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Autore: Lady Lara    03/04/2016    6 recensioni
"Anno domini MDCCXXVI XV giorno del V Mese . Diario di bordo .."
L'Irlanda e la Scozia subiscono il dominio dell'Inghilterra e le angherie di RE Guglielmo III. L'eroico pirata Captain Hook combatte la sua guerra personale. Qualcuno gli ha insegnato che si combatte per onore, per giustizia o per amore. Lui sceglierà quale uomo essere.
Chi è Lady Barbra, che lo assolda per una missione in incognito? E la donna che tutti chiamano "La Salvatrice"? Killian Jones è troppo scaltro per non capire che c'è altro oltre le apparenze.
Due anime che sanno leggersi l'un l'altra. Che succederà quando intenti e passione si incontreranno?
"Preferisco non averti che averti una sola volta e perderti per sempre .." Il dolore vissuto che rende oscuri e una nuova luce che permetterà loro di trovarsi ed amarsi anche se sembrava impossibile. Ciò che hanno fatto nella loro vita e ciò che faranno sarà per amore. Solo per amore.
Genere: Avventura, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Baelfire, Emma Swan, Henry Mills, Killian Jones/Capitan Uncino, Neal Cassidy, Neal Cassidy/Baelfire
Note: AU, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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XXV Amore e Morte

XXV Capitolo

 

Amore e morte … Eros e Tanatos

Due cuori ed una capanna …

Si può nascere in un castello, in una reggia meravigliosa e vivere in una fortezza, ma ci si può accorgere che anche una capanna, se dentro ci sono due cuori che si amano, si può trasformare in un magnifico palazzo.

Emma Swan Charming era una principessa, nata e cresciuta in palazzi nobiliari, servita e riverita da cameriere, dame di compagnia, inservienti, un vero e proprio stuolo di persone al suo servizio. Eppure era stata una principessa fuori dai canoni: un maschiaccio ribelle, pronta alla lotta. Viziata? Forse si, dall’affetto dei genitori e di sua nonna Regina, ma non nel senso che le veniva data ogni cosa che chiedeva. Era sempre stata una ragazza tendenzialmente autonoma, si mescolava tra la servitù del castello, osservava ed imparava. Aveva uno spirito democratico che nulla aveva a che fare con l’essenza del monarca. Principessa per blasone ma, umana e interessata agli altri, come ben pochi.

Vedere la casa di Killian ed essere lì con lui,  tra la vegetazione lussureggiante di un’isola misteriosa e sconosciuta, sentirsi la regina di quella pur piccola dimora, miniatura di un castello delle favole, tra le braccia di un “principe” pirata che l’amava e che lei amava, era tutto ciò che aveva scoperto di desiderare.

Il luogo era incantevole e l’uomo che aveva accanto le aveva detto che voleva venerarla come una dea. Quel primo pomeriggio, l’aveva amata intensamente e lei aveva ricambiato con ardore. Anche se fossero stati in una grotta, la luce che il loro amore emanava, l’ avrebbe trasformata in una reggia.

Non era un problema per la “Principessa” Emma, prendere una ramazza e spazzare la cucina, la sala da pranzo e le stanze tutte che componevano la grande e bella casa in legno che Killian aveva progettato e fatto costruire a Neverland.

Dopo essersi amati ed essere rimasti a coccolarsi per un’altra oretta, Emma si era alzata di scatto dal letto, annunciando a Killian che avevano le pulizie da fare, specialmente in cucina o altrimenti non avrebbero potuto cucinare! Emma non era una schizzinosa, semplicemente amava l’ordine e la pulizia e l’ambiente in cui pretendeva la massima igiene, era proprio la cucina.

Sapeva cucinare e spesso, nel suo palazzo, lo faceva per suo figlio. Anche sulla Jolly Roger aveva cucinato, per Killian, anche se si era trattato solo di una torta al cioccolato.

Killian, innamorato ogni momento di più, l’aveva assecondata e mentre la sua donna spazzava i pavimenti, lui, con uno straccio umido in mano, igienizzava le superfici. In fin dei conti lo stavano facendo per garantire ad ambedue il miglior confort possibile! Emma lo osservava con la coda dell’occhio e vedeva la sua euforia in quello che stava facendo. Killian era veramente felice di averla lì, tutta per lui, fischiettava allegro mentre puliva e lustrava i fornelli e il mobilio. Emma era felice quanto lui, aveva realizzato che, in fin dei conti, per essere felici bastava poco, già essere insieme era una grande ricchezza, avere l’indispensabile era abbastanza. Se fosse stato con loro anche il piccolo Henry sarebbero stati completi e veramente avrebbero avuto tutto ciò di cui avevano bisogno.

Stanchi, qualche ora dopo che avevano pulito tutta la casa, cenarono con le pietanze portate da Jambon, usando i piatti in stile inglese che facevano bella mostra di sé nella vetrina della credenza.  Ad Emma piacevano molto quelle ceramiche che riproducevano paesaggi e scene di caccia, in colore prevalentemente blu. Killian le spiegò che ciò che vedeva dell’arredamento del suo rifugio, veniva in buona parte dalla sua casa paterna di Drogheda. Era stato un modo per portare un pezzo della sua Irlanda con sé e ricordi dei suoi genitori. Anche sua madre Helen amava quelle stoviglie inglesi e le piaceva utilizzarle come ornamento della vetrina della credenza.

Come una normale coppia di sposi, dopo cena, si sedettero sulla veranda. Era caldo, il cielo terso e le stelle brillavano silenziose, mentre la luna di luglio, quasi piena, si rifletteva nelle limpide acque del laghetto sottostante. Killian amava guardare il cielo stellato e descrivere le costellazioni ad Emma, le conosceva molto bene, era una conoscenza fondamentale per un Capitano di marina.

– Swan se sei stanca ti porto subito a letto! L’ultima volta che ti ho parlato di stelle, mi hai mostrato il tuo “grande romanticismo” addormentandoti sul ponte della Jolly Roger!

 – Esagerato! Quello che dicevi era interessante, ma la tua voce così suadente mi ha talmente tranquillizzata e rilassata che mi sono addormentata!

– Dici che la mia voce ha questo effetto?

– Hai una bella voce Killian, se avessimo un bambino lo rassereneresti leggendogli favole la sera e lui si addormenterebbe!

– Un bambino … Emma … ti piacerebbe …

- Cosa Killian?

– Be … ecco … tu … ti piacerebbe se avessimo dei bambini … nostri?

 – A te Killian piacerebbe?

– Non mi rispondere con una domanda … l’ho chiesto prima io …

- Si Killian … sarei felice di avere un figlio tuo! Tu lo vorresti?

– Ho sempre sognato di avere una mia famiglia, il modello dei miei genitori mi è rimasto dentro. Sarei felice di avere figli e la felicità più grande sarebbe che tu … ne fossi la madre Emma. Riesci a darmi il senso della famiglia, nonostante a volte ti comporti come un maschio, ma sei contemporaneamente così femminile, sensuale e materna che … mi sconvolgi completamente …

- Sai Killian, quando ti ho visto con il piccolo Jim Sidney, come lo hai difeso, coccolato, tenuto in braccio … ho pensato che saresti stato un ottimo padre …

 - Emma … questa cosa del matrimonio decretato da Aquila Bianca …

 - Si?

– Ho pensato che anche se non è un matrimonio cattolico è sempre una cerimonia davanti a Dio, che si chiami “Dio Padre” o Manitù, si riferisce sempre ad un unico Dio!

– Si, quindi che vuoi dire Killian?

 – Tu ti sei sposata solo legalmente e ora hai un annullamento da ratificare, se … ci sposassimo veramente in questo modo … su quest’isola che sembra il Paradiso Terrestre … ti dispiacerebbe proprio?

 – Ho sempre immaginato una chiesa piccolina ed un altare, ma … qui … se mi guardo intorno, mi sembra tutto così mistico e intimo … no … non credo che mi dispiacerebbe! In fine ciò che conta siamo noi due e i nostri sentimenti. Io in realtà mi sento come se fossi già la tua sposa … ci comportiamo già da un po’ come una coppia sposata e anche se non lo siamo io … so che dovrei vergognarmi a dirlo ma … non mi sento in colpa per il fatto che siamo … amanti …

 - Già, questa è la definizione per chi si ama come noi e non ha un vincolo riconosciuto! Emma io vorrei gridare a tutto il mondo che tu sei mia e io sono tuo, quindi ... ora ti rivolgo un’ultima domanda …

Si alzò per mettersi in ginocchio davanti a lei, le prese la mano sinistra, dove brillò alla luna l’anello nuziale con diamante, appartenuto a sua madre, le depose un bacio sulle nocche bianche.

– Emma Swan Charming Pendràgon, hai già il mio anello al dito e non ne ho altri da presentarti, ma ti chiedo, con il mio cuore in mano da offrirti … mi faresti l’onore di diventare la mia sposa davanti a Dio, tra tre giorni, come ci ha detto Aquila Bianca?

Emma non immaginava che quel discorso, iniziato quasi casualmente, quella sera, sarebbe finito in quel modo. Sapeva che Killian desiderava molto sposarla, lo aveva già detto in diverse occasioni, ma quella proposta, fatta in quella cornice esotica, sotto una luna luminosa, sulle acque del lago che, poco prima, li aveva visti bagnarsi come Adamo ed Eva nel Paradiso Terrestre, la commosse profondamente e con gli occhi che brillavano di lacrime di felicità, gli rispose in un sospiro ciò che lui bramava di sentire.

 – Si!

Scese in ginocchio davanti a lui, gli sussurrò un altro “si” sulle labbra, guardandolo negli occhi. Non sapeva Emma se in quel momento fossero più luminose le stelle o i meravigliosi occhi di Killian, ma la felicità, che si rifletteva in loro, si rifletteva anche sul suo sorriso e i suoi denti regolari le sembrarono perle preziose. Gli accarezzò la guancia, la sua  barba le solleticò il palmo della mano, era soffice, gli portò anche l’altra al viso e lo guardò intensamente. Ringraziò mentalmente il Signore per il dono che per lei rappresentava quell’uomo straordinario, di una bellezza rara e per bellezza non intendeva quella esteriore, per quanto si potesse definire veramente un bell’uomo. Sentì il cuore nel petto come se fosse pronto a scoppiare, quanto lo amava! Non avrebbe mai saputo quantificare il sentimento che provava per lui! Voleva continuare a vederlo così: felice, spensierato … lui e lei … loro due e la natura che qualcuno, più in alto di loro, aveva posto a cornice di tanto splendore!

Non aveva altro da aggiungere, tutti i suoi pensieri, che probabilmente a Killian avrebbe fatto piacere ascoltare, non riuscivano facilmente a diventare parole e dopo quel “Si”, inclinò la testa offrendogli le labbra. Killian abbassò le palpebre sugli occhi luminosi, per ricevere quel dolce regalo e assaporare al meglio il contatto delle loro labbra.

Un bacio potrebbe sembrare qualcosa di semplice e sbrigativo, ma un bacio dato in quel modo, offerto con il cuore e vissuto con il pensiero, profondo, lungo e appassionato, è un bacio d’amore puro e vero, di un’intimità struggente, non dissimile da un amplesso. Il bacio d’amore unisce, da consapevolezza, da calore, da felicità e benessere. Ogni reazione psicofisica che un bacio passionale scatena, crea una chimica che si riflette su tutto il corpo, può non aver necessità di andare infondo con un completo atto sessuale perché lo comprende, ne è pregno.

Risollevarono ambedue le palpebre, verde  e azzurro si mescolarono nella bramosia della passione, si sorrisero e carezzarono reciprocamente il viso, sembravano non credere a sé stessi e ai loro occhi, per quanto si erano detto a parole e per quanto si erano detti in più con quell’umido, sensualissimo bacio. Non bastava ancora, la notte era lunga, la stanchezza era scomparsa, amore e desiderio diventarono la stessa cosa.

Killian si rimise in piedi tirando su Emma. Altri piccoli baci si depositarono sulla loro pelle. La tenne avvinta a sé, mentre lei con le braccia intorno al suo collo non smetteva di posare le sue labbra sul suo viso. La prese in braccio e mentre la mano di Emma, posata sul suo torace, poteva sentire quanto velocemente il cuore del suo amore corresse, velocemente allo stesso modo, si diresse in casa, raggiungendo quella che era diventata la loro stanza. Nessun’altra donna aveva mai varcato quella soglia. Killian voleva che lei fosse l’unica. La pose sul letto e lentamente, per godere di quel momento, attimo per attimo, si tolsero reciprocamente gli indumenti che vestivano. Il contatto dei loro corpi era così piacevole, ogni senso all’erta, dal tatto, alla vista, all’udito come all’olfatto e infine al gusto. Si assaporarono ancora con i loro baci profondi, le lingue che danzavano e le labbra che si succhiavano a vicenda, mentre le mani scorrevano, esplorandosi su tutto il corpo. Emma amava seguire la forma dei muscoli potenti di Killian, lo paragonava al Davide di Michelangelo, con la sua pelle giovane, liscia, perfetta e maschia. Non di meno Killian vedeva in Emma la perfezione di una Venere di Botticelli.

 In quell’isola lo scenario sarebbe stato perfetto per il grande pittore, ma Killian era sicuro che mai la sua opera sarebbe stata migliore dell’originale. L’originale era lì al suo fianco, così candida, calda, morbida e ospitale, profumava di fiori di campo, Zefiro le soffiava quel profumo tra i capelli, Aurora ne illuminava il viso e Primavera la venerava gettando fiori ai suoi piedi nudi. Continuava a baciarla, nutrendosi del calore delle sue labbra, mentre desiderava farle sentire ancora più piacere di quello che i loro baci potevano regalare. Percorse la linea dei suoi seni, scese lento verso il triangolo dorato tra le sue gambe, cercandola, chiamandola con i movimenti dolci e suadenti delle sue dita, schiudendo il suo prezioso scrigno, che si apri, desideroso, a lui, per mostrargli quell’unica perla, rara, in esso racchiusa. Quelle dita, delicatamente carezzevoli, si soffermarono per avvertire il calore di quel gioiello naturale, lo stimolarono e vi provocarono un turgore che, unito all’aumento del flusso di umori dell’eccitazione, permise lentamene alle dita di scivolare in quel mare tumultuoso. Il piacere che Emma provava, aumentava ogni volta in modo proporzionale all’aumento della loro intimità e alla fiducia che si creava ogni giorno di più tra lei e Killian. Lui aveva imparato cosa lei preferisse, conosceva quali movimenti la facevano gemere e sciogliere al suo contatto. Continuò, seguendo il ritmo che lei stessa stava stabilendo muovendosi contro la sua mano, soffocò i suoi gemiti continuando a baciarla, mente lei gli circondava il torace con le braccia e risaliva poi per accarezzargli i capelli scompigliati e la soffice barba delle guance. Ad un tratto Emma lo fermò, stupendolo, le chiese un muto “perché?” con il movimento del sopracciglio.

 – Mi dai sempre così tanto di te Killian! Voglio farti sentire anche io quanto ti amo, desidero farti sentire la stessa gioia che tu mi sai regalare, anche se non sarò brava abbastanza come vorrei.

Era sempre una sorpresa per lui, imprevedibile donna! Non attese molto poiché Emma scivolò via dal suo fianco e lo buttò giù sul letto. Killian rise, immaginando cosa aspettarsi dalla sua irruenta Emma.

– Vuoi la guerra Swan?!

 Per tutta risposta lei si chinò su di lui, lo carezzo sul torace, si avvicinò con le labbra ai capezzoli del suo uomo e li mordicchiò provocandogli un gemito di intenso piacere, li lenì avvolgendoli con la lingua e gli scatenò un ennesimo sussulto. Anche lei aveva imparato cosa piacesse al suo amore. Continuò così e come aveva fatto lui con lei, cercò la sua intimità, navigando sul suo addome con la mano aperta, chiudendola infine sul suo caldo turgore. Emma amava il tessuto di quella pelle sottile ed estremamente delicata, così tenero e potente contemporaneamente, simbolo della sua mascolinità e fonte di piacere per entrambe. Desiderò tanto baciare anche quella parte di lui e lo fece, provocando nel suo uomo un gemito profondo. Piccoli baci lungo la sua estensione, poi schiuse le labbra su di lui e seppe come muoversi, seppe quale ritmo usare e come carezzarlo nella parte più sensibile, usando la morbidezza della sua lingua.

 – Amore mio se eri preoccupata per la tua capacità, ti assicuro che hai un talento naturale, se continui così mi abbatterai in un momento, ti avverto che voglio averti tutta la notte …

- Non voglio che sia breve, dimmi quando vuoi che io smetta …

- Non vorrei che tu smettessi mai Emma … ma non voglio essere egoista …

Lei sorrise con sguardo furbo e lo atterrò nuovamente, ricominciando da dove aveva interrotto. Non ebbe bisogno che lui parlasse, si accorse dei suoi palpiti e del suo sforzo di trattenersi per lei. Interruppe quel gioco d’amore e Killian veloce, veramente come un lottatore, in un attimo la ruotò sulla schiena invertendo le loro posizioni e trovandosi su di lei.

 – Swan! Non pensare di sfuggire ai miei baci, amo il tuo sapore, non ne posso fare più a meno, ora stai ferma e lasciati andare …

Questa volta la preziosa perla, custodita nello scrigno dischiuso, fu catturata dalle labbra di un avido pescatore che giocherellò con essa, succhiandola e solleticandola con la punta della lingua, regalandole un piacere più intenso di prima, mentre dita avide di tesori nascosti si insinuavano scivolando profondamente, per regalarle sensazioni più forti. Fu un crescendo di onde che si susseguivano, piccole contrazioni percorsero i visceri di Emma e finalmente lui fu dentro di lei. Le catturò di nuovo le labbra, restando immobile  dentro di lei, godendo delle sue contrazioni intorno alla sua virilità e ricambiandola,  dandole quel senso di pienezza che lei amava, poi, reciprocamente, iniziarono a darsi l’un l’altro, muovendosi come il loro corpo desiderava, in una sincronia perfetta, sempre più veloce, mentre la ragione veniva prevaricata dall’istinto e dal desiderio reciproco. Due cuori e una capanna…

 

Il sole entrava dalla finestra e colpiva il viso di Emma. Si svegliò allungando il braccio verso Killian.

– Killian?!

Non era al suo fianco, si era alzato presto e un profumo aleggiava nell’aria. Emma si rese conto in quel preciso momento, in cui le sue papille olfattive sentirono l’odore di cibo, che era affamata. Si alzò, vide la camicia nera di Killian sulla sedia. Prese l’indumento e lo strinse al petto, sapeva di lui …

Scese scalza le scali, senza far rumore. Killian fischiettava la ballata della principessa addormentata, lo sentiva dalla cucina. Aveva acceso il fuoco nelle fornaci sotto i fornelli e, in una delle padelle di rame, appese sulla parete, aveva cucinato uova e pancetta. Emma lo vide a dorso nudo, con i pantaloni di pelle e i piedi nudi, che mescolava il contenuto della padella, si appoggiò allo stipite della porta e continuò a guardarlo in silenzio, ammirando la sua schiena atletica. Fischiettando lui si voltò ed incontrò il suo sguardo. Il fischio diventò di apprezzamento, restando momentaneamente senza parole e senza fiato. Lei indossava la sua camicia nera. Lo scollo lasciava intravedere l’incavo dei seni e la lunghezza appena le copriva la sommità delle gambe, snelle e tornite. L’aveva vista nuda diverse volte e stranamente, semivestita la trovava ancora più sensuale. Lasciò stare le uova, spostandole dal fornello per non bruciarle e le si avvicinò con un sorriso ammaliante.

 - Buon giorno mio raggio di sole!

Emma pensò che il vero raggio di sole fosse il sorriso di Killian.

 – Non immaginavo che la mia camicia ti donasse così tanto tesoro, ma temo che dovrai restituirmela, la tua credo che mi andrebbe stretta.

Continuò ad avvicinarsi a lei con sguardo ammiccante, la prese per i fianchi, strinse i suoi glutei nudi, avvicinandola al proprio inguine reattivo, poi la scorse con le mani su verso la vita, sollevandole la camicia fino sopra al seno. Appoggiata alla parete, lei lo lasciò fare. Chiuse gli occhi e inarcò la schiena, protendendosi verso di lui, che baciava il suo seno appassionatamente. Brividi intensi le corsero per la schiena e tornò a desiderarlo ancora.

– Emma … Emma … sei bellissima … e io non riesco a starti lontano un minuto …

Dovette fare forza su sé stesso per smettere di baciarla, si guardarono ancora negli occhi, avrebbero continuato e ricominciato, ma non si potevano nutrire di solo amore. Erano affamati anche di cibo e la colazione preparata da Killian fu deliziosa.

Quella mattina dovevano iniziare le ricerche del Rubeus Noctis, sarebbero andati al villaggio, Emma doveva visitare Bardo e dargli i medicinali  necessari, poi si sarebbero incontrati con Giglio Tigrato e Jefferson e avrebbero iniziato l’escursione verso la fonte del fiume.

 

Bardo era sveglio, bloccato sul suo giaciglio, il dolore era ancora piuttosto forte ed Emma diete indicazioni, alla paffuta moglie dell’uomo, su come fargli prendere l’antidolorifico durante la giornata. Killian intanto era uscito per andare a cercare Jefferson. Lo trovò che cullava tra le braccia sua figlia, anche quel giorno sarebbe stata accudita da Luna Calante, non potevano portarla con loro, era tropo pericoloso. Giglio Tigrato aveva preparato una gerla, con provviste ed acqua, da portare ed era pronta per partire. Erano quasi le otto di mattina e per ora di pranzo sarebbero arrivati alla sorgente. Insieme, andarono verso il tepee di Bardo per recuperare Emma ed avviarsi verso la montagna Calva.

L’idea migliore fu di risalire lungo il corso del fiume. L’acqua scorreva con il suo suono argentino, tra le siepi e sulle rocce. La vegetazione era bellissima. Tra le piante di palma di cocco e banano, spesso si trovavano grappoli di fiori variopinti che Emma non aveva mai visto, alcune erano piante di orchidea, Killian le conosceva fin da bambino, suo padre ne era un appassionato coltivatore, gli esemplari che ne custodiva gelosamente nella sua serra a Drogheda venivano da terre lontane, tropicali. A Neverland il clima era tendenzialmente tropicale.

Giglio Tigrato aveva fatto spalmare a tutti un unguento contro gli insetti, quella parte di isola ne era piena, il clima e l’umidità ne rendevano l’habitat adatto alla loro riproduzione. Killian raccolse un bellissimo fiore arancione, simile ad un lilium, con macule bluette che partivano dal suo interno e lo mise tra i capelli di Emma, che apprezzò molto il dono. Le sfiorò la guancia con una carezza e, con il movimento delle labbra, le mimò la frase “Ti Amo”. Emma portò l’indice alle labbra e gli inviò un bacio. Lui, con un gioco del sopracciglio, fece uno sguardo furbo, d’intesa, era un messaggio per “dopo”, quando sarebbero stati di nuovo soli. Emma sorrise scuotendo la testa.

 – Emma, Killian! Tra poco saremo arrivati! State attenti e guardate bene dove mettete i piedi! Potrebbero esserci piante piccole, velenose, nascoste tra altre innocue, da qui è possibile! In questo periodo la Sogna Ombra riproduce i semi. Anche loro hanno delle proprietà. Se vengono fatti in polvere o comunque macinati, possono fungere da sonnifero, una dose troppo alta diventa un veleno mortale. Ti farò vedere le quantità utili per l’uno o l’altro uso Emma!

– Ma toccarli a mano nuda sono pericolosi?

– No Occhio di Cielo, toccare i semi, o bacche, non è pericoloso, ma la loro polvere è bene che non venga a contatto con gli occhi o con la bocca in quantità eccessiva, come ho detto prima.

Killian temeva quell’arbusto, la sua esperienza era stata tremenda e non sarebbe mai riuscito a dimenticare la sofferenza atroce di suo fratello, nell’agonia procurata da quel veleno. Lungo quel percorso ancora c’era la testimonianza di quella sofferenza, poco dopo, infatti, giunsero davanti ad una croce di legno piantata nel terreno, era la tomba di Liam. Sulla croce, fatta di due tavole, ormai consunte dal tempo e dalle intemperie, era stato inciso: “ Captain Liam Jones dear brother”. Una serie di pietre erano poste a rettangolo, partendo dalla croce e la vegetazione si era impadronita di quel rettangolo, lasciando che una pianta arrampicante, con fiori a campanula, si impossessasse della croce. Killian si avvicinò e piegò un ginocchio a terra, tentando di estirpare qualche erbaccia. Emma gli si avvicinò e posò la mano leggera sulla sua spalla sinistra. Lui voltò il viso, deponendole un bacio sul dorso della mano, la sentiva emotivamente molto vicina. Nessuno dei quattro presenti parlò. Giglio Tigrato portò la mano destra al cuore e poi la stese verso la tomba, in segno di saluto, mentre gli altri, si fecero semplicemente il segno della croce.

Ripresero il cammino lungo il torrente, ma l’atmosfera si era intristita. Emma aveva preso per mano Killian che camminava un passo davanti a lei. Giglio Tigrato le si affiancò e un po’ per spezzare quella tristezza, un po’ per conversare, le rivolse la parola:

 - Posso chiedervi come mai ancora non vi siete sposati voi due?

Emma e Killian sbarrarono gli occhi, non si aspettavano una domanda così diretta, ma Giglio era fatta così, non era tipo da menar il can per l’aia. Jefferson alzò gli occhi al cielo e, stando dietro la moglie, questa non vide che scuoteva la testa rassegnato. Emma e Killian si guardarono negli occhi, si sorrisero e di rimando sorrisero anche alla donna. Parlò Killian per entrambe.

 – Giglio Tigrato, le nostre usanze non sono semplici e dirette come le vostre, io ed Emma ci conosciamo da meno di tre lune e lei è sposata. Anche se non lo fosse, probabilmente aspetteremo qualche altro mese, un periodo di fidanzamento per conoscerci meglio e poi il matrimonio …

 - Mi stai prendendo in giro Occhio di Cielo?! Le stelle dicono che voi due vi conoscete da infinite lune e una promessa vi farà ritrovare sempre, nel tempo e nello spazio!

Emma e Killian si guardarono esterrefatti, quella promessa se l’erano scambiata veramente, ma un paio di settimane prima. La Pellerossa ora era accigliata, quasi arrabbiata con loro, strinse le labbra imbronciata e si allontanò. I due innamorati non sapevano in cosa l’avessero offesa, se era offesa! Jefferson corse dietro la moglie chiamandola. Parlarono nella lingua di Giglio Tigrato, Emma non capiva una parola, vide la donna battere il piede per terra e indicare prima loro due poi il cielo, unire le mani a gancio e portarle al petto. Killian intanto era riuscito a forare una noce di cocco, fece sedere Emma su una pietra, accanto a lui e le porse la noce per farle bere il succo. Lui aveva capito le parole che i due si stavano scambiando. Jefferson aveva rimproverato la moglie per il suo comportamento, a suo dire indiscreto e lei si era fatta le sue ragioni, parlando di una profezia.

– Killian, tu capisci cosa stanno dicendo? Giglio mi sembra che si stia arrabbiando ancora di più!

 – Si Tesoro capisco, ma se te lo dico io, non ci crederesti, meglio che te lo dica lei stessa o se vuoi Fox!

Jefferson portò delicatamente le mani alle spalle della moglie, abbassò la voce, modulandola in modo suadente, poi la prese per la vita e la baciò, lei ricambiò e quando si sciolsero dall’abbraccio sorridevano, la donna si era calmata e mano nella mano tornarono da Emma e Killian.

– Vi chiedo scusa, Jeff mi ha fatto capire quanto sono diverse le nostre usanze, noi siamo meno complicati nei sentimenti e nel nostro modo di accettarli, siamo molto più liberi di voi. Se due giovani si amano, non ci sono troppe regole …

 - Tranne se il pretendente è di un altro popolo, perché allora deve passare per le forche Caudine, come è successo a me per averti, mia amata!

Giglio Tigrato sorrise ricordando le prove che suo marito aveva dovuto sostenere davanti a tutto il villaggio, per dimostrare di essere degno di sposare la figlia del Grande Capo.

– Non hai di che scusarti amica mia, ma vorrei chiederti cosa volevi dire pocanzi e se puoi spiegarci per quale motivo lo sciamano ha decretato che ci unirà in matrimonio tra due giorni, Killian mi ha detto che non è mai capitato un decreto simile da che vi conosce!

– E’ vero, Occhio di Cielo dice il giusto e io ti ho appena detto che noi siamo molto liberi. Tu non sai Emma, ma mio zio legge le stelle! Da tanto ha letto che quando il cigno tornava in questa luna, si sarebbero ritrovati il cigno e l’uncino per avere la possibilità che centinaia di lune fa gli è stata negata. Dice che secoli fa una donna ed un uomo si promisero che si sarebbero ritrovati sempre, nel tempo e nello spazio. Solo stando insieme la loro forza avrebbe portato il cambiamento nella terra in cui si trovavano, grazie al loro amore e a ciò che avrebbero fatto per amore. Ora il cigno vola alto nel cielo …

- Non capisco questo cigno …

- Emma, il cigno che dice lo sciamano è la costellazione Cignus, te ne avevo parlato, noi europei la chiamiamo solitamente Croce del Nord ed indica la rotta per le Americhe.

– Continuo a non capire cosa ha a che fare con noi e con il matrimonio …

- Capelli di sole, tu sei testa dura ... il Cigno ha due stelle gemelle, una blu e una gialla; per mio zio, quando ha visto che tu hai il potere della guarigione e i capelli di sole, Killian l’azzurro negli occhi e l’uncino, anche se ora non più, ha collegato voi due alle due stelle. Ora da poco il Cigno è sorto e prima che tramonti, se vengono uniti l’uomo con la donna, simbolo delle due stelle, la sorte diventerà propizia per quest’isola. Il cambiamento dipenderà da voi. Sono passati dodici anni, da quando lo sciamano ha letto questo e non era mai capitato di avere sull’isola due persone come voi, per questo lui ha fatto decreto, è giusto così e tu Capelli di Sole lo sai, anche con tutte le vostre usanze, tu già appartieni a Occhio di Cielo, sei nel suo tepee e giaci con lui, anche se da poco vi conoscete, lui ti ha fatta sua da prima che venissi sull’ isola, siete già uniti di vostra volontà.

Ciò che aveva detto Giglio Tigrato era vero, ma essendo cose intime e personali, Emma diventò di tutte le sfumature del rosso, Killian era imbarazzato più per lei che per sé stesso, Jeff non sapeva dove guardare mentre Giglio Tigrato era tranquilla e serafica. In ogni caso, Emma rimase molto turbata da tutto lo strano discorso, che avrebbe avuto una storia ed un inizio antichissimo e avrebbe visto due giovani, come lei e Killian, perdere la loro possibilità di amarsi, tanto che la loro promessa riecheggiava ancora nel tempo e nello spazio, fino a loro. Era tutto così assurdo, ma anche così simile al loro vissuto … credette di essere pazza e di aver sognato tutto il discorso, se pensava poi ai sogni che faceva da quando Killian aveva preso in mano la spada dalla lama ondulata, si poteva convincere ulteriormente che stava perdendo il senno!

 Ci possiamo rifiutare di celebrare questa cerimonia?

– Si potete, ma visto che vi amate e che state bene insieme, perché dovreste rifiutare di essere uniti davanti a Manitù e propiziarvi salute e discendenza?

– No, volevo solo sapere se possiamo decidere liberamente, io e Killian desideriamo essere uniti e ci piacerebbe celebrare questa cerimonia.

Killian tirò un sospiro di sollievo, aveva creduto che Emma avesse avuto un ripensamento. Chiusero lì quel discorso che li aveva imbarazzati abbastanza. Giglio Tigrato aprì la gerla e, visto che era ora di pranzo, si rifocillarono e riposarono un’oretta, prima di ripartire verso la sorgente del torrente.

Dopo il pasto, in un’altra ora di cammino, giunsero alla sorgente. Era completamente coperta dal Rubeus Noctis, o, come diceva Giglio Tigrato, “Sogna Ombra” . Gli arbusti crescevano rigogliosi, grazie al terreno umido e fertile. Si vedevano le spine acuminate della pianta e moltissime bacche mature. Facendo la massima attenzione alle spine, raccolsero tante di quelle bacche che Emma avrebbe potuto riempirne un contenitore di una decina di chili, le deposero nella gerla di Giglio Tigrato. Tra gli utensili portati dalla pellerossa, c’era anche una stola di pelle. Jefferson, aiutandosi con la spada, cavò dal terreno una piantina di Rubeus Noctis, tolse le spine con un coltellino a serramanico, rendendola innocua e la invasò in una ciotola di coccio. Con la stola di pelle, aiutato dalla moglie, la avvolsero per poterla trasportare senza rischi. Killian non era d’accordo, ma aveva deciso di accontentare Emma, le spine sarebbero rinate, era la natura di quella pianta, l’avrebbe custodita lontano da lei per il resto del viaggio, era più forte di lui proteggerla.

 

All’imbrunire arrivarono al villaggio. Luna Calante e Paul Jambon li attendevano, la piccola Grace corse incontro alla madre e lei la prese in braccio, poi fu il turno del padre. Nonostante fossero due anni che la piccola non vedeva il padre, il legame ottenuto nei suoi primi due anni di vita era molto forte. La piccina si raggomitolò tra le forti braccia di Jefferson ed Emma non poté che intenerirsi a vedere lo sguardo dolce e innamorato della figlia, dipinto sul volto di Fox. Killian osservava quel quadretto familiare con un lieve sorriso sulle labbra, senza dir nulla, ma Emma gli lesse nel cuore, sapeva che era ciò che anche lui desiderava.

Paul aveva cucinato per tutti. Un maialino selvatico finiva di rosolare allo spiedo, posto su due bastoni con in alto un incavo. Il profumo aveva attirato anche gli altri membri del villaggio, che si avvicinarono, ognuno portando una pietanza da condividere. Emma fu accerchiata dalle bambine che volevano toccarla, osservare da vicino i suoi lunghi capelli biondi, rari per loro e, come tutte le cose rare, preziosi. Giglio Tigrato rideva del suo imbarazzo e del suo rossore e le suggerì di lasciar fare, per le piccole lei rappresentava una specie di divinità.

 I maschietti trattavano similmente Killian, erano sorpresi che non avesse più l’uncino e quando lui si tolse la mano, fecero all’unisono un salto indietro, riaccostandosi poi come se fosse un atto di magia. Amavano Killian, erano abituati a sentirlo narrare storie affascinanti, li incantava. Emma aveva visto giusto sulle capacità di narratore del suo amato. I ragazzi più grandi ne ammiravano l’ abilità con la spada, aveva insegnato ad un gruppo di adolescenti a combattere ed ora i ragazzi si allenavano tra loro, con spade di legno. Probabilmente, con il permesso di Grande Aquila, prima o poi, avrebbero forgiato spade di metallo.

Poco distante dal villaggio, con la direzione di Nicodemo O’ Malley, Killian aveva voluto creare un laboratorio di falegnameria, dove, i giovani adulti imparavano a lavorare il legno, con la tecnica degli europei ed erano riusciti a costruire delle barche, che usavano per la pesca intorno alla costa dell’isola, mezzi sicuramente migliori delle loro canoe da fiume.

 La pesca era una delle risorse alimentari principali dell’isola. Non mancavano uccelli, capre e qualche maiale selvatico. Non essendo più una popolazione nomade, poiché stanziati sull’isola da tempo, coltivavano mais e grano. Le scorte che portava Killian servivano a rimpinguare i magazzini e a dare la possibilità di avere altra sementa da piantare.

Da ragazzo Killian aveva sognato di tornare con Liam a Drogheda e realizzare per la sua gente qualcosa di simile a ciò che stava sperimentando a Neverland, mai più avrebbe voluto vedere bambini soffrire la fame. La sua gente l’aveva aiutata con la pirateria, ora avrebbe dovuto inventare altro per la sua Irlanda, Captain Hook non esisteva più, lo doveva a Jamie, non poteva tradirlo e mettere a repentaglio la sua vita, ricomparendo in quelle acque. Meditava su come fare e pensava che Emma sarebbe stata la compagna perfetta per realizzare i suoi sogni umanitari, era come lui in quello e lo aveva dimostrato ampiamente con la missione nel Maine. Mentre la osservava, tra quelle piccole pellerossa, ridere serena, accarezzare quei visini ammirati e abbracciare le più piccoline, pensò che se fossero restati a Neverland, portando anche Henry, Emma avrebbe potuto fare molto per le donne del villaggio e per i bambini in generale. Quel popolo non sapeva ne leggere ne scrivere, avrebbero potuto aprire una scuola per loro, anche sua madre Helen, con l’aiuto gratuito del professor Hope, insegnante suo e di Jefferson, era riuscita, a Drogheda, a togliere dall’ignoranza tanti bambini, senza far distinzione di sesso. Emma somigliava, per molte caratteristiche, a Helen, Killian ne era completamente consapevole. Come suo padre, anche lui aveva trovato la “principessa” della sua vita. In quel momento sentì di amarla come non mai. Insieme potevano cambiare in meglio la sorte di quella umile e dignitosa gente, già il cambiamento era in atto.

Ripensò alla profezia di Aquila Bianca … forse qualcosa di vero o più di qualcosa c’era, Swan e Hook si erano incontrati veramente sotto il segno di Cignus. Il suo pensiero diventò ancora più determinato. Si alzò, andò da Emma, la prese per mano e la fece alzare. Lei era sorpresa e incuriosita.

– Vieni con me Emma! Dobbiamo parlare con una persona …

Lo seguì senza replicare. Killian la condusse fuori dal villaggio. Dove nessuno poteva vederli, si appoggiò con la schiena ad un albero. Il cielo era rischiarato dalla luna, ora completamente piena, le loro ombre si proiettavano lunghe sul prato, insieme a quelle degli alberi. La strinse a sé, possessivo e bramoso delle sue labbra. L’avvolse con tutta la passione del cuore e dell’anima e la baciò intensamente.

Poi controvoglia si sciolsero da quell’abbraccio.

 – Killian perché mi hai portato qui? Potevamo andare a casa!

 – Perché sono completamente pazzo di te Emma … ti amo mio cigno, ti amo da impazzire e non voglio più aspettare … la profezia … Emma … più ci penso e più mi convinco che ci riguarda. Il mio soprannome è stato Hook fino a poche settimane fa e tu sei Swan, uncino e cigno, ci siamo rincontrati sotto il segno della costellazione Cignus … non ho mai creduto al destino … ora non so … sento una forza che mi porta a stare con te, a proteggerti, ad amarti, ti ho già detto che la tua immagine è dentro di me da sempre … Ti ho portata qui, perché dietro a quelle siepi si trova il tepee di Aquila Bianca, vorrei che tu venissi con me a chiedergli volontariamente di unirci come aveva già decretato e come ieri sera abbiamo riflettuto io e te, dimmi che sei d’accordo ti prego …

Emma sorrise, per risposta gli depose un bacio sulla guancia, gli prese la mano e sussurrò:

- Andiamo Killian … andiamo!

 

Mentre si avviavano verso le siepi, Ala Grigia li osservava. Non si era fatta vedere per la cena ma, nascosta, li aveva spiati e poi li aveva seguiti. Aveva sentito il loro dialogo e sapeva ora quando avrebbe avuto la possibilità di agire. Presto … molto presto!

***

 

La notte sembrava impregnata di magia. La luna piena, di fine Luglio, sembrava più grande delle sere precedenti e illuminava a giorno il villaggio in festa. Nell’aria risuonavano i tamburi percossi al ritmo, festoso, tipico delle celebrazioni. Litanie, nella lingua dei pellerossa, accompagnavano quei suoni. Era un antico canto nuziale, che narrava del matrimonio tra il cielo e la terra. Killian camminava avanti e indietro, nel grande tepee adibito a sede delle riunioni del villaggio e delle cerimonie religiose. Il Capo, Grande Aquila e lo sciamano, Aquila Bianca, sedevano con le gambe e le braccia incrociate e i volti con la loro tipica espressione impassibile.

– Killy smettila! Che faremo quando Emma partorirà un vostro figlio, ti attaccheremo ad un albero per non farti fare un sentiero per terra?!

Jefferson gli si era accostato per portarlo a tranquillizzarsi. Erano presenti tutti gli uomini della ciurma quella sera e ridevano sotto i baffi del nervosismo del loro “coraggioso” Capitano.

Oddio! Un figlio! Si, ci aveva pensato, ne avevano parlato lui ed Emma. Si rese conto di dar spettacolo. Si sentì in imbarazzo, si sfiorò la guancia e l’orecchio con l’indice. Fece due lunghi respiri, doveva calmarsi. In fin dei conti era una cerimonia nuziale, mica il plotone d’esecuzione! Non vedeva l’ora di vederla, di stringerla a sé. Dal momento che avevano parlato con Aquila Bianca, questi aveva allontanato da lui la sua amata ed era stata ospitata nel tepee della purificazione. Lui aveva dovuto fare lo stesso e da quel momento non si erano più visti. Si chiese se anche Emma fosse nelle sue condizioni pietose. Un giorno di lontananza e gli sembrava una vita intera, come aveva potuto vivere per dodici anni senza poterla incontrare come avrebbe voluto? Be, ora quella parte della sua vita era finita, stavano per iniziarne un’altra.

 

Emma si sentiva come paralizzata, incapace di proferir parola. Era in piedi, dentro un grande catino di coccio, pieno di acqua calda e profumata, tanti piccoli fiori di lavanda galleggiavano sull’acqua e due donne anziane la lavavano. Quando lei e Killian erano arrivati al tepee di Aquila Bianca, questi gli aveva detto che li stava aspettando da dodici anni, erano rimasti stupiti, ma alla fine gli sembrò normale, sapevano cosa avevano vissuto dodici anni prima. Allora era novembre “la luna della morte”, come spiegò lo sciamano e il cigno era tramontato, le stelle non erano state favorevoli al loro incontro. Emma si chiese se la loro vita avesse dovuto dipendere dalle stelle o dal loro volere, ma non seppe rispondersi. Da donna volitiva quale era, non sopportava l’idea che altri prendessero decisioni al suo posto. Killian la pensava allo stesso modo, erano lì per loro decisione, non per il mero decreto dello sciamano. Aquila Bianca sorrise alle loro rimostranze e alla loro richiesta, sapeva in sé di non aver decretato nulla, sapeva semplicemente che aveva previsto la loro richiesta.  

Dopo la visita allo sciamano era iniziato il rito di purificazione, separati e relegati in due diversi tepee, erano stati fatti denudare e con l’uso di pietre caldissime e acqua versata su di esse, i tepee si erano riempiti di vapore e avevano sudato a lungo, finché, alcune donne per Emma e uomini per Killian, non gli avevano preparato il bagno.

I lunghi capelli di Emma erano stati profumati e pettinati in due trecce. Le anziane donne unsero il suo corpo di oli profumati, le misero ai piedi un paio di mocassini di morbida pelle di capra e le fecero indossare il vestito nuziale. Due donne giovani la condussero verso il grande tepee delle cerimonie e due donne anziane entrarono con lei, come per presentarla.

A Killian era stato posto un manto sulle spalle nude, egualmente di pelle di capretto, con un grande sole dipinto sulla schiena. Vide entrare la sua sposa e l’agitazione che lo aveva pervaso fino a quel momento sparì, lasciando lo stupore al suo posto, per la bellezza che trovò in lei. Indossava un abito di pelle scamosciata bianca, con lunghe frange che scendevano dalle spalle, sul petto l’abito era ricamato con tante perline di legno colorate. Era incantevole ai suoi occhi e, quando la vide arrossire per l’emozione, avrebbe voluto correre ad abbracciarla, ma doveva aspettare.

Giunsero davanti allo sciamano, porsero la mano destra al suo cospetto, questi incise ad ambedue il polpastrello del pollice e li fece unire nel sangue. Con un nastro di pelle legò le loro mani insieme, poi prese il manto dello sposo e lo passò sulle spalle di ambedue a significare che l’uomo prendeva per sempre, nella sua casa e sotto la sua protezione, la donna. Insieme avrebbero vissuto e condiviso i loro giorni fino alla morte. Mentalmente sia Killian che Emma recitarono la formula Cattolica del matrimonio, ignorando, l’uno dell’altra, che stavano pensando la stessa cosa.

Ultimo passaggio del rito fu la condivisione del cibo e della bevanda. Nessuno si accorse che una mano sottile stava versando della polvere in una delle ciotole di coccio. Una squaw alta e flessuosa portò agli sposi le due ciotole, Killian non la vide in volto, era troppo preso dalla sua sposa. Bevvero la tisana ed Emma ebbe una smorfia appena percettibile, il sapore di quella bevanda aveva un retrogusto insolito e sgradevole, ma forse doveva essere così!

I tamburi rullarono con un ritmo più veloce e poi si aprirono danze tribali a cui i due neo sposi dovettero partecipare. L’ultima danza venne svolta solo dalle donne sposate, di fronte ai mariti, seduti a gambe incrociate. La danza aveva richiami di chiara offerta sessuale e fertilità, Emma lo aveva capito e fu coinvolta, suo malgrado, a danzare in mezzo alle altre donne, da protagonista, rivolgendosi a Killian, che rideva divertito del suo evidente imbarazzo, in quei movimenti di offerta del proprio corpo. Ogni uomo poi prese la sua donna e si allontanò verso il proprio tepee. Gli ultimi rimasti furono gli sposi. Killian si alzò con movenze feline, guardandola intensamente negli occhi, Emma sentì brividi correrle per la schiena, sapevano che era il momento dell’unione sessuale, fase finale della cerimonia. Lui la prese in braccio e la rapì, come avevano fatto gli altri uomini con le proprie compagne, per portarla al suo “tepee” sul laghetto.

Killian camminava velocemente tra la vegetazione, non avvertiva minimamente il peso di Emma tra le braccia, non vedeva l’ora di arrivare alla loro casa. Emma era felice come non mai e pensò che il sudore freddo che iniziava a scenderle per la schiena, fosse dovuto all’eccitazione per ciò che li attendeva nella loro camera. Stranamente iniziò a sentire un peso sul petto che saliva piano verso il collo. Un dolore, a ondate, iniziò a farsi sentire alla bocca dello stomaco, il respiro iniziò ad aumentare ed il cuore ad accelerare i battiti.

Killian stava attraversando ormai il pontile per entrare in casa, ancora la teneva in braccio, stretta al petto e ogni tanto le baciava la fronte. Si accorse che qualcosa non andava, Emma stava gelando e la sua fronte era imperlata di sudore. Attraversò la soglia di casa, la depose in piedi e la guardò negli occhi.

 – Amore che succede? Stai tremando e sudando freddo … non è il tuo solito modo di essere emozionata, ti conosco …

 -  Non so Killian … non mi sento molto bene, ho dei dolori allo stomaco, quella bevanda aveva un sapore che mi ha disgustato, era amara …

-  Amara? La mia non aveva nulla di amaro! È  strano quello che dici! Hai qualche tisana da prendere che ti posso preparare, mentre ti distendi un po’ sul letto?

 – Forse della camomilla …

- Bene, lasciami chiudere la porta e poi vado a preparare dell’acqua calda!

Killian si voltò verso la porta e sentì un improvviso tonfo alle sue spalle. Si voltò allarmato, Emma era a terra, gli occhi sbarrati e un liquido verdognola le usciva dalle labbra.

 – Emmaaa?!!!

Cercò di sollevarla prendendola tra le braccia. Nonostante gli occhi aperti, lo sguardo di Emma era completamente assente e spento. Non rispondeva e ogni attimo che passava sembrava più fredda. Killian ebbe la tristissima percezione che la sua sposa stesse morendo.

 – No! No! No! Emma! Emma! Rispondimi amore … ti prego Emma rispondimi, non lasciarmi … ti prego non lasciarmi!

La stringeva al petto cullandola, il terrore era dipinto sul suo viso e gli occhi si stavano riempiendo di lacrime. Non poteva essere così, non poteva assolutamente perdere la ”Sua Principessa”, l’aveva attesa per tutta la vita, non poteva essere, non doveva capitare di nuovo …

***

Drogheda, Irlanda, 17 anni prima …

 

L’acqua del fiume Boyne scorreva lentamente, cristallina. L’ enorme trota salmonata, che Killy aveva puntato, era ferma nella buca scavata in una rientranza del fiume, poco distante dalla riva. Eseguì silenziosamente un perfetto lancio dell’esca, con la sua canna da pesca. Sicuramente sarebbe stato un bel bottino. Aveva pescato già due lucci, ma una trota di quelle dimensioni era un bel trofeo, avrebbe battuto di sicuro Jefferson che si era pavoneggiato tutta la mattina per aver pescato due lucci e una carpa. Erano partiti all’alba per quella battuta di pesca e avevano intenzione di offrire il pranzo ai genitori. Il Conte Colin Flinth Jones, padre di Killy, era tornato da tre giorni e si sarebbe trattenuto per un paio di settimane, stava ultimando il progetto per una splendida nave da guerra commissionata dal Re Guglielmo e visto che amava molto il pesce, i due ragazzi avevano pensato di darsi alla pesca e fargli una sorpresa. Anche per Jeff, Colin era come un padre e Lady Helen era una seconda madre, di sicuro più affabile e meno punitiva di sua madre Olivia.

Anche Jefferson vide lo splendido esemplare di trota salmonata. Per il quindicenne, scommettere e sfidare il coetaneo Killy era una tentazione formidabile. Da quando erano usciti di casa, gli aveva lanciato la sfida a chi sarebbe riuscito a prendere il pesce più grosso. Per il momento era in vantaggio sulla quantità, ma quella trota gli avrebbe dato la vittoria. Killy portava dell’ottima esca, lo sapeva bene, uno preciso come lui, figuriamoci se non aveva preparato le esche giuste per ogni tipo di pesce! Doveva giocare d’ astuzia. L’intelligenza truffaldina di Jeff lo aiutava sempre. Prese dell’esca dal contenitore di Killy e la inserì all’amo. Si guardò addosso … aveva bisogno di qualcosa che poteva attirare l’attenzione visiva dell’animale. Trovato! Sfibrò l’orlo della camicia e ottenne i filamenti che voleva, li legò all’amo ed eseguì anche lui un bel lancio, mandando l’amo non distante da quello dell’amico. I due ragazzi si guardarono, Killy sollevò un sopracciglio infastidito e Jeff distese le labbra in un sorriso furbetto. Abilmente fece muovere l’amo in modo tale che le fibre di cotone ondeggiassero invitanti. La trota si era avvicinata interessata all’esca di Killian, ma il movimento delle fibre stimolò la sua attenzione e con un guizzo si gettò sulla seducente esca di Jeff. Il ragazzo colse l’attimo in un baleno. Con un colpo secco strattonò l’amo, che si infilò in profondità nel palato del pesce. Lo portò sul prato bloccandolo con il piede, mentre l’animale si dimenava furiosamente, fino a fermarsi ormai esanime.

 – Sei una maledetta volpe Jeff, riesci sempre a barare in qualche modo!

Killy non era veramente arrabbiato, ma infastidito. Considerava Jeff come un fratello, più che come un amico e finiva per perdonargliele tutte.

– No, no Killy! Trattasi solo di abilità e fantasia, fratello! Tu sei troppo canonico, non ti dai la possibilità di pensare in modo alternativo!

Killian doveva riconoscere che in parte Jeff aveva ragione, la rettitudine di suo padre era sempre stata un insegnamento ed un esempio per lui e lo aveva irrigidito nell’idea di onestà e onore.

 – Mettila come vuoi, ma resti comunque un volpone! Anzi da oggi ti chiamerò Jefferson Fox!

Tornarono ridendo verso casa, costeggiando il fiume che attraversava Drogheda dividendola a metà. La cittadina appariva quasi come un ponte posto sul fiume Boyne, non per niente il suo nome, Droichead Atha, significava “ponte del guado”.

Due giovani quindicenni, dalle lunghe gambe magre, vestite da pantaloni fino al ginocchio e camicie bianche di leggero cotone, aperte sul petto ancora implume, saltellanti allegri tra l’erba e i sassi, a piedi scalzi. Ambedue con gli occhi chiari, aperti fiduciosi sul mondo e i capelli bruni svolazzanti, ribelli, al vento. Sembravano fratelli, così somiglianti!

– Killy, scommetti che arrivo prima di te se andiamo di corsa?

– Provaci pure Fox, ti faccio vedere chi dei due è più veloce, ricordati che l’hai voluto tu!

Correvano con il vento tra i capelli e avvistarono presto la grande casa del Conte Flinth Jones.

Killian era in netto vantaggio, ma si arrestò improvvisamente. Jeff sorpreso fece lo stesso. Videro davanti la casa il calesse del medico di Drogheda, il Dottor Payton. In quel momento il Conte e il medico uscirono dalla porta di casa, si scambiarono qualche parola, si strinsero la mano in segno di saluto. Il Medico salì sul suo calesse, posando la borsa e indossando il tricorno. Un ultimo saluto al Conte e partì al trotto.

Un’ombra scurì gli occhi di Killy … sua madre … il Dottor Payton era lì per sua madre.

Da qualche mese Lady Helen era afflitta da una leggera tosse, nulla di preoccupante, come diceva lei. Di recente Killy l’aveva vista osservare il fazzoletto bianco che si era portato alla bocca e nasconderlo nella manica del vestito. Non ci aveva fatto molta attenzione, ma la settimana prima, durante l’assenza del padre, nottetempo, l’aveva sentita tossire come non mai, si era alzato e aveva bussato timidamente alla sua camera da letto. Olivia aveva aperto dicendogli di andare a dormire, stava lei con sua madre, non c’era bisogno di preoccuparsi, le avrebbe preparato una tisana contro la tosse. La sentì ancora tossire e poi si riaddormentò. La mattina del ritorno di suo padre la mamma era pallidissima. Colin lo aveva notato subito, come aveva notato che in due settimane di sua assenza era dimagrita troppo. A pranzo si era dovuta alzare perché la tosse le impediva di respirare e mangiare, si era portata il fazzoletto alla bocca ma si vide chiaramente che si era macchiato di sangue, anche se lei velocemente si allontanò dalla sala da pranzo, seguita dal marito preoccupato. Killian cercò di seguirli, ma suo padre gli fece cenno con la mano di restare a tavola.

 

Vedendo l’espressione di suo padre, mentre parlava con il medico, Killian si rese conto che la salute di sua madre stava peggiorando repentinamente. Una morsa di terrore gli attanagliò il cuore, prese fiato e con Jeff alle calcagna, che aveva capito a sua volta cosa stava accadendo, corse verso casa. Il tempo di lasciare la canna da pesca e il pesce all’amico e fece le scale quattro a quattro, ritrovandosi davanti alla porta della camera dei suoi genitori. La porta, per dimenticanza di suo padre, non era completamente chiusa e, abbastanza aperta da passar l’occhio, il ragazzo osservò verso il letto dove giaceva sua madre. Colin le teneva la mano e le bagnava la fronte con un panno di lino bianco.

 – Ti prego Colin non lasciare che Killy mi veda in questo stato, portami la mia spazzola e lo specchio, voglio mettermi in ordine, non voglio che si preoccupi, è troppo giovane per perdere sua madre …

 Colin fece come “la sua Principessa” gli aveva chiesto, ma fu lui a pettinarle i capelli biondi, poiché la moglie non aveva la forza di alzare le braccia. La pettinò amorevolmente e le fece una treccia. Continuò ad accarezzarla mentre, seduto al suo fianco, la teneva abbracciata e la cullava come una bambina, la guancia poggiata alla fronte di lei.

Killian sapeva quanto si amassero i suoi genitori e in quel momento il loro amore gli apparve ancora più fulgido. Si staccò dalla porta per scendere in cucina, Jeff aveva portato il pesce a Olivia, voleva dare una mano alla madre di Jeff per cucinare, gli piaceva cucinare ed era un modo per fare qualcosa per sua madre, che stava mangiando molto poco da settimane. Non fece in tempo a scendere le scale, sentì Helen tossire più violentemente del solito, respirava malissimo. Sentì suo padre chiamarla per nome disperato, con la voce spezzata. Tornò a guardare dallo spiraglio, sua madre si aggrappava alla camicia di suo marito, bluastra in viso, stava soffocando. Colin cercava di tirarla su. Helen emise un grido strozzato. Killian si appoggiò alla parete, con gli occhi sbarrati dal terrore e privo del coraggio di guardare ancora, sentì il “No!” urlato da suo padre e il pianto nella voce mentre implorava:

– Dio mio non portarmela via! Ti prego Signore … ti prego non portarmela via!

Il ragazzo trattenne il respiro, poggiò la testa bruna alla parete, alzò gli occhi al cielo e chiuse le palpebre, mentre una lacrima scese incontrollata lungo la linea del suo zigomo destro. Pregava Dio che non fosse vero quello che stava succedendo, pregò che sua madre smettesse di tossire e stesse bene, pregò di farla vivere, di farla tornare la meravigliosa donna che era sempre stata.

 Helen non tossiva più, Killian sperò che la sua preghiera fosse stata esaudita, ma un altro suono usciva da quella stanza, era il singhiozzo di un uomo innamorato che aveva perso l’amore della sua vita. Colin ancora cullava la sua amata moglie tra le braccia, le mani di Helen non erano più aggrappate alla camicia di suo marito, erano abbandonate sul letto, come era abbandonata ormai la sua testa bionda esanime. Killian non sopportò quell’immagine e fuggì correndo per le scale. Olivia lo vide uscire dalla porta e capì, a sua volta corse verso la stanza di Lady Helen.

Corse a perdifiato Killian, voleva fuggire dal dolore, ma il dolore lo inseguiva. Perse la cognizione del tempo e dello spazio, si ritrovò al tumulo di New Grance. Da quanti secoli quel tumulo funerario era lì, non ci aveva mai pensato! Era forse eterno? Come eterna era la morte? Ma anche l’anima era eterna, glielo aveva insegnato proprio la sua cattolicissima madre. Cadde in ginocchio davanti a quel tumulo e pianse, pianse per il suo primo dolorosissimo lutto. Non avrebbe più avuto la carezza di sua madre, la sua benedizione e il rimboccargli le coperte la sera. Avrebbe dovuto abituarsi alla sua assenza. Si abbandonò sull’erba disperato. Pensò, pensò tanto il giovane Killian. L’anima era immortale, sua madre sarebbe sempre stata vicino a lui, lo sentiva! Non avrebbe visto i suoi occhi celesti guardarlo amorevolmente, ma lei sarebbe stata il suo angelo. Pensò a suo padre, doveva tornare da lui, quanto stava soffrendo quell’uomo? Aveva sentito il suo pianto, non soffriva meno di lui. Si alzò, doveva tornare da lui, doveva essergli vicino, insieme sarebbero andati avanti! Corse di nuovo a perdifiato, corse alla ricerca della vita, lo doveva a sua madre, lei avrebbe voluto così! Arrivò a casa trafelato, suo padre lo accolse tra le braccia, si era preoccupato per lui, Olivia gli aveva detto che era fuggito come una furia. Strinse suo figlio al petto, era il tesoro che Helen gli aveva lasciato. Gli posò le mani sulle spalle mentre si distaccavano. Si guardarono negli occhi, specchio gli uni degli altri, uguali nella loro incredibile somiglianza.

 Il figlio ritratto del padre, lo stesso dolore nel petto.

Killian si accorse che la camicia bianca di Colin era macchiata del sangue tossito da sua madre, proprio nel mezzo del suo petto, ebbe l’impressione che quel sangue stesse sgorgando dal cuore trafitto di suo padre, lo assalì l’affetto e la tenerezza per lui.

 Il ragazzo trovò parole da uomo per consolare il bambino che ora si celava in suo padre.

 – Padre, l’amore non ha spazio e non ha tempo, se abbiamo amato la mamma e lei di certo ci ha amato, questo amore non ci lascerà mai!

Colin era sbigottito e commosso, dove il suo ragazzo aveva trovato quella saggezza? Ebbe l’impressione che Helen parlasse attraverso la bocca di suo figlio. Aveva ragione, il vero amore non muore mai!

***

 

Correva, correva anche adesso Killian. Non era il ragazzo a correre, ma l’uomo innamorato che, contro il tempo, voleva sfidare la morte che gli stava portando via la donna della sua vita.

 Aveva portato Emma nel bagno, aveva cercato di farla vomitare, se aveva ingerito qualcosa che le aveva fato male, l’avrebbe aiutata. Liquido verdastro era fuoriuscito dal suo stomaco. Le aveva sciolto le trecce, l’aveva avvolta nel mantello di pelle di capretto per tenerla al caldo, aveva acceso il camino nella sala e aveva disteso la sua sposa sul sofà. Aveva acceso le lampade ad olio, non voleva farla stare al buio, Emma doveva stare nella luce, non doveva essere preda della notte. Era caldissimo in quella stanza, la notte stessa lo era, in pieno luglio e su un’isola tropicale, eppure Emma stava gelando! Doveva cercare Giglio Tigrato e suo zio Aquila Bianca. La baciò sulla fronte, doveva lasciarla sola e all’idea il cuore gli si spezzava.

 – Resisti Swan! Non te ne andare, abbiamo una vita da vivere, voglio maledettamente un futuro con te!

Per questo stava correndo, stava correndo per lei, per riportarla a vivere. Correndo finì contro qualcosa o meglio … qualcuno. Se la ritrovò tra le braccia, lunghi capelli neri, un corpo sensuale e due occhi di ossidiana che lo guardavano con affetto. Vedendo quegli occhi, alla luce della luna piena, la riconobbe …

 - Mia piccola Ala Grigia, sei tu?! Tesoro non so come sei qui, ma ti manda Manitù! Ti prego … corri da Aquila Bianca e da tua sorella … la mia sposa sta male, sta morendo … vomita liquido verde e non è più in sé, digli di correre al mio tepee … io torno da lei … non posso lasciarla sola, ti prego amica mia, è tutta la mia vita, è la mia sola gioia … non posso perderla!

Ala Grigia assentì con la testa e Killian tornò indietro di corsa come era arrivato. Capelli di sole era il suo unico bene? La sua sola gioia? Con quelle parole le aveva dato due pugnalate al cuore! Doveva morire Capelli di sole! Perché non poteva essere lei la sua gioia? Non sarebbe andata ad avvisare nessuno! Era riuscita a farle bere la polvere delle bacche di Sogna Ombra e ora la salvava? Non ci pensava proprio! Si incamminò con calma verso il villaggio.

 Mentre camminava, il bel volto dell’uomo che amava le tornava davanti agli occhi, i suoi capelli erano scompigliati, i suoi occhi azzurri pieni di lacrime, la sua bella voce era incrinata dalla disperazione. Sentì un forte bruciore alla base dei deltoidi, i tatuaggi che circondavano le braccia, lì dove Occhio di Cielo aveva posato le mani, quando le aveva chiesto aiuto, sembravano essere diventati incandescenti. Era un fastidio più forte di quello provato quando suo zio l’aveva tatuata.

 – Con questi segni il buio si allontanerà dal tuo cuore nipote mia!

Le parole di suo zio le risuonarono improvvisamente nelle orecchie, mentre nel cuore sentì nuovamente una delle frasi di Occhio di Cielo “E’ tutta la mia vita!”. Sentimenti contrastanti si agitarono nel suo petto come serpenti in lotta tra loro. Capelli di sole era la vita per Occhio di Cielo? Lei stava uccidendo con il veleno la vita dell’uomo che amava? Se erano così legati … Aquila Bianca era convinto che lo fossero! Grande Manitù! Cosa aveva fatto?! Si rese conto che facendo del male a quella donna lo stava facendo all’uomo che amava. Lui stava soffrendo, i suoi occhi lo dicevano … le sue labbra lo avevano detto! Non poteva fare del male a Occhio di Cielo, lo amava più di sé stessa … no! Noooo! Non poteva!

Cadde in ginocchio portandosi le mani ai tatuaggi, gridò per il dolore! E il dolore che aveva inflitto a due innocenti? Colpevoli solo di amarsi sinceramente l’un l’altra?! Anche se il bruciore la stava facendo gridare, doveva rimediare, a Capelli di sole restavano poche ore di vita, non sarebbe arrivata all’alba. Si rialzò barcollando. Doveva sbrigarsi! Lui non l’avrebbe mai amata e meno ancora se avesse scoperto chi aveva ucciso il suo vero amore! Iniziò a correre e più correva verso il villaggio e più il bruciore alle braccia diminuiva, il cuore non sentiva l’affanno della corsa e sembrava diventare più leggero, come le sue snelle gambe da gazzella.

 

Arrivò al tepee di sua sorella, la trovò tra le braccia di Jeff, nudi sulla loro stuoia nuziale, non ci fece caso più di tanto, ovviamente era la conseguenza della danza cerimoniale, si scusò frettolosamente e disse a Giglio Tigrato di Capelli di sole. Alla sorella non ci volle molto per capire la verità, era Ala Grigia che aveva concelebrato con lo sciamano e intuì che aveva maneggiato la polvere di Sogna Ombra, sicuramente l’aveva versata nella tisana!

– Quanta ne hai usato? Dimmi solo questo! Non voglio sapere i motivi!

Ala Grigia non era stupita dall’intuito di sua sorella, si conoscevano bene e lei sapeva che era innamorata di Occhio di Cielo da quando aveva dieci anni. Abbassò lo sguardo mentre i suoi occhi si riempivano di sincero pianto.

– Ne ho usato tre pizzichi!

Jeff non aveva capito di che parlassero, ma imitò la moglie che si stava rivestendo e fece lo stesso.

 – Jeff prendi due recipienti di latte di capra e portameli da Occhio di Cielo, io corro subito da loro, non c’è tempo da perdere! Tu Ala Grigia corri immediatamente da nostro zio, lui saprà che altro fare.

Le due donne sparirono in direzioni opposte e Jeff andò a procurare il latte di capra.

 

Dalle finestre della casa trapelava la debole luce delle lampade ad olio. Giglio Tigrato trovò Killian che, sul sofà, teneva in braccio Emma, avvolta nel manto di pelle. Non si respirava per il caldo.

 – Killian bisogna far vomitare Emma!

 – E’ la prima cosa che ho fatto un’ora fa!

 – Bisogna farlo ancora! Prendi un catino, a lei penso io!

Killian lasciò Emma e andò velocemente a prendere una bacinella nel bagno. La tenne davanti ad Emma, mentre Giglio Tigrato, inserendole due dita in gola, le provocò conati di vomito. Altro liquido verde cadde nella bacinella.

– Sei stato molto bravo Killy a tenerla al caldo,  a farla rigettare subito, hai rallentato l’effetto del veleno!

– Ho seguito il mio istinto, non sapevo se era giusto o meno!

 – Be il tuo istinto ti ha fato vedere giusto! Appena arriverà Jeff inizieremo con il latte ..

– Con il latte?

 – Si è un buon disintossicante! Lo faremo bere ad Emma e dopo un po’ la faremo nuovamente rigettare, finché il vomito non sarà bianco come il latte all’inizio, significherà che il veleno è andato quasi tutto via …

- Ma che veleno ha preso Emma e soprattutto come è potuto succedere?

 – Occhio di Cielo, sono sicura che il veleno è polvere di bacche di “Sogna Ombra”, i sintomi sono quelli … Come lo ha ingerito non so dirtelo, probabilmente è stato un incidente. Mio zio usa la polvere a scopo medicinale, non vorrei che nella ciotola della tisana, che ha bevuto Emma, ce ne fosse un residuo e mio zio non se né accorto. Non aveva nessun motivo di far del male alla tua sposa, aspettava la vostra unione da anni, lo sai e sai la profezia, credo sia stato un infausto incidente …

 - Be, per un incidente la mia Emma è in queste condizioni, non risponde più, sembra addormentata …

 - Il veleno fa questo effetto ci si addormenta e poi …

 - No! Non dirmelo nemmeno! Non deve succedere! Emma deve vivere, io non potrei più vivere senza di lei, non mi perdonerei mai il fatto di averla portata qui a morire, nonostante temessi proprio quello che sta accadendo.

Si sentì uno scalpiccio, era arrivato Jeff con due orci di latte di capra appena munto e dietro di lui apparve anche Aquila Bianca.

Iniziarono la pratica di disintossicazione, era come provocare dei lavaggi nello stomaco della povera principessa, la quale, nonostante fosse incosciente, ancora aveva brividi di freddo e sudorazione fredda. Passarono quasi tutta la notte a far bere latte ad Emma e poi a farglielo rigettare, finché, finalmente, il latte uscì bianco come quando lo aveva ingerito. Era poco prima dell’alba, Aquila Bianca disse che Capelli di sole era fuori pericolo, ma le avrebbe dato ora una sorta di antidoto che sarebbe passato attraverso l’intestino e l’ avrebbe tenuta in semiveglia, avrebbe potuto sentire, ma non avrebbe potuto ne muoversi ne parlare.

 – Mentre sarà in questo stato, tu Occhio di Cielo parlale, falle sentire quanto la ami. Ora sta solo a te farla svegliare, lo deve volere, altrimenti potrebbe restare così per tante lune e morire di fame, perché non potrà mangiare.

Killian sentì il cuore sprofondare ancora una volta, “era fuori pericolo ma non lo era del tutto”.

Non potendo fare altro, Giglio Tigrato, suo zio e suo marito andarono via. Giglio Tigrato sarebbe tornata per pranzo, per portare da mangiare, in modo che Killian non si sarebbe dovuto staccare da Emma per cucinare lui.

Rimasto solo con la sua sposa, Killian se la pose nuovamente sulle ginocchia, avvolta nel manto di pelle, la cullava e accarezzava, cercando di darle il calore del suo corpo. Iniziò a parlarle, se era come diceva Aquila Bianca, l’avrebbe sentito.

 – Amore, ti ricordi quando sei venuta la prima volta sulla Jolly Roger? Non sapevo che eri tu, ma mi hai trafitto il cuore … eri così familiare e il primo pensiero è stato di doverti proteggere, poi quando siamo entrati nel mio ufficio, mentre parlavi … be! … Di pure che sono un maniaco sessuale … ma ti ho immaginata su di me … io che ti aprivo il corsetto e ti baciavo il seno … poi mi hai guardato in un modo che ho avuto la sensazione che mi leggessi nell’anima e leggessi il mio sogno ad occhi aperti. Mi sono vergognato amore mio, ma ti desideravo come non avevo desiderato mai nessuna. Non vedevo l’ora di rivederti, di averti con me sulla mia nave. La sera prima che arrivassi ero venuto alla taverna di Angus, speravo di vederti, avevo voglia di salire su nella tua stanza, ma ho creduto che mi avresti preso a schiaffi. Sono andato via e ho rubato delle rose per te nel giardino di Mary. Te le ho messe nella stanza che avresti occupato … ci avrebbe separato solo quella parete di legno. Ricordi? Ho dato un bacio alla rosa che ti ho offerto quando ti ho accompagnato nella tua stanza. In verità avevo voglia di baciare le tue labbra amore … erano così invitanti e tu così seria … volevo farti sorridere … sei così bella quando sorridi! Anche la tua risata mi da gioia … la tua risata mi ha fatto iniziare a ricordare qualcosa della “mia Principessa Swan” oltre ai tuoi occhi verdi, uguali a quelli di tua madre!

Emma non rispondeva, ma i suoi occhi avevano un fremito, come se avessero intenzione di aprirsi ma non ne trovavano la forza. Nel caminetto il fuoco era ancora acceso. Killian ebbe un’idea. Emma amava molto fare il bagno, tra gli accordi presi per il viaggio, lei aveva chiesto una tinozza per fare il bagno almeno una volta a settimana. Francamente ora aveva veramente bisogno di lavarsi. Tutto quel sudore freddo, il vomito anche tra i capelli … appiccicosi e maleodoranti … Killian pensò che se avesse potuto parlare e muoversi, sarebbe andata a fare un bagno al laghetto e lui l’avrebbe seguita di sicuro. La depose sul sofà, ancora parlandole, le descrisse cosa stava facendo. Riempì un calderone di acqua e la mise a bollire sul fuoco del camino. Ne versò una serie di secchi fredda nella vasca da bagno, vi mise le essenze che Emma usava per lavarsi, le teneva nel baulotto con i medicinali. Aspettò che l’acqua fosse bollente per miscelarla e lasciarne una quantità per risciacquare.

 – Tesoro ora ti tolgo il vestito nuziale e i mocassini, faremo un bagno caldo, oltre che pulirti ti riscalderà di più le membra. Vedrai che starai meglio!

 Denudò la sua sposa e la coprì con il manto nuziale, si procurò un lenzuolo di lino per poterla poi asciugare e si tolse a sua volta i vestiti.

Entrò nella vasca con Emma in braccio. La fece poggiare al suo petto, seduta tra le sue gambe, l’avrebbe sostenuta e lavata. Iniziò a bagnarle i capelli e a passarvi il detergente ai fiori di campo, li risciacquò e iniziò a massaggiare e frizionare il suo corpo, raccontandole dei loro momenti più piacevoli sulla nave

 – Ricordi quando avevi appena fatto il bagno e non avevi chiuso a chiave? Sono entrato pensando che quel tuo ”Si” fosse una sorta di ”Avanti!”, mi hai lasciato di sasso per quanto eri bella, eri nuda .. ti stavi asciugando, se avessi avuto qualcosa da lanciarmi addosso credo che lo avresti fatto. Io sono andato via, ma ti avrei presa in quel momento, ti desideravo da impazzire, mi sono dovuto fare un tuffo in mare per calmarmi e sono riuscito a trovare quella meravigliosa aragosta che Paul ci ha cucinato a cena … avevo già capito chi eri e quella mattina quando mi ero svegliato e tu dormivi, con me, per tenermi caldo durante la febbre, avevo avuto la conferma dai capelli biondi che uscivano dalla parrucca. Ti ho stretta a me, non volevo lasciarti andare nemmeno quando ti sei svegliata e ho finto di dormire. Quando sei tornata ti ho chiamato Emma per due volte, invece di Barbra e tu non ci hai fatto caso. Poi mi hai chiesto da quando lo sapevo … effettivamente nel profondo di me stesso credo di averlo saputo fin da subito … Emma … sento che sei più calda … quest’acqua calda ti sta aiutando … questo tuo bellissimo collo da cigno … mi viene voglia di deporvi un bacio ogni volta che inclini la testa … sei così aggraziata e poi quando facciamo l’amore sai essere irruenta, diventi di fuoco e fai bruciare anche me … ti amo tanto mio dolce cigno … mia principessa addormentata …

Iniziò a canticchiarle la ballata della bella principessa addormentata, non si accorse che Emma iniziava a sorridere, mentre i suoi occhi iniziavano a schiudersi. Si alzò con lei in braccio e l’avvolse nel lenzuolo. La massaggiò ancora per asciugarla e continuò a canticchiare.

 – Tesoro ora ti porto sul letto, saremo più comodi, ti terrò al caldo come tu hai fatto con me quando ero malato e ti torturerò di baci finché non mi dirai tu di smettere!

Fu quello che fece. La tempestò di baci su tutto il corpo, che ora profumava di fiori. Tornò sulle sue labbra e cercò di farle schiudere con lenti movimenti guizzanti della lingua. Non si rese conto di quando Emma iniziò a rispondere, si era perso nella passione per lei ed era così normale che lei ricambiasse che non fece caso a quanto era insolito per una donna esanime. Lo realizzò quando se la ritrovò sull’inguine a cavalcioni, che si muoveva languida impossessandosi della sua erezione

 – Sei tornata da me tesoro mio … sei tornata da me …

 - Non me ne voglio andare Killian, abbiamo appena iniziato a vivere, abbiamo tanto da recuperare …

I capelli di Emma ricaddero sul petto villoso di Killian, mentre si guardavano negli occhi e lei si muoveva su di lui regalandogli il piacere e la gioia del loro amore. Emma era ormai del tutto fuori pericolo.

 

Eros e tanatos, le due energie che portano una a costruire e l’altra a distruggere. Amore e morte, che nella loro azione sono agli opposti, ma che possono essere le due facce della stessa medaglia. Quanto l’amore di Killian per Emma era riuscito a strapparla dalla morte? Quanto l’amore per un uomo aveva fatto meditare la morte per una rivale, in Ala Grigia? E quanto quello stesso amore le aveva fatto dire “No, non voglio che lui soffra”?

 

Ala Grigia guardava il mare. Quante volte in quei dieci anni era salita su quel dirupo a guardare l’orizzonte? Solo per aspettare di vedere spuntare la nave con a bordo l’uomo che amava. Era sempre tornato ed era sempre ripartito, il suo desiderio di amarlo ed essere riamata, non si era avverato e mai sarebbe successo. Poteva vivere senza il suo amore, lo aveva fatto fino alla sera prima, quando aveva versato la polvere di veleno nella ciotola di Capelli di sole. Lui avrebbe saputo cosa aveva fatto, l’avrebbe odiata. No, non poteva sopravvivere al suo odio.

 Guardò ancora il mare, le sembrò di guardare negli occhi azzurri del suo amore. Si gettò in quell’azzurro, vide ancora il suo volto. Non sarebbe mai appartenuta a Occhio di Cielo ne lui a lei, non avrebbe avuto l’azzurro dei suoi occhi a guardarla amorevolmente come faceva con Capelli di sole. L’unico azzurro, a cui sarebbe appartenuta per sempre, era quello di quelle onde, che afferrarono il suo corpo e lo portarono negli abissi.

Tanatos inizia quando Eros finisce ... per Ala Grigia era stato così.

 

Angolo dell’autrice

Buona Domenica a tutti coloro che vorranno leggere e avranno la voglia di dire la loro. So che è stato un capitolo intenso, gli argomenti e le vicende lo erano. Ho amato molto scriverlo e spero di avervi trasmesso delle emozioni, fatemi sapere … Amare ed essere amati è quanto di più bello possa capitarci nella vita. La prima persona che ci ama e ci insegna ad amare è  nostra madre. Il tema della perdita della madre è molto triste e spero di aver reso realistiche le reazioni del protagonista. Le parole di Killian a suo padre e i suoi pensieri, li voglio regalare a coloro che hanno vissuto questo grave lutto. Chi ci ha amato desidererebbe per noi solo che andassimo avanti e di vivere anche per loro. I genitori del mio Killian si chiamano come l’attore che lo interpreta e la moglie, è un omaggio a questa bella coppia, purtroppo nella storia Lady Helen è morta, ovviamente alla vera Helen auguro tutta la salute del mondo, ha un piccolino da crescere e un bel marito che la ama e che lei ama. Pare che sia una donna di spirito, oltre che molto carina e prende in giro il marito per la passione che scatena nelle fans. Riguardo a lui, oltre all’aspetto molto gradevole, dalle foto sul set e con amici e colleghi, lo trovo professionalmente capace e molto simpatico.

Temo che per la prossima settimana non riuscirò a postare, causa impegni di lavoro. Chi attende il seguito non si preoccupi!

Per chi vede le puntate americane … buon divertimento, mi sembra che stiano diventando sempre più intriganti, che ne pensate?

A presto Lara

   
 
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