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Autore: Xephil    07/04/2016    4 recensioni
La brutalità e l'orrore di una notte cambiano completamente la vita di un bambino di 8 anni. Ciò che, però, perfino gli dei ignorano è che quel cambiamento porterà un'incredibile e inaspettata svolta degli eventi del mondo intero.
Un nuovo Sekiryutei sta per sorgere. Più determinato, tenace e ostinato di chiunque altro...
Un vero guerriero. Un vero drago.
Dalla storia:
[Così è lui il mio nuovo possessore... Sono sorpreso che un moccioso sia già riuscito ad invocare ed usare il mio potere con tanta facilità ed efficacia…"]
...
"Non m’importa cosa comporterà la mia scelta. Voglio imparare ad usare il tuo potere, Ddraig. Farò qualsiasi cosa, ma lo voglio...."
[Allora così sia. Da oggi siamo compagni. Ti addestrerò per diventare forte e usare il mio potere, ma ti avverto: non sarà affatto facile! Perciò, preparati, ragazzino!]
Genere: Azione, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Asia Argento, Nuovo personaggio, Rias Gremory
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'DxD: A Dragon's Fate'
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Life 1: Fine della tranquillità

 

La mattina dopo era domenica. Eppure, quando mi svegliai, mi sentivo tutto fuorché euforico o pieno di energie per il giorno dedicato universalmente al dolce far nulla. Per la prima volta dopo tanto tempo sentivo una certa inquietudine dentro di me, quell’inquietudine che sapevo indicare l’arrivo imminente di qualcosa di spiacevole.
L’incontro/scontro del giorno precedente con gli angeli caduti era stato sicuramente un segno, una premonizione forse.

“Succederà di sicuro qualcosa che non mi piacerà nell’immediato futuro. Che seccatura…” mi ritrovai a borbottare sommessamente, mentre a malavoglia mi alzavo.

Guardai fuori dalla finestra della mia camera e constatai con gioia che era un’altra bella giornata di sole. Proprio quello che ci voleva.
Feci una rapida colazione, m’infilai una tuta con una fascia sul braccio sinistro per infilarci dentro il mio ipod e, indossate le cuffie e fatta partire la musica, uscii per poi mettermi a correre. Se c’era una cosa che mi aiutava a distendere i nervi e a dimenticare l’inquietudine causata da quelle sensazioni, era proprio un po’ di sano jogging. Niente meglio dello sforzo fisico ti aiuta a calmare la mente, nel mio caso in particolare la corsa o il nuoto con in sottofondo le mie canzoni preferite.
Non so per quanto tempo corsi o quanta strada percorsi. Mi muovevo seguendo una direzione del tutto casuale concentrandomi per mantenere una velocità costante e un respiro controllato, in modo da poter resistere il più a lungo possibile, di conseguenza non badavo né all’ora né ai luoghi attraversati. Finché, a un tratto, mentre passavo vicino a un parco e volgevo la testa per osservare un momento quel posto di verde pace, non mi accorsi della figura minuta che aveva appena svoltato l’angolo davanti a me e mi veniva incontro.
Quando riportai gli occhi sulla strada era già troppo tardi: in un istante mi ritrovai col sedere per terra, esattamente come la persona a cui ero andato addosso e che aveva emesso un gridolino mentre cadeva. Un urlo troppo acuto per essere di un ragazzo.
Alzai gli occhi e mi ritrovai davanti una ragazza con lunghi capelli biondi seduta per terra nella mia stessa posizione, i suoi occhi verdi mi guardavano con un’espressione spaesata e sorpresa come se si stesse ancora chiedendo cos’era successo; accanto a lei una valigia giaceva semiaperta e parte del suo contenuto si era rovesciato sul marciapiede, di sicuro a causa dell’incidente.

“Oh, accidenti! Mi dispiace molto!” dissi rimettendomi frettolosamente in piedi. “Mi sono distratto un attimo e non mi sono accorto che ti stavo venendo addosso. Sono mortificato!” Le porsi una mano per aiutarla a rialzarsi. “Non ti sei fatta male, vero?”

“N-no.. n-non preoccuparti…” rispose lei accettando il mio aiuto.

Quando si rimise in piedi, un’improvvisa folata di vento le tolse il velo bianco che aveva in testa e potei vedere chiaramente il suo volto. Doveva avere qualche anno in meno di me e dai tratti somatici capii che doveva avere origini occidentali, probabilmente era una straniera. Era molto carina e i suoi occhi emanavano un’innocenza e una dolcezza che di rado avevo visto, al punto che mi sembrarono per un attimo quelli di una bambina.
Mi abbassai per raccoglierle il velo e la aiutai anche a rimettere a posto la sua valigia, era il minimo che potessi fare visto che l’incidente era stato colpa mia.

Quando finimmo, mi accorsi finalmente del suo abbigliamento: indossava una veste nera lunga fino alle caviglie con maniche molto lunghe e larghe e i bordi bianchi, il velo bianco dai bordi azzurri che si stava rimettendo in testa mostrava il disegno di una croce sul davanti e ai piedi aveva un paio di scarponi marroni. Quell’abbigliamento e il crocifisso d’argento che portava al collo lasciavano pochi dubbi sulla sua identità.



“Grazie infinite” disse infine con un gran sorriso. Anche la sua voce era gentile e dolce, perfettamente in linea con il suo aspetto. Doveva essere una persona molto mite.

“Oh, figurati. Dopotutto è colpa mia se sei caduta” risposi sorridendo a mia volta per poi voltarmi. “Ciao allora!”

Prima che potessi ripartire, però, la sentii chiamarmi: “A-aspetta un attimo!”

Tornai a guardarla: “Sì, che cosa c’è?”

Lei giochicchiò con gli indici, mentre un leggero rossore le si diffondeva sulle guance. “Mi sono persa e ho bisogno di aiuto. Sapresti indicarmi cortesemente la direzione per arrivare alla chiesa della città?”

Per un attimo rimasi sorpreso, ma mi ripresi subito: “Oh.. certo. Ho capito. Vieni pure con me, ti accompagno.”

“Davvero? N-non serve che ti s-scomodi tanto!”

“Nessun problema. Tanto non ho alcun impegno particolare e preferisco evitare che tu ti perda di nuovo.”

Lei mostrò un sorriso raggiante. “Grazie infinite ancora!”

Mi sentii abbastanza spaesato. Troppa riconoscenza per così poco.

Mentre la conducevo alla meta designata, volli dare una conferma ai miei sospetti: “Sei straniera, vero?”

“Sì, esatto” rispose lei. “Sono stata trasferita da poco alla chiesa della città.”

“Allora sei una suora.” Proprio come pensavo.

Mi rivolse un altro sorriso. “Sono felice di aver incontrato una persona gentile come te. Dev’essere stato Dio a guidarci.”

Dio, eh? Certo, come no…
A volte dimentico che pochissimi sanno le cose che so io. Dopotutto undici anni di guerra silenziosa ti permettono di acquisire esperienza e un bel po’ di informazioni e segreti, anche alcuni che sarebbe meglio non scoprire mai... Mi ritrovai a sperare che questa ragazza non scoprisse mai quel segreto che, a suo tempo, aveva sconvolto anche me. Sicuramente non avrebbe retto.

In quel momento un gemito di dolore attirò la nostra attenzione. Voltandoci vedemmo un ragazzino, probabilmente uno studente delle elementari a giudicare dall’età e dalla cartella che portava sulle spalle, che piangeva seduto sul marciapiede; sul suo ginocchio era visibile una piccola abrasione.
Senza esitazione la suora si avvicinò al piccolo inginocchiandosi accanto a lui e accarezzandogli la testa per calmarlo.

“Un ometto non dovrebbe piangere per un graffio come questo” disse con dolcezza. Poi mise le sue mani sopra la ferita del bambino.

Ciò che accadde dopo mi lasciò esterrefatto: sulle dita medie della ragazza apparvero degli anelli dalla forma particolare e un’aura verde prese a espandersi da essi. L’abrasione iniziò subito a rimarginarsi fino a scomparire del tutto nel giro di qualche secondo; nel mentre sentii chiaramente la mia mano destra pulsare.
Una Sacred Gear, senza alcun dubbio, pensai.

Avevo già provato a percepire la sua aura per evitare un’altra brutta sorpresa e avevo constatato con sollievo che era davvero un essere umano come me.. ma che fosse anche una posseditrice di Sacred Gear come me non me lo sarei mai aspettato! Eppure quel potere e quell’aura emanata erano inconfondibili.

“Ecco, la ferita è guarita. Adesso va tutto bene” disse la suora al bambino non appena ebbe finito. Quest’ultimo era ancor più sconvolto di me per quel misterioso fenomeno, ma non fece niente se non rimanerne estasiato e ringraziare calorosamente la ragazza. Ah, beata ignoranza dei bambini!
Tornammo a camminare e lei notò che il modo in cui la fissavo era leggermente cambiato. “Devo averti sorpreso. Mi dispiace, ma è l’istinto.”

Istinto.. quindi era così abituata a curare gli altri che ormai le veniva spontaneo.
Questo mi diede parecchio di che pensare. Una ragazza di chiesa che possiede una Sacred Gear capace di guarire le ferite e così avvezza al suo utilizzo da farlo istintivamente. I casi erano due: o qualcuno, probabilmente altri della chiesa, le aveva insegnato a usare sempre il suo potere a tale scopo, forse anche per il proprio tornaconto, o lei era così dolce e gentile da aver deciso di farlo spontaneamente una volta scoperti i suoi poteri. O forse tutte e due queste opzioni erano corrette.
“Hai un potere davvero incredibile” dissi alla fine osservando la sua reazione.

“Questo stupendo potere è un dono che mi è stato concesso da Dio.” Poi vidi la sua espressione divenire leggermente più mesta, nonostante il bel sorriso ancora presente. “Già.. stupendo…”

Avevo già visto troppe volte quello sguardo sui volti di altri possessori di Sacred Gear per non capire che cosa volesse dire. Lo sguardo di chi è stato vittima di pregiudizi e odio stupido e infondato per la maggior parte della sua vita. Lo sguardo di chi è solo. Lo sguardo di chi troppo spesso si chiede se quelle lingue maligne e venefiche non dicano proprio la verità. Lo sguardo di chi sente un vuoto incolmabile dentro di sé.
Sentii una sensazione familiare avvolgermi il cuore.

[Vuoi farlo di nuovo? Partner, non stai diventando un po’ troppo gentile?]

Ignorai il sarcasmo di Ddraig e osservai l’orologio che avevo al polso per vedere l’ora. Senza neanche farlo apposta, era l’una. Avevo davvero perso la cognizione del tempo, ma era perfetto per quello che avevo in mente.
Mi guardai intorno e riuscii ad identificare la zona esatta in cui eravamo. Mancava ancora un po’ per arrivare alla chiesa e lì vicino c’era qualche locale adatto per un buon pranzo. Annuii soddisfatto e mi rivolsi alla ragazza in tono gentile: “Senti, hai fretta di arrivare o posso rubarti un po’ di tempo?”

Lei mi guardò con un’espressione confusa. “P-perché me lo chiedi?”

“Oh, non preoccuparti. Semplicemente ho notato che è ora di pranzo, la chiesa è ancora un po’ lontana e, siccome a me sta venendo fame e suppongo che anche tu ne abbia, volevo chiederti se ti va di farmi compagnia per pranzo mentre mettiamo qualcosa sotto i denti. Offro io.” Mi affrettai ad aggiungere: “Ovviamente se non hai impegni urgenti o se non ti fidi perché sono un estraneo, in tal caso dimmelo che ti accompagno subito.”

“N-no, non ho a-alcun impegno al momento.. e.. ecco.. non so perché, m-ma mi ispiri fiducia a-anche se non ti c-conosco.. p-però, g-già mi stai accompagnando, offrirmi anche da m-mangiare.. non v-vorrei arrecarti disturbo né approfittare così della t-tua gentilezza...”
In quel momento un lieve brontolio uscì dal suo stomaco facendola diventare rossa come un pomodoro. A quanto sembrava la fortuna mi sorrideva!

Feci una risata. “Mi sa che qualcuno ha già risposto per te! Non preoccuparti, non mi disturbi affatto, anzi un po’ di compagnia mi fa piacere. Mangio sempre da solo. E poi.. consideralo come le mie scuse per esserti venuto addosso.”

“M-ma non c’è bisogno.. non mi sono offesa…”

“Niente da fare, insisto! Altrimenti sarò io a ritenermi offeso! Prendere o lasciare.” Chiusi il discorso incrociando le braccia e assumendo un’espressione volutamente corrucciata, un atteggiamento tipico di un bambino che fa i capricci.

Lei mi fissò sorpresa per un attimo, poi scoppiò in una lieve risatina. “Allora non posso rifiutarmi. Va bene, andiamo.. ehm…”

Capii subito che intendesse. “Ah, giusto! Tanto parlare e non ci siamo ancora presentati.. che sbadati!” Feci un piccolo inchino. “Mi chiamo Zayden Ward. Chiamami pure Zayden.”

Lei ricambiò l’inchino. “Piacere, Zayden-san. Mi chiamo Asia Argento. Chiamami pure Asia!”

“Il piacere è tutto mio, Asia-chan! Vieni, conosco il posto giusto per rifocillarci!”

La portai a un bar-ristorante a soli cinque minuti di distanza. Ero andato a pranzarci già un paio di volte e mi era piaciuto molto: non era un locale molto grande, ma aveva un’atmosfera piacevole e tranquilla e la cucina era pulita e servivano solo piatti fatti in casa, i migliori di tutti. Non essendo esperta del luogo e del mangiare servito, la aiutai ad ordinare. Prendemmo entrambi due panini –un piatto semplice era l’ideale per metterla a suo agio e renderla più serena per quando le avrei parlato- e delle bibite. Fintanto che aspettavamo, decisi di cominciare la conversazione con qualche domanda meno diretta: “Allora, Asia-chan, dimmi: dove sei nata? Da dove vieni? E come mai ti hanno trasferita qui?”

“Provengo da una piccola città dell’Italia, situata vicino a Firenze.”

Italiana, eh? Bé, dal suo cognome dovevo aspettarmelo. Italiana.. come la mia mamma…

“Mi hanno trasferita qui.. p-perché…” La sua espressione sembrò adombrarsi, ma decisi di non darle subito importanza. “E-ecco.. avevano b-bisogno.. di una mano nella c-chiesa di questa città e v-visto che il mio a-aiuto n-non era più fondamentale dov’ero.. h-hanno deciso di m-mandarmi qui.” Mentre parlava quell’espressione sembrò divenire ancor più mesta.

Non mi stava dicendo la verità, o perlomeno non tutta. Proprio come sospettavo, doveva esserle successo qualcosa e di sicuro non era qualcosa di buono. E probabilmente aveva a che fare coi suoi poteri.
Provai ad andare più a fondo: “Hanno scelto te per il tuo fantastico potere, vero? A proposito, come fai a fare una cosa simile? Sembra una magia, o un miracolo!” Finsi un’espressione di puro stupore per farmi passare per un semplice curioso.

Asia sorrise. “Come ti ho detto, questo potere mi è stato donato da Dio. Ce l’ho da quando sono nata, ma ho scoperto di averlo solo quando avevo otto anni. Avevo trovato un cane in fin di vita che vagava vicino alla chiesa dove vivevo. Ho pregato da sola più che potevo perché si salvasse.. e così, allora, accadde un miracolo. Quel cucciolo tornò sano e in piena forma come se non fosse mai stato ferito. In seguito anche il resto della gente della città scoprii che cosa potevo fare e mi portarono in una grande chiesa dove mi fu ordinato di curare le malattie e le ferite dei cristiani che venivano da tutto il mondo. Fu come un sogno divenuto realtà. Avevo sempre desiderato di poter aiutare le persone, di poter guarire i loro mali…”

Nonostante tutto, mentre parlava, vedevo sempre più chiaramente che dietro il suo sorriso dolce e gentile si nascondeva un’immensa tristezza. Non me l’aveva detto, ma probabilmente usare quel potere, anche se per fare del bene, doveva aver attirato molti pregiudizi su di lei, molti pareri contrari al fatto che possedesse un potere che solo esseri sovrannaturali potrebbero possedere, pareri dovuti alla paura, all’invidia e all’ignoranza.
La cosa mi dava veramente fastidio. Non solo per il fatto che fosse stata discriminata nonostante le sue opere di bene, ma anche perché quelli della chiesa, appena scoperto il suo potere, avevano subito allungato le loro mani su di lei per usarla a loro vantaggio. Non mi erano sfuggiti quel 'mi fu ordinato' e quel 'fu come un sogno'. Le era stato ordinato, non chiesto. Probabilmente avevano fatto leva sul suo buon cuore e sulla sua indole caritatevole per indurla a pensare che quegli ordini erano per il bene della gente e dunque rappresentavano la volontà di Dio, mentre invece così ne approfittavano per curare e aumentare le loro schiere di fedeli. Quel “fu”, invece, indicava che era stato solo per un certo periodo di tempo che le era sembrato un sogno divenuto realtà. Poi doveva essere successo qualcosa…

Asia dovette accorgersi della mia aria meditabonda perché chiese: “Zayden-san, va tutto bene? Sembri un po’ agitato.”

Cercai di riscuotermi subito e di assumere un tono amichevole: “No no! Niente di che, Asia-chan! La tua storia mi aveva solo sorpreso.. sai, non si sentono tutti i giorni storie di eventi e vite così particolari e incredibili! Al confronto, la vita monotona e ripetitiva che c’è qui sembra davvero poca cosa, eheh!”

Lei sembrò risollevarsi. “Non dire così! Sono sicura che anche qui ci sono tante belle cose ed eventi! Anzi.. perché non mi parli un po’ di questa vita? Così giudicherò io se è davvero monotona e ripetitiva, o no!” Concluse con un’espressione talmente solare e curiosa che non avrei potuto dirle di no neanche se l’avessi voluto.

“Va bene, come vuoi!”

“A proposito.. sei anche tu non sei di qui, vero, Zayden-san?”

“No, esatto. Sono nato in una cittadina degli Stati Uniti di nome Hyde Hill. Mio padre era statunitense e mia madre italiana, proprio come te. Quando avevo due anni, tuttavia, ci siamo trasferiti in Italia per poi tornare negli USA tre anni dopo. In seguito, ho vissuto ancora in Italia per alcuni anni della mia adolescenza...”

Le raccontai la mia vita quotidiana di studente liceale e del mio trasferimento dalla mia vecchia scuola a New York alla Kuoh Academy, di come la gente passasse il tempo da queste parti e quali fossero a mio parere i vantaggi e gli svantaggi di un Paese orientale rispetto ad uno occidentale. Ovviamente non dissi nulla riguardo al vero motivo per cui mi ero dovuto trasferire, né della mia vera identità. Preferivo aspettare ancora un po’, far sì che lei si fidasse di me prima come una persona e poi come un suo 'simile'. Temevo che se mi fossi svelato troppo presto, avrebbe potuto non fidarsi più o reagire in modo imprevisto -come avevo già avuto modo di appurare in casi simili in passato-, anche se era improbabile data la sua natura così dolce e sensibile. Comunque era meglio non rischiare.
Mangiammo continuando a parlare del più e del meno e Asia dimostrò di apprezzare molto la cucina del posto. Sembrava perfettamente a suo agio e questo mi rendeva felice; l’aria malinconica e insicura che aveva all’inizio era svanita del tutto.
Tuttavia, quando uscimmo dal locale, quel lieve velo di malinconia sembrò riaffiorare: doveva aver realizzato che ci saremmo presto separati, visto che ora avrei dovuto accompagnarla alla chiesa e poi andare per la mia strada. Dovevo trovare un modo per prolungare la nostra compagnia reciproca e risollevarle il morale. Incredibilmente la fortuna fu ancora una volta dalla mia parte.

“Asia-chan, hai visto? C’è un luna park qui vicino. Non me n’ero accorto prima!” dissi indicando con il dito alcune giostre che spuntavano da sopra le case a pochi isolati di distanza.

“Un.. cosa..?” sembrò confusa. Non era mai stata ad un luna park? Bé, dovevo aspettarmelo.. però, meglio così!

“Non lo conosci? È un posto pieno di giostre e molte altre attrazioni fatte apposta per divertire la gente, grande o piccola che sia. Visto che non hai impegni, che ne dici se andiamo un po’ a divertirci? Non è un problema se ti porto nel tardo pomeriggio alla chiesa, vero?”

“N-no, non direi proprio.. ma, Zayden-san, n-non voglio approfittare così della tua gentilezza! M-mi hai già o-offerto il pranzo dopotutto.. non serve a-anche…”

“Se sono i soldi a preoccuparti, non temere: non sono un riccone, ma sono in grado benissimo di mantenermi e di potermi permettere qualche svago di tanto in tanto. Inoltre, se non li uso in queste occasioni, quando li uso? E poi mi fa piacere tornarci.. è da quando avevo otto anni che non ci vado.”

Asia mi guardò sorpresa. “D-davvero? Come mai da così tanto tempo? È successo qualcosa? I tuoi genitori non ti hanno più portato? E, se è così divertente, come mai non ci sei mai andato con i tuoi amici?”

Mi accigliai. Erano domande alle quali non avrei voluto rispondere.. non tanto per quali fossero le risposte, ma perché il pensare a quali fossero mi straziava ogni volta il cuore e l’anima. “I miei genitori.. non ci sono più da molti anni ormai. Per quanto riguarda i miei amici.. non ne ho molti e non sono qui, in questa città…”

Asia si portò una mano alla bocca. Era sconvolta e molto triste. “Mio dio.. Zayden-san, tu.. mi dispiace tanto. Non avrei mai voluto essere così indelicata.. scusami davvero.”

“Non potevi saperlo. Non hai niente di cui scusarti.”

“Sai.. anche io non ho i genitori. Non li ho mai conosciuti, a dir la verità. Mi hanno detto che sono stata trovata in lacrime davanti alla chiesa di quella piccola città.”

Cosa? È stata abbandonata alla nascita? Allora non ha mai avuto il calore di una vera famiglia.. la sua sorte è stata ancora più avversa della mia. Anche per questo, mi dissi, devo aiutarla.
La fissai negli occhi cercando di non sembrare afflitto. “Allora avanti, Asia-chan! Scacciamo via i brutti pensieri con un po’ di sano divertimento!” Le porsi una mano con un sorriso a trentadue denti. “Fidati di me!”

Lei mi guardò sorpresa per un attimo, ma poi prese la mia mano e fece un sorriso altrettanto raggiante. “Sì!”

Finimmo per passare tutto il pomeriggio al luna park e alla sala giochi adiacente; quando ce ne andammo era quasi il tramonto. Come avevo immaginato, Asia non era stata semplicemente felice di divertirsi al luna park, ma addirittura estasiata! Sembrava una bambina mentre la portavo da una giostra all’altra, la sua risata cristallina e le sue urla di gioia non smettevano più! E incredibilmente, anche se l’avevo fatto per aiutarla, avevo finito per divertirmi un mondo anch’io. Avevo anche vinto al tiro a bersaglio un peluche che poi le avevo regalato e mi ero commosso al sentirla dire che l’avrebbe tenuto per sempre come segno del nostro incontro.
Era da tantissimo che non passavo del tempo in totale divertimento e relax con qualcuno… In cuor mio, ero più che soddisfatto.
Continuammo a chiacchierare, mentre la accompagnavo finalmente alla chiesa, e pensai che ora sarebbe stato il momento giusto per rivelarmi. Tuttavia fu lei a interrompermi di colpo:

“Zayden-san, posso farti una domanda?”

“Oh.. ma certo. Chiedi pure.”

“Perché hai voluto farmi passare questa meravigliosa giornata?”

Rimasi spiazzato. Aveva capito che c’era altro?

“Non fraintendere: non mi è dispiaciuto, anzi.. non ho mai passato una giornata così bella come quella di oggi e te ne sarò grata in eterno. Però, prima a pranzo, ho notato una cosa: sei diventato impercettibilmente più cupo mentre ascoltavi la mia storia. Eri dispiaciuto, ma quella tristezza che provavi non era rivolta solo verso di me.. era come se stessi rimembrando un fatto che ti aveva causato altrettanto dolore. E la stessa ombra l’ho rivista quando hai menzionato i tuoi genitori. Sei bravo a nascondere in fretta le emozioni, Zayden-san..” si fermò e mi fissò dritto negli occhi “..ma i tuoi occhi non sono capaci di mentire.”

Eh... Questa ragazza è più sveglia di quanto pensassi.

“Dimmi la verità, Zayden-san, ti prego. Che cosa c’è?”


Ormai era inutile tirarla per le lunghe. Invece di risponderle, decisi di mostrarle: mi guardai intorno per assicurarmi che non ci fosse nessuno e alzai il braccio destro davanti ai suoi occhi facendo comparire il Boosted Gear. Il guanto era cambiato molto da quando l’avevo invocato la prima volta. Seguendo i miei progressi e la mia evoluzione, la mia Sacred Gear si era evoluta a sua volta: ora copriva il mio intero avambraccio fino al gomito, le sue scaglie erano più grandi e spesse e gli artigli più affilati, sul dorso presentava quattro piccoli spuntoni dorati disposti in due serie parallele da due e altri due erano presenti ai lati in corrispondenza del polso, mentre dalla parte posteriore spuntavano quattro aculei ben più grandi che proteggevano il gomito; inoltre, sempre posteriormente presentava un secondo gioiello verde, identico a quello presente sul dorso della mano. Era più simile che mai alla zampa di un drago.



Asia ne rimase sconvolta; si portò una mano alla bocca per non fiatare, mentre io facevo sparire il guanto. “Z-Zayden-san.. allora anche tu..?”

“Si, Asia-chan. Sono anch’io un possessore di Sacred Gear. Sono proprio come te.”

“È.. è per questo che hai voluto.. ma perché? Non capisco…”

Sospirai mestamente. “Anche se non me l’avevi detto chiaramente, avevo intuito che dentro di te portavi un grande dolore. La sofferenza che provano tutti coloro che vengono discriminati perché diversi dagli altri. Dimmi la verità, Asia-chan: tu curavi tutte le loro ferite e malattie, ma quelle persone non ti hanno mai trattata giustamente, vero? Ti hanno sfruttata, accusata, insultata, o cacciata? Cosa ti hanno fatto davvero per riempire di tutto quel dolore il tuo cuore?”

Asia abbassò lo sguardo e una profonda malinconia apparve sul suo volto. “Non è andata esattamente come pensi” disse infine. “Le persone della chiesa non avevano rapporti stretti con me, è vero, ma non mi hanno mai maltrattata.. anzi, per i miei poteri, mi definirono la Santa Fanciulla e fui trattata più con riverenza e adorazione che con disprezzo. Dal canto mio, io ero così felice di poter usare il mio potere per aiutare la gente!” La sua voce si spezzò per un attimo. “Ma tutto cambiò quel giorno.. il giorno in cui trovai un uomo gravemente ferito caduto a terra. Preoccupata per la sua sorte lo curai senza esitare.. ma purtroppo quell’uomo era…”

“Chi? Chi era?”

“Un diavolo.”

Il mio cuore perse un battito a quella parola. Diavolo. Quella ragazza aveva curato, seppur inconsapevolmente, un diavolo.
Ora mi era tutto chiaro. Anche se lei continuò a parlare, non ebbi bisogno della sua successiva spiegazione per capire cos’era successo.

“Diventai un’eretica perché avevo il potere di curare anche i diavoli. Per questo sono stata costretta ad andarmene e a cercare rifugio qui, dove c’è qualcuno che ha detto di volermi accogliere e aiutare.”

La sorte di quella povera ragazza era stata ancora più avversa di quanto avessi pensato. “Asia-chan, tu…”

“Però” aggiunse con un lieve sorriso, “non ho mai smesso di pregare il Signore per esprimergli la mia gratitudine. Senza contare che non avrei mai immaginato le cose terribili di cui era capace la gente. Il Signore mi sta di certo mettendo alla prova. Se riesco a superare queste difficoltà, sicuramente un giorno farà avverare il mio sogno. Questo è ciò in cui credo.”

“Il tuo sogno?”

“Avere molti amici, comprare fiori e libri insieme a loro, parlare e divertirci tutti insieme. Questo è il mio sogno.” Le sue parole trasudavano dolore e tristezza, ma il suo sorriso non era mai scomparso. “Io non ho amici.”

Fissai il suo volto per un paio di secondi, un insolito senso di protezione che mi cresceva dentro. Neanche me ne resi conto, ma l’abbracciai stringendo la sua piccola testa al mio petto.
Lei rimase interdetta. “Z-Zayden-san?”

“Tu non avevi amici, Asia-chan. Ora non ci sono io, scusa?” La sentii rabbrividire di sorpresa, ma non la lasciai, anzi la strinsi ancor più forte, quasi a voler sottolineare il mio desiderio di proteggerla. “Da quando ho compreso la tua natura e il tuo destino ingiusto, ho deciso che avrei fatto di tutto per aiutarti. Per questo ho voluto farti passare questa giornata di divertimento e gioia.. per farti capire che, nonostante tutte le difficoltà e tutto quel dolore, c’è sempre qualcosa che può aiutarci a sopportarlo. C’è sempre una luce in mezzo all’oscurità.” La scostai leggermente per guardarla dritta negli occhi. Era arrossita, ma non sembrava più triste. “Sai, anch’io ho sofferto molto a causa della mia Sacred Gear e, per questo, ho rischiato più di una volta di diventare un vero mostro, di diventare vittima dell’odio e della rabbia.. ma ho sempre avuto accanto a me delle persone, poche certo, ma fidate che mi hanno aiutato a non cadere nell’oscurità. Una in particolare mi è sempre stata accanto dal giorno in cui i miei genitori sono morti e io non gli sarò mai grato abbastanza. Mi ha insegnato tante cose, come anche gli altri, ma la cosa più importante che ho imparato è che un vuoto in fondo al cuore non potrà mai essere colmato da solo, ma solo insieme ad altri. Per questo, ora io voglio essere accanto a tutti coloro che possiedono una Sacred Gear, soprattutto se, come te, hanno sofferto molto a causa di essa. Voglio poterli aiutare. Per questo voglio aiutare anche te, Asia-chan. Sappi che in me troverai sempre un amico sincero e pronto a tutto per aiutarti, te lo prometto. E tu.. vuoi essere mia amica?”

Asia mi aveva ascoltato per tutto il discorso con un’espressione esterrefatta e incredula, ma quando conclusi lo divenne ancora di più. Poi, lentamente.. sul suo volto si formò il sorriso più bello e radioso che avesse mai fatto. “Sì! Con tutto il mio cuore!” esclamò abbracciandomi di nuovo.

Le accarezzai la testa come se fosse stata una bambina. “Hai detto che volevi andare a comprare fiori e libri con i tuoi amici.. la prossima volta che usciamo per andare a divertirci ci andremo di sicuro, ok?”

Lei non rispose, ma annuì fortemente contro il mio petto. Poi udii di colpo dei singhiozzi e sentii la mia maglia che andava inumidendosi. “Su su, non piangere! Mi metti a disagio così! Mi fai sentire in colpa!”

“Scusa, ma sono così felice.. grazie, Zayden-san.. grazie davvero!”

Le diedi un altro buffetto. “E di che? Gli amici servono a questo."

 

*
 

Mentre camminavo lungo la via per tornare a casa, la luce del tramonto si era già dissolta e ormai il velo di tenebra della sera era calato. I lampioni illuminavano la strada davanti a me e in cielo una splendida luna piena brillava maestosa in mezzo a tutti gli altri astri luminosi. Osservandola meglio mi accorsi che non era completa, mancava ancora un piccolo spicchio sul lato destro perché potesse essere ammirata nella sua interezza.
Alla fine avevo accompagnato Asia fino alla chiesa della città e lì ci eravamo separati, anche se non prima che io le avessi chiesto se era sicura che si potesse fidare di quelle persone che avevano affermato di volerla accogliere tra loro per aiutarla, se era sicura che non l’avrebbero trattata come avevano fatto i loro predecessori. Lei sembrò inizialmente titubante a rispondere, ma poi mi disse di non preoccuparmi, che se la sarebbe cavata e ci saremmo presto rivisti. Io non ero del tutto convinto.. tuttavia avevo deciso di fidarmi e di limitarmi per il momento a vedere che cosa sarebbe successo. Nel peggiore dei casi, l’avrebbero cacciata di nuovo e io, dopo averla accolta e consolata, sarei andato da loro a pestarli a sangue.
Mi augurai non dovessi arrivare a tanto.

[Come sempre hai agito di testa tua. Mi sorprendo sempre di come tu possa passare da una personalità sadica e spietata coi nemici ad una apatica e distaccata con gli altri umani e ad una gentile e generosa con i possessori di Sacred Gear. Potrei paragonarti ad una gemma dalle mille facce.]

“Che pensiero profondo. Non mi sarei mai aspettato di sentirlo da un Drago Celeste verso un misero umano. Ti stai ammorbidendo un po’ troppo, forse? Eh, Ddraig?”


Lo dissi guardando verso il basso, nell’occhio di Ddraig che si era rigirato nell’orbita per guardarmi storto. Sì, da sotto di me. Perché se il mio corpo era fuori, nel mondo reale, che camminava tranquillamente diretto verso casa, la mia anima e, con essa, la mia coscienza erano all’interno del Boosted Gear insieme a quelle del mio compagno. Ormai avevamo raggiunto con il tempo un legame tale che non mi serviva più restare fermo e meditare per entrare nella mia Sacred Gear, mi bastava concentrarmi su di essa e volerlo, anche mentre il mio corpo faceva tutt’altro. Perciò, in quel momento, mi trovavo a parlare con Ddraig comodamente seduto sulla sua enorme testa, posizione che mi era stata concessa solo dopo molto tempo e molte proteste da parte sua, che si sentiva un tantino sminuito nel suo orgoglio di Drago Celeste a portare un umano sulla sua testa come se si stesse lasciando cavalcare. Ormai, però, ci si era abituato e non lo trovava più spiacevole.



[Che spiritoso.. direi piuttosto che sei tu quello che si ammorbidisce troppo quando si parla di possessori di Sacred Gear.. soprattutto se hanno un passato particolarmente tragico alle spalle…]

“Hai detto bene: solo con i possessori. Dopotutto, se non ci aiutiamo tra noi, con chi dovremmo farlo?”

[Non eri così un tempo.. almeno non così tanto.. è da quella volta che ti sei preso tanto a cuore la questione dei detentori di Sacred Gear.. da quell’incidente…]

A quelle parole, un terribile ricordo mi attraversò la mente:

[Flashback: Esplosioni dappertutto. Fiamme colossali che si elevavano al cielo. Urla terrorizzate e disperate, lanciate da volti sconvolti e deformati dalla paura, scolpiti nei loro ultimi orribili istanti di vita.
E, in mezzo a tutto quel caos, quell’unica figura veniva verso di me con uno sguardo trasudante istinto omicida. Quel volto che mi aveva sempre sorriso, ora emanava solo odio e rabbia.. e le sue parole furono ancor più dure e crudeli:
Sei solo un traditore… Mi hai mentito…”

Non è vero! Io non ti ho mai mentito! Ho sempre voluto soltanto aiutarti! Adesso ti prego, smettila!” gli urlai.

Menzogne! L’hai fatto solo perché ti servivo! Sei un ipocrita! Un egoista! Un lurido traditore!”

Non sono un traditore! Non ho mai voluto né tradirti né sfruttarti, lo sai bene anche tu! Ora cessa questa follia!”

No! Mi fermerò solo quando avrò finito.. quando avrò portato a termine la mia vendetta contro di te, sgozzandoti come il cane bastardo che sei!”

Ti prego, ti supplico! Non costringermi a fare ciò che non voglio… Fermati!”

Mai! E ora MUORI!” E scattò contro di me, l’istinto omicida ormai irrefrenabile.

FERMO! NO!”]

Mi riscossi di colpo da quel ricordo. Per quanto tempo fosse passato, quella memoria continuava a tormentarmi crudelmente.. e la ferita dell’anima che mi era stata lasciata quel giorno non era mai guarita del tutto.
“Ddraig, lo sai che…”

[Scusami, partner. So che per te è difficile accettare ciò che è successo in passato.. ma devi ricordare che non puoi sempre aiutare tutti. Certe persone non possono essere aiutate.]

“Lo so. Lo so…”

[Sai.. stavo quasi dimenticando di ringraziarti.]

“E per cosa di grazia?”

[Per aver detto a quella ragazza che io sono colui che non potrai mai ringraziare abbastanza per ciò che ho fatto. Sono lusingato.]

“Ho solo detto la verità. Se quel giorno di undici anni fa non ti avessi incontrato, io sarei morto come i miei genitori.” Sorrisi accarezzandogli le ruvide squame della fronte. “Io ti devo tutto, Ddraig. Per questo ti sarò grato in eterno.”

Ddraig emise un suono strano: era quello che avevo imparato ad associare ad una risatina divertita. [L’ho detto e lo ripeto: sei il possessore più strano e stravagante che io abbia mai avuto.. ma sono felice che sia tu il mio partner.]

Sorrisi di rimando.

Di colpo qualcosa mi riscosse, costringendomi a troncare la conversazione per tornare a concentrarmi sul mondo esterno. Mi guardai intorno, la strada era tranquilla e deserta, ma l’atmosfera circostante non lo sembrava affatto. Mi fermai un istante per concentrarmi al meglio sulla percezione delle aure, cercando di capire che cosa ci fosse d’insolito.
Alla fine le sentii: quattro aure non molto distanti in forte fermento. Senza alcun dubbio erano impegnate in un combattimento.. ma non era quella la cosa che più mi aveva preoccupato, bensì il fatto che non fossero aure umane.
Erano inconfondibili aure demoniache!

Senza esitare mi diressi nella loro direzione e, dopo qualche minuto, giunsi ad un edificio solitario ai limiti di un quartiere. Situato in mezzo ad una zona aperta, mostrava chiare tracce di abbandono e recava cartelli di futura demolizione.. tuttavia da dentro potevo sentire diversi rumori e di tanto in tanto delle luci multicolore brillavano dalle finestre del piano terra. Essendo isolato, nessuno poteva accorgersi di quegli strani fenomeni senza avvicinarsi, dunque, qualunque cosa accadesse lì dentro, nessuno se ne sarebbe mai accorto. Per fortuna sapevo percepire le aure!
Mi avvicinai cautamente all’ingresso privo di porte, probabilmente rimosse in precedenza, e percependo le aure all’interno divenire sempre più intense capii che lo scontro stava arrivando al suo culmine. Così, con un piccolo scatto, entrai.

La prima cosa che mi saltò all’occhio fu un vero e proprio abominio: una creatura simile ad una chimera alta almeno quattro metri con gambe feline grosse come tronchi e ricoperte di una peluria marrone, un busto umano muscoloso e glabro ad eccezione dello sterno presentante una sorta di gemma azzurra incastonata e circondata da lunghi peli, una coda di rettile terminante in una testa di serpente e, al posto di collo e testa, il corpo femminile nudo di una donna formosa con lunghi capelli neri, denti enormi e aguzzi e due occhi completamente neri ad eccezione delle iridi azzurre. Davanti a quell’orrenda creatura stavano quattro individui dall’aspetto umano, ma emananti anch’essi un’inconfondibile aura demoniaca.



Guardai ancora quello schifo di mostro. Conoscevo un solo tipo di creatura così ripugnante. Un Diavolo Randagio. Un altro diavolo che ha tradito il suo padrone per fare i propri comodi. Non ho avuto molte esperienze con essi, ma devo ammettere che questo è il più brutto che abbia mai visto. Riportai l’attenzione sui quattro individui che lo stavano combattendo, tre sembravano figure femminili e una invece era maschile. Una caccia ai randagi?

La situazione non era decisamente rosea per il Diavolo Randagio: le sue braccia erano state mozzate, il suo tronco massacrato di colpi e ora una delle tre donne lo stava bombardando con una serie di fulmini magici di notevole potenza. Non sarebbe durato ancora molto.
Poi, avvicinandomi e squadrando meglio quegli individui, mi accorsi di una cosa: erano tutti ragazzi della mia età o giù di lì e non solo: indossavano pure l’uniforme della Kuoh Academy! Erano diavoli che frequentavano la mia scuola?!
In quel momento gli occhi mi caddero sulla schiena della ragazza più vicina a me, completamente ricoperta da un magnifica chioma di capelli cremisi che le arrivavano fino al fondoschiena.. solo una ragazza dell’istituto aveva quei capelli…
“Rias.. Gremory?”

Al mio mormorio basso ma percettibile, la ragazza si voltò e i miei sospetti si rivelarono fondati.
Voltai lo sguardo verso gli altri diavoli e mi accorsi che tutti mi guardavano stupiti, come se si stessero chiedendo che cosa ci facessi lì. Pur non avendo conosciuto di persona nessuno di loro, li riconobbi tutti per la loro fama nella scuola. L’unico maschio era Yuuto Kiba, un ragazzo con capelli biondi corti e un viso molto bello che lo faceva sembrare un principe, ed era il maschio più popolare della Kuoh Academy. Le ragazze, oltre a Rias Gremory, erano invece la sua vice, Akeno Himejima –che era anche colei che stava fulminando il Diavolo Randagio-, e Koneko Toujo, una ragazza minuta con lisci capelli bianchi e occhi dorati, considerata la mascotte della scuola per il suo fisico da lolita e la sua aria innocente.
Tutti e quattro si fermarono di colpo e rivolsero la loro attenzione su di me, le loro espressioni incredule. “Ma tu sei…” mormorò infine Rias Gremory.

'Io sono' un paio di cefali! Tu piuttosto, anzi voi chi siete! Siete diavoli! Le persone più popolari della mia nuova scuola sono tutti diavoli! Roba da matti!

Un urlo c’interruppe all’istante. Voltandomi, vidi il Diavolo Randagio, che aveva approfittato di quel momento di sconcerto per riprendersi e allontanare Akeno Himejima con un colpo di coda, superare i suoi avversari e puntare invece verso di me. “Un umano! Ti divoro!”

La voce di Rias Gremory mi giunse alle orecchie, sinceramente preoccupata: “Scappa di lì! Svelto!”

Scappare? Tsk! Ma per favore! Quel diavolo si è firmato la condanna da solo!
Il serpente si è avvicinato al nido pensando di trovare un pulcino indifeso.. e invece ciò che troverà.. sarà un falco adulto!

Ghignai al pensiero e, con un movimento rapido, battei le mani per poi poggiarle a terra mentre richiamavo la mia aura. Non avevo con me i miei anelli, ma non mi servivano di certo cinque elementi o più per uccidere un diavolo di questo livello. Me ne bastava uno.. quello che sapevo usare meglio, nonché il mio preferito...
Nell’istante in cui le fauci del Diavolo Randagio stavano per chiudersi sulla mia testa, manipolai il potere magico che avevo immesso nel terreno e generai una colonna di lava dal suolo davanti a me, proprio sotto il corpo dell’abominio che fu sollevato in aria con uno straziante urlo di dolore. Dopo un paio di secondi interruppi l’attacco lasciando così che il corpo del mostro, orrendamente ustionato, precipitasse verso di me.
Mi mossi di nuovo alzando la mano destra verso di lui –o lei, difficile dirlo con un simile mostro!- e richiamai di nuovo il mio elemento. Questa volta manipolai il fuoco residuo dal precedente attacco affinché si formassero delle fiammate che avvolsero il Diavolo Randagio come se fossero state dei serpenti vivi.

Enveloping Flames!”

L’abominio urlò così forte che sentii i timpani vibrare, ma non interruppi l’attacco finché il fuoco non ebbe incenerito completamente la maggior parte del suo corpo. Quando interruppi la magia, il solo tronco di donna del diavolo, anch’esso ricoperto di bruciature, cadde su di me e io approfittai della sua debolezza per sferrargli un calcio in pieno volto. Il mostro crollò a terra con diversi denti rotti e un rivolo di sangue che gli colava dalla bocca.
Mi avvicinai e lo fissai con un ghigno trionfante. “Le tue ultime parole?”

Il Diavolo Randagio aprì debolmente gli occhi, uno sguardo di puro stupore e terrore sul suo volto. “C-chi.. d-diavolo sei.. t-tu..?”

Ma cosa lo chiedo a fare? Sempre quella è la domanda!

“Mi spiace, ma preferisco non dirlo in presenza di spettatori. In ogni caso, per te ora sono solo il tuo boia.” Alzai di nuovo la mano destra. “Addio.”

Schioccai le dita. Una piccola luce rossa risplendette sulla testa del diavolo, la quale scoppiò l’istante dopo in un’esplosione di fuoco che incendiò anche ciò che restava del suo corpo. Osservai soddisfatto i resti del mostro che venivano ridotti in cenere dalle fiamme e mi voltai verso l’uscita per andarmene.

“Aspetta!” La voce di Rias Gremory mi richiamò.

Se c’era una cosa che proprio non mi andava in quel momento era intrattenere una conversazione con dei diavoli, dotta o banale che fosse. La ignorai e uscii dall’edificio. Tuttavia, un forte rumore di passi dietro di me mi fece capire che non mi avrebbero lasciato andare tanto facilmente. Che seccatura.

“Aspetta!” ripeté. “Tu non sei il nuovo studente trasferito? Come hai fatto? Sei forse un mago?”

Mi girai per guardarla. “No, ma me la cavo discretamente con la magia, soprattutto con il controllo dell’elemento fuoco. E, prima che tu mi faccia altre domande” dissi vedendola sul punto di parlare di nuovo, “rispondo subito a un paio di esse. Uno: non sapevo niente di voi e delle vostre vere identità fino a stasera. Sono capitato qui per puro caso. Due: se vuoi ringraziarmi per aver eliminato quel Diavolo Randagio, non ti scomodare. Non l’ho fatto per aiutarvi, ma solo perché quell’abominio mi ha aggredito scambiandomi per uno stuzzichino. Adesso scusa, ma voglio tornarmene a casa, sono parecchio stanco.” Sottolineai quelle parole con un tono distaccato e lievemente scontroso per indicare che, per me, quella conversazione era finita.

Lei non sembrò del medesimo parere. “Aspetta solo un momento! Ma tu..?”

Non la lasciai finire. Poggiai una mano a terra: “Ddraig?”

[Capito.]

Il mio cerchio magico di teletrasporto, o come amavo chiamarlo Dragon Portal, si formò sotto di me e, prima che i quattro diavoli potessero dire altro o fare qualcosa per fermarmi, mi ritrovai nella mia stanza dopo il consueto bagliore scarlatto.
Sospirai pesantemente. “Pensavo che la giornata si sarebbe conclusa in modo piacevole.. e invece.. guarda te cos’ho scoperto per puro caso. I cosiddetti divi della mia nuova scuola sono tutti dei diavoli! Possibile che più provi a tenermi alla larga da quegli esseri e più me li ritrovo tra i piedi?! Roba da chiodi!”

Borbottando qualche altra imprecazione, mi spogliai e diressi in bagno per fare una doccia. Fu un piacere impagabile sentire l’acqua calda scorrermi sulla pelle, portandosi via nel contempo il sudore della giornata e un pizzico del mio nervosismo. Quella magnifica sensazione era perfetta per rilassarsi.
Tuttavia non potei non ripensare alla scoperta di quella sera. In particolare una domanda mi tormentava: per quale motivo dei diavoli dovrebbero frequentare una scuola umana come i comuni mortali? La cosa m’incuriosiva parecchio.

Ripensai a quei diavoli ad uno ad uno. Yuuto Kiba..

Koneko Toujo..

Akeno Himejima..

Rias Gremory..

..un momento. Rias Gremory.. Gremory.. dove ho già sentito questo nome? Gremory.. Gremory…
Poi realizzai.

“Ma certo! Come ho fatto a dimenticarmene? I Gremory sono una delle famiglie più importanti e nobili degli Inferi! Uno dei 72 Pilastri!”

[Finalmente te ne sei ricordato. Stavo per dirtelo io.]

Sbuffai. “E perché non l’hai fatto prima se vedevi che facevo così fatica a ricordarmene?”

[Volevo che ci arrivassi da solo. Considerando i tuoi obbiettivi, è importante che tu ti ricordi le famiglie più influenti dei diavoli. Soprattutto questa famiglia.]

“Perché i Gremory sono così importanti?”

[Pensaci bene. Chi sono i Quattro Grandi Satana attuali?]

“Che domande.. Ajuka Belzebù. Falbium Asmodeus. Serafall Leviathan. E.. Sirzechs.. Lucifer.” Non dovette aggiungere altro. “E quest’ultimo era prima conosciuto come Sirzechs Gremory, il primogenito della famiglia Gremory! E io.. sono a scuola con sua sorella?!?!”

I miei timori erano fondati.

A quanto sembrava, la mia tranquillità in questo nuovo Paese era finita molto prima di quanto pensassi…





Note:
Diavolo Randagio = Un diavolo servitore che ha rinnegato o ucciso il suo diavolo padrone e si è dato alla macchia; molto spesso, a causa del loro tradimento/ribellione, la loro natura diviene più selvaggia e brutale e, di conseguenza, i loro corpi assumono sembianze mostruose e anche il loro comportamento diviene più bestiale.

Salve a tutti, minna!!
Sono in ritardo di qualche giorno stavolta, visto? Ve l'avevo detto di non abituarvi troppo alle mie pubblicazioni anticipate... XD
Scherzi a parte, come avrete visto, qui Zayden ha il suo primo incontro non solo con Asia ma anche con Rias e il suo gruppo (anche se quest'ultimo è un incontro decisamente breve e assai più sgradito...), perciò, come potrete ben capire, da qui la sua avventura si ricollegherà con le vicende della storia originale, ma gli eventi subiranno ovviamente delle adeguate variazioni per il nuovo protagonista. Se qualcuno, come ho già avuto modo di sentire, si sta chiedendo quale sia l'abilità effettiva di Zayden con la magia e chi gli abbia creato quegli anelli usati nel precedente capitolo, rispondo dicendo che quel 'chi' lo scoprirete nel futuro, mentre sull'abilità vi basti sapere che, con le magie elementali, è bravo a manipolare gli elementi ma fatica a richiamarli e per questo necessità degli anelli, eccezion fatta per il fuoco che è il suo elemento personale (capirete in futuro che intendo), mentre su altre magie, sia difensive che offensive, è piuttosto ferrato. Per chiarimenti, aspettate e vedrete! ;)
Questo capitolo per me è stato piuttosto faticoso poiché quello che volevo iniziare a mostrare meglio era il carattere del mio protagonista. Non vi girerò in tondo: Zayden è effettivamente bipolare, dunque non sorprendetevi se cambierà spesso carattere passando da toni annoiati o rabbiosi a toni più gentili e generosi con una certa rapidità. Si può dire che le sue esperienze di vita l'hanno portato a sviluppare un carattere molto variabile a seconda della situazione o, meglio ancora, delle persone con cui interagisce. Per quanto riguarda quel piccolo flashback, sappiate che il suo passato rimarrà un mistero ancora per un bel po', ma fidatevi se vi dico che ne varrà la pena!
A proposito, mi sono finalmente ricordato d'inserire le immagini! Volevo già farlo dal prologo, ma ogni volta me ne dimenticavo.. perciò ho deciso d'inserire anche tutte quelle che avrei messo nei capitoli precedenti. Spero vi piacciano!
Vi dò appuntamento alla prossima Life, tra due settimane! Se, nel frattempo, avete tempo o voglia di leggere qualcos'altro, vi suggerisco la mia e di _Fedra_ fanfiction-crossover tra Devil May Cry e Claymore intitolata "Devil May Cry - La guerra dagli occhi d'argento" a questo link: 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3371258&i=1. Fidatevi: è tosta!! ;)
Credo di aver detto tutto.. spero che il capitolo vi sia piaciuto.. e.. alla prossima!! XD
Ja naa minna!!

 

   
 
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