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Autore: David89    01/04/2009    1 recensioni
...Era lì. Potevo ucciderlo, fargli saltare il cranio. Premere il grilletto. Si, era lontano, ma in Russia addestrano anche i migliori cecchini del pianeta. Dicono. Cosa, cosa m'ha spinto a non ucciderlo? La croce del mio M40 con la sua bella faccia in mezzo. Vento leggermente da Ovest. Stavo mirando alla donna a fianco a lui, sapendo che tanto avrei colpito la sua fronte, un buco in testa. PUM! Un lavoro pulito. Sarei ora in qualche isola del Pacifico. Sole, caldo, soldi e donne. Cosa potevo desiderare di più?...
Genere: Thriller, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 13.
Croissant e Caffè.




Nero. Come piaceva a me.
Non troppo lungo, un po' di latte sopra. L'inconfondibile profumo che m'arrivava sino alle narici.
A fianco una croccante e calda brioche, leggermente imburrata come da tradizione francese.
-Desidera altro, monsieur? -
Ero in un piccolo bar del quartiere degli Artisti, seduto ad un tavolo.
-No, grazie.- La cameriera, con un sorriso, se ne tornò al bancone.
Martin davanti a me. Sapevo cosa m'avrebbe detto.
Fumava, nervoso.
-E' tempo che te la lasci alle spalle. Noi tutti abbiamo sofferto la sua perdita, ma non possiamo farci più niente.-
Sarah ormai era morta. Giustiziata perché forse s'era impicciata troppo del mio caso, e l'avevano scoperta. Non m'aveva detto niente, e forse era l'unica a sapere qualcosa in più. Ormai quella cosa la stavo dimenticando. Ero troppo lontano per pensare di voler tornare lì, a Los Angeles, per chiarire le cose. Mi avrebbero aspettato, e sarei finito nella loro morsa.
Volevo vendicare Sarah, ma al momento non sapevo cosa fare.
Era caldo al punto giusto. Pocciai il croissant dentro la tazza, mangiando poi la pasta imbevuta di caffè. Una delizia per il palato.
-Elmet Musadh è morto, anche se la polizia è ancora sulle nostre tracce. Stanno cercando di risalire alla tua identità, e se pubblicano un identikit con la tua foto, siamo nella merda.-
-Jack?-
-Si è ucciso. Prima che la polizia potesse prenderlo. Ma lo sapeva. Ha voluto cinquantamila bigliettoni per il suo viaggio all'aldilà.-
Era sempre più buono, man mano che lo sorseggiavo.
-Cosa facciamo, ora? - chiesi, tranquillo, per poi posare gli occhi sulla sua sigaretta.
-Adesso dobbiamo aspettare che le acque si calmino un po'... Non fare cazzate in questo periodo, e vedi di non farti vedere troppo in giro.-
-Ha l'aria di una minaccia...-
-Non possiamo permetterci di fare errori. Non demorderanno, e forse non si daranno pace finché non ti troveranno. Ma di questo non dobbiamo preoccuparci. A tempo debito verrai fatto uscire dalla Francia, e portato in luogo più sicuro.-
-Perché non adesso?-
-Perché adesso ti stanno cercando, e anche se le frontiere oramai sono libere, setacceranno gli aeroporti, e faranno controlli a tappeto in tutte le zone. Dobbiamo solo aspettare. Ma credo che qui non sarai al sicuro ancora per molto...-
Pensai per un attimo ad una persona. Mi si illuminò il viso.
-Jean...- proposi.
-Escluso.-
-Non sa niente di me e di te... E finché farò la vita cittadina con lui, non correrò alcun rischio.-
-Ti rendi conto che è da almeno tre settimane che non ti fai vivo? Come minimo avrà avvertito la polizia, e magari gli avrà dato anche il tuo identikit, denunciando la tua scomparsa...-
Rimasi in silenzio. Martin aveva ragione. Non potevo correre rischi inutili. Chissà cosa m'avrebbe detto, vedendomi tornare... Si sarebbe insospettito...
-Merda!-
-Cosa c'è?-
-Merda, merda... Merda!- sbattei il pugno sul tavolo; la tazzina vibrò come se ci fosse stato un piccolo sisma.
-Allora?- Martin mi fissava preoccupato.
-Ho praticamente lasciato tutto da lui... Vestiti, libretto dei contatti che mi aveva dato.. Emily... La mia pistola... Cazzo, la Glock...-
-Ormai avrà già trovato tutto allora... In questo tempo avrà di sicuro sbirciato tra le tue valigie...-
-Non penso, o meglio... Non credo...-
-Devi andare a riprenderle? Sono così importanti per te?-
Annuì, nonostante non avessi niente di così fondamentale, a parte la Glock. Ma era un dono di Sarah, e non potevo abbandonarlo lì.
-Non puoi andarci da solo, e neanche presentarti di persona... Ci andremo questa notte, se ci tieni così tanto... - aggiunse, spegnendo la sigaretta nel portacenere.
-Va bene, grazie. La serratura non dovrebbe essere un problema... Spero solo che non abbia buttato le mie cose, o peggio averle portate alla polizia, o nascoste.-
-Vuoi correre questo rischio?-
-Si... Tentiamo, almeno...-
Mi fece cenno di sì con la testa, per poi alzarsi dal tavolo, prendendo la sua giacca dall'appendiabiti.
Mi alzai anch'io. Avevo finito di mangiare.
Martin andò a pagare, mentre mi rimettevo la giacca che avevo lasciato sulla sedia del mio tavolo.
Guardai fuori. Era una giornata abbastanza tranquilla, gente indaffarata come al solito, immersa nei loro affari o nei loro pensieri.
Mi riabbottonai la giacca, mentre uscivamo dal bar, iniziando a percorrere una piccola salita.
Infilai le mani nelle tasche profonde del mio cappotto, che mi arrivava fino alle ginocchia, guardando per terra, distratto solo dal guardare alcune vetrine che riempivano i lati della strada.
Martin era al mio fianco, e faceva altrettanto.
Passeggiammo per una mezz'oretta, senza dire niente l'un l'altro. Quasi avessimo litigato o chissà cosa.
Giungemmo senza neanche volerlo nei pressi della nostra abitazione.
Guardai verso il portone. Mi irrigidii.
Diedi una pacca sul petto con il dorso della mano a Martin, ancora immerso nei suoi pensieri.
Mi guardò, e io con gli occhi andai a mostrargli quello che potevo vedere davanti a me.
D'istinto portò la mano sulla tasca, ma lo bloccai.
-Cosa facciamo?- mi sussurrò, guardandomi negli occhi.
-Non è che se gli mostri la pistola, risolveremo il problema.-
-Ma... gli altri.. Dobbiamo aiutarli...-
-Ci prenderanno cazzo, Martin. Adesso passiamo davanti a loro tranquillamente, come normali persone. Forse è un controllo, ma non possiamo rischiare...-
Chiuse gli occhi, sbuffando, quasi per cercare di calmarsi.
Quattro volanti della gendarmeria stavano di fronte all'entrata del palazzo che dava al nostro appartamento. Molti poliziotti erano fuori, dispiegati quasi per controllare che nessuno entrasse dentro. Oltre le transenne, numerose persone, incuriosite dal gran trambusto. Più lontano un furgoncino, probabilmente del G.I.G.N. *
Iniziai a camminare, mostrandomi quasi incuriosito di ciò che stava succedendo. Martin era probabilmente dietro di me, che faceva lo stesso gioco.
Il furgoncino era apparentemente vuoto; probabilmente erano già entrati. Cazzo.
Sperai che non avessero reagito al fuoco, ma mi ricredei. Da una finestra potei sentire un colpo secco, esplosivo. Quasi una granata flashbang, o peggio, una Stinger.
Mi avvicinai, incuriosito.
-Cazzo fai?- mi sussurrò alle spalle Martin, ma non gli diedi retta.
Alcuni poliziotti erano impegnati a tenere lontani probabilmente i curiosi.
-Cosa sta succedendo agente? - chiesi, fingendomi preoccupato.
-Niente... Prego, stia lontano... Pierre, dammi una mano...-
Colpi di pistola. Vetri che si rompevano. Era iniziata la battaglia.
-Cosa sono quei colpi? Cos'è successo??- Altre voci si accavallavano, ma gli agenti erano impassibili, impegnati solo a tenere la gente quanto più lontana dalle transenne divisorie.
Non sarei riuscito a ricavare niente. Mi allontanai, raggiungendo Martin che trovai vicino ad una vetrina, dall'altro lato della strada.
-Allora?- mi chiese, appena lo raggiunsi.
-Sono entrati. Non resisteranno a lungo i tuoi...-
-Cazzo... Cazzo! - diede un pugno di sfogo sul muro accanto, incazzato com'era per la situazione.
-Andiamo... Non possiamo fare niente per loro... Dove hai la macchina?-
Mi indicò con il dito lungo la strada. - Laggiù, oltre quel ristorante. Lì c'è un parcheggio. L'ho messa lì...
-Perfetto, vieni, prima che sia troppo tardi. Dobbiamo andarcene.-
Era la prima cosa che mi balenò in testa. Fuggire, magari cercando un luogo dove sistemarsi, temporaneamente. Cosa ci facevamo ancora lì? Ci avrebbero scoperti, e molto presto.
Volevo scappare, non potevamo rimanere ancora in Francia.
Martin accelerò il passo, guardandosi certe volte indietro. Lo seguii, guardando se le nostre mosse non erano state in qualche modo intercettate dai gendarmi.
Nessuna reazione. Percorremmo in tutta fretta la strada, per poi sbucare in un cortiletto, dove erano parcheggiate numerose macchine.
Una Ford Ka nera ci stava aspettando. Era abbastanza orribile, però era piccola, e nel traffico cittadino era ideale. Era anche molto diffusa, e quindi non avremmo dato tanto nell'occhio.
Ci allontanammo abbastanza velocemente dalla zona.
-Dove pensi di andare?- mi chiese Martin, abbassando il finestrino per fare entrare un po' d'aria.
Lo chiedi a me? Pensai, mentre lo guardavo un po' stranito, perso un attimo nel guardare la strada.
-Lo sai dove voglio andare – risposi. Volevo riprendermi la Glock, era troppo importante per me.
-Va bene... Ma stanotte ce ne andiamo via, e dovremo trovare un modo per contattare la sede berlinese dell'Agenzia. Sperando che ci possano dare assistenza.
-Vorresti andare a Berlino?-
-Tu hai altre alternative?-
Lì per lì non me ne venivano, ma qualcosa mi diceva che dovevo tornare a Los Angeles, a cercare qualche notizia in più su Sarah. Tutti l'avevano abbandonata al suo destino, me compreso.
Volevo tornare a Los Angeles. Dovevo tornare a Los Angeles. A costo di finire nelle mani della polizia. Volevo capire cos'era successo. Perchè l'avevano scoperta, perchè l'avevano uccisa.
-Credo che tu debba andare da solo. In caso le cose dovessero mettersi male, ti aspetterò vicino a casa del tuo amico con il motore già in moto. E vedrò di prendere un paio di biglietti per Berlino.-
Guardava la strada, mentre stava affrontando una curva.
-Va bene... Spero di non metterci troppo....- speravo di non incontrare Jean.
-Ti lascio all'incrocio di Rue d'Amsterdam.-
L'unica strada che mi ricordavo.
-Grazie.-





NOTE:
*: G.I.G.N: Groupe de Securite et D'Intervention de la Gendarmerie Nationale. (I NOCS italiani).
  
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