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Autore: GeorgiaRose_    06/04/2016    5 recensioni
Martina Stoessel è convinta che per lei la felicità non arriverà mai. Adottata a due mesi, a undici anni è dovuta tornare in orfanotrofio per via di un evento che le ha totalmente cambiato la vita. Non si fida più di nessuno. Non parla più ai ragazzi. Non ha più degli amici. Non ha più una famiglia. È sola. Ma l’incontro, dopo cinque anni, con il suo amico di infanzia Jorge Blanco le cambierà nuovamente la vita. Nonostante l’età, verrà adottata nuovamente, proprio dalla famiglia Blanco. Jorge, da sempre innamorato di lei, le starà vicino e diventerà, in poco tempo, più di un amico. Ciò che non sa, però, è che anche Jorge ha un brutto passato alle spalle. Riusciranno, insieme, ad affrontare e a risolvere i loro problemi?
“E adesso guardami, io non so più chi sono. Scaldami, quando resto da solo. Calmami, se mi sfogo con loro. Salvami.”
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jorge Blanco, Un po' tutti, Violetta
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Anche questa notte ho dormito con Jorge. E, no, questa volta non è stato per gli incubi, e non mi sono presentata in camera sua con una scusa. È stato semplicemente perché lo volevo. Sono andata da lui e con un semplice “posso dormire con te?” mi sono ritrovata avvolta dalle sue braccia per tutta la notte. Sto bene con lui, mi sento protetta. Non so come mi sento a riguardo. Ho sempre avuto timore dei ragazzi. Ho sempre pensato che se l’uomo che consideravo mio padre, colui di cui mi fidavo più di tutti, mi aveva “tradito” e trattata in quel modo, significa che tutti lo avrebbero fatto. Sono sempre stata distante da tutti gli altri, ho sempre avuto terrore, paura. Ma non con Jorge. Con lui sono sempre stata tranquilla. Anche all’inizio, quando l’ho incontrato all’orfanotrofio: non sapevo chi fosse, ma mi sono comportata normalmente con lui. Certo, ero un po’ distaccata, ma semplicemente perché era uno sconosciuto, o almeno così credevo. È ovvio che a volte anche con lui faccio l’acida, se così si può dire, ma qui non si tratta di essere acidi, si tratta di essere spaventati, di aver paura di regalare la nostra fiducia alla persona sbagliata.
«Tini, possiamo parlare, per favore?» mi chiede Cande, durante l’ora di spagnolo.
Sono in classe, seduta accanto a lei. Continuiamo a non rivolgerci la parola, ormai da due giorni, io continuo a sentirmi con Mercedes. Proprio non sopporto come si stia comportando, non la facevo una ragazza così superficiale, che si ferma alle apparenze. Dove è finito il detto “non giudicare un libro dalla copertina”?
«Non ho niente da dirti.»
«Voglio semplicemente chiederti scusa. Hai ragione. Ho parlato con Jorge e ho capito che mi sto comportando da bambina. Perdonami, ti prego.» Sussurra, con tono implorante.
«Ragazze, perché non condividete i vostri pensieri con noi?» ci blocca il professore.
Entrambe voltiamo il capo verso la cattedra ed aspetto che il professore ricominci a spiegare per sussurrarle «Non è a me che devi chiedere scusa»
 
Al suono dell’ultima campanella, mi alzo sistemando le mie cose nello zaino, contenta che anche l’ultimo giorno scolastico della settimana sia concluso senza problemi. Certo, a parte Cande.
«Okay, questa cosa non può continuare così!» sento esclamare da quest’ultima.
Non faccio in tempo a voltarmi verso di lei che mi afferra il braccio e mi trascina al banco di Mercedes. La guardo non capendo.
«Mercedes, ti chiedo scusa.» mi guarda. «Va bene così?»
«Wow, non ti sei per niente sprecata» dico ironica.
«Hai ragione.» mi sussurra, per poi voltarsi di nuovo verso Mercedes che, con una faccia alquanto confusa, sta cercando di capire la situazione. «Mercedes, ti chiedo scusa per essere stata così superficiale e averti giudicata senza conoscerti. Non mi comporterò più così e, se vuoi, puoi anche mangiare con noi e possiamo uscire qualche volta.» Sussurra, tenendo lo sguardo basso e alzandolo solo una volta aver smesso di parlare. Devo ammettere che un po’ mi ha sorpresa. Aspetto la risposta di Mercedes.
«Oh, be’, grazie. Accetto le tue scuse.» Annuisce.
«Ah, fantastico!» Le sorride radiosa.
«Scusate ragazze, ma ora devo andare.» Ci comunica.
«A domani, Mercedes.» Sorrido.
«Adesso mi perdoni anche tu?» Chiede speranzosa.
«Cande…» sto per dire, ma lei mi blocca.
«Aspetta, so cosa vuoi dirmi e giuro che mi dispiace. Ho parlato con Jorge, e lui mi ha fatto capire che non è giusto giudicare qualcuno senza conoscerlo. Sono davvero pentita, Tini. Perdonami.»
«Certo che ti perdono.» Le sorrido e lei mi abbraccia forte. Non sono abituata ad essere abbracciata. Prima Jorge, poi lei. È bello sentirsi protetti tra le braccia di qualcun altro. Qualcuno che sai che ti vuole bene.
 
Tornati a casa, Cecilia ha accolto con grande gioia la notizia della riconciliazione tra me e Cande. Devo ammettere che in casa si era creata un’aria un po’ tesa a causa nostra e, sì, la cosa stava diventando insopportabile. Cecilia ci informa che preparerà una torta per stasera per festeggiare. Tutto ciò che sta accadendo è completamente nuovo per me. Mi sento quasi un pesce fuor d’acqua. Non sono mai stata abituata ad avere qualcuno con cui vedermi a mensa, qualcuno da salutare quando tornavo a casa, qualcuno che mi desse dei soldi in caso di necessità, o qualcuno su cui posso sempre contare, a parte Patty. Ho degli amici adesso, una famiglia.
 
Dopo aver terminato i pochi compiti per domani, prendo il libro che ho comprato l’altro giorno con Cande. La trama mi ha attirato particolarmente perché si avvicinava non poco alla mia. Anche la protagonista del libro ha perso i genitori, proprio come me, con la differenza che lei si è ritrovata in una famiglia tutt’altro che tale: era rifiutata, considerata una schiava, a differenza mia che invece qui a casa Blanco vengo considerata proprio come se facessi parte della famiglia da sempre. Ma alla fine è così. Sono parte di questa famiglia da quando avevo nove anni.
La mia tranquilla lettura viene interrotta da una dolcissima melodia suonata alla chitarra e dalla voce più dolce che io abbia mai sentito. Ci metto poco a capire che si tratta di Jorge. Metto il segnalibro a pagina 23 e poggio il libro sul comodino. Mi alzo ed esco dalla camera. La porta della camera di Jorge è aperta, mi affaccio sentendolo cantare.
«Lo que te doy, ya no tiene fin. Dime quien soy y me quedo aquí. Dame el motivo de tu temor. Dame tu amor. Todo es como tu y yo. Solo dame una razón. Mírame vivamos el momento. Háblame que se detiene el tiempo. Tu y yo, tu la melodía que en mi sintonia nace una canción. Mírame vivamos el momento. Háblame que se detiene el tiempo. Tu y yo, tu la melodía que en mi sintonia nace una canción»
Ed è mentre canta che mi arriva un’idea, L’idea. Forse ho trovato la mia strada, cioè, potrei sbagliarmi, ma potrei sempre provare, e se non va, riprovare.
«Wow, sei bravissimo» Gli dico applaudendo.
«Grazie.» Sorride, poggiando la chitarra sul letto e facendomi segno di entrare e di sedermi accanto a lui. Mi avvicino e mi siedo piegando la gamba sinistra e poggiandola sul letto. «Come mai sei qui? Ti serve qualcosa?»
«In realtà ti ho sentito cantare e mi sono avvicinata, tutto qui.»
«Ah, okay.» Sembra un po’ deluso dalle mie parole.
«Jorge, insegnami a suonare.» gli dico subito, senza giri di parole.
Assume un’espressione corrucciata.
«L’altra sera io ti ho detto che passo tutto il tempo ad osservare gli altri vivere, te lo ricordi?» Annuisce, mentre mi chiedo come stia facendo a parlarne così apertamente con qualcuno. «Jorge, voglio provare con la musica. Cioè, ti ho già detto che non ho avuto amici, né una vera e propria famiglia fino ad oggi, che per me la mia vita non ha senso. Voglio provare a dargliene uno, e voglio provarci con la musica. Capisci?»
La sua espressione cambia, sta pensando, poi annuisce leggermente sorridendo. Ricambio il sorriso per poi buttarmi tra le sue braccia. All’inizio sembra confuso dal mio gesto, ma poi mi stringe a sé.
«Allora dobbiamo andare a comprare una chitarra.» Mi dice dopo aver sciolto l’abbraccio.
«Non posso usare la tua?» Gli chiedo. Mi sembra la scelta più semplice.
«Nha, se dobbiamo fare una cosa, dobbiamo farla bene.» Si alza dal letto e si avvia in corridoio. Lo seguo. «E poi solo io posso usare la mia chitarra» Ridacchia. «E non uscirtene dicendo che non hai abbastanza soldi. Cande me lo ha detto, e sì, adesso siamo la tua famiglia e i soldi nostri sono anche i tuoi e non devi avere paura a chiederne.»
«Tu e Cande parlate proprio tanto, eh?» mi sento un po’ in imbarazzo sapendo che parlano di me alle mie spalle. Chissà cosa si dicono.
«Sì, siamo sempre stati molto uniti» Sorride, è molto contento del rapporto che ha con sua sorella. Anche a me piacerebbe avere qualcuno con cui confidarmi sempre. Un tempo avevo mia madre o, meglio, la mia madre adottiva che per me, ovviamente, è sempre stata come una madre, il mio punto di riferimento. Quella persona contro la quale correvo quando tornava da lavoro perché mi era mancata o che, insieme a mio padre *o quel che era*, mi leggeva la favola della buonanotte prima di andare a dormire. Quella persona che cercava di accontentarmi sempre, che non ho mai visto piangere, perché lei era così, solare, altruista. Sempre. Quella persona che mi preparava il mio dolce preferito la domenica o alla quale potevo dire tutto, qualunque problema potesse avere una bambina di dieci anni. E lei mi ascoltava, mi consigliava. Lei era tutto per me. Era mia madre, mia sorella, la mia amica. E adesso? Adesso con chi posso sfogarmi? Avrei tanto da dire, ma ho sempre paura che quel che penso sia sbagliato. Forse perché io sono sbagliata.
Io e Jorge scendiamo le scale, Cande è in soggiorno a guardare la televisione, mentre Cecilia è in cucina. Jorge entra in cucina, mentre io prendo le giacche dall’armadio.
«Ok, perfetto, ho parlato con mia madre. Possiamo andare.» Mi dice Jorge, mentre gli passo la giacca di pelle nera.
«Quindi ti ha dato i soldi?»
«Esatto.» È più forte di me, non posso non sentirmi a disagio. È come se me ne stessi approfittando. «Ehi, so cosa ti sta passando in quella testolina e non ti devi far problemi, okay? Non parliamone più.» Ha capito quel che stavo pensando in nemmeno un secondo. A quanto pare, mi conosce meglio di quanto pensassi.
«Soldi per cosa?» Cande ci raggiunge all’entrata.
«Andiamo in centro a comprare una chitarra per Martina: vuole imparare a suonare.» Spiega Jorge, prendendo due mazzi di chiavi dal contenitore, un paio sono quelle di casa mentre l’altro, immagino per l’auto, anche se, se non ricordo male, l’unica auto che hanno l’ha presa Alvaro questa mattina per andare a lavoro. Di cosa sono quelle altre? Glielo chiederò.
«Figo! Posso venire anch’io?»
«Certo!» Affermo, ma Cande guarda sua fratello che sembra avere un’espressione indecifrabile, a mio parere.
«Ah, no! Adesso che mi ricordo, devo ancora finire i compiti per la prossima settimana! Non fa niente, andate voi due.» sorride, mentre Jorge le fa l’occhiolino. Questi due sono strani.
«Ma non abbiamo ancora compiti per la prossima settimana!» Protesto, ma ormai è inutile: Cande ha già salito le scale e Jorge mi sta trascinando fuori.
«Jorge, prendiamo il pullman per il centro?»
«Pullman? Anche no» Apre il garage nel quale si vede una moto rossa fiammeggiante.
«La moto?» Ecco di cos’erano le altre chiavi. «Non sapevo aveste una moto. E, soprattutto, non sapevo sapessi portarla.»
«Be’, ora lo sai.» Mi passa uno dei due caschi, mentre si infila il suo.
Lo guardo attentamente mentre se lo infila, per poi osservare il mio casco. Non ne ho mai messo uno, e non sono mai andata in moto. Bene.
«Che fai? Vuoi restare lì?»
«Ehm…» non so spiegarmi
«Non dirmi che hai paura.» Mi prende in giro.
«No, è che non so come si mette» affermo riferendomi al casco. Ride alla mia affermazione, per poi avvicinarsi.
«Dammi, ti faccio vedere.» Prende il casco tra le mie mani e me lo infila. «C’è il gancio. Non esiste niente di più semplice» Sono portata per fare figure di merda. «Bene! Andiamo?» chiede, eliminando il mio imbarazzo.
«Andiamo.» Annuisco.
Mi dà una mano a salire e poi mi dice di abbracciarlo, in modo da non cadere.
«Non così stretto, altrimenti mi soffochi.» ride.
«Oh, scusa.» Mi scuso allentando la presa.
«Sicura di non aver paura?» Si gira verso di me, guardandomi con quel suo sguardo intenso, quegli occhi verdi mi fanno mancare il fiato.
«Sicura.» Annuisco sorridendo. Come potrei aver paura con lui?

 

*Angolo autrice*
Ehi Ehi Ehi! Come va? A me tutto bene, grazie per averlo chiesto u.u (No, okay). Piaciuto il capitolo? A me non particolarmente. Non mi piace come ho scritto alcuni punti, ma okay, spero comunque di aver fatto intendere ciò che volevo. Direi che, nonostante ciò, questo capitolo non è da trascurare. Difatti, Martina chiede a Jorge di insegnarle a suonare e, vi dirò, la musica sarà un elemento fondamentale per "salvare" (come dice il titolo) Martina. A giudicare però dovete essere voi. Quindi ditemi cosa ne pensate con una bella recensione, ci conto! ahahah Okay, meglio che vada. vvb :*

  
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