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Autore: Heya_17    09/04/2016    0 recensioni
«Sai, tutti parlano di te a scuola» disse un giorno Sarah, tra una chiacchiera e l’altra. «Spesso fermano me o Cole per i corridoi e ci chiedono come stai. Io rispondo sempre che presto ti risveglierai, mentre Cole ignora la domanda e passa avanti. Ho paura che lui stia perdendo le speranze, ma io non lo farò, amica mia!» Tirò su con il naso e riprese a parlare. «Abbiamo così tanti progetti da realizzare: il college, sposarci, avere una famiglia… Non puoi rinunciare a tutto questo. Mi avevi promesso che saremmo rimaste per sempre insieme e che avrei fatto da testimone al tuo matrimonio con Cole e tu al mio con non so ancora chi.» La sua voce cominciò a tremolare. «Tu mantieni sempre le tue promesse. Ti prego, Ingrid, svegliati!»
[...]
Tutti mi dicevano – alcuni con certezza e altri un po’ più insicuri – che presto avrei riaperto gli occhi, ma fui costretta a deludere le loro speranze, perché il 13 maggio 2013 morii.
Ho lottato per loro, lo giuro. Ho provato ad essere forte come loro mi chiedevano, scongiuravano, provai a mantenere la promessa fatta a Sarah, ma non ci riuscii.
- Tratto da "Prologo - L'incidente."
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il giorno dopo, Cole non si fece vedere in giro e nemmeno quello seguente.
Rimasi sempre accanto ad Andy e nel caso in cui fosse successo qualcosa a Cole, lo avrei sentito come sempre.
La verità era che Andy non aveva fatto ancora amicizia con nessuno e anche se non volesse ammetterlo, si sentiva tremendamente sola.
«Mi sono accorta che tuo padre lavora molto durante il giorno» le dissi la sera prima, mentre lei cucinava per sé stessa la cena.
«Già, è un buon avvocato ed è sempre difficile mettersi in carreggiata in una nuova città.»
«Anche dove vivevate prima lavorava spesso fino a tardi?»
«Certo, anche nelle città precedenti.»
«Quante volte avete cambiato città?»
«Quando mia madre era ancora in vita, abitavamo a Seattle. Morì quando avevo dieci anni e da allora abbiamo cominciato a trasferirci in ogni città dove papà potesse trovare un ufficio che lo assumesse. Appena comincia a sentire un minimo di malinconia della mamma, ce ne andiamo. Non siamo rimasti mai per più di un anno in una città.»
«Ma è terribile...»
«Nell’ultima città dove sono stata non ero riuscita a farmi nemmeno un amico. Questa volta spero di poter finire almeno l’anno scolastico prima che mio padre decida di trasferirci ancora.»
«Come fai a sopportare una situazione del genere?»
«Dopo un po’ ci fai l’abitudine, anche alla solitudine. So perché mio padre si concentri tanto sul lavoro. Lo fa per non pensare alla mamma, dimenticandosi di me a volte, ma va bene così, se lo aiuta a non soffrire...»
«Ma soffri tu.»
«No, ho smesso da tempo.» Andy sorrise e potei notare che si stesse sforzando. Fu la prima volta che notai quanto forte e paziente fosse.

Quando chiuse il suo armadietto, Andy non fece in tempo a girarsi che vide Cole. Aveva la solita faccia impassibile e la fissava. Era alquanto inquietante.
«Hai bisogno di qualcosa?»
Cole sbattè le mani agli armadietti, obbligando Andy a rimanere in mezzo le sue braccia con il libro di arte in mano. Lei non mosse un ciglio, continuò a guardare Cole dritto negli occhi.
«Tu abiti dove abitava la mia ragazza.»
«E’ una buona osservazione.»
Cole contrasse la mascella e si allontanò leggermente. «Perché Dio mi odia così tanto...» Trattenne un urlo in gola e si portò le mani tra i capelli.
Andy provò a poggiargli una mano sulla spalla, ma lui si tirò in dietro. «Non mi toccare!»
«Voglio solo aiutarti, Cole!»
«Sai anche il mio nome?»
«Me l’hanno detto.»
«Perché, eh?» Cole cominciò ad innervosirsi e ad agitarsi per il corridoio. «Dimmi perché vorresti aiutarmi! Avanti, illuminami!»
«I-io...»
«Digli la verità» le sussurrai in un orecchio.
«Io...» Ci pensò un altro secondo poi rispose con convinzione: «Faccio volontariato. Aiuto gli alcolisti e i tossici a disintossicarsi.»
Cole le puntò un dito contro e contrasse la mascella. 
«Allora tu e la tua beneficenza potete benissimo starmi lontano!» Si rigirò e se ne andò a grandi passi fuori scuola.
Andy inspirò ed espirò, poggiandosi agli armadietti.
«Perché non gli hai detto la verità?»
«Perché se gliel’avessi detta non mi avrebbe creduta. Sapere che la ragazza che abita a casa della sua ex parla con il suo fantasma… Non è una delle affermazioni più attendibili al mondo.»
«Hai ragione, scusami.»
«No, tranquilla. Capisco che in qualche modo tu voglia comunicare con lui, però dobbiamo aspettare ancora un po’.»
«Già, dobbiamo solo cercare un modo per cui lui si fidi di te.»
Andy non aggiunse altro e andò in classe.

Eravamo a casa. Dopo la prima settimana di scuola, Andy era già immersa nello studio, ma quella sera improvvisamente chiuse il libro di algebra appena visto l'orologio e cominciò a correre verso l'uscita di casa.
«E’ tardissimo!» esclamò.
«Tardi per cosa?» chiesi, insguendola e lei si fermò appena arrivata alla porta di casa.
«Devo andare a lavoro.»
«Lavoro?» Questo sì che era sorprendente. «Perché lavori? Non mi sembra che tu e tuo padre abbiate problemi economici.»
«No, ma ho tanto tempo da perdere e un Cole a cui badare.»
«Non dirmi che hai chiesto a quelli del locale di assumerti.»
«Per oggi sono in prova ma è molto probabile che mi assumino. Ho già lavorato in un locale simile ed ero abbastanza brava.»
«Ma Andy, quello non è il posto giusto per una ragazza come te.»
«E per quale tipologia di ragazze sarebbe?»
Non volevo risponderle che le uniche ragazze che entravano in quel bar erano prostitute o delle buone candidate. Spesso gli uomini si sedevano ai tavolini con loro, tutti erano perennemente ubriachi e Andy sarebbe stata violentata in poco tempo.
«Sta tranquilla, Ingrid. So badare a me stessa e vedrai che riuscirò anche a tenere sotto controllo Cole.» Mi fece l’occhiolino e uscì di casa per prendere la sua macchina.

Andy sembrò muoversi a suo agio per il locale. Serviva tutti i clienti con gentilezza e a qualcuno riservava anche un sorriso.
Sentii la porta del locale aprirsi, segno che qualche nuovo cliente era arrivato e ovviamente lo sguardo di Andy non tardò a spostarsi in quella direzione, come me. Cole fece il suo ingresso nel locale e si andò a sedere ad uno degli sgabelli al bancone.
Andy si avvicinò al suo collega che da quando era cominciata la serata serviva i clienti seduti agli sgabelli. «Todd, possiamo fare a cambio?»
«Come?» Todd spostò lo sguardo dalla caraffa di birra che stava riempiendo e guardò Andy confuso. «Davvero vuoi stare al bancone?»
«Sì» rispose, scrollando le spalle.
«Guarda che qui si siedono i peggiori. Se vedono una ragazza a servirli...»
«Todd, so cavarmela, ok?» Gli poggiò una mano sulla spalla. «E poi tu sarai comunque in giro per i tavolini, non andrai ad Hong Kong.»
«Va bene, ma se hai bisogno non esitare a chiamarmi.»
«Promesso.» Andy sorrise e Todd le cedette il suo posto.
Appena Todd fu abbastanza lontano, Andy si avvicinò dove Cole era seduto. Era immobile a fissare il suo bicchiere che aveva appena svuotato in attesa che qualcuno lo riempisse ancora e ancora. Si fermò davanti a lui e poggiò una mano sul bancone. «Direi che dopo il quinto bicchiere, puoi anche passare alla pepsi.»
Cole alzò appena gli occhi. Andy non sembrò avere paura di quello sguardo - che se potesse uccidere avrebbe già sterminato mezzo mondo -, mentre io rabbrividii. Guardandolo avrei giurato che quello non era il Cole Somerset che conoscevo. «Da quando il servizio è così scadente in questo locale?»
«Probabilmente da quando si servono minorenni.»
«Un altro po’ di vodka, per favore» disse, avvicinandole il bicchiere. Andy guardò verso Todd che la fissava per assicurarsi che tutto andasse bene e poi tornò a Cole.
Fu obbligata a riempire quel bicchiere altre tre volte, finché un uomo non sfiorò per sbaglio Cole e lui si alzò dallo sgabello per affrontarlo. Tra i due c’erano solo pochi centimetri a dividerli e non volevo nemmeno sapere cosa avrebbe potuto eliminare quella distanza. «Non puoi fare più attenzione?»
«Che c’è, ragazzino? Non ti piace essere toccato?» L’uomo aveva una barba folta, dei lunghi capelli brizzolati raccolti in una coda, indossava i pantaloni e la giacca in pelle ed era grande il doppio di Cole. Il tipico motociclista che non vedeva l’ora di partecipare ad una rissa con i suoi amici.
«Ehi» si intromise Andy, «dateci un taglio o vi butto fuori a calci entrambi!»
Il motociclista si allontanò, mantenendo ancora un’aria minacciosa, mentre Cole si risedette sullo sgabello più arrabbiato di prima. «Un altro bicchiere!»
«Come?»
«Ho detto: un altro bicchiere» Cole scandì per bene le parole, provando a mantenere la calma.
«Non credi che per stasera basti così?»
«Decido io quando basta!» urlò, facendo sobbalzare leggermente Andy.
«E io decido che per te questa sera la vodka è finita!» controbattette lei.
Cole sbattette una mano sul bancone e poi se ne andò furioso.
Andy si passò una mano tra i capelli e mi guardò, leggermente rammaricata. Sapevo che avrebbe voluto fare di più di evitare che per una sera Cole non tornasse a casa ubriaco, ma per il momento ciò che era in suo potere era molto limitato.
La lasciai lavorare e decisi di seguire Cole che stranamente non decise di entrare in qualche altro locale o di tornarsene a casa. Camminava a passo svelto per la città e forse non sapeva nemmeno lui quale fosse la sua meta.
Dopo un po’ si fermò alla fontana di uno spiazzale e si sedette al bordo. Mi misi accanto a lui. Avrei voluto abbracciarlo, baciarlo, dirgli che andava tutto bene… Ma non potevo.
«Cole, basta...» sussurrai sul punto di una crisi di pianto.
Lui si mise sull’attenti e si guardò attorno. Che mi avesse sentita?
«Cole!» Ci riprovai con la voce un po’ più alta, ma lui mi ignorò e si rimise in piedi, pronto a riprendere la sua “passeggiata”.
Lo seguii fino ad un vecchio magazzino, abbandonato ormai da due anni. Cole salì fino al terrazzo, che si trovava dopo il quinto piano e si sporse leggermente al bordo. Guardava nervoso verso il basso e non sentivo una buona sensazione.
Avevo bisogno di Andy.

La trovai vicino la sua macchina, pronta a tornare a casa.
«Andy!»
Lei si spaventò perché comparii all’improvviso alle sue spalle. Si guardò attorno, accertandosi che nessuno la potesse vedere mentre parlava apparentemente da sola.«Che succede?»
Ero in pieno panico ed Andy era l’unica che poteva aiutarmi, sperando che fosse arrivata in tempo. «Cole, sta per...» Non riuscivo nemmeno a trovare le parole. «Si trova sul terrazzo di un edificio e...»
«Presto, portami da lui!» Entrò in macchina senza che nessuna delle due aggiungesse altro e si fece indicare la strada per il vecchio magazzino.
Arrivate davanti l’edificio, Andy accostò la macchina nel modo migliore che le uscì e corse all’interno del magazzino. Salì le scale così velocemente, che in due minuti si trovò sul terrazzo, dove si trovava Cole, in piedi sul bordo dove prima era solo leggermente affacciato.
«Cole!» urlò e lo tirò subito verso di sé, lasciando che lui le cadesse addosso.
Si dimenò per allontanarsi subito da Andy, mentre lei si portò una mano sulla spalla, segno che si era fatta male.
«Che cazzo fai, maledetta stronza?»
«Ti ho salvato la vita, brutto idiota!» Andy sembrò sul punto di saltare addosso a Cole e picchiarlo. «Cosa ti è saltato in mente, eh? Sei convinto che mettendo fine alla tua vita, finiranno anche le tue sofferenze?»
«Non sono cose che ti riguardano!»
«Non può non riguardarmi un mio coetaneo che prova il suicidio perché la sua ragazza è morta a causa di un incidente!»
Cole la guardò negli occhi, consapevole che Andy aveva centrato il segno. «Mi devi lasciare in pace, hai capito?» Si rimise in piedi e se ne andò, lasciandola lì.
«Andy, stai bene?» le domandai, notando che si stava toccando ancora la spalla.
«Non è niente. Seguilo e controlla che non faccia altre sciocchezze.»
Annuii e la lasciai sola su quel terrazzo.
Non sapevo come poter rendere grazie a ciò che Andy aveva appena fatto per me e per Cole. Gli aveva salvato la vita. Se non ci fosse stata lei, lui si sarebbe buttato da quel terrazzo, sperando di potermi raggiungere chissà dove.
Io avevo bisogno di Andy, così come lei aveva bisogno di me. Era l’unica che mi avrebbe potuta aiutare e che avrebbe riportato Cole sulla giusta strada e io ero l'unica che poteva farla sentire meno sola.
 

Eccomi qua!
So che sono in ritardo, ma ho avuto molto da studiare
e poco tempo per pubblicare la storia e contemporaneamente il trailer
(cliccate sulla parola per guardarlo).
Volevo ringraziare anche Rainagai per il magnifico banner che vedete!
Spero che anche questo capitolo vi piaccia e alla prossima!

 

  
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