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Autore: FairySweet    02/04/2016    2 recensioni
L'aveva lasciata andare o almeno ci aveva provato. Non poteva restare ancorato ai suoi occhi, non poteva vivere dei suoi ricordi perché altrimenti si sarebbe perso nel mare vuoto delle lacrime.
Ora però, in quel dipinto ancora mezzo vuoto, prendeva vita un volto d'angelo che costringeva il respiro a rallentare ...
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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                                                                      Assomigli al suo Sorriso






Stava sbagliando, per l'ennesima volta sbagliava ma che altro poteva fare? Sua moglie era scappata, via, lontano da lui in cerca di risposte che non lo avrebbero aiutato, in cerca di qualcosa, qualcuno che ora non voleva più nella sua vita perché se l'avesse vista di nuovo, se si fosse trovato davanti a quegli occhi ancora una volta, non sarebbe più riuscito a dirle addio.
Inspirò a fondo stringendosi più forte nel mantello, c'era freddo, il gelo entrava nelle ossa, condensava il respiro costringendolo ad uno sforzo enorme, restare sveglio a guardare le stelle, restare sveglio a fissare un cielo cupo che non regalava più nemmeno i sogni.
Emile si sedette accanto a lui nascondendo le mani sotto al tessuto pesante “Ho parlato con il capitano, se i ghiacci saranno troppo fitti torneremo indietro” “D'accordo” “Andrè?” si voltò appena verso di lui attratto da quella curiosità lieve che gli colorava la voce “Non vuoi dirmi perché quella donna è così importante per Marie?” “Lei non è importante per Marie” tornò a fissare il cielo perdendosi con lo sguardo oltre il buio “Lei è importante per me” “Per te?” “Sono cresciuto assieme a quella duchessa, fin da quando avevamo cinque anni lei è stata il mio respiro, il battito del mio cuore. Suo padre mi ha regalato un posto accanto a lei per proteggerla” “E l'hai fatto?” sorrise scuotendo leggermente la testa “L'ho protetta dall'irrazionale battito troppo veloce del suo cuore, dalla sconsideratezza e dall'irruenza del suo carattere ma non l'ho protetta dall'amore” “Non puoi proteggere le persone dall'amore. Non è qualcosa che si può decidere, non puoi scegliere di non amare” “Anche se quell'amore è tra una contessa e un servo?” il bel volto del giovane si tese appena in una smorfia di confusione.
Non aveva mai raccontato a nessuno quel particolare attimo della sua vita, quel ricordo che nemmeno Marie conosceva fino in fondo perché lui, troppo geloso di quel sorriso, l'aveva chiuso a chiave nel proprio cuore “Ero io l'amore da cui avrei dovuto proteggerla, ero io quel sentimento. Non sono stato abbastanza attento, mia nonna mi ripeteva continuamente: stai lontano da lei Andrè, non si gioca con il fuoco” “Ti sei scottato” “Mi sono scottato” Emile sospirò alzando lo sguardo verso le stelle “Mi sono scottato e ora le bruciature di quel fuoco vivono ancora sul cuore ma lo rifarei, lo rifarei ancora e ancora. L'ho avuta solo per me, l'ho amata. Ricordo il sapore delle sue labbra, il suo sorriso quando i raggi del sole spuntavano dall'orizzonte e quei baci frettolosi prima di lasciarla sola nella sua stanza” “Ma ora è sposata” non rispose, non si mosse nemmeno.
Restava semplicemente lì, ad ascoltare parole che non riconoscoeva, parole che forse erano solo mera fantasia “Ha un marito, è una duchessa ed una madre. Perché l'hai lasciata andare?” “Non avrei mai voluto farlo. Non ho scelto io” “E allora chi ...” “Un uomo reo di aver complottato ai danni della corona assieme ad altri. Le ha sparato una, due, tre volte, è caduta e ha picchiato la testa così forte da non ricordare più nemmeno il suo nome. Ho sbagliato ancora Emile, io non ero lì a proteggerla e l'ho persa” “Ma potevi riaverla, potevi ...” “Suo padre mi ha nascosto la verità. Pensavo fosse morta” una lacrima scivolò via dagli occhi costringendo il ragazzo a trattenere il respiro, non l'aveva mai visto piangere ma di fronte a quel dolore, nemmeno un uomo forte come lui avrebbe resistito.
Posò una mano sulla spalla di Andrè stringendola con forza, lo sentì sospirare poi di nuovo la sua voce “Quando l'ho rivista ho perso ogni forza, è stato come avere qualcuno accanto che pezzo dopo pezzo ti strappa via il cuore e lo getta al suolo. Non ricordava niente di me, di noi. Suo padre l'ha protetta, l'ha trasformata in una donna, la stessa che da giovane aveva mascherato dietro al colonnello delle guardie reali di sua maestà. L'ha cresciuta come un uomo tutta la vita assecondando il suo egoismo ma quando ha rischiato di perderla, ogni sua certezza e sparita e le ha regalato un mondo che non esiste e ora, ora lei sorride e ama un uomo che non sono io” “Non hai nessuna colpa Andrè, non hai scelto per lei, nessuno avrebbe dovuto farlo. Non si può cambiare una persona a proprio piacimento, nemmeno per riparare ad un'errore” “Posso capirlo, posso provare a comprendere perché suo padre l'abbia fatto ma non posso perdonarlo” “Non devi, ma per come la vedo io Andrè, forse parlare assieme alla duchessa può aiutarti. Guardarla negli occhi e ritrovare per qualche istante la donna che amavi può regalarti la pace che cerchi. Hai sposato mia cugina, so quanto bene le vuoi ma so anche che un amore così grande come quello che hai vissuto non può essere dimenticato” “La distruggerei Emile. Se le parlassi di noi, di quei giochi allegri e spensierati, dell'amore che nutriva nei confronti del duello la distruggerei. È sposata, è felice, che diritto ho di farla soffrire?” ma l'altro sorrise “Per questo mia cugina è scappata?” “Marie è convinta che da qualche parte in fondo al cuore, lei ricordi il mio nome e se fosse così, se lo pronunciasse almeno una volta allora potrei essere libero di dormire senza incubi e di tornare lo stesso uomo di sempre” “Ed è così?” “Voglio solo prendere mia moglie e tornare a casa niente di più” un marinaio si avvicinò a loro con due tazze fumanti.
Ne prese una tra le mani lasciandosi cullare da quel tenero calore che scioglieva di nuovo il sangue nelle vene.
Chiuse gli occhi abbandonando la testa contro il legno fresco e un debole sorriso prese il posto dello sconforto “Che c'è?” domandò confuso Emile “Mi sono chiesto mille volte come sarebbe se suo padre non l'avesse allevata come un uomo?” “Assomiglia ai tuoi pensieri almeno un po'?” domandò divertito l'altro sorseggiando il suo tè “È uguale all'immagine che mi ero fatto di lei. Quel sorriso è ancora lì, sembra spensierata e felice e so che lo è ma nei suoi occhi, in quell'azzurro cristallino ho visto il fuoco. Era mascherato e assopito dietro all'acqua ma pronto a lambire ogni suo sentimento, proprio come quando eravamo bambini” “Mi sarebbe piaciuto conoscerla, saremmo andati d'accordo” ma Andrè rise scompigliando leggermente i capelli del ragazzo.
Avevano un viaggio lungo e incerto davanti e la compagnia di Emile era un ottimo balsamo rinfrescante sulle ferite del cuore ancora troppo doloranti.




Strinse più forte la spada sollevandone la punta, l'uomo di fronte a lei sorrise e una stoccata colpì la lama della giovane.
Indietreggiò di colpo evitando con leggerezza ogni affondo, sembrava danzare nell'aria fresca come una di quelle donne vestite di ghiaccio che accompagnavano gli dei nelle loro passeggiate.
Il braccio sinistro si allargò permettendole di trovare un'equilibrio pressoché perfetto “Vi arrendete?” “Mi conoscete duca?” gli occhi azzurri del giovane si piegarono in un sorriso carico di sfida.
Karl Gustav era l'ultimo dei cinque fratelli e l'unico ad assomigliare così tanto a Nils.
Era alto come lui, con bellissimi occhi azzurri di cielo che a volte si fondevano al mare, i capelli sciolti e scuri come l'ebano e un bel sorriso luminoso sulle labbra.
Giovane e spensierato, amava ogni attimo della sua vita e lo faceva con la gioia che un ragazzo di vent'anni riesce a trovare perfino in un no “A volte mi chiedo come faccia mio fratello a sopportarvi tutto il giorno Sofie” “Sofie? Davvero?” “Che c'è? Non è forse il vostro nome?” “Non mi hai mai chiamato Sofie” esclamò fermando di colpo quel gioco “Allora forse preferite Vivianne?” “Non sei divertente” ma il sorriso che le colorava le labbra era un dolcissimo preludio di quanto sarebbe accaduto di lì a poco.
Le dita si strinsero con forza attorno all'elsa dorata e in pochi secondi, la posizione di guardia tanto perfetta appartenuta a suo padre era lì, davanti agli occhi stupiti del duca.
La camicia testa sulle linee delicate del suo corpo, sui muscoli scattanti della schiena, sul seno e pantaloni scuri avvolgevano gambe meravigliose.
Si stringevano attorno al polpaccio, ai muscoli della coscia fermandosi poi sui fianchi dove un nastro di seta scura si avvolgeva delicatamente formando un nodo leggero.
I capelli erano sciolti, fermati di lato da un pettine di diamanti che impediva a quelle ciocche lunghe e ribelli di coprirle il volto.
Suo fratello aveva ragione, Helena era fuoco, un fuoco che si assopiva quando diventava madre e moglie di un importante uomo di stato ma che esplodeva violento all'improvviso, quando tutti i rigidi cerimoniali della corte sparivano e restava solo la libertà di quel mondo immenso.
Sollevò la lama davanti al volto, la vide chiudere gli occhi qualche secondo, il piede destro scivolò in avanti e il braccio sinistro seguì quell'affondo tenendola nella giusta posizione, il cielo si infranse contro la lama lucente costringendolo ad indietreggiare.
Un colpo, un altro ancora, ogni fendente era scoccato con precisione.
Faticava a seguire il suo ritmo, la velocità dei suoi passi era impressionante e sicuramente figlia di lunghi allentamenti.
Si mosse velocemente di lato evitando un nuovo attacco ma la lama di Helena danzava nell'aria incantandolo fino a quando, pochi secondi dopo, il rumore della spada al suolo mise fine al duello.
Scoppiò a ridere battendo le mani “Sei meravigliosa” “Ma di che ...” “Vieni!” esclamò divertito prendendola per mano “Dove andiamo?” “Non fare domande, ho una sorpresa per te” “Karl ...” le parole si bloccarono di colpo quando le braccia del giovane si chiusero attorno ai suoi fianchi.
La sollevò da terra costringendola a ridere, che sforzo poteva mai significare per lui? La teneva con un braccio ben salda alla sua spalla camminando poi verso la porta.
Sentiva i suoi gomiti sulla schiena e le ginocchia sul petto che si muovevano appena nel tentativo di liberarsi “Guarda che se continui a muoverti così ti lascio cadere” “E poi chi lo spiega a tuo fratello?” ma lui rise ignorando quella tenera protesta.
Attraversò il corridoio passando accanto alla governante “Inga? Ti prego aiutami” ma la vecchina alzò gli occhi al cielo sbuffando “Ho una sorpresa per lei, se ora scappa non la troverò più” per tutta risposta la donna posò un mantello di velluto pesante sulla schiena di Helena costringendola a sospirare.
Karl rise continuanto a camminare, scese le scale poi il corridoio decorato da alte colonne di marmo e l'aria fresca del mattino.
Nevicava, avevano aspettato la neve come un assetato aspetta l'acqua ed ora era lì.
Leggerissimi fiocchi che si posavano al suolo incuranti della meraviglia che portavano negli occhi delle persone “Eccoci qui” la posò per terra, un paggio si avvicinò a loro reggendo la giacca dell'abito di Helena, la prese aiutandola ad infilarla “Mi hai portato nella neve?” “No” puntualizzò divertito allacciandole il mantello sotto al collo “Ti ho portato qualcuno veloce come il vento del nord” lo sguardo confuso sul volto della giovane lo costrinse a ridere, si spostò leggermente di lato permettendole di capire.
C'era un bellissimo cavallo bianco a pochi metri da lei, lo stesso che suo marito le aveva regalato ma non era un sogno, era lì, di fronte a lei “Ma che ...” “Sorpresa!” la mano della giovane si posò sul muso dell'animale scendendo lentamente sul collo muscoloso “È partita qualche qualche ora dopo di te. Nils pensava che averla qui ti avrebbe resa un po' meno insopportabile” “Safir” sussurrò Helena perdendosi negli occhi del cavallo “Bentrovata piccola mia” “La sella è un regalo di mia madre” sfiorò con le dita i finimenti intarsiati d'oro seguendone le linee fino a quella sella scura lavorata da mani abili.
Vi era inciso il suo nome e ogni cucitura seguiva un gioco di intrecci e linee, si univano e si separavano creando disegni complicati che custodivano lo stemma della famiglia reale al loro interno “È bellissima” “Ti piace davvero?” ma quel sorriso luminoso era già una risposta.
Un lieve cenno della mano, il giovanotto al loro fianco sparì per poi tornare pochi minuti dopo con uno splendido cavallo dal manto lucente.
Uno stallone colorato di notte, un animale forte e muscoloso che sotto le carezze del giovane diventava un gattino indifeso “Andiamo” “Vuoi perdere anche questa sfida?” ma lui non rispose, montò in sella stringendo con forza le redini.
Helena scosse leggermente la testa infilando la punta dello stivale nelle staffe, montò Safir sistemando le gambe attorno ai suoi fianchi.
La schiena dritta, le spalle rilassate mentre studiava ogni centimetro di quel corpo fremente imbrigliato dalle redini.
Karl socchiuse leggermente gli occhi seguendo ogni suo movimento con lo sguardo.
Quella era di nuovo Helena, la stessa che aveva incontrato anni addietro.
Era arrivata come una tempesta nelle loro vite, aveva sconvolto ogni loro giorno lasciando cadere quella pioggia di gioia di cui ora si nutrivano.
Giovane, irruente, ostinata e con una forza pari a quella di suo fratello, cresciuta per ereditare un titolo e un grado, allontanata dai piaceri frivoli delle giovani dame e poi d'improvviso buttata in quel mondo.
Non era cambiata, era sempre la stessa pioggia che lavava via le paure e il passato, che impediva a suo padre di tornare ad essere lo zio fiero e altero di un re, un uomo distaccato, lontano, freddamente legato alla sua famiglia e ai suoi figli.
La vide sollevare il cappuccio nascondendo i capelli, gli occhi pieni di gioia mentre con forza spronava Safir al galoppo.
Rise divertito da quell'esplosione di forza e senza pensare a niente, spinse il cavallo in avanti correndo assieme a lei.  
  
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