Non appena a Jack fu tornato alla mente ciò che
era accaduto la sera precedente si sentì orribile. Avrebbe potuto giurare di
provare un senso di nausea alla bocca dello stomaco. Come aveva potuto andare a
letto con Riley, la sua più cara amica e ancora di salvezza nei momenti
peggiori? Aveva rovinato tutto, ne era certo e lì, in camera della ragazza, con
la testa che vorticava e un senso di impotenza dentro, non sapeva come fare per
sperare di risolvere il guaio che aveva combinato.
Si sedette sul bordo del
letto, dando per la prima volta le spalle a Riley. Si accorse che, ai suoi
piedi, si trovavano i suoi jeans e i boxer. Tutto era cominciato sul divano di ecopelle
nera del soggiorno, ma era in quella camera che le cose erano proseguite fino a
concludersi, dove i loro corpi si erano cercati fino a trovarsi più volte.
Si mise in piedi per
potersi rivestire in fretta, tentando di fare meno rumore possibile.
Scappare. Non era così
che avrebbe risolto le cose, lo sapeva. Ma in quel momento non fu in grado di
ragionare con lucidità. Forse un goccetto, una veloce sniffata di coca
avrebbero potuto essergli di aiuto ad affrontare la situazione.
La fibbia della cintura
tintinnò un paio di volte mentre la chiudeva.
«Jack.»
Si voltò di scatto.
Riley era sveglia, seduta sul letto e avvolta dalle coperte di cotone. I
capelli erano scarmigliati sulle sue spalle, gli occhi, nonostante fossero
ancora assonnati, vigili. Jack non seppe cosa dire. Il senso di colpa lo
aggredì alle spalle, costringendolo alla resa dei conti prima ancora che lui
fosse pronto.
Sospirò: «Mi dispiace,
Riley. Questa notte non…»
Non sapeva come proseguire, che altro poter
dire. Si sentiva responsabile ed era perfettamente a conoscenza che niente
sarebbe potuto tornare come prima. Tuttavia una parte di lui ci sperava,
nonostante fosse, al tempo stesso, consapevole di illudersi e basta. Era stato
lui a baciare Riley. La ragazza si era lasciata andare e di certo una parte
della colpa era anche sua, ma tutto era partito da lui e lo sapeva. Perfino il
vino non ne aveva colpa.
Lei non disse nulla. La
sera precedente sapeva già perfettamente che, una volta sorto il sole, una
volta che Jack si fosse accorto di quello che era successo fra di loro, tutto
sarebbe svanito. Sapeva che il loro legame si sarebbe incrinato, forse
spezzato. Eppure non aveva compiuto la minima azione per evitare la cosa. Desiderava
da così tanto tempo sentire il sapore di Jack e inebriarsi del suo odore, che
era disposta a mettere a rischio ogni cosa. Si era lanciata fra le fiamme con
la consapevolezza che si sarebbe scottata, ma lo aveva fatto ugualmente.
Non riuscì a biasimare
il ragazzo quando lo vide piegarsi sotto il suo stesso peso, avvilito. Gli
occhi grigio-azzurri di Jack, ancora più chiari nella luce mattutina, erano
mortificati. Le si chiuse lo stomaco a quella vista. Distolse lo sguardo, non
riuscendo a reggere oltre. Lo fece vagare per la stanza con insicurezza sempre
maggiore. Quando tornò a puntare gli occhi su Jack fu perché lo sentì prendere
fiato. Era fermo nella posizione di prima, la stessa espressione dipinta in
volto. Per Riley fu un attimo ripensare a quella notte. Le sembrò di ricordare
ogni gesto, ogni tocco, ogni sospiro. Si rivedeva accoccolata accanto a Jack mentre
il suo petto si alzava e abbassava seguendo il suo lento respiro addormentato.
Quei ricordi si erano già trasformati in dolorosi errori, sbagli che lei stessa
aveva volontariamente commesso. Jack aveva cominciato tutto, senz’altro, ma lei
aveva impedito a quel tutto di arrestarsi.
«Non avrei dovuto.»
La voce di Jack suonava atterrata, una vittima
della realtà dei fatti. Riley si sistemò meglio sul letto, tirò maggiormente a
sé le coperte, fasciandosi il corpo. Quella di Jack era un’assunzione di colpa
e non seppe come replicare. Il loro legame si era appena, ufficialmente,
incrinato e se lei non avesse trovato le parole giuste da pronunciare si
sarebbe spezzato. Tuttavia dentro di sé sentì solo un orrendo nodo alla gola
formarsi. Continuava a guardare il ragazzo senza dire niente. La perfezione del
suo corpo, quella del suo viso, della sua anima tormentata, niente di tutto
quello era suo e aver ricevuto la conferma di ciò, in una soleggiata mattina
autunnale, la faceva stare male.
Jack si accorse che
Riley lo stava guardando, ma non vedendo. «Riley» la chiamò.
Un lampo di verde
liquido si posò nei suoi occhi. La ragazza schiuse le labbra ma non disse
nulla. Toccava a lui fare qualcosa e, in preda a un vortice di sensazioni
avvilenti, Jack fece il possibile per elaborare le proprie scuse: «Mi dispiace
così tanto.»
Prese a tormentarsi i
capelli corvini con la mano destra. Le corte ciocche scure si sottomettevano al
passaggio delle sue dita. «Non so che mi è preso. Non volevo arrivare a
questo.»
Portò entrambe le mani
sul viso. Riley lo vide mordersi il labbro inferiore con rabbia prima di
nascondersi il volto fra le mani. Rimase in quella posizione svariati secondi,
il respiro si fece più intenso. Buttò fuori tutta l’aria che aveva in corpo
prima di parlare, tornando ad abbandonare le braccia lungo i fianchi: «Non
capisco cosa c’è che non va in me. Sono completamente sbagliato.»
A quella esclamazione
Riley riconobbe il tono nervoso e frustrato che Jack aveva la sera prima,
mentre parlava della sua storia male assortita con Louis. Il ragazzo era
adirato con se stesso ed era evidente che si considerasse l’unico e solo
responsabile di quello che era avvenuto fra loro. Riley odiava vedere Jack in
quello stato; lui non si meritava di sentirsi in colpa, affranto e avvilito
solo perché si imbatteva di continuo nelle persone errate, persone di cui, in
quel momento, lei sentiva di fare parte.
Con un improvviso impeto
di odio verso se stessa la ragazza costrinse il nodo che aveva in gola a
sciogliersi, permettendo alla sua voce di irrompere nella stanza: «Per quale
motivo credi di essere l’unico responsabile di quello che è successo fra noi?»
domandò. Nel sul tono c’era una forte nota di sfida; una provocazione rivolta a
Jack affinché smettesse di sentirsi il solo colpevole.
Tuttavia il ragazzo
parve non afferrare la provocazione. Guardò Riley enigmatico, senza replicare.
La ragazza si morse il labbro inferiore, distogliendo lo sguardo prima di
riprendere parola: «Anche se ieri sera sei stato tu a baciarmi non significa
che tutto quello che è avvenuto dopo sia solo colpa tua. Io avrei dovuto
fermarti, farti notare cosa stava succedendo, chiederti se era quello che
volevi davvero. Ma non l’ho fatto.»
I brevi istanti di
silenzio, necessari a Riley per riprendere fiato, sembrarono durare un’eternità. «Non ho voluto farlo» concluse.
A Jack parve che il
mondo si fosse ribaltato a quelle parole. La ragazza non lo stava guardando, ma
lui riuscì a notare ugualmente che i suoi occhi erano diventati lucidi. Le
parole di Riley risuonarono come un’ammissione, una dichiarazione, come un
segreto tenuto nascosto troppo a lungo.
La ragazza si rifiutava
di guardarlo, soprattutto quando si rese conto di non riuscire a reggere oltre.
Le lacrime le pungevano gli occhi e la gola le si chiuse di nuovo, facendole
quasi male.
«Non sei tu, Jack »
riprese d’un tratto, sentendo il bisogno di sfogarsi. La voce le si era
spezzata e lei si era raggomitolata stretta, stringendo con rabbia il cotone
che le ricopriva il corpo. «È più facile che sia io il problema. Non sei il
primo con cui mi succede una cosa del genere. Ogni volta che mi innamoro di
qualcuno finisce in questo modo.»
Sorrise amaramente. «Mi
accantonano. Mi dicono che sono una bella persona, un’ottima ragazza. Niente di
più.»
Si strinse nelle spalle.
Alcune lacrime cominciarono a scendere, rigandole le guance. «È in me che
qualcosa non va. In me. Non c’è niente di sbagliato in te, Jack.»
Smise di parlare,
passandosi una mano sugli occhi per poterli asciugare. Jack rimase sorpreso da
quelle parole e vi ripensò mentre guardava la ragazza, che si era fatta
improvvisamente fragile. Vedere Riley in quello stato lo faceva star male. Non
se la sentiva più di scappare, di abbandonarsi ai suoi vizi e cercò dentro di
sé le parole migliori per aiutarla a sentirsi meglio. Tuttavia non riuscì a
trovarle. Si avvicinò al letto, sistemandosi accanto alla ragazza, prestando
particolare attenzione a non far scivolare le lenzuola che ancora coprivano il
corpo spoglio di lei. Jack si comportò nel modo che più gli venne naturale e
abbracciò Riley. Sentì la sua pelle fresca attraversata da leggeri brividi
sotto le sue mani, la consapevolezza della nudità di lei non gli trasmise
nulla. Dopo un primo momento di incertezza la ragazza si lasciò stringere fra
le braccia di Jack, scoppiando in un pianto avvilito.
Le ci volle un po’ per
placarsi. Il ragazzo non sapeva quanto tempo era trascorso, ma aspettò ogni
minuto, finché non sentì Riley allontanarsi da lui. I loro volti erano
nuovamente troppo vicini, ma questa volta nessun fremito percosse Jack.
«Tu sei meravigliosa,
Riley. Troverai l’uomo giusto molto presto, vedrai» Jack ruppe il silenzio.
Trovò le sue stesse parole banali, prevedibili, ma sentiva il bisogno di dirle
ugualmente.
Riley abbassò lo
sguardo. «Sai, io non ho mai pensato che la persona giusta sia costretta a
ricambiarci. Alle volte può darsi che colui con cui vogliamo condividere la
vita non pensi la stessa cosa. Dove sta scritto che quella persona debba
ricambiare il modo in cui la si ama?»
Jack allontanò lo
sguardo convinto che non sarebbe riuscito a reggere agli occhi di Riley se lei
lo avesse guardato. La situazione che stava vivendo si era fatta complicata e
difficile da gestire. Per Riley lui rappresentava più di un amico, molto di più
e finalmente lo aveva capito. Tuttavia Jack non avrebbe mai potuto ricambiarla.
Non ci sarebbe riuscito. Nonostante ciò che era accaduto quella notte e la sera
precedente, Jack non riusciva a togliersi dalla testa Louis. Inoltre non era in
grado di vedere Riley in modo diverso da quello che era: un’amica e una donna.
Una donna, ovvero un corpo, un odore e un sapore che non bramava di conoscere
ancora e il cui primo, profondo, incontro era avvenuto in un momento in cui
rabbia e frustrazione gli avevano completamente annebbiato la mente.
«Pensi…» esordì lui dopo
troppo silenzio. Gli occhi grigio-azzurri tornarono a posarsi sulla ragazza,
che già stava rispondendo a quello sguardo. «Pensi che fra noi le cose potranno
tornare quelle di prima?»
Sapeva la risposta, ma
una parte di lui sperava in maniera ottusa di essere a conoscenza della
risposta sbagliata. Il sorriso che si dipinse sulle labbra di Riley, però, era
così amaro da far capire a Jack che non si stava sbagliando. «Non lo so. Non
penso.»
Dopo un momento di
indecisione tornò a guardare il ragazzo. « Jack hai appena scoperto che sono
innamorata di te… Per quanto si possa fingere di ignorare la cosa è impossibile
che non influisca fra noi.»
Detto ciò si alzò dal
letto, trascinando dietro di sé le lenzuola che Jack era stato ben attento a non
calpestare. Il ragazzo rimase a guardarla finché non si chiuse la porta del
bagno alle spalle, dopodiché non seppe più cosa poter fare.
Il legame con Riley,
quell’amicizia perfetta che più e più volte gli aveva impedito di compiere i
gesti più insani, si era appena spezzato.