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Autore: JunJun    22/03/2005    3 recensioni
(ex "Il potere del cuore")(ipotetico sequel dell’anime)[FANFIC IN REVISIONE, revisionati i capitoli dall'1 al 46]
Non ci sono scuse: Pai, Kisshu e Taruto hanno fallito la loro missione, ed è inaccettabile che gli esseri che hanno tradito Profondo Blu e il loro popolo restino in vita. Riusciranno i tre fratelli a salvarsi dalla pena capitale? E frattanto, a Tokyo, chi sono i tre nuovi avversari contro cui dovranno combattere le nostre eroine? Tra scontri, misteri e nuovi e vecchi amori, storie parallele di umani e alieni si inseguono ed infine si intrecciano perché tese verso uno stesso obiettivo: impedire la distruzione della Terra, il Pianeta Azzurro.
-- Strambo elenco di alcune delle cose che è possibile trovare nella fanfic (non necessariamente in ordine di elencazione): Kisshu, Pai e il suo passato, Ichigo, Ryo, storie d'amore probabili e improbabili; nuovi personaggi, assurdità e amenità varie, cristalli, Minto e l'Amleto a caso; Nibiru, Zakuro e i suoi fan, Retasu, dark!Retasu, Platone, sofferenza; teorie sugli alieni, ooparts, complotti vari ed eventuali, enigmi, labirinti, chiavi mistiche (ora anche in 3D), Purin e Taruto; umani e/o alieni psicopatici, atlantidei, sorpresa!, sofferenza. --
Genere: Azione, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Kisshu Ikisatashi/Ghish, Nuovo Personaggio, Ryo Shirogane/Ryan, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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08/02/2014, day #1: Rileggendo questo primo capitolo mi sono resa conto che l'impresa in cui mi sono imbarcata è disperata djkfsdklfsd.
Ho aggiustato quanto potevo, ma in generale vi prego di perdonarmi per questi primi capitoli: dieci anni fa avevo appena iniziato la mia carriera (?) di fanfiction-writer. 





 - Capitolo 1: Ritorno a casa -

{I tried so hard, and got so far
But in the end, it doesn't even matter
I had to fall, to lose it all
But in the end, it doesn't even matter…}
Linkin Park, In the End



Era un brivido di gioia, di sollievo, o forse un tremito di paura, un angosciante tuffo al cuore? Kisshu non riusciva a comprendere le emozioni che gli procurava la consapevolezza di essere ritornato sul suo pianeta natale.
L’astronave su cui era a bordo insieme ai suoi fratelli Pai e Taruto stava per entrare nella sua atmosfera invivibile, così diversa da quella terrestre...
…la Terra, il Pianeta Azzurro.
A Kisshu mancava, e molto. Erano ormai trascorsi già molti mesi da quando l’aveva abbandonata per sempre.
Durante quell’infinito periodo di viaggio spaziale, sebbene avesse a lungo lottato contro ciò, la mente dell'alieno era spesso tornata sulla Terra. Flashblack non voluti di ricordi avevano continuato a riaffiorare nella sua testa: parole, azioni, errori, sofferenze…dolorosi sentimenti che aveva cercato di lasciarsi alle spalle, inutilmente. Un’immagine, in particolare, gli era riapparsa più volte davanti agli occhi.
Grandi occhi castani vivaci, capelli rossi…
...ma ormai era lontana.
Non doveva più pensare a lei; ormai era a migliaia di chilometri di distanza da lei.
Era tornato a casa.
Kisshu aveva già sprecato troppi pensieri per Ichigo Momomiya. E, mentre cercava di scacciare per l’ennesima volta il ricordo del sorriso dolce di quella terrestre, realizzò di essersi dimenticato il modo in cui si eseguiva la manovra di atterraggio…
“Bottone rosso o giallo...?” continuava a ripetersi l'alieno, fissando con poca attenzione il quadrante dei comandi, una delle poche cose visibili nell’abitacolo della navicella immersa nella penombra. “Se inizio a premere tasti a caso, è la volta buona che Pai mi fa fuori.”
Istintivamente, Kisshu si voltò verso di lui: il suo compagno più anziano era seduto alla sua sinistra, nella postazione centrale; era impegnato ad azionare i comandi ed analizzare i dati che gli forniva il computer di bordo. “Con la solita espressione da funerale,” constatò Kisshu.
Eppure, c’era c'era qualcosa di strano in lui: Pai continuava a fissare i comandi dell’astronave, ma nel contempo era come se il suo sguardo li stesse attraversando. Kisshu lo notò e decise di indagare.
«Pai?» chiamò. La sua voce squillante squarciò il velo di silenzio che si era creato fra loro da ormai troppo tempo.
«Uh?» fu la risposta indifferente.
«Quanto ci manca all’arrivo nell'atmosfera?»
«Poco.»
«Quanto ci manca all'inizio delle manovre di atterraggio?»
«Poco...»
«Eh, e quanto ti manca quella Retasu?»
Pai sbarrò gli occhi. Durò solo un istante, poi riprese il controllo delle sue emozioni. «Ti raccomando, ripeti qualcuna di queste idiozie anche davanti al Consiglio. Ne saranno felici, davvero...» sibilò scostante, a denti stretti.
Le labbra sottili di Kisshu si incresparono in un ghigno quando notò che le guance pallide del suo compagno si erano colorate di rosa. “Colpito e affondato,” pensò, soddisfatto.
Taruto, che fino a quel momento era rimasto in silenzio a fissare distrattamente il monitor, sollevò appena la testa per chiedere annoiato al fratello maggiore: «Vuoi dire che dobbiamo andare al Consiglio...?»
«Si,» fu la sua risposta secca. «Dobbiamo rispondere del nostro operato e–»
«Come credi che prenderanno la notizia della morte di Profondo Blu?» lo interruppe il bambino.
«Lo sanno già. La scomparsa di un'entità potente come Profondo Blu non passa inosservata. E’ come se, di punto in bianco, una stella sparisse dalla nostra galassia. Ma comunque ho continuato ad inviare rapporti finché Profondo Blu, nella foga del suo combattimento, non ha distrutto il comunicatore. Per cui sul nostro pianeta ma sanno tutto, compreso–»
Pai si interruppe di colpo. Tornò a fissare il monitor, e dopo qualche secondo digitò alcuni comandi sulla tastiera. Si morse l’interno della guancia, realizzando che aveva parlato troppo.
Ora l'alieno si sentiva addosso gli sguardi curiosi dei suoi fratelli, o meglio, di suo fratello Taruto e di Kisshu, il fratello adottivo immaturo e petulante che nessuno avrebbe mai voluto avere. Forse era anche per questo che a volte non lo sopportava… ma Pai aveva giurato di proteggerlo, e per questo motivo sentì una stretta al cuore quando si rese conto che, per colpa sua, lui era ormai già praticamente morto. Forse poteva ancora salvare Taruto, adducendo come scusa la sua giovane età, ma Kisshu... Kisshu era spacciato.

«...sanno che cosa, Pai?» domandò il piccolo, con un tono indagatore davvero troppo serio per lui.
Il maggiore strinse le labbra. Purtroppo non c'era modo di rimediare a ciò che aveva fatto, e non sapeva come dirlo ai suoi compagni. «Siamo entrati nell'atmosfera, comincio le manovre di atterraggio,» dichiarò, chiudendo il discorso. Catturò l'occhiataccia che gli stava rivolgendo Kisshu.  «Se attivi lo scudo fresosferico, forse riusciamo ad arrivare vivi...» si limitò ad osservare.
Lui non smise di fissarlo, curioso e inquieto allo stesso tempo.
«E' il bottone nero, lì nell'angolo,» soggiunse Pai.
Kisshu schiacciò il tasto, ma non per questo parve calmarsi.
La fase di atterraggio impegnò tutti e tre, per cui non ebbero altre occasioni per parlare. L’astronave si immerse in una delle profonde voragini che squarciava la crosta del Pianeta Nero e dopo pochi secondi sfiorò il suolo sotterraneo. Terminati i controlli di routine, i tre alieni scesero dal veicolo spaziale per stiracchiarsi un po’ le gambe. L'aria esterna era respirabile, ma gelida. Si trovavano a centinaia di metri di profondità, nelle vicinanze del nucleo freddo del pianeta. 
Nibiru, il Pianeta Nero, così lo chiamavano: faceva parte del Sistema Solare, ma era così lontano dal Sole che non ne catturava neanche un misero raggio. La sua orbita viaggiava in senso opposto rispetto a quella di tutti gli altri pianeti del Sistema ed era così ampia da fargli trascorrere la maggior parte dei 3600 ater, ovvero anni terrestri che la componevano, fuori dal suo cerchio. Questo, tra l'altro, era uno dei tanti motivi per cui gli umani ignoravano la sua esistenza. Solo un popolo antico, i Sumeri, accennava a Nibiru in alcuni poemi epici.

Ma a nessuno dei cosiddetti nibiriani importava dell'interessamento degli umani per Nibiru. Loro lo odiavano: la sua superficie era inospitale e sconvolta da continue tempeste acide che la rendevano invivibile. Per questo motivo, per sopravvivere, erano stati costretti a costruire le loro città nel sottosuolo. Il dover vivere in quelle condizioni estreme aveva, nel corso del tempo, modificato in maniera permamente il loro fisico: da esseri simili agli umani quali erano inizialmente, i nibiriani avevano finito per trasformarsi in veri e propri mostri.
L'assenza di luce naturale aveva reso la loro pelle bianchissima; il loro corpo si era irobustito e i loro occhi ora riuscivano a penetrare il buio molto meglio di quelli di un felino. Infine, il loro senso dell'udito si era enormemente sviluppato, determinando la caratteristica forma allungata delle loro orecchie.
I nibiriani erano inoltre dotati di capacità molto speciali: potevano superare la forza di gravità e creare portali che connettevano diversi punti dello spazio fisico. I più abili riuscivano a sfruttarli persino per far apparire dal nulla particolari tipologie di oggetti. Ma l’uso di questi poteri, che nei tempi antichi avevano permesso loro di plasmare la Terra, era attualmente vietato dalle leggi del Pianeta Nero: i più disperati, infatti, avrebbero potuto usarli a danno della comunità. Così, per evitare trasgressioni, intorno alle uniche quattro città sotterranee del Pianeta Nero erano state predisposte particolari strumentazioni che inviavano continuamente impulsi atti a limitare le capacità dei nibiriani. L’unico modo per sfuggire ad essi era possedere un frammento dell'unico materiale in grado di rifletterli e sviarli: molto raro sul Pianeta Nero, sulla Terra era conosciuto con il nome di diamante. Solo le Guardie Imperiali – la casta elitaria di guerrieri il cui scopo era proteggere il Sovrano – e pochi altri fortunati avevano accesso a quel cristallo miracoloso.
Kisshu, Pai e Taruto, purtroppo, non erano tra di essi. Una volta localizzata la loro posizione e individuata la giusta direzione da prendere, i tre alieni rientrarono nella navicella e la usarono per raggiungere l’ingresso della Capitale, la città più vicina nonché la Sede del Consiglio.
«Che fortuna!» esclamò Taruto quando, dopo pochi minuti, scesero di nuovo dall'astronave. «Siamo atterrati proprio vicino alla Capitale!»
«Se non avessi fatto qualche errore di calcolo nell'inserimento delle coordinate iniziali, saremmo arrivati qui sin dall’inizio,» puntualizzò Pai, facendo arrossire il piccolo.
«Pai, credi che la prenderanno male?» domandò, cambiando argomento.  «Alla fine siamo tornati a mani vuote.»
L'altro sospirò. Non era ancora riuscito a passare sopra il fatto che le sue analisi avevano dimostrato che l'Acqua Cristallo recuperata sulla Terra, alla fine, era troppo poca per poter essere di una qualche utilità.
«Vedremo,» mormorò.

--

L'ingresso della Capitale era un gigantesco portellone di metallo scuro, chiamato il Portone. Era incastrato in una parete di roccia situata alla fine di un enorme tunnel.

Ai due lati del Portone vi erano due grosse sfere che emettevano una luce fioca: mentre Pai e Taruto parlavano, Kisshu aveva raggiunto quella più vicina e l'aveva sfiorata con le dita. A quel tocco, una luce più forte brillò nella sfera e al suo interno comparve l'immagine minacciosa di un robusto alieno.
«Fatevi riconoscere,» ordinò il Guardiano della Porta con voce profonda.
«Kisshu Ikisatashi, Pai ikisatashi, Taruto Ikisatashi,» sbuffò Kisshu con una certa noia. «I tre fortunati appena tornati dalla missione sul Pianeta Azzurro...quella di cui l'ater scorso non si faceva altro che parlare, hai presente? Quella per cui hanno fatto tutto quel casino per scegliere i guerrieri che sarebbero partiti insieme a Profondo Blu… Quella per cui, siccome le selezioni stavano degenerando in guerra civile, alla fine hanno scelto a caso fra chi si era proposto e hanno preso noi, che da quel momento siamo diventati più odiati di tutta la famiglia Enki messa assieme, antenati compresi… hai presente?»
«Ma certo...» sogghignò il Guardiano. All'inizio, nel sentire quei tre nomi, era rimasto a dir poco sconvolto ma, man mano che Kisshu era andato avanti con il suo sfogo, si era ripreso ed aveva assunto un'espressione alquanto pericolosa. «Vi apro subito...amici,» disse, e chiuse il contatto.
«Bravo,» borbottò Kisshu, prima che Pai lo raggiungesse e lo prendesse, stravolto, per spalle.
«Che cosa hai fatto? Che cosa gli hai detto?!»  esclamò.
«Ma che..la verità, no?!» replicò l'altro, stupito da quella scenata.
«Perché l'hai fatto?!»
«Perché non avrei dovuto farlo?»
Prima che Pai potesse rispondere, l'attenzione di tutti fu attirata dall'apertura di una porticina intagliata nel Portone: ne fuoriuscì di corsa un gruppetto di alieni, il cui volto era nascosto da un pesante casco di metallo scuro; indossavano un’armatura, erano armati di strane spade luminose, e, cosa più preoccupante, si dirigevano verso di loro.
«Pai,» mormorò Taruto, avvicinandosi spaventato al fratello, «che succede?»
«Io…» rispose il maggiore, con una nota colpevole nella voce, «nel mio ultimo rapporto, prima della battaglia finale... ho riferito che tu e Kisshu avete tradito Profondo Blu.»
Kisshu rimase a bocca aperta. «CHE COSA?!» sillabò. «CHE COSA HAI FATTO?!»
Non ebbe il tempo di aggiungere altro, perché ormai le guardie li avevano raggiunti e due di loro lo avevano afferrato per le braccia, immobilizzandolo. Taruto subì lo stesso trattamento, ma non si rassegnò ed iniziò ad agitarsi.
Pai, paralizzato dall'orrore e dal senso di colpa, non riuscì a fare altro che restare a guardare.

«Fratellone! Come hai potuto farci questo?!» strillò Taruto.
«Grazie per averceli riportati, soldato,» lo ringraziò invece il Guardiano, raggiungendolo. Gli fece un leggero inchino e poi gli rivolse un grosso sorriso soddisfatto. «Adesso questi traditori avranno quello che meritano,» disse con soddisfazione.
Pai non replicò.
«Già, grazie, grazie di tutto, fratello,» ghignò amaro Kisshu. «Ma, se proprio volevi liberarti di noi, avresti potuto...che so...? Buttarci fuori dall’astronave nel sonno...!» furono le sue ultime parole prima di essere portato via.

  
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