innamorato di lei; perchè riusciva ancora a vedere una punta di tristezza in quegli occhi verdi apparentemente sorridenti; perchè sarebbe rimasto innamorato anche se Lily avesse avuto l'aspetto di Mocciosus in versione donna.
«Potter!» esordì con tono deciso Lily avvicinandosi a lui. Il professore era andato via e Gazza stava scendendo al piano di sotto, James se ne rese conto soltanto in quel momento.
James ebbe l’impulso di fare un passo indietro e contemporaneamente di darsi un pugno in pieno naso mentre Lily cominciòm a camminare nella sua direzione. Era Evans quella sempre più vicina, non Lily. Evans. Quei capelli rossi avevano sempre avuto quelle sfumature scure e morbide che facevano risaltare al meglio quegli occhi verdi e luminosi. Non c’era bisogno quindi di sentirsi così stupidamente confusi da quei colori brillanti e da quelle dolci e lentigginose linee del viso.
La lista per non rimbecillirsi serviva eccome. Sirius non poteva rimpiazzarla. A proposito, si chiese con sfida e stizza, dov’è Sirius?
“Imbecille”. Il sussurro familiare proveniente dalla tasca lo fece sorridere. Con Sirius era sempre questione di tempo, mai di assenza.
«Potter?» lo richiamò Lily, ormai davanti a lui. «Mi hai sentito?» La faccia da scemo di Potter era più evidente del solito, notò con una certa curiosità.
«NoEvans» sbottò lui, astioso. «Qualsiasi cosa tu abbia detto, la mia risposta è no». Evans non poteva decidere per lui, Evans aveva già scombussolato tutto.
Non si passò la mano tra i capelli, non sarebbe servito a niente, si sentiva già in disordine, fastidiosamente in disordine davanti a Lily che lo guardò storto.

«Ah è così, Potter?» ribattè lei. «Quindi non verrai con me nei sotterranei? Metà dei Prefetti Serpeverde ha segnalato una rissa nella loro Sala Comune e mi serviva un aiuto ma, visto che la tua risposta alle mie domande sarà sempre ’no’... va benissimo così, lavorerò di più ma almeno starò in pace».
Sirius, nello specchio al buio del mantello. James, improvvisamente pallido, seguì con i due occhi spalancati Lily camminare a passo di marcia verso le scale per i sotterranei. Era decisamente fuso.
“Cacca di Troll”. La voce di Sirius fuoriuscì dalla tasca di James, puntuale. «Scusami, Jane, non fare caso allo specchio e nemmeno alle frasi che ogni tanto dirò. Ma, tornando a noi... stavamo dicend...». Non riuscì a terminare la frase perchè la sedia della Sala Comune su cui si stava elegantemente dondolando- di fronte ad una Jane Phillips radiosa- cedette, facendolo cascare schiena a terra.
Sapeva che non era di certo colpa della sedia. Non aveva ceduto, la sedia era integra al contrario della sua schiena. 
Qualcuno aveva messo lo zampino tra le gambe di legno. 
Il mezzo sorriso sul viso di Liv glielo stava dicendo chiaro e tondo.
«É pericoloso dondolare in quel modo, Black. Non lo sapevi?» esordì lei guardandolo con soddisfazione dall’alto verso il basso. 
Sollevò gli occhi scuri dal sorriso di Sirius per portarli sul viso iroso di Jane. «Continuate pure, il mio era soltanto un...»
Anche la frase di Liv si bloccò a metà perchè l’incantesimo delle Pastoie che Sirius lanciò alle sue gambe la fece cadere a terra come un sacco di patate.
Tutt'e due con i visi alla stessa altezza dal vecchio tappeto rosso e oro si sfidarono ancora una volta con uno sguardo che ormai entrambi conoscevano benissimo e che innescava ogni volta un'intensa tensione tra i loro corpi impossibile da fermare o anche soltanto capire. Sconvolgeva, rapiva, attirava, accendeva.
 
 
 
 
 

 

***

 
18 Ottobre 
 
 
 

«Quindi dopo cena devi andare da Remus, Mary?» chiese Lily mollando la borsa sul letto prima di andare dritta in bagno ad osservare quanti capelli la Tentacula Velenosa a lezione di Erbologia le aveva lasciato integri.
«Sì» esclamò Mary, solare. «Devo restituirgli il libro e prestargli il mio, sono sicura che lo troverà interessante»
«Io sono sicura che troverà interessante la situazione, Mary» affermò ridente Liv buttando a terra la tracolla e afferrando la sua scopa dall’angolo.
Mary le fece il verso, lanciandole una cartaccia di Cioccorana. «Smettila, lui non è malizioso. Siamo solo amici» bofonchiò con la bocca piena di cioccolato.
E di sicuro per lui era così, si disse. Amici. E lei non aveva nessuna intenzione di illudersi un'altra volta anche se forse sarebbe stato meglio se avessero continuato a non parlarsi, dato che ogni volta che Remus le sorrideva a lei sembrava di cascare dalle nuvole.
«Visto che andrai in quel letamaio, potresti fare una cosa per me?» chiese Liv legandosi i capelli in una coda alta.
Mary sospirò guardandola di sottecchi. «Cosa?» chiese arresa. 
Liv sorrise afferrando un piccolo pacchetto dal comodino. «Potresti scambiare il sapone nel loro bagno con questa?» domandò tranquillamente, lanciandoglielo al volo.
«Liv» fece Lily sbucando dalla porta del bagno con un mazzetto di capelli rossi in mano.
«É un'innocua saponetta alle uova di rana!» si giustificò lei caricandosi la scopa in spalla. «Ci vediamo a cena» le salutò prima di sparire dietro la porta.
«Sempre se Potter non ti ridurrà uno straccio come sabato scorso!» le gridò dietro Mary affacciandosi in corridoio.
Per fortuna aveva smesso di piovere ed era uscito il sole. L’erba sul pendio per raggiungere il campo da Quidditch, dorata dalla luce del pomeriggio, era bagnata e scivolosa dal fango e dalle foglie secche sparse. 
Più volte Liv temette di arrivare agli spogliatoi con una lunghissima scivolata, specialmente quando Sirius le arrivò alle spalle, facendola stupidamente spaventare.
«Razza di cretino»
«Sei in ritardo oggi»
«Se per questo anche tu. Come mai non sei mano nella mano con Potter?»
«Avevo delle questioni urgenti da sbrigare».
Liv sollevò un sopracciglio nero con fare scettico. 
«Questioni urgenti da sbrigare? Nemmeno fossi un impiegato del Ministero»

«Trappole da mettere qua e là, Olivia. Ragazze da tenere a bada, le solite cose» continuò lui infilando le mani in tasca con un sorrisino furbo che Liv avrebbe volentieri preso a schiaffi.
«Ti capisco benissimo» replicò invece, sistemandosi la scopa in spalla e riprendendo a camminare con Sirius al fianco. «Anche io ho tardato per delle trappole» fece lei. Sirius la guardò di sottecchi, soffermandosi un po' troppo sul marrone caldo acceso e schiarito dal sole dei suoi occhi, la pupilla nera piuttosto ampia.
Liv allargò il sorriso. Subito dopo Erbologia era corsa nelle cucine per consegnare a Blinky due dolcetti Singhiozzini spiegandole che avrebbe dovuto offrirli a Black nel caso in cui lui sarebbe andato a cercare cibo.
Sirius rise portando lo sguardo fiero davanti a sè anche se il rosso sole delle cinque lo stava praticamente accecando. 
«Allora in giro ci sono così tante trappole che potresti benissimo cascare in una delle tue»
«Non sono così deficiente, Black»
«MCADAMS SEI UNA DEFICIENTE!»
James, rosso d’ira, la stava aspettando a braccia conserte davanti alla porta degli spogliatoi.
«Sono in ritardo di un minuto, Potter»
«IN UN MINUTO STEVENS...»
«NON FA UN BEL NIENTE! IN UN MINUTO NON FA UN BEL NIENTE!»
Liv non lo sopportava più. Ad ogni allenamento la parola che più sentiva era ‘Stevens’. Era così informata su Ned che quasi sapeva anche per quanto tempo si spazzolava i denti la mattina. James le aveva fatto memorizzare così tante informazioni su di lui da farla andare in tilt. 
Sapeva come volava, il suo modo di schivare i bolidi e di adocchiare il boccino. Ogni mossa che il Tassorosso utilizzava in campo lei la conosceva, ma quello che non faceva entusiasmare il Capitano era che Liv, nonostante tutto questo, non era pronta. Perchè un conto era conoscere le tattiche del nemico ed un altro saperle mettere in pratica. 
Quelle di Stevens erano davvero fuori dalla portata di Liv.
Regulus Black era stato davvero maledettamente subdolo anche se James era convinto al cento per cento che quella brillante idea di ritirare i Serpeverde dal primo turno fosse stata tutta di Piton.
«Sbrigati» ordinò James spingendola dentro lo spogliatoio dove gli altri giocatori aspettavano con dei leggeri sorrisi dipinti in volto. 
Liv li guardò uno ad uno cercando di capire il perchè di quell’aria rilassata ma nessuno fiatò.
Di solito l’unica cosa che si poteva respirare in quella stanzetta era semplice e pura ansia data da uno dei soliti discorsetti di Potter. In quel momento, invece, sembrava di essere ad una festicciola. 
Di sicuro a nessuno era capitato quello che qualche istante dopo, quando si infilò i guanti, le accartocciò il viso in un’espressione schifata.
«LETAME NEI GUANTI!?» gridò facendo voltare tutti quanti.
Sirius rise di cuore tra Michael, già con il casco in testa, e Morgan.
«E allora, McAdams?» sbottò James sollevando con sorprendente facilità la cassa con pluffa e bolidi. «La mano della squadra è esattamente in questa situazione... nella merda. Noi siamo così».
Liv restò basita, ignorando l’occhiolino sardonico di Sirius.
«Ma possiamo farcela anche se alla partita manca poco» continuò in un enorme sorriso. «Con il Quidditch tutto è possibile. Non siamo irrecuperabili. Esiste una soluzione: allenarci. Carter, ti ho preparato degli esercizi mirati per oggi! Tutti in campo, forza!»
Liv continuò a rimanere immobile sul posto, seguendo con gli occhi sbarrati James mentre usciva baldanzoso dagli spogliatoi.
«Ok, è strano» esordì Morgan afferrando la sua scopa da terra «ma ci va bene così, no?»
Carter annuì immediatamente, serrando le dita non più tremanti sulla mazza da battitore.

«Che nessuno gli chieda cosa gli è preso, per favore! Deve restare così almeno fino alla partita» bofonchiò prima di uscire dagli spogliatoi insieme ad un ridente Michael, più energico che mai. 
«Oggi parerò tutto, me lo sento!»
«Secondo me è una cosa passeggera» affermò Harrison, serio. «Non è mai stato così prima di una partita»
«Passeggera in che senso? Rimarrà così almeno per tutti gli allenamenti di oggi?» chiese Daisy con le guance in fiamme per via di Sirius che, al suo fianco, la fissava annuendo con decisione.
«Rimarrà così per tutti gli allenamenti di oggi, Smith, ne sono certo. Ma non credo che sarà un bene» le disse facendola arrossire ulteriormente.
La prima frase che passò per la mente di Liv fu ‘E tu che ne sai?’ che però non arrivò alle labbra perchè quello era Sirius Black, un’estensione fisica e mentale di Potter, era ovvio sapesse.
Sirius sapeva davvero quanto James avesse bisogno di sentirsi perfetto e capace, e sapeva anche che per sentirsi in quel modo si sarebbe concentrato soltanto su se stesso e non sull’intera squadra. 
James gli lanciò un’occhiata fugace prima di sollevarsi da terra e balzare in aria con una spinta.
La Pluffa sottobraccio era tangibile, reale, solida. James ce l’aveva stretta al fianco, pesava e aveva una forma precisa. Non era soltanto un pensiero che compariva su un poster di una motocicletta per poi scomparire qualche istante dopo.
Era sua anche se il vento, la velocità della scopa e le mani di Morgan e Daisy cercavano di rubargliela. Rimaneva sua fino agli anelli che attraversava senza alcun problema. 
Ne aveva abbastanza delle cose che lo facevano apparire ridicolo e sbagliato. Almeno dentro quel campo tutto doveva andare come lui voleva, o meglio, come andava sempre: alla perfezione. 
Tutto era sotto controllo, e lo era per davvero. 
Superare Daisy con il vento tra i capelli e fare un giro della morte sopra Morgan era così semplice. Era quella la sensazione giusta e James la respirò tutta insieme all’aria fredda di Ottobre.
Lui era capace, forte e sicuro, lo era e non c’erano più gli stupidi dubbi.
Le sei pluffe sfiorarono testa, braccia e gambe di Michael c’entrando gli anelli senza intoppi, errori o indecisioni. Tutto sotto controllo, come la scia dorata che schizzò vicino al suo orecchio e che fermò all’istante dopo qualche secondo. Sarebbero andati alla grande! La partita era praticamente vinta.

«Potter?»
«McAdams segui il boccino in silenzio!»
«L’hai appena preso tu»
«Ah».
Lasciò andare la piccola pallina alata e Liv sfrecciò al suo inseguimento nello stesso istante in cui lui partì in picchiata, di nuovo diretto verso i suoi anelli, senza nemmeno far caso alla squadra.
«MI VUOI MORTA, CARTER!?» stava gridando Daisy sbracciandosi dalla scopa in direzione del battitore che sventolava la mazza, scusandosi in tutte le lingue del mondo.
«Non l’ha fatto apposta, Daisy!»
«Sta’zitto Harrison! Dovresti tenerlo d’occhio! Se ci spezziamo un braccio adesso siamo fottuti!»
«Già! Io devo parare Pluffe non Bolidi! Qui ci sono più bolidi che altro!»
«Le pluffe però ti arrivano, Michael! Eppure non ne stai parando nemmeno una, o sbaglio?»
Michael avrebbe voluto ribattere a tono, sfidando il cacciatore a prendere il suo posto ma rimase zitto, cercando di concentrarsi per prendere l’ennesima pluffa di James. 
Non ci riuscì. Parare le pluffe di James era come afferrare boccini, più che palle tonde erano scie rosse quelle che ogni volta si vedeva accanto.
«Forse perchè le pluffe che mi arrivano non sono le tue, Morgan?! Quelle le prenderei tutte come niente!» gridò con rabbia e frustrazione sistemandosi il casco sulla testa mentre il Capitano, con la pluffa di nuovo in mano dopo averla rubata senza nessuno sforzo ad una Daisy allibita, tornava all’azione volando con la sua solita naturale bravura dimenticandosi che a parte lui c’erano altri cacciatori a cui passare la pluffa.
«VINCEREMO! TRANQUILLI! STATE ANDANDO ALLA GRANDE! HO TUTTO SOTTO CONTROLLO, RAGAZZI!» esultò James subito dopo aver fatto il trentesimo goal.
«ALLA GRANDE UN CORNO!» gridò Liv appesa a testa in giù sulla scopa per schivare un bolide di Carter mentre il piccolo boccino brillava ormai a metri di distanza da lei.
«MCADAMS, BASTA CON LE POLEMICHE! RIMETTITI DRITTA E PRENDI QUEL DANNATO BOCCINO!»
«POLEMICHE? L’UNICO CHE HA TUTTO SOTTO CONTROLLO SEI TU!»
James sorrise, fiero. Sì, aveva tutto sotto controllo ed era così che doveva andare, era quella la sensazione che James Potter doveva sentire, sempre.
«Rincitrullito!» lo richiamò Sirius stiracchiandosi sull’erba illuminata dal sole.
Lui l’aveva detto che il nuovo umore di Ramoso non sarebbe stato un bene per la squadra.
 
 
 
 

 

 

*

 
 
 
 



«É proprio questo che dicevo, Mary!»
«Io ce l’ho da parecchio tempo. Me l’aveva regalato mia nonna per il mio...»
«Sì, bravi e belli piccioncini... Remus, hai visto i miei calzini fortunati?»
Remus guardò allibito Sirius che si era intromesso tra lui e Mary sollevando con poca accortezza le pile di libri sparsi sul letto del prefetto.
«Di certo non sono qui, Sirius, ti pare?» gli disse cercando di fargli capire di piantarla di fare lo scemo ma Sirius continuò a frugare tra le coperte, ignorando lo sguardo perplesso di Mary.
«Mi servono, adesso. Se permetti mi devo fare una doccia prima di vedere una ragazza, Remus, ti pare?» ribattè Sirius allontanandosi dal baldacchino per inchinarsi e cercare anche sotto al comodino.
Sentendo la parola ‘doccia’, Mary si ricordò del sapone alle uova di rana di Liv.
«Posso andare un attimo in bagno?» chiese, incerta, sperando con tutta se stessa di non risultare stramba.
«Certo, vai pure»

«No»
Mary rimase bloccata mentre Remus fulminava con uno sguardo severo Sirius.
«Perchè dovrebbe entrare? Va nel suo, no? Non è così lontano»
«Vai pure, Mary, lascialo perdere. Mi dispiace per il disordine»
«Devo lavarmi io!»
«Non stavi cercando i tuoi calzini fortunati, tu?»
«Stai cercando i calzini fortunati, Felpato?» esordì James entrando nella stanza insieme a Peter proprio quando Mary sparì dentro al bagno. «Susan o Jane?» chiese con la faccia di chi la sapeva lunga.
«La prima delle due che troverò» rispose Sirius ammiccandogli. Non era colpa sua se non si ricordava chi delle due aveva quelle fossette, doveva per forza scoprirlo a tutti i costi.
«Fai schifo, Felpato» commentò Remus cominciando a sfogliare il libro di Mary.
«Chiedilo a loro se faccio schifo, Lunastorta» ghignò lui contagiando anche James.
Peter si lanciò sul suo letto, afferrando al volo una rivista di Quidditch. «Non tornare tardi, c’è da sistemare la map...»
«C’è da finire il tema di Lumacorno, Peter» lo bloccò velocemente Remus per sviare l’argomento ‘Mappa’ o Mary, in bagno, avrebbe sentito chiaramente tutto.
«Sarò qui in un batter d’occhio, farò veloce»
«Sempre più schifo» commentò sconcertato Remus.
 
 
 


 

*

 
 

«Potter è strano» fece Liv sedendosi sul baldacchino di Lily.
«E lo scopri adesso, Liv?» disse lei dal bagno sfilandosi la matita dallo spettinato chignon che si era fatta per la doccia.
«Agli allenamenti stava praticamente giocando da solo dicendo che niente sarebbe andato storto» continuò Liv.
«Mi sembra un suo normalissimo comportamento, che c’è di strano?»
«Con il Quidditch non è mai stato egoista, Lily. ‘La squadra prima di tutto’».
Lily fece spallucce, continuando a non vederci niente di strano. Potter voleva essere il migliore, tipico.
«La prossima volta mi porto la bacchetta in campo»
«Liv» la redaurgì in tono ammonitore Lily uscendo dal bagno.
«Non può continuare così! Sembriamo un branco di Knarl su delle scope e non una squadra come si deve!» obiettò lei prima di essere sovrastata dalla risata contagiosa di Mary che rimbombò prima in corridoio e poi dentro la stanza dove Liv e Lily guardarono l’amica ridere più forte, lanciandosi sul primo letto che trovò.
«Dovevate vedere Black! Dovevate vederlo! Quella saponetta è uno schifo! Era pieno! Il bagno... i capelli... quelle uova rotolavano da sotto la porta!»
Liv ghignò, orgogliosa, ripensando al letame di drago trovato nei guanti ore prima. 
«Era furioso?» chiese speranzosa. 
Mary annuì, asciugandosi gli occhi. «Una belva! Doveva farsi la doccia per vedersi con una ragazza... credo che tarderà un pochino all’appuntamento!» rispose con ancora la risata sulle labbra.
Meglio cosìsi ritrovò a pensare Liv- Meglio così, se lo merita. Si merita tutto. 
«Comunque prima mi sono dimenticata di dirvelo» fece Mary, colta da un'illuminazione. «A Cura delle Creature Magiche è successa una cosa strana»
«Il professor Kettleburn ha di nuovo perso la gamba?» chiese Lily sollevando lo sguardo dal suo libro di Incantesimi. 
Mary scosse la testa. «No, dopo l’incidente dell’anno scorso se la tiene stretta. Intendevo, una cosa strana con Stevens»
«Ned?»
«C’è solo lui che si chiama Stevens al corso di Kettleburn, Lily»
«No, c’è anche Deanne di Serpeverde»
«Oh, è vero...»
«Ok, però dicci cosa ha fatto Ned» le interruppe Liv, curiosa, e Mary sembrò spendere guardandola lucidare distrattamente la sua scopa.
«Ehi, vedo che ti interessa» ridacchiò, maliziosa.
«É il mio giocatore avversario, Mary, se uno di quei mostri che studiate gli ha mangiato la mano destra vorrei saperlo»
«Sicura non sia perchè ti piace? Perchè se così fosse lui ne sarebbe felice, credo»
«Come, come?» s’inserì Lily, divertita.
«Prima di iniziare la lezione mi ha chiesto se ti vedi con Black, Liv» rivelò Mary scrutando l’amica con attenzione. 
Liv s’irrigidì, fermando la pulizia della sua scopa.
«Che cosa?» chiese sorpresa.
 «Tutti stanno dicendo che ad Hogsmeade eri con Black» spiegò Mary, e Liv si gonfiò di indignazione.
«Ma non avevamo un appuntamento! Questa scuola è pazzesca!»
«Quindi a Ned interessava sapere la verità?» riprese Lily con un sorrisino furbo. Mary rise, confermando senza indugi.
«Vedessi com’era attento mentre gli dicevo: No, Liv non sta uscendo con Black... è liberissima e in cerca di qualcuno”»
«Merlino, Mary...» sospirò Liv mollando la scopa sul letto.

«Cosa? Non è così? O forse c’è qualcosa con Black che non ci hai ancora detto?» continuò Mary fissandola con insistenza.
«Non c’è niente con Black» mise in chiaro svuotando la tracolla per cercare il libro di Trasfigurazione che non trovò.
«Allora è vero che sei libera e quindi Ned Stevens ha sorriso in modo smagliante per una verità e non una bugia!» esclamò Mary facendo ridere di gusto Lily.
«Vado a recuperare il mio libro di Trasfigurazione giù in Sala Comune, è meglio» annunciò Liv attraversando la stanza con grandi falcate decise.
«Liv, sarebbe più opportuno aspettare che ti chieda di uscire prima di catapultarti da lui in piena notte!» le consiglio ironicamente Lily rimettendosi a studiare con un sorriso sulle labbra.
«Lily Evans è un’idiota!» gridò lei dal corridoio.
La Sala Comune era vuota, o almeno così sembrava. Liv adocchiò il suo libro sulla poltrona che aveva occupato subito dopo cena. 
Fece per andare a prenderlo quando un singhiozzare soffocato spezzò il silenzio.
Il fuoco si stava spegnendo e la semioscurità non aiutava a capire chi fosse la ragazza disperata che piangeva in chissà quale poltrona o divanetto. 
«Tutto bene? Dove sei?» chiese Liv con voce pacata, guardandosi intorno.
Jane Phillips sbucò dalla poltrona rossa vicino alla finestra e Liv fece un passo indietro, improvvisamente decisa a prendersi il suo libro e tornare in camera.
«Cosa ci fai tu?» chiese scontrosa Jane tirando rumorosamente su con il naso.
«Il coprifuoco vale per i corridoi non per la Sala Comune, mi sembra. Potrei anche dormire qui se volessi» rispose Liv, altrettanto dura.
Stranamente, Jane non ribattè. Si asciugò il viso nel tentativo di darsi un contegno e spostò lo sguardo umido verso un arazzo. Sembrava distrutta, gli occhi chiari e le guance arrossate continuavano a bagnarsi di lacrime anche se lei tentava in tutti i modi di fermarle. Non aveva idea del perché quella ragazza la odiasse, ma non riuscì ad andarsene.
Liv afferrò il suo libro e restò lì impalata, non sapendo se voltarsi di nuovo verso la porta del dormitorio femminile o chiederle se avesse bisogno di aiuto. Non era affar suo scoprire cosa le fosse capitato di così tanto devastante, non erano decisamente in buoni rapporti e non le piaceva farsi gli affari degli altri, ma sembrava in difficoltà.
«A te non interessa o non lo sai?» sbottò Jane facendola sussultare per quel suo parlare all'improvviso. «Pensavo t’importasse di Black».
La frase ricca d'astio e il congome 'Black' facero prendere a Liv la decisione di darle le spalle per tornare in dormitorio. Aveva decisamente sbagliato, era la solita Jane.
«Avevo un appuntamento con Sirius, adesso» rivelò in tutta fretta Jane con una punta di fierezza che le raddrizzò la schiena. Liv si fermò alla base della scala, il manuale di Trasfigurazione stretto al petto dove il cuore cominciò a martellare, frenetico; qualcosa le disse che Jane voleva trattenerla lì, o forse non stare sola.
«Hai sempre criticato i Prefetti che escono in giro la notte» le ricordò con voce pacata e per niente severa, soltanto divertita. «E comunque a me non interessa del tuo appuntamento» continuò, per nulla sorpresa dall'informazione. Non era strano venire a sapere che Black ogni tanto aveva appuntamenti, anche se era da un bel po' che non si sentiva più qualcosa del genere.
«É chiaro che ti piace» soffiò Jane stringendosi nelle spalle. «Con quegli scherzi gli sei sempre attorno e ad Hogsmeade non eravate insieme?»
Liv rise, una risata bassa che si mischiò al battito del cuore. «Perchè non te ne vai da lui visto che vi dovete incontrare? Buonanotte»
«Quindi non ti piace?» la fermò di nuovo, Jane. 
Liv sospirò forte. «No. Non mi piacciono gli stronzi» rispose senza mentire. Mise il piede sul primo gradino e Jane parlò di nuovo, un sussurro quasi impercettibile.
«Stronzo, già» bofonchiò sistemandosi con nervoso le ciocche di capelli scuri attorno al viso smunto. 
Liv la guardò di sottecchi: Black doveva averle dato buca.
Per un secondo provò compassione per lei, quel rossore sulle guance e negli occhi le fece tornare in mente Daisy. E Violet, Jessica, Rose... Stronzo.
«Che cosa ti ha fatto?» sbottò con rabbia, senza nemmeno accorgersene. Le era venuta spontanea quella domanda, come se la stesse facendo non al Prefetto che la tormentava da un anno, ma ad una qualsiasi di quelle ragazze ‘fregate’. 
Jane la guardò di traverso, forse ponderando bene l’idea se rispondere in modo veritiero o no.
«Phillips» cominciò Liv, ammorbidendo il tono che si fece molto più complice con la ragazza. «Quegli scherzi li metto in atto soltanto per far pagare a Black tutte le cretinate che ha fatto in sei anni».
Jane sospirò, per nascondere un singhiozzo di pianto.
«E secondo me, prendere in giro le ragazze è una cretinata che va scontata come tutte le altre... se non di più. Quindi, dimmi dov’è quel bastardo» continuò Liv tornando tra le poltrone per posare il libro di Trasfigurazione sul tavolo più vicino. 
L’ultima parola prese alla sprovvista Jane che però si lasciò andare ad un piccolo sorriso.
«Dovevamo incontrarci nella Sala dei Trofei, ma a quanto pare ha dato appuntamento anche a Susan Wilson... quella Corvonero». 
Liv non le diede nemmeno il tempo di finire. Annuì per farle capire di aver afferrato la situazione e portandosi una mano nella grande tasca della felpa per controllare se aveva l’occorrente necessario, corse verso il ritratto. 
«Se mi togli punti dico a Lily che sei uscita dopo il coprifuoco» disse prima di attraversare il buco ed uscire in corridoio mormorando Desilludo’ con la bacchetta puntata su se stessa; rabbrividì alla familiare e fredda sensazione che le ruzzolò giù dai capelli fino ai piedi.
Adesso che ci pensava meglio, nascosta dietro un’armatura per evitare l'olfatto infallibile dell’odiosa MrsPurr, non aveva ancora punito Black per la questione ragazze.
Appena la gatta zampettò su per le scale, Liv uscì allo scoperto scendendole di corsa. 
Rimaledì per l’ennesima volta Godric Grifondoro per aver costruito il dormitorio al settimo piano e sperò di arrivare al terzo senza incrociare Gazza. L’incantesimo di Disillusione funzionava perfettamente soltanto se stava immobile, quel pazzo avrebbe di sicuro visto un'ombra tremolante se Liv gli fosse passata accanto correndo in quel modo.
Al sesto piano andò quasi a sbattere su Pix, al quinto intravide Gazza borbottare qualcosa in fondo al corridoio; corse così tanto sulle scale che la portarono al quarto piano chiedendosi se per caso lui non l’avesse sentita. Quando arrivò al terzo, il suo fiatone era l’unico suono che spezzava un pesante silenzio.
La porta della Sala dei Trofei era socchiusa giusto il tanto per poter guardarci dentro. Per la giustizia. Quella frase riuscì a non farla allontanare davanti alla scena che si ritrovò davanti.
Se Black e Susan non avessero avuto le labbra incollate e i corpi avvinghiati l’uno all’altro- per fortuna totalmente coperti-  si sarebbe potuto benissimo dire che stessero facendo un ottimo lavoro di pulizia a targhe e trofei del quale Gazza ne sarebbe stato molto orgoglioso. 
Sempre se non ne facevano cadere qualcuno, cosa non così improbabile visto che ad ogni bacio o ‘palpatina’ una coppa traballava sul suo piedistallo, colpita da un gomito di quella Corvonero o da una mano di Black che ogni tanto si allontanava dal fondo schiena coperto dalla gonna.
Liv afferrò una Pallottola Puzzola dalla tasca della felpa, non facendo nemmeno caso a stare attenta a non stringerla troppo. 
Lasciò scivolare la piccola pallina dallo stretto spiraglio della porta e la seguì con gli occhi bramosi di fervente spirito di vendetta mentre rotolava silenziosa come lei, fino ad urtare la scarpa di Sirius.
«Su... Susan?»
«Mh?»
«Cosa... cos’hai fat...?»
«Smettila di parlare, Sirius...ma che ti succede?»
Liv sorrise osservando la ragazza baciare il lungo collo di Black, Black con una faccia schifata e sconcertata che si staccò delicatamente Susan di dosso.
«Che hai fatto? Non senti questa puzza?» le chiese, stranito.
La ragazza spalancò gli occhi scuri, annusando l’aria.
«Io?! Io non ho fatto niente! Sei stato tu!»
«Non dire stupidaggini. Io non ho...» Sirius si bloccò a metà frase appena notò la Pallottola Puzzola vicino al suo piede.
«Cos’è?» chiese Susan seguendo il suo sguardo «Una biglia?»
Liv si allontanò da lì, non riuscendo più a trattenersi. Aveva anche sentito e visto troppo.
Senza spiegarsi come, le sue gambe la portarono alle scale che scendevano al piano terra e non a quelle che salivano al dormitorio. Quello che le ci voleva adesso era di sicuro una forte e confortante cioccolata calda, era il suo corpo che glielo stava chiedendo con urgenza e lei non poteva certo dirgli di no.

 

 

 

 


*

 

 

 

«Non è una biglia» fece Sirius con un piccolo sorriso incredulo a stirargli le labbra. Avrebbe scommesso dieci Galeoni che quella Pallottola Puzzola era di Olivia, la ragazza che non smetteva mai di stupirlo, divertirlo, attrarlo.
«Susan, devo proprio andare. ‘Notte» la salutò infilandosi una mano dentro alla tasca dove la Mappa se ne stava ben piegata. 
«Ma... Sirius! Non mi riaccompagni alla mia torre?» chiese sconvolta la ragazza cominciando a seguirlo fuori in corridoio. 
Sirius corrucciò l'intero viso in un'espressione frustrata. Ogni volta riportava le ragazze nei propri dormitori, era vero, ma in quel momento la cosa sembrava costargli parecchio. 
«Mi dispiace, Susan, non ho proprio tempo stavolta. La strada la sai, no?» le disse soltanto, ricominciando a camminare per svoltare l’angolo e poter tirare fuori la pergamena.
«Giuro solennemente di non avere buone intenzioni» mormorò dando voce ai suoi pensieri e picchiettando con la punta della bacchetta la carta che subito si rivelò. 
Non ci volle tanto per trovare quel nome, Olivia McAdams’ stava entrando nelle Cucine tre piani sotto di lui. La voglia di raggiungerla era pressante tanto quella di baciarla, dopo quella Pallottola Puzzola.





 

   
 
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