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Autore: AlexisRendell    03/04/2016    0 recensioni
[Guilty Gear]
In un mondo ostile, dove la guerra perdurata centinaia di anni fra uomini e Gear ha ridotto l'umanità a poche centinaia di esemplari, solo pochi di essi possono garantirsi un'esistenza pacifica.
L'utilizzo della magia è proibito a chiunque se non ai Nobili, i capi autoproclamanti di una società che sta lentamente morendo, sotto l'assedio dei Gear e degli stenti.
In questo scenario post-apocalittico, molti dei Reietti hanno accettato il loro infausto destino, ma qualcuno ancora cerca di lottare, senza abbandonare la speranza che tutto torni come era un tempo, e non cessa di ribellarsi ai soprusi di coloro che tentano ostinatamente di schiacciarli.
Alternative Universe della storia di Guilty Gear.
Genere: Angst, Guerra, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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𝓒𝔥𝔞𝔭𝔱𝔢𝔯 𝔉𝔬𝔲𝔯: 𝓗𝔬𝔩𝑦 𝔒𝔯𝔡𝔢𝔯𝔰
 
Era in ritardo. Parecchio in ritardo. Si era attardato più di mezz’ora oltre l’orario stabilito in quel dannato bar. Convincere Leo a tornare a casa senza inseguire l’uomo per mettere in atto un’inutile vendetta era stata un’impresa tutt’altro che facile.
Orgoglioso come l’animale del quale portava il nome, il giovane Lord non voleva saperne di lasciar perdere quell’inutile faccenda e semplicemente ringraziare che il Cacciatore non ci fosse andato troppo pesante, e stava tirando troppo la corda che reggeva la pazienza di Ky.
 
“Non hai un briciolo di orgoglio, Bambino?!” Gli aveva urlato, rifiutando l’aiuto dell’amico per rimettersi in piedi, ed il giovane aveva faticato parecchio a trattenere la voglia di lasciarlo cadere di nuovo a terra ed andarsene. L’orgoglio lo aveva anche lui, e sanguinava quanto il suo.
 
“E tu, non hai un briciolo di cervello?” I suoi occhi azzurri si erano fatti seri, e nonostante lo smacco subito puntavano dritti e determinati in quelli arancioni del Lord. “Se vuoi andare a farti ammazzare per la tua stupidità, fai pure.  Io me ne torno a casa.”
Si era avvolto nel pesante mantello azzurro, irato, ed aveva lasciato il locale. Nessuno oltre ai due giovani aveva ancora proferito parola, e forse era meglio così. Non avrebbe esitato a sguainare la spada contro chiunque avesse tentato di consolarlo, o prenderlo in giro.
 
Percorse la distanza che lo separava dal suo castello a grandi falcate, lo sguardo basso sui ciottoli della strada, e un forte dolore alla testa che sembrava non volersene andare.
Portò una mano dietro la nuca, aspettandosi di sentire sotto le dita la forma di un bernoccolo, ma le ritrasse fradice e vermiglie… sangue.
Il colpo era stato più forte di quanto si aspettava…
Senza pensarsi, si ripulì la mano sui vestiti, macchiando di rosso la stoffa candida, e posò le mani sul portone d’ingresso. Voleva solo tornarsene nella sua stanza,  farsi una rapida doccia e infilarsi a letto, cancellare i ricordi di quel pomeriggio, e soprattutto di quegli occhi color del fuoco che lo avevano umiliato in così pochi istanti.
 
“Siete in ritardo, signori- Signorino Ky? Quello è sangue?!”
 
La voce acuta di una giovane domestica lo ridestò dai suoi pensieri, procurandogli in compenso un’ulteriore fitta alla testa. Ritardo….?
Le concesse un’occhiata perplessa, senza fornire spiegazioni sul perché fosse ridotto in quello stato pietoso.
 
“Il Nobile Baldias vi sta aspettando… Ma forse sarebbe meglio- H-hey?”
 
dannazione’, fu tutto ciò che pensò. Si tolse il mantello, usandolo per ripulirsi frettolosamente il sangue dal collo e dai capelli,  e poi lo consegnò alla giovane. “Portatelo a lavare. Andrò ad incontrare Sir Baldias immediatamente.”
 
“Signorino, non mi sembrate nelle condizioni-“
 
“E’ un ordine.” La sua voce era stata ferma, ma un leggero sorriso scaldò il cuore della ragazza, che si inchinò e corse via con il mantello fra le braccia.
 

Ky si diresse vero la sala adibita a stanza del thé, dove era solito incontrare gli ospiti importanti, e bussò nervosamente.
Era sempre calmo  e calcolato, ma i membri del Conclave raramente si mostravano all’infuori del loro palazzo… averne uno nel proprio salotto non era di buon auspicio, e soprattutto… era in ritardo.
Bernard aprì la posta, facendo per chiedere cosa fosse successo, ma Ky alzò la mano, zittendolo, ed entrò.
Avvolto in un semplice capotto beige, e con cappello dello stesso colore calato sopra la maschera,  Baldias lo attendeva.
 
“Chiedo umilmente scusa per il ritardo, e per il mio aspetto.” Ky si avvicinò a lui, piegando poi un ginocchio a terra, con una posata in diagonale contro il petto. Così era solito prostrarsi davanti ai superiori.
“Ho avuto un contrattempo.”
 
La voce calma, quasi divertita, del membro del Conclave lo richiamò. “Ky Kiske. Sedetevi.”
 
Il ragazzo si alzò, sotto lo sguardo preoccupato del suo tutore, e prese posto dinanzi all’uomo mascherato, in una postura elegante e raffinata, nonostante il dolore alla schiena. Con le mani posate sulle ginocchia, attese che Bernard versasse loro due tazze di thé.
Una mera formalità. Baldias non avrebbe mai tolto la maschera, stranamente lunga, che gli copriva il viso, e Ky sentiva lo stomaco chiuso. Non solo per la sconfitta appena subita, ma anche per una strana paura che gli attraversava le ossa, nell’osservare quell’uomo che aveva di fronte. Aveva qualcosa di strano… innaturale, che non riusciva a capire.
 
“Sono qui perché ho qualcosa da riferirvi.” L’uomo spostò lo sguardo da Ky al suo domestico. “Desidererei farlo in privato.”
 
Ky si irrigidì lievemente. “Qualunque cosa abbiate da dire, potete dirlo dinanzi a Bernard. Affiderei a lui la mia stessa vita, e la fiducia che in lui ripongo è assoluta.” Il tono con cui pronunciò quelle parole fece trasalire leggermente il domestico. Nessuno discuteva gli ordini di un membro del Conclave.
 
Nuovamente, la voce dell’uomo mascherato si fece velata di un sottile divertimento, che Ky non poté non notare. La rendeva ancora più spaventosa di quanto già non fosse. “Il vostro affetto per quest’uomo è certamente degno d’ammirazione, ma nonostante ciò, vorrei parlare da solo con voi.”
 
Il biondo abbassò lo sguardo, stringendo le dita. Non poteva mettersi a discutere… ma Bernard gli dava sicurezza, in quel momento. Annuì, tuttavia, in segno di condiscendenza. “Bernard, vorresti scusarci…?”
 
“Certamente, signorino.” L’anziano domestico posò la teiera sul tavolino e si congedò con un inchino, lasciando i due soli.
Dopo qualche minuto di silenzio, durante i quali Ky fissò il liquido scuro nella tazzina in porcellana finemente lavorata, Baldias si alzò, camminando per la stanza, ed osservando i titoli dei libri posti sugli scaffali, senza però leggerli. Le braccia posavano, incrociate, dietro la schiena.
 
Erano stranamente lunghe, come tutta la figura di quell’uomo. Come se fosse stato preso e tirato per le estremità.
 
“Ky Kiske.” Ripeté il suo nome, e Ky tornò ad alzare lo sguardo. “Siete ancora giovane, e la gioventù è un periodo breve della vita, che va vissuto appieno. Solo per questo sorvolerò sul vostro aspetto attuale, e non vi rimprovererò di esservi presentato dinanzi a me in ritardo. Posso solo augurarmi che non accadrà più, in futuro.”
 
“Chiedo nuovamente perdono. E’stata-…”
 
“Sicuramente una fatalità. Non sono qui per interrogarvi sulle vostre scorribande.”
 
‘Beh, tanto meglio così.’ Pensò il biondo. Nel tentativo di rilassarsi almeno un po’, prese la tazza sorseggiando la bevanda zuccherina, mantenendo un rispettoso silenzio.
 
“Immagino sappiate che il nostro Re è, sfortunatamente, passato a miglior vita da poche settimane.” L’uomo in maschera ricominciò a camminare per la stanza, lentamente. “E che, dunque, necessitiamo di un successore.”
 
Nuovamente, Ky si irrigidì. Aveva già capito, e forse aveva dovuto capirlo già da prima di entrare in quella stanza.
 
“Mi sono consultato a lungo con i membri del Conclave, ed all’unanimità abbiamo ristretto il campo di scelta a tre elementi, tutti molto validi.
La scelta finale non è stata semplice… Ma voi, Ky Kiske, nonostante la maggiore età compiuta da poco, sembrate svettare sopra i vostri compagni.”
 
Questo lo sapeva. Spesso e volentieri i giovani primogeniti dei nobili avevano dovuto affrontare svariate prove, come tornei e duelli amichevoli fra loro, per mostrare le loro abilità e compiacere il loro re.
Sotto quell’aspetto, la loro società sembrava regredita ai tempi del medioevo.
Ky aveva sempre partecipato, e solo rare volte non ne era uscito vincitore.
Questa cosa non doveva essere sfuggita né al re, né ai suoi compagni… né ai silenziosi burattinai che dominavano nell’ombra sopra tutti loro.
 
“Voi mi lusingate.” Si schermì.  Sapeva dove sarebbe finito quel discorso, e molti dei suoi compagni e coetanei avrebbero ucciso per essere al suo posto… ma lui non era a quello che aspirava.
Da dopo la morte dei suoi genitori, non voleva altro che rimanere in pace, nella casa che loro gli avevano lasciato. “Ma sono certo che Lord Whitefang sarebbe un Regnante di gran lunga-“
 
“Lord Whitefang avrà anche lui la sua carica, Kiske.” Baldias non lo lasciò terminare la frase. “Vista la vostra giovane età, non troviamo saggio affidare il comando ad una sola persona. In via del tutto eccezionale, i re che governeranno questo posto saranno tre.”
 
Quell’affermazione lo lasciò stranito. Tre re?  Fece per chiedere, ma Baldias lo anticipò.
 
“Voi ed il vostro amico Leo Whitefang verrete investiti Re al sorgere della prossima settimana.” Per la prima volta da quando quella conversazione era iniziata, l’uomo si voltò a fissare il giovane, ancora seduto sulla poltroncina, con la tazza di thé mezza vuota in mano.
 
“Nobile Baldias.” Ky posò la tazza sul piattino, osservando quegli occhi gialli privi di sentimento. “Avete accennato ad un terzo-“
 
“Tutto a suo tempo, Kiske.” Non poté vederlo, da dietro la maschera… ma poteva quasi percepire l’uomo sorridere. “Quello che mi preme ora, è avere una vostra risposta.”
 
Una risposta. Se fosse stato per lui, Ky avrebbe rifiutato immediatamente.. ma aveva il fondato timore che un rifiuto non sarebbe piaciuto ai suoi superiori.
Chi non andava loro a genio perdeva tutto, veniva cacciato dalla città e mandato a vivere con i reietti.
Selvaggi, li chiamava il suo maestro. Ma apostrofava così anche Leo, a volte…
Circolavano storie orribili sul loro conto.
C’era chi diceva che i Gear avessero distrutto ogni forma di vita animale fuori dalle riserve, e quindi i reietti, per non morire di fame, cacciavano quel che potevano. A volte di frodo… a volte i loro stessi compagni.
Ky rabbrividì al pensiero.
 
“Sono indubbiamente onorato per la vostra proposta.” Proferì, con voce bassa ed educata. “Ma è una decisione così improvvisa…”
 
“Vi lasceremo qualche giorno per decidere. Ma confidiamo in una risposta positiva.” L’uomo mascherato posò gli occhi gialli sulla giovane figura che presto sarebbe divenuto l’uomo più importante della città, e brillarono cupi un ultima volta. “Ora, vogliate scusarmi, altri impegni richiedono la mia presenza.”
 
“Certamente.” Ky si affrettò ad alzarsi, sistemandosi brevemente i vestiti prima di inchinarsi una seconda volta dinanzi a Baldias. “Mi permettiate di accompagnarvi-“
 
“Conosco la strada.” Tagliò corto l’altro. “Inoltre, suppongo desidererete un po’ di tempo per riflettere, ora… e, soprattutto, darvi una ripulita.”
Gettò un’occhiata ai capelli del giovane, ancora colorati di sangue secco, che donava ad essi un’insolita tonalità arancione.
Ky lo ringraziò, aprendogli poi la porta per farlo passare.
 
Seguì con lo sguardo l’allampanata figura avvolta nel cappotto percorrere il corridoio che lo separava dal portone, poi uscire e scomparire alla vista.
 
“Bernard.” Chiamò il maggiordomo, che aveva atteso paziente li vicino, e prontamente gli si avvicinò. “Fammi preparare un bagno caldo, e cancella tutti i miei impegni per domani. Non voglio essere disturbato.”
 
“Signorino…”
 
“Te ne prego. Desidero rimanere nelle mie stanze fino a che non sarò io stesso a farmi vivo.” La voce del ragazzo era insolitamente stanca, il viso pallido. “Confido nella tua comprensione.”
 
Il maggiordomo non poté fare a meno di annuire, ed obbedire.
 
 
Saltò la cena, sentendo lo stomaco chiuso, e lasciò che i pensieri sfumassero insieme ai vapori dell’acqua calda che lambiva il corpo magro, ma ben allenato e tonico, nella vasca. Aveva bisogno di rilassarsi, e niente funzionava meglio di un bel bagno fra oli profumati e musica leggera, che riempiva la stanza di note classiche di un tempo passato tramite un vecchio giradischi.
 
Vi rimase immerso più a lungo del solito, ed una volta uscito si gettò esausto sul letto dopo essersi infilato una semplice vestaglia bianca, abbandonandosi all’abbraccio delle morbide coperte.
Ma, per quanto morbido e caldo fosse il suo rifugio, i pensieri non smisero di tormentarlo nemmeno quando, alla fine riuscì ad addormentarsi.
 
I sogni si susseguivano tormentati, vedeva scene di guerra, sangue, i suoi genitori che gli urlavano di correre.. e lui correva, e correva. Si agitava fra le lenzuola, e forse fu per quello che non si accorse del rumore del vetro infranto, né della figura che era appena entrata dalla porta finestra che dava sull’ampio balcone.
Nemmeno delle tende di velluto del baldacchino che venivano di scatto tirate.
 
Si accorse però della mano che si pose sulla sua bocca, svegliandolo di colpo e soffocando un urlo, mentre con gli occhi sgranati per il terrore fissava quella figura che aveva appena bloccato ogni sua possibilità di chiedere aiuto.
 
“Non pensare nemmeno di mordermi, Bambino.” Nel sentire la voce di Leo, non seppe nemmeno lui se tirare un sospiro di sollievo o un calcio ben assestato all’inguine dell’amico.
“Vestiti, ora.” Il suo sorriso non prometteva nulla di buono.
“Andiamo a caccia.”
  
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