30. Lettera 30

Versailles, 23 novembre 1786

Mia cara figlia,

sono a scriverVi oggi per porgerVi le mie scuse.

Uno scatto d'ira, un accumulo di tutte le tensioni di questi giorni, e la mia pazienza si è esaurita.

Non avrei dovuto schiaffeggiarVi.

Solo un'altra volta è successo, e da allora non ho mai più avuto un sincero confronto con l'altra mia figlia.

È stato il Vostro sguardo compiaciuto ad alterarmi, quando mi avete ribadito che non avete in nessun modo tentato di convincere Oscar a concedere un nuovo incontro al Maggiore Girodelle, come Vi avevo espressamente chiesto. E non solo, ma anche vedere la Vostra soddisfazione quando mi avete descritto di come Oscar si sia invaghita del suo servo, e che ha mostrato intenzione addirittura di disertare.

Non doveva essere per Voi, quello schiaffo.

Ma per chi allora?

Sono io che me lo merito. Io, che non ho saputo indirizzare la figlia in cui più confidavo, colei a cui intendevo lasciare il compito di rappresentare il nome della nostra casata una volta giunta l'ora del ritiro.

E ora cosa resta? Questi muri, questo palazzo, questi giardini, non sono niente senza l'onore di poterli nominare con orgoglio delle proprietà dei Jarjayes.

Sono qui seduto, accanto alla vasca dei pesci, che tanto Vi piaceva da fanciulle, quando passavate il tempo a contarli e a nutrirli. La luce del tramonto si riflette sull'acqua. Mi avvicino, e rimiro nello specchio questo volto, che ha tutti i segni degli errori commessi in una vita. Volto impassibile, di pietra, che invece avrebbe dovuto essere più benevolo, più comprensivo.

Come pesa ormai su queste spalle curve il fardello fatto di responsabilità, contegno, sacrifici, retorica, che ho scelto con ardore agli inizi, ma che giorno dopo giorno mi ha allontanato dai miei cari.

Vi prego, vi chiedo solamente di vegliare su di Lei, e se Vi è possibile di darmi Sue notizie, quando potrete darmene.

Ora so che l'ho perduta. Restatemi vicino almeno Voi. Ve lo chiedo come padre.

Cosa pensavo di poter comprendere? Davvero pensavo di riservarle un paradiso e non un inferno?

E invece sono rimasto, come un'anima persa, a nuotare in circolo in questa vasca dei pesci, anno dopo anno, correndo in tondo nello stesso posto. E alla fine, cos'ho dinnanzi? La stessa paura. Non rivederla più.

Vorrei che Oscar fosse qui.

Vostro padre

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N.d.A. La lettera del generale fu ritrovata negli anni '70 del ventesimo secolo da un musicista inglese che la usò per descrivere la mancanza del suo chitarrista: "Wish you were here", Pink Floyd.

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Infine, nota delle Autrici.
... eccoci arrivati a mettere il fatidico The end a questo dialogo epistolare delle sorelle Jarjayes. 
Il nostro grazie particolare va a:
- Sigfrido di Xanten, il nostro tormentato e innamoratissimo André;
- Il Censore, intransigente e poi nostalgico Generale;
- Lucy71, amorevole e saggia Mme Marguerite. 

E poi, ovviamente, il nostro grazie collettivo, di Sorelle+Special Guests, è a tutt* voi che avete letto con partecipazione, cura e affetto. 

Il nostro "gioco delle parti" per il momento si conclude qui. Ma non per sempre! Stay tuned, chissà che non arrivi qualche sorpresina a chi si è divertito con questa storia! ;) 
Nel frattempo vi abbracciamo virtualmente ma "con forza",

Pamina71 & VeronicaFranco

alias 
Le sorelle Laclos