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Autore: Nanamin    04/04/2016    4 recensioni
Tara è una ragazza normale: studia, esce con gli amici, è preoccupata per gli esami, ha una cotta. La sua vita tranquilla continua, finché strani eventi cominciano ad accaderle, accompagnati da inspiegabili mal di testa.
Tara è una ragazza con un enorme potere sopito dentro di sé. Un potere che porterà grandi menti a scontrarsi, interi Paesi a sollevarsi e costringerà i Titans a fare i conti con i fantasmi di un passato che credevano ormai perduto.
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“Sei sicura di volere questo? Che nessuno si ricordi di te? Pensi di ripartire da zero?”
Red X si alzò e si appoggiò al muro.
“La verità è che non puoi cambiare così. Tutto si ripeterà finché non rimarrai da sola.”
“Perché?”
La voce di Terra uscì roca dalla sua bocca. Red X fece una smorfia.
“Perché anche se le persone e i luoghi intorno a te non sono più gli stessi, sei sempre tu.”
Genere: Angst, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beast Boy, Red X, Robin, Terra, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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IL NOME DI ROSE

 

 

 


 

Il bianco della camera d’ospedale l’avvolse, la finestra era chiusa e l’aria viziata gli mozzò il fiato.

Si allargò la cravatta con l’indice e si sistemò il bavero del camice. Il lattice dei guanti scivolò sulla pelle sudata del collo. 

La ragazza era stesa sul letto, completamente fasciata e assicurata con dei lacci alle sponde. Qualche ciocca rossa spuntava dalle bende, coprendo i lividi neri che si estendevano per tutta la faccia.

S’avvicinò, Amber socchiuse gli occhi e mosse le labbra gonfie e violacee: non ne uscì nulla.

“Buongiorno, mia cara.”

Le sorrise e chiuse il tubicino che le usciva dal braccio, in modo da poter staccare la flebo e cambiargliela.

Una volta sistemata sul trespolo, aprì la sacca e la colpì tre volte con l’indice alla base. Il liquido scese goccia dopo goccia, iniziando a scorrere verso il catetere endovenoso.

Il medico le sorrise di nuovo: la ragazza lo seguiva con gli occhi, senza muovere alcun muscolo facciale.

Portò la mano destra alla tasca interna del camice ed estrasse una bottiglietta da pochi centilitri.

Iniziò a fischiettare una canzoncina, mentre l’appoggiava al tavolino e apriva una busta contenente una siringa. 

“Culla dei figli, tomba dei padri…”

Inserì l’ago nel tappo e tirò a sé lo stantuffo. Il cilindro si riempì di liquido trasparente.

“Sai cosa sto cantando?”

Infilò la bottiglietta nella tasca e s’avvicinò al tubicino della flebo. Tenne la siringa tra indice e il pollice e spinse finché il metallo non perforò la plastica.

“È l’inno di Markovia.”

Premette il pollice sullo stantuffo.

“Presto, sarà il gran giorno.”

Prese un sacchetto dalla tasca del camice e ci ripose tutti gli oggetti che aveva utilizzato.

Bip…bip…bip…

Ricominciò a canticchiare, mentre il tracciato sull’elettrocardiogramma  diventava più veloce.

Amber serrò i pugni e sgranò gli occhi, il suo corpo si mosse sotto le convulsioni. La maschera per l’ossigeno si staccò dal suo volto, i muscoli contratti sbattevano contro i lacci di contenimento.

Il dottor Hale sorrise e volse il capo in alto, alzando la voce e accompagnandosi con la mano.

“Markovia vi chiama a difenderla…”

Bip, bip, bip, bip ,bip.

Amber gemette, il tracciato mostrava ormai oscillazioni rapide e irregolari.

“Le verdi montagne, le dorate pianure…”

S’allontanò fino alla porta e si fermò.

“Sempre verrà difesa o si morrà!”

Un lungo suono investì la stanza. Si girò. Il tracciato dell’elettrocardiogramma era piatto, la ragazza era nel letto immobile. La maschera d’ossigeno le era scivolata fino alla spalla, la bocca era semiaperta, un rivolo di bava le rigava la guancia. Gli occhi erano sgranati, rivolti verso la finestra, vitrei.

“Buonanotte, cara.”

Prese il cellulare e digitò l’ultimo numero che aveva chiamato. Posò la mano libera sulla maniglia e aprì.

“È morta.” Disse al ricevitore.

 

 

 

***

 

 

S’affacciò alla finestra della sua vecchia camera: il mare era buio e piatto, la città sembrava un semplice dipinto a fare da sfondo. Si massaggiò un braccio con la mano e si voltò verso l’interno della stanza. Il grande letto, il soffitto dipinto come un cielo stellato, i muri come un canyon. 

Il suo respiro rallentò, si sentiva come se non fosse degna nemmeno di mette i piedi in quel posto. Si passò una ciocca tra l’indice e il pollice. Il tessuto dei guanti le sfiorò la guancia, facendola sorridere. 

“Ti era mancata?”

Sobbalzò, girandosi verso il ragazzo a fianco a lei.

“È tutto così strano. È come se mi fossi risvegliata da un lungo sonno. In più,” si morse il labbro e intrecciò le dita sul suo grembo, “mi sento un po’ fuori posto, dopo quello che è successo.”

BB le poggiò una mano sulla spalla.

“Terra, ti sei sacrificata per tutti noi. Sei sempre la benvenuta.”

Terra appoggiò la mano su quella di Beast Boy e lo guardò, sorridendo. Il mutaforma aveva una benda scura sugli occhi. 

Smise di sorridere, Red X gli aveva fatto quello quindi. Allungò la mano e accarezzò il volto del ragazzo, passando con i polpastrelli sulla sua benda.

“BB…”

“Terra, è tutto a posto! L’importante è che ora siamo insieme.”

La ragazza si lanciò verso di lui e lo abbracciò, affondando il volto nel suo petto.

 Terra sentì la schiena venire cinta dalle sue braccia e il mento di Beast Boy appoggiarsi sulla sua testa. Rimasero così per minuti, senza parlare.

Terra inspirò a fondo.

“BB…” si staccò con il volto in modo da trovarsi di fronte a lui. “Mi dispiace, non ricordavo nulla quando sei venuto. Se l’avessi fatto ora non sarebbero successe tutte queste cose.”

Beast Boy le mise le mani sulle spalle e s’avvicinò a lei, la ragazza poteva sentire il suo respiro sul viso.

“Terra, sta’ tranquilla. Sei qui ora, va tutto bene.”

Terra sorrise. Se c’era una persona con cui avrebbe voluto stare in quel momento, quella era lui.

Senza pensare gli schioccò un bacio sulla guancia. Poté sentire la pelle del ragazzo scaldarsi a quel contatto. S’allontanò ridacchiando. Era arrossito.

“Andiamo dagli altri.”

Beast Boy alzò un braccio e si grattò la nuca, con un sorriso ebete stampato sul volto.

“Certo.”

La main room s’aprì davanti a loro. Robin confabulava con Cyborg vicino al bancone della cucina, Raven era seduta sul divano a leggere un libro e Starfire levitava a gambe incrociate con Silkie in braccio.

Terra si strinse nelle spalle e poi alzò una mano in un tentativo di saluto.

“Ciao” disse.

Ancora non riusciva a prevedere come avrebbero potuto reagire. I ragazzi la guardarono, la sala cadde nel silenzio.

“Amica Terra!”

Starfire appoggiò la larva sul divano e corse dalla ragazza. Senza aspettare risposta le buttò le braccia al collo e la strinse, sollevandola dal pavimento. Terra tossì.

“S-Star, mi soffochi!”

“Glorioso! Terra è tornata!”

La ragazza ridacchiò, lasciandosi abbracciare. Chiuse gli occhi e si godette il calore dell’amica, ricambiando la stretta.

“Star, così la uccidi.”

Terra riaprì gli occhi alla voce di Cyborg. La tamariana si staccò e al suo posto il ragazzo le batté il cinque.

“Terremoto, non immagini quanto sia felice di vederti.”

Le s’illuminarono gli occhi, quelle parole le avevano dato la conferma di ciò che le persone non avevano fatto altro che ripeterle  per tutto quel tempo. Parole che lei non voleva ascoltare. Le volevano bene, l’avevano perdonata.

Si buttò in avanti e abbracciò Cyborg, che alzò le mani per la sorpresa. Sorrise e ricambiò senza farle male. Non appena si staccò, fu il turno di Robin, una stretta di mano e un largo sorriso. Infine, toccò a Raven.

Terra si bloccò, deglutì. Cosa aveva pensato lei di tutta la situazione? In un attimo, tutta la preoccupazione che sembrava svanita, tornò a incurvarle le spalle come un macigno.

La ragazza, con il libro stretto al petto, la guardò senza mutare espressione, poi sollevò leggermente gli angoli della bocca.

“Sono contenta che tu non sia più una statua.”

Sul volto di Terra si aprì un nuovo, largo sorriso. Dalla maga quella reazione era andata oltre le sue più rosee aspettative. Benché l’ultima volta che erano andate d’accordo l’avesse traditi, ci teneva davvero a stringere amicizia con lei.

“Non ti sei messa la divisa” continuò Raven.

Terra incrociò le braccia e inclinò di lato la testa.

La ragazza gettò una breve occhiata ai suoi guanti, che insieme agli occhialetti erano l’unico indumento del vecchio completo che aveva deciso di tenere. 

“Ho preferito di no. Non mi sentirei a mio agio. Preferisco ritornare al mio completo di prima che… insomma.”

Raven annuì.

“Non preoccuparti.”

Robin le posò una mano sulla spalla.

“Terra, siamo davvero contenti che tu sia qui” disse, sottolineando la parola davvero.

La ragazza lo guardò. Era come se avesse compreso il suo timore. Guardò gli altri ad uno ad uno. Fiotti di calore le irrorarono le guance: tutti l’avevano compreso. 

“Anche io sono felice di vedervi, ragazzi.”

 

 

 

 

***

 

 

 

“Red X.”

Il ragazzo tolse le mani, lente, dalla sua maschera. Sollevò lo sguardo.

“Rose.”

La ragazza era lì, di fronte a lui, distante solo qualche metro. La sua mente s’affollò di parole, che gli morirono tutte in gola. Rose, l’aveva cercata per tutto quel tempo e ora poteva quasi toccarla, libera, nel bosco.

Fece un passo verso di lei.

“Vieni con me.”

La ragazza era avvolta da un’armatura bianca, riluceva sotto ai raggi di sole che filtravano tra le fronde. I capelli biondi si muovevano, frustati dal vento; gli occhi ghiaccio erano fissi su di lui.

Red X fece un altro passo.

“Forza, vieni.”

Lei scosse la testa.

Il ragazzo spalancò gli occhi sotto la maschera e tese un braccio verso di lei.

“Cosa vuoi dire? Ti sto portando via da Slade, puoi essere libera!”

“Non ho ancora finito quello che dovevo fare.”

Red X strinse i pugni lungo i fianchi.

“Cosa stai dicendo? Ti hanno rinchiuso per solo Dio sa quanto in una lurida stanza a subire esperimenti e imparare a memoria testi su Markotovia e adesso che puoi andartene e iniziare una nuova vita, non lo fai?”

“Markovia.”

“Chi cazzo se ne frega! È uno sconosciuto Paese europeo che non hai nemmeno mai visto!”

Il vento calò; i capelli biondi di Rose scivolarono sul suo viso, coprendole un occhio. Lo guardava, senza alcuna espressione.

Red X tirò un pugno al tronco di un albero vicino a lui.

“Non ha un cazzo di senso.” Sollevò lo sguardo su di lei. “Ti hanno usato come un animale da macello, non sei mai stata nulla per loro.” S’indicò, puntandosi il petto con il pollice. “Io so cosa sei.”

Rose sussultò: fece un piccolo passo indietro, le sue pupille si restrinsero.

“Lo so.” Ripeté Red X. “E francamente non m’interessa.”

Le labbra di Rose tremarono, gli tese la mano.

“Vieni tu con me.”

Il ragazzo alzò un sopracciglio.

“Cosa?”

“Vieni con me. Unisciti a Slade. Una volta finito il nostro compito, saremo liberi d’andare dove vogliamo.”

“Io sono già libero.”

Rimase immobile a osservarla. Lei non si mosse, rimase con la mano verso di lui.

“Perché no? Sei già stato alleato di mia madre, in cosa potrebbe mai essere diverso?”

Red X digrignò i denti. Possibile non riuscisse a capire?

“Infatti è stata una pessima idea.”

Rose abbassò il braccio e lo portò lungo il fianco.

“Se il problema sono i soldi, verrai pagato.”

Il ragazzo strinse i pugni. I soldi. Serrò la mascella. Aveva sempre lavorato per un guadagno, ma sentirsi offrire un pagamento dalla ragazza che aveva cercato di salvare per tutto quel tempo, lo colpì come uno schiaffo in faccia. “E sentiamo, cosa dovrei fare?”

“Eliminare i Teen Titans.”

Red X aprì la bocca per ribattere, ma non vi uscì alcun suono. Il corpo tremò, i respiri si fecero più brevi. Si voltò e le dette le spalle, iniziando a camminare a passo svelto per allontanarsi da lei.

“Rifiuti quindi?”

“Va’ al diavolo.”

 

 

***

 


 

Bevve un sorso d’acqua. Ormai era più di un’ora che stava spiegando ai compagni tutta la storia dall’inizio. Sua madre, la scuola, la perdita della memoria, la clinica, Red X, Rose, Slade.

Ogni pezzo del puzzle stava prendendo posto man mano che raccontava. Più andava avanti, più dei passaggi le sembrarono ovvi.

Si mordicchiò l’interno della guancia, tutti la stavano guardando, concentrati. Robin era quello più proteso verso di lei, con i gomiti sulle ginocchia e il mento affondato sul palmo della mano sinistra.

Cyborg si grattò la nuca.

“Quindi ci sono dei fascicoli?”

“Esattamente.”

Starfire unì i palmi delle mani e sorrise.

“Allora basterà leggerli per avere tutte le risposte!”

Cyborg annuì.

“Certo. Dove sono?”

“Sono nello zaino ch-“

Terra si stampò la mano sulla fronte. Lo zaino con i fascicoli era ancora nell’appartamento di X. Non poteva portarli lì, lui non gliel’avrebbe mai perdonato.

“Ce l’ha X” concluse.

Robin s’irrigidì e si sedette composto.

“X” ripeté.

Terra alzò un sopracciglio.

“X. Mi ha aiutata molto fino ad adesso.”

“Allora perché non era con te quando siamo arrivati?” chiese Raven.

“C’era.”

Beast boy incrociò le braccia, con una smorfia. Star intrecciò le dita in grembo.

“E perché se n’è andato se non aveva fatto nulla di male?”

“Non abbiamo certo avuto un bell’incontro al molo” mormorò Raven.

“Ha detto che c’era qualcuno che non era pronto a rivedere.”

Terra scoccò un’occhiata a Robin e sbuffò. Si ricordava perfettamente di quella foto che X custodiva in casa sua. Si mise a giocare con una ciocca di capelli con indice e pollice.

Avrebbe dovuto dire dove si trovavano esattamente quei fascicoli?

Si passò la ciocca dietro l’orecchio. Tutti i suoi problemi erano nati perché aveva nascosto le cose ai suoi amici. Chiuse gli occhi. Era ora di finirla con quella storia, Red X avrebbe capito i suoi motivi.

“Sono nel suo appartamento. So dov’è.”

Robin strinse i pugni. Cyborg gli appoggiò una mano sulla spalla. Il leader non disse nulla, ma rimase a capo chino.

“Red X dov’è?” si limitò a chiedere.

“Non lo so, credo sia andato a cercare Rose.”

Cyborg si massaggiò la tempia, poi guardò tutti gli altri compagni.

“Quindi che facciamo, andiamo a prenderli?”

“Non adesso.”

La risposta di Robin, così istantanea, sorprese tutti. Il ragazzo s’alzò e s’avvicinò al monitor al lato della sala.

“È tardi, siamo tutti sfiniti e abbiamo appena rincontrato Terra. Non l’abbiamo nemmeno salutata decentemente.”

La ragazza alzò la testa e li guardò uno a uno. Aveva paura facessero tutto quello solo per farle un favore, ma non lo pensassero veramente.

Cyborg tentennò.

“Amico, anch’io sono contentissimo di aver rivisto Terra, ma i fascicoli sono fondamentali. Forse sarebbe meglio se-”

“No Cyborg, andremo domani.”

Aveva alzato la voce, l’androide socchiuse gli occhi.

“Sei sicuro di non voler semplicemente rimandare?”

“Domani.” Rivolse lo sguardo all’amico, sembrava quasi triste, come se gli volesse chiedere per favore.

Cyborg annuì e alzò le mani.

“Bene allora, è deciso!”

Qualcosa di caldo le toccò la mano. Trasalì: BB le stava accarezzando il dorso della mano con le dita e le sorrideva.

“Dovremmo festeggiare il ritorno della nostra amica Terra!” 

Star aveva allargato le braccia e sorrideva.

“Perché no” disse Cyborg “Ogni scusa è buona per mangiare degli hamburger o degli hot dog!”

BB s’alzò e corse verso il bancone della cucina, saltando il divano come se niente fosse.

“Non esiste! Perché non qualcosa con il tofu!”

“Ah no!” Cyborg lo inseguì e lo tirò per un braccio. “Non ti azzardare a cucinare quella roba finta!”

Terra ridacchiò, mentre una ciocca gli cadeva davanti al volto, che puntualmente si scansò. Non era proprio cambiato niente anche dopo tutto quel tempo e nonostante gli avvenimenti che avevano sconvolto la squadra.

Raven guardò i due azzuffarsi e appoggiò la guancia sulla mano.

“Certe cose non cambiano proprio mai.”

Terra sorrise e abbassò lo sguardo.

“Già, non cambiano mai.”

“Terra.”

La ragazza alzò lo sguardo verso Robin, ancora vicino al monitor. Le stava sorridendo, sollevato.

“Credo ci sia qualcun altro molto felice di vederti.”

Terra alzò un sopracciglio e si avvicinò a lui. 

“Tara! Sei tu!”

La ragazza spalancò gli occhi e guardò lo schermo. Un viso familiare capeggiava nella stanza, con dei capelli rossi e degli occhi chiari.

Si portò le mani al petto.

“Brion!”

Il fratello era di fronte a lei, il fratello che non vedeva da anni e che aveva ricordato solo poche ore prima.

Era vestito in abiti formali e sorrideva. Si passò una mano tra capelli.

“Tara… ho…” sorrise e s’asciugò gli occhi con indice e pollice “ho aspettato così tanto per questo momento che ora non so più cosa dire.”

Terra inclinò la testa di lato e lasciò scorrere i suoi capelli lungo la spalla.

“Brion, ho tante cose da raccontarti. Ma Gregor?”

“Gregor sta bene, sta cercando di tenere a bada i casati. Appena avrà finito gli darò la bella notizia.”

La ragazza alzò un sopracciglio.

“I casati?”

Brion si passò una mano sul collo.

“Tara, non preoccuparti di questo ora. Ti spiegherò tutto con calma.”

“Io vado a vedere cosa stanno preparando gli altri, voi avete bisogno di un momento da soli.”

Robin si girò e fece per andarsene.

“Al contrario!”

Il leader aggrottò la fronte e guardò il principe nel monitor.

“Sono grato del fatto che l’abbiate ritrovata, perciò desidero invitarvi tutti ufficialmente qui a Markovia, come ospiti speciali per la legittimazione di Tara.”

La ragazza di sbloccò. Cosa? Legittimazione? 

“Quale legittimazione?”

“Quella per cui diventerai principessa di Markovia, seconda in linea di successione al trono dopo di me. Siamo stati tanti anni separati, non voglio più che accada. In più il Paese ha bisogno di te.”

Terra si prese il braccio con la mano e indietreggiò di un passo. In pochi giorni era passata da studentessa normale a supereroina, mentre ora s’apprestava a diventare una principessa. Stava accadendo tutto così in fretta che la sua mente non riusciva nemmeno ad elaborarlo.

“Ecco, Brion, io…”

Il ragazzo alzò una mano, Terra s’ammutolì.

“Non preoccuparti, sarà solo una formalità in modo da acquietare i nobili e permettere il il tuo ritorno a casa senza problemi. Vi sarà dell’etichetta da seguire, ma per il resto potrai condurre la tua vita. Ora scusami, ma devo andare a salvare Gregor da quel branco di leoni. A presto Tara, grazie Robin.”

Il leader fece un mezzo inchino, mentre Terra non riuscì nemmeno a salutare quando il monitor si spense.

Il posare della mano di Robin sulla sua spalla la riscosse.

“Andrà tutto bene, sei con i tuoi amici adesso e ci saremo anche quel giorno.”

La ragazza lo guardò e sorrise. Aveva ragione, non era più sola. BB, Cyborg, Starfire, Robin, Red X e persino Raven. Non era più sola.

“Grazie Robin.”

“Allora, venite o no? Si fredda!”

Terra si girò. Beast Boy si stava sbracciando per attirare la loro attenzione, in una mano aveva un panino con della roba bianca molliccia. Sicuramente del tofu.

Ridacchiò e corse dagli altri. Non era più sola.

 

 

 

***

 

 

 

“Temo tu non possa andartene.”

Red X si fermò. La voce che aveva sentito non era di Rose, era maschile.

Si girò. A fianco alla ragazza vi era un uomo con la maschera bipartita.

“Slade.”

Slade socchiuse l’occhio.

“Red X.”

Il ragazzo si portò la mano destra alla fronte, indice e medio alla tempia.

“Invece credo proprio che me ne andrò. Non voglio avere niente a che fare con voi. Hasta la vista.”

Si girò e fece un passo. Un rombo, la terra tremò.

“Ma che?”

Un muro di roccia si era eretto a bloccargli la strada, superandolo in altezza di una spanna e in lunghezza talmente tanto da perdersi tra gli alberi alla vista.

Spalancò gli occhi e posò una mano sulla parete. Era proprio roccia, dura. Si morse il labbro: ma quelli non erano i poteri di Terra? 

“Merda.”

Estrasse tre shuriken a forma di X dal costume e si voltò di scatto. Slade era in piedi, con le braccia dietro alla schiena, mentre Rose aveva degli aloni color ghiaccio attorno alle mani.

Si mise in posizione di combattimento, le dita pronte al minimo segno di pericolo, i piedi piantati a terra per scattare.

“Non vedo perché combattere. A me dei Titans non interessa proprio nulla.”

Slade rise, sommesso.

“L’avrei pensato anch’io fino a poco tempo fa, ma la tua fuga dalla clinica di Anne insieme a Terra e l’aiuto che le hai dato nel combattimento contro la mia apprendista, mi hanno fatto sorgere il dubbio.”

“Hai visto la tua apprendista subire quei colpi e non hai fatto niente?”

Slade fece scrocchiare le dita della sua mano sinistra.

“Aveva fallito troppe volte.”

Red X socchiuse gli occhi e fece una smorfia.

“Sei disgustoso.”

“Accorto, direi. Data la mia scarsa fortuna con gli apprendisti negli anni, ho deciso di diventare un poco più selettivo e prudente.”

Red X alzò un sopracciglio.

“Smetterai di arruolarli con i ricatti? Non so se l’hai notato, ma non sembrano essere molto efficaci.”

Una lama si conficcò a pochi centimetri a destra della maschera del ragazzo, nel muro di pietra. Slade aveva il braccio sinistro teso verso di lui.

Red X deglutì. Un colpo d’avvertimento e lui non solo non l’aveva previsto, ma non era riuscito nemmeno a vederlo arrivare.

“Ogni singolo dubbio fa sì che io prenda misure drastiche. Ho il dubbio che tu sia un po’ troppo in buoni rapporti con i Titans, tanto da poter andare ad avvertirli.”

Red X strinse le dita sugli shuriken.

“Non vedo di cosa dovrei avvertirli. Dubito che i Titans pensino che tu voglia proporre loro una scampagnata. Sanno che li vuoi eliminare.”

Slade mosse il capo; i bagliori attorno alle mani di Rose s’ingrandirono e una zolla di terra si formò sotto di lei, per poi alzarsi in volo.

“Rose! Fermati!”

Si morse il labbro fino a farlo sanguinare. Non voleva combattere con lei, non dopo tutto quello che aveva fatto.

Tirò gli shuriken verso le giunture di Slade, le due ginocchia e la spalla del braccio dominante. L’uomo le evitò con un singolo passo di lato.

“Apprendista, è giunto il momento di mostrarmi la tua lealtà.”

La ragazza annuì e stese le mani in avanti: dal terreno si levarono una ventina di sassi, che si fermarono a mezz’aria, come un muro. Rose chiuse il pugno e diventarono dei cunei appuntiti: era diventato un muro di punte.

La ragazza gridò e scagliò le pietre in avanti con un gesto del braccio, ricoperto da un alone azzurro.

Red X balzò verso un albero a meno di un metro da lui. Afferrò un ramo con le mani e lo usò come un perno per ruotare. Facendo forza con le braccia e gli addominali, puntò i piedi sul legno, trovandosi accucciato sulla sommità del tralcio. Le sue gambe scattarono come una molla: saltò, in modo da passare sopra alla ragazza. Vide le punte schizzare sotto di lui e conficcarsi nella corteccia degli alberi circostanti come tante frecce. 

Estrasse uno shuriken e lo tenne stretto tra le dita: quando si trovò sopra di lei rotolò in aria e lo lanciò con più forza possibile. La X rossa sibilò e la ragazza fece in tempo solo ad alzare il viso: dalla sua guancia caddero gocce scarlatte che le macchiarono la tuta metallica.

Red X atterrò con una capriola e rimase accucciato a terra. Spalancò gli occhi: il flusso di sangue che stava scendendo per la pelle della ragazza si era già fermato e il taglio diveniva sempre meno visibile.

“Quante altre cose non mi hai raccontato?”

Scattò e tirò un pugno dritto in faccia alla ragazza. Rose scartò di lato e gli afferrò il braccio, si girò e s’inserì con la spalla sotto alla sua ascella.

Red X volò catapultato in avanti, per atterrare di schiena. Il ragazzo gemette per il dolore e vide formarsi un grosso cuneo davanti ai suoi occhi. Rotolò di lato, mentre la punta rocciosa si conficcava nel terreno a pochi centimetri da lui.

Inspirò a fondo e s’alzò, Rose stava avanzando verso di lui, i pugni chiusi lungo i fianchi.

Red X indietreggiò e cercò Slade con lo sguardo: l’uomo non aveva cambiato posizione dall’inizio del combattimento.

Qualcosa di freddo urtò la sua schiena, il muro di roccia era proprio alle sue spalle. Red X fece scivolare una piccola sfera tra le sue dita. Socchiuse gli occhi, in attesa della ragazza.

Rose lo guardò con i suoi occhi color ghiaccio, le pupille dilatate.

“Rose, smettila.”

La ragazza tirò un destro. Red X vide arrivare le nocche ad un soffio dal suo naso. S’abbassò e lasciò cadere la pallina. 

Una nube di fumo nero venne sprigionata e invase l’area, oscurando tutto alla vista. 

Red X udì Rose tossire e tirò un montante proprio di fronte a lui. Il suo pugno urtò contro le placche metalliche dell’armatura della ragazza, facendola piegare su se stessa. Si morse la lingua per trattenere un gemito di dolore e dette un calcio in avanti. Secondo i suoi calcoli la stava colpendo in pieno petto. Il tonfo che seguì confermò: l’aveva stesa.

Il fumo si stava diradando, doveva fare in fretta.

Estrasse dal suo costume una X esplosiva e l’appiccicò sul muro di roccia, s’allontanò di qualche passo e si tappò le orecchie con gli indici.

Lo scoppio sfondò la parete, creando un tunnel. Red X scattò e corse più veloce che poté. Da solo non avrebbe mai potuto batterli entrambi, l’unica alternativa valida era scappare.

Corse per il bosco, zigzagando tra gli alberi. Saltò un tronco e si nascose dietro le fronde di un cespuglio. Premette il pulsante sulla cintura: una piccola scarica elettrica venne fuori dal dispositivo.

“Andiamo, non adesso.”

Riprovò, non accadde nulla.

“Stupido Dickhead, neanche buono a fabbricarti le tute.”

Sospirò e inspirò a fondo. Scattò: i rami dei cespugli gli graffiarono le gambe e le mani erano indolenzite nel colpire i rami per abbatterli.

Puntò entrambi i piedi al terreno: un dirupo era di fronte a lui. Sul fondo spuntoni di roccia uscivano dal letto del fiume, le cui acque si snodavano in mulinelli.

“Merda.”

Un sibilo, un dolore lancinante. Red X urlò e cadde in ginocchio. Sentì la lama fredda lacerare la carne del suo fianco, l’erba intorno a lui si colorò di rosso. Tremante, si tirò su in piedi, mentre il sangue continuava a gocciolare.

Rose stava correndo verso di lui. Red X indietreggiò di un passo: sassolini si staccarono dal limite dello strapiombo e caddero nelle rapide sottostanti. 

La ragazza si fermò e l’osservò. Red X avvertì di nuovo quella sensazione di disagio e strinse i denti. 

“Che stai aspettando, Zero. Uccidimi.”

“Non sono Zero.”

Red X toccò il manico del pugnale nel suo fianco, la lama era penetrata del tutto. Estrarla avrebbe voluto dire morte istantanea per emorragia.

“Preferisci Terra II?”

“Rose.”

Red X scoppiò a ridere, rovesciando la testa all’indietro. Alle risate seguirono i lamenti, ad ogni sussulto la lama gli lacerava un altro po’ di carne.

“Non ti azzardare a usare quel nome. Questa cosa che ho qui davanti non è Rose, è solo un inutile clone. Un pezzo di ricambio, una bestia pronta a essere macellata.”

La ragazza s’avvicinò.

“Per favore, non voglio farlo, ma questo è il mio destino.”

Red X gemette.

“Stupida. Sei tu a creare il tuo destino.”

Rose si bloccò, aprì la bocca e la richiuse. Tese la mano in avanti e afferrò la maschera di Red X, la tolse.

Jason ansimava, con i capelli appiccicati sulla fronte e gocciolanti di sudore. Rose lo guardò, la ragazza aveva una ciocca dietro l’orecchio, le labbra le tremavano.

“Avrei voluto vederla in un altro modo” disse allungando le dita verso la sua guancia. 

I guanti metallici gli sfiorarono la pelle, provocandogli un brivido di freddo. Si scostò, Rose ritrasse la mano. 

Jason rantolò, non riusciva più a distinguere i lineamenti della ragazza, ma solo i contorni. Scosse la testa e riuscì a vedere meglio: Rose stava intingendo la stoffa della maschera nella pozza di sangue che si era formata per terra.

Si rialzò, la tuta annerita e i guanti rossi, che sgocciolavano.

“Non potrò fare lo stesso quando toccherà ai Teen Titans.”

Red X aggrottò la fronte. Lo stava risparmiando? Un’altra fitta lo fece curvare su se stesso, cadde in ginocchio.

“N-non mi serve la tua pietà.”

Il ragazzo alzò il volto: era ancora lì a fissarlo, con la sua maschera insanguinata in mano. Il suo sguardo sembrava attraversarlo, senza davvero metterlo a fuoco.

“Non è pietà.”

 Red X gemette e si portò l’indice alla cintura; digrignò i denti dal dolore. Premette il pulsante. Durante la smaterializzazione, l’ultima cosa che vide fu il sangue colare dalla maschera stretta tra le sue mani.
















Angolo dell'autrice
Non so nemmeno con che faccia ripresentarmi dopo più di un mese e mezzo di buio. Non so come scusarmi, né come promettere che tornerò a pubblicare con regolarità. Qualsiasi mia parola mi sembrerebbe una grandissima presa in giro, quindi tenterò semplicemente di spiegare alcuni motivi per il ritardo, che sommati ad una mia perdita di voglia hanno creato questo buco immenso.
Dopo il capitolo di Robin e Red X, la storia era arrivata in un punto morto. O meglio, le vicende erano abbozzate, ma non mi soddisfavano per niente. I fatti che avrebbero dovuto susseguirsi mi sembravano arraffazzonati, i personaggi campati per aria, le vicende avrebbero portato o a una ridicolizzazione di Slade o di Anne, o di altri.
L'ultima cosa che volevo e che voglio, era concludere questa storia con una fine non degna. Perciò non avevo nessuna intenzione di rendere i personaggi stupidi o senza personalità. La più grande incognita era Zero, che era sempre rimasta abbozzata e che ancora non aveva un carattere e una psicologia ben definiti. Avevo sempre rimandato il momento, dicendomi "ci penserò", ma dopo l'ultimo capitolo, quel momento era giunto.
Mi sono presa una pausa, ho afferrato un quaderno e ho cominciato a buttare giù schemi su schemi di personaggi e vicende. Ho motivato ogni loro scelta e desiderio, in modo da non scadere in odiosi buchi di trama e rendere la storia quanto più solida possibile. Ho disegnato schizzi di ambientazioni e personaggi che se volete, per farmi perdonare, potrò aggiungere in calce al prossimo capitolo.
Così è volato via un mese e mezzo, aiutato anche dalla mia poca voglia di fare, lo ammetto.
Ora però sono qui, con questo capitolo che spero soddisferà le aspettative. In estate questa fan fiction dovrebbe arrivare al termine, più o meno verso il compimento del suo compleanno. Spero di riuscirci e di darvi qualcosa di bello da leggere e, perché no, rileggere anche, qualche volta.
Detto questo ci vediamo nelle recensioni. Avete il permesso d'insultarmi per il mio ritardo. Capirò.
A presto,

x Carlotta

 

   
 
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