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Autore: Ceccaaa    05/04/2016    1 recensioni
~DALL'ULTIMO CAPITOLO~
E poi quella parola, che aveva cominciato ad odiare. Corpuscontroller. Aveva un suono aspro sulla sua lingua e un profilo oscuro nella sua mente. Era l’insieme di amicizia e terrore. Una paura troppo terribile per essere vera, ma che esisteva senza il minimo dubbio. E poi, come colpita da un attimo di lucidità, un colpo al cuore: casa mia. Sono andati a casa mia. Lo sapevano. Sapevano chi era.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Dursley, Famiglia Potter, Famiglia Weasley, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Sotto la botola

2 Dicembre 2023
Caro diario, siamo pronti. ‘Stanotte scendiamo nella botola, e mi sento di aggiungere finalmente, visto che è quasi un mese che ci stiamo pensando. Per fortuna, nonostante il rifiuto iniziale, anche Jo e Leòn verranno con noi. So di aver detto che saremmo andate anche senza di loro, ma era solo una tattica per convincerli. E ha funzionato! Infatti una settimana più tardi, Jo mi ha comunicato di averci ripensato e di aver deciso che se non può impedirci di andare, verrà con noi. E ‘stanotte andiamo! Non vedo l’ora: abbiamo ordinato dei Mantelli Autoinvisbili da Tiri Vispi Weasley (anche questo ha rallentato la missione) e tracciato un percorso da seguire, visto che non potremo vederci. Oh, ecco Mila e Leòn. Quei due girano sempre insieme ultimamente! Ora devo andare. A più tardi,
Claire
 
Mila si sedette davanti a lei e Leòn al suo fianco. “Jo dov’è?” chiese Claire. “Si è fermato a parlare con Skai Thomas.” Rispose Leòn con un ghigno sul volto. “Vorrei sapere cosa ci vede in lei: è pazza quanto la madre.” “Ma per favore! Voleva solo parlarle e comunque non è pazza è… singolare.” Skai Thomas era la figlia di Luna Lovegood e Dean Thomas. Erano in molti a prenderla in giro per le sue strane idee, ma un gran numero di studenti la difendevano dopo l’eroismo dei genitori durante la Seconda Guerra Magica.
“Va bene, va bene. Definiscila come vuoi, ma per me resta pazza. Allora, sono arrivati i Mantelli?” chiese il ragazzo guardando la scatola sul tavolo. “Ma è vuota!” esclamò deluso aprendola. “No che non lo è. Hai dimenticato cosa abbiamo ordinato? Mantelli Invisibili: significa che non si vedono.” Disse Mila. “So cosa vuol dire! Solo che in genere Mantelli dell’Invisibilità si vedono se non indossati.” Ribatté Leòn irritato.
“Nessuno, che si sappia, ha mai inventato un mantello dall’invisibilità permanente (quindi che non evapora) che si possa vedere quando inutilizzato. L’unico potenzialmente esistente è uno dei Doni della Morte.” Spiegò Claire aprendo una cartina enorme di Hogwarts sul tavolo. Mila sbuffò. Non era una credulona e la storia dei Doni della Morte non l’aveva mai convinta. Molti ragazzi raccontavano diverse storie udite dai genitori, soprattutto su quella chiamata da tutti Bacchetta di Sambuco. Si diceva che fosse appartenuta al terribile Gellert Grindelwald prima della battaglia con Silente che determinò la fine del suo potere. A scuola non si studiava, ma diversi libri narravano la Seconda Guerra Magica raccontando la più veloce processione di possessori che la Bacchetta avesse mai avuto in pochi anni. Si diceva che da Silente fosse stata conquistata da Draco Malfoy, poi in seguito venne conquistata da Harry Potter e infine Potter decise di restituirla a Silente. Altri libri sostenevano che prima di Draco Malfoy la bacchetta fosse appartenuta a Severus Piton, ma visto che ne Malfoy ne Potter avevano testimoniato in riguardo non si sapeva con certezza come si fossero succeduti i proprietari della Stecca della Morte in quegli anni.
Di tutto questo Mila era a conoscenza per la passione di Leòn per le leggende e le avventure misteriose. In ogni caso non era incline a credere all’esistenza del Mantello Invisibile della Morte.
“Quindi, sai già i turni dei Prefetti?” chiese. “Veramente doveva procurarli Jo, se solo si sbrigasse ad arrivare.” Rispose la Corvonero scrutando il corridoio di scaffali dove si erano nascosti. “E come avrebbe dovuto fare a prenderli?” chiese Leòn. Sapeva quanto l’amico detestasse infrangere le regole. “Non lo so, gli ho detto solo di procurarseli.” Rispose Claire, con l’aria di non voler sapere veramente come Jo li avrebbe ottenuti.
“Parli del diavolo…” disse Mila guardando il magro biondino avvicinarsi con le mani in tasca e un sorriso da un orecchio all’altro. “Ciao.” Salutò Jo. “I turni?” chiese Claire porgendo la mano. “Come richiesto. Mi devi due galeoni, amico.” Aggiunse rivolto a Leòn. Il ragazzo sbuffò e consegnò il denaro. “Voi ragazzi siete tutti uguali. Scommettete anche sulle cose importanti.” Mila alzò gli occhi al cielo e scrutò il biglietto che Claire teneva in mano, tanto per avere qualcosa da fare. La sorella voleva che tutto fosse in ordine e malgrado avessero ripassato il piano un milione di volte ancora non rinunciava a incastrarli in quell’angolo di libri polverosi anche per l’intero pomeriggio.
“Perché mi guardi così, Jo? Sei inquietante.” Disse Leòn all’amico, che aveva la pelle del viso tirata in un sorriso esagerato. “Ho rimediato un appuntamento.” Il labbro inferiore di tutti e tre i suoi amici cadde a penzoloni staccandosi dal gemello. “Allora, pensi che quei turni possano essere utili?” chiese Jo a Claire come se non avesse notato la reazione. “Hai un appuntamento con Skai Thomas?” chiese Mila sbalordita, tuttavia facendo una linguaccia a sua sorella. Jo annuì ridendo. La bocca di Claire si spalancò ancora di più: Mila gliela chiuse divertita.
“Possiamo concentrarci sul piano e non sulla mia vita privata, per favore?” chiese Jo continuando a sorridere. “I turni: pensi che ci saranno di aiuto?” chiese di nuovo a Claire, che questa volta rispose: “Ve… vediamo. Già, quello che pensavo.” Rispose la Corvonero osservando la mappa “Dobbiamo evitare la scala a chiocciola del secondo piano: il professor Torrence, quello di Divinazione, è di turno fino alle 3 di notte. Non so proprio da dove passare.” “Che ne dici del passaggio dietro il quadro di Bianco?” propose Jo. Mila e Leòn li guardavano confabulare sbadigliando annoiati. Quando Jo e Claire finirono di sistemare il percorso si guardarono intorno e Jo ghignò: Leòn e Mila dormivano e quella era la sua occasione per fare uno scherzo al suo migliore amico. "Vado in Sala Grande un momento. Tu non svegliarli." Disse a Claire. La ragazza sapeva benissimo a cosa stava pensando e lo fermò impedirgli di uscire. "Andiamo, Clarie. Voglio solo fargli uno scherzetto, tu puoi capire." Claire scosse la testa. "Devono dormire tutti e due: stanotte c'è da fare!" Si oppose. "Allora fammi andare a dormire." Disse il ragazzo. Claire non ebbe più scuse e dovette farlo passare. Si rimise a studiare la mappa mentre Jo si avviava in teoria verso il dormitorio, in pratica verso il Lago Nero, sapendo benissimo di non poter mettere in atto il suo scherzo con Claire presente. ‘Sei uno stupido, Jonathan Michael Dursley.’ Si disse. ‘Sei uno stupido. Era ovvio che non ci sarebbero mai andate senza di te, idiota!’ credeva di saperlo da troppo tempo per non insultarsi che, naturalmente, quelle due ragazze furbe e intelligenti quanto le loro Case lo avrebbero minacciato in un qualche strano modo. A volte si chiedeva cosa aveva nel cervello. Fissò il Lago sentendo una forte paura crescere dentro di lui. Si sentiva combattuto: lasciar stare il piano o andare, infrangere molte regole e magari rischiare di… ‘No. Non devi neanche pensarci.’ Si disse scuotendo la testa. Cominciò a percorrere la sponda con le mani in tasca e i brividi di freddo. Pensò di tornare dentro il Castello e recuperare qualcosa per scaldarsi, ma forse se si fosse ammalato non sarebbero più andati. Forse le ragazze avrebbero dimenticato cosa c’era sotto la botola. ‘Cosa potrebbe esserci. Non quello che c’è: quello che potrebbe esserci.’ Si corresse cercando di ignorare l’istinto che continuava a premergli sul cuore come per convincerlo. O forse era il senso di colpa. Si sedette sull’erba gelida coperta di brina ghiacciata e si sentì attraversare la schiena da un brivido di freddo. Provò a pensare a qualcosa di più semplice della sua vita. ‘Skai.’ La soluzione gli attraversò la mente. Voleva parlare con lei, sarebbe stato meglio che ripassare mille volte il piano suicida che stavano architettando. O almeno più facile.
Rientrò nel Castello e si avviò verso la torre di Grifondoro. Aspettò fuori che qualcuno uscisse o entrasse. Con suo gran sconforto quel qualcuno fu Lily Potter. Sua cugina si avvicinò con un sopracciglio alzato. “Guarda chi si è fatto vedere! Allora Jo, cosa fai qui?” chiese. “Ehm… cerco Skai Thomas, sai dov’è?” chiese incerto. “L’ho vista in Sala Grande. Grazie di pensare anche a noi, eh.” Jo alzò gli occhi al cielo voltandole le spalle. Non sapeva bene perché non andasse a genio a Lily, probabilmente era il suo modo di manifestare il suo affetto. Arrivò in Sala Grande e gli dissero che Skai era andata al bagno del primo piano. Aspettò fuori, ma le ragazze che uscirono dopo dieci minuti gli comunicarono che la ragazza era salita alla torre di Grifondoro per studiare. A quel punto Jo decise che si sarebbe distratto con un libro sul Pozionismo Semplice. Si avviò verso la Sala Comune pensando (finalmente si era distratto) a come far diventare una rana un palloncino. Mentre giungeva al muro che divideva il corridoio dalla stanza verde-argento decise che avrebbe ordinato un Gonfiatore Magico a Durata Limitata da zio George. Pronunciò la parola d’ordine e senza neanche accorgersene si sedette nella solita morbida poltrona. Prese il libro che gli interessava dalla borsa. Lesse tutto il pomeriggio finché una voce non lo portò alla realtà: “Jo, c’è la cena, a meno che tu non voglia digiunare, cosa di cui non hai assolutamente bisogno.”  Mila non aveva torto: Jo era magrissimo, ma nonostante tutto avrebbe trovato il modo di farsi i muscoli – o almeno così aveva deciso. Si alzò e la seguì attraverso il sotterraneo. “Leòn?” chiese per fare conversazione. “Ha detto che ci prendeva i posti. Come se ce ne fosse bisogno: ci stanno lontani almeno venti posti quando mangi…” Mila s’interruppe arrossendo. Jo sentì una stretta al cuore: da quando si sapeva la sua natura erano in molti gli studenti che gli stavano alla larga. Tuttavia si mostrò sordo al commento di Mila. Raggiunsero la Sala Grande e Leòn. Mangiarono in fretta e in silenzio. Jo sentiva ogni morso come un pezzo di legno secco. Saltarono il dolce e raggiunsero Claire in biblioteca. La ragazza dormiva con la testa sulla mappa di Hogwarts ancora aperta sul tavolo. “Bene. Penso che non si sveglierà prima di domattina. Buona no…” provò disperatamente Jo seguito nella sua fuga da Leòn. “Fermi là.” Lo interruppe Mila guardandoli minacciosa. Ai due ragazzi non rimase che sedersi e aspettare la chiusura della biblioteca sonnecchiando. Quando anche l’ultima candela della biblioteca fu spenta e fu suonata la campanella del coprifuoco svegliarono Claire e sistemarono il tavolo. Per fortuna dopo la guerra era stata aperta l’area delle stanze degli insegnanti altrimenti Madama Pince sarebbe stata in agguato. Si infilarono i mantelli – con non poca difficoltà – e si avviarono in punta di piedi alla porta. Mila sbirciò fuori. “Via libera.” Sussurrò e i quattro si avviarono verso le scale. Jo continuava a ripetersi il percorso per non perdere neanche un passaggio: ‘Destra, sinistra, tre scalini, a destra, altri cinque scalini, due svolte a destra, la porta del corridoio del primo piano, sinistra…’ arrivati a una tela completamente bianca, quella si aprì. Entrarono nel passaggio e lo seguirono fino a un'insenatura che dava sul corridoio est del terzo piano. ‘Ora tutto dritto fino alla botola.’ Pensò Jo. Camminò secondo il piano e arrivato alla botola la osservò volteggiare per due secondi e atterrare a lato del buco. “N-non c’è nessuno.” Disse la voce di Leòn soffocata: probabilmente il ragazzo aveva infilato la testa dentro, perché gli videro le suole delle scarpe sotto il mantello. Si calarono dentro, in una stanza dal soffitto basso con il pavimento in travi di legno sporche di quella che sembrava terra.  All’unisono sussurrarono “Lumos!” quattro lucine si accesero sulla punta delle bacchette estratte da sotto il mantello. Jo cominciò a camminare cauto finché con illuminò il muso canino di una bestia addormentata. Venne scosso da un brivido di paura, ma ormai erano dentro: doveva farsi coraggio. Esaminò il resto del corpo e confermò il suo timore: quel bulldog corrispondeva alla descrizione. Fece un cerchio con la bacchetta e anche gli altri rabbrividirono: Knife, la preziosa cavalcatura dell’ultimo Cavaliere Misterioso, dormiva a pochi passi da loro sbavando sul pavimento.
Si irrigidirono. Dei tacchi battevano il pavimento sopra di loro. Si voltarono terrorizzati verso la luce tonda che entrava nell’apertura della botola: avevano dimenticato di chiuderla. Furono istanti lunghi e carichi di tensione: Jo corse verso la botola, sbattendo contro Mila che aveva fatto lo stesso, Leòn cominciò a tremare così forte da far muovere le assi sotto di loro e qualcuno sussurrò “Botola Locomotor!” alche il tappo rotondo chiuse l’apertura. Come se non fosse abbastanza, Knife disturbato da tutto quel trambusto si agitò nel sonno e rischiò il risveglio. Anche dopo che il buio fosse quasi totale, le assi del pavimento cigolarono per il forte tremolio di Leòn. Mila lo cercò nel buio e gli posò una mano sulla spalla. Con suo gran stupore, il ragazzo si calmò all’istante.
Nel buio quasi totale intravidero una porta contornata da una luce calda proveniente da dietro di essa. Si avvicinarono cauti ed estrassero le orecchie oblunghe che Jo si era trovato curiosamente nel baule all’inizio della scuola. Infilarono il cordicino color carne in un orecchio e aspettarono che l’altra estremità si introducesse sotto la fessura della porta. “…e dopo che la notizia ha fatto clamore ne ho radunati altri. Ma questo è strano: è il più potente che abbia mai visto. Pensa che riesce già a controllare i suoi poteri!” disse una voce; la stessa voce che Jo aveva sentito l’ultima volta che aveva aperto la botola. “Fai attenzione, vecchio mio. Potrebbe essere quello di cui tutti parlano e se è lui allora riuscirà a batterti. Riuscirà a batterci tutti.” Rispose una voce più pacata e giovane. “Figuriamoci! L’ho visto: ha sollevato quell’idiota e l’ha appoggiato senza rompergli un dito. Nessuno di così educato potrebbe mai battere me. Pensavano fossi io, ricordi?” chiese la prima voce. “La maggioranza. Ma non erano in pochi a credere che il tuo potere fosse ordinario. Dopotutto la profezia parla di una persona... com’era? ... ‘Gentile ed onesta, non assassina. Che con garbo imprigioni il nemico e lo nutra come un amico. Gli dia carne e vino a tutti i pasti e curi tutti i suoi malanni e le ferite, nel cuore e sul corpo.’” La voce concluse e ci fu un secondo di silenzio. “Io non son un assassino. Loro lo credono, ma non è così. Noi non siamo e mai saremo assassini.” Sussurrò la prima voce. “Eppure tu desideri imprigionarlo? Dimentichi il codice: mai noi cattureremo un nostro simile. Sono passati in molti a Bantdracal: gnomi, elfi, umani. Mai un Corpuscontroller.” Jo si chiese cosa fosse Bantdracal. Soprattutto capì che stavano parlando di lui come qualcuno che si aspettava da tempo. Ebbe fortuna a scoprire pure quanto, visto che la voce più anziana rispose: “Un secolo l’abbiamo aspettato. Non permetterò che distrugga la specie.” Si sentì un pop e uno sgradevole odore di fumo e dei passi si avvicinarono alla porta. I ragazzi fecero in tempo a spostarsi e mettersi in un angolo buio, quando essa si aprì e un uomo uscì camminando curvo sotto il soffitto. Controllò che il cane dormisse e si diresse verso una seconda porta che richiuse alle sue spalle. I ragazzi aspettarono qualche minuto e si mossero verso la botola. La fecero levitare e uscirono applicando lo stesso incantesimo su se stessi. La chiusero velocemente e corsero immediatamente verso i rispettivi dormitori.
   
 
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