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Autore: balboa    10/04/2016    2 recensioni
Importante: quello che ho scritto è frutto della fantasia, deliberatamente ispirato a dei fatti reali. Ho deciso di cominciare proprio dall'inizio dell'avventura di Axl Rose, anche da prima che nascesse. Scriverò su come secondo me potrebbe essere andata la sua vita, cercherò di catapultarvi dentro di essa, andando oltre alle solite informazioni che si trovano in Internet. Con ''personaggi-quasi tutti'' non intendo che saranno presenti già Slash, Duff o Steven. Li aggiungerò più in là o in un'altra storia. Intendo invece la famiglia e gli amici. Ok grazie per l'attenzione e buona lettura :D.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Axl Rose, Izzy Stradlin, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Dicembre 1970.

-non ci credo che hanno chiamato- disse l'uomo, agitato e isterico.
-sapevamo benissimo che sarebbe successa una cosa del genere- rispose la donna al suo fianco.
-non ti hanno detto perché?-. L'uomo picchiettava incessantemente le dita sul volante. Il furgoncino della chiesa, sebbene fosse un rottame, riusciva ad andare fino a cento all'ora. Lui poteva utilizzarlo per usi personali, bastava che la mercoledì sera accompagnasse le vecchiette della parrocchia a giocare a bridge. Al momento la lancetta della velocità segnava cento anche se lì il limite era 65. Non c'era tempo da perdere.
-no... hanno solo detto che era grave-.
-ti pareva che non era grave-.
-cerca di essere comprensivo... e poi guarda che i casini stanno appena cominciando-.
-non mi dire di essere comprensivo, non me lo dire!!! li crea tutti lui i problemi-. Lasciarono la macchina nel parcheggio dei visitatori nel piazzale della scuola. Oltrepassarono il cancello e si diressero verso gli uffici della segreteria.

Entrarono in una specie di sala d'attesa lunga e stretta con delle sedie attaccate ai muri e tre o quattro porte arancioni. Nell'angolo in fondo c'era una scrivania con delle pile lunghissime di fogli e cartelle. In mezzo a quelle pile si poteva scorgere una vecchietta esile e bassa seduta di fronte al tavolo. I suoi piedi non toccavano neanche terra. Portava degli occhialini fini senza la montatura e con delle lenti come fondi di bottiglia che le ingigantivano gli occhi di parecchio. Sulla scrivania oltre alle pile di fogli incredibilmente alte c'erano anche numerose statuette di Gesù e della Madonna e alcune cornici con le foto dei suoi figli. Nel cassetto teneva delle boccette d'acqua santa e le immaginette dei santi; probabilmente c'era anche qualche rosario. Era estremamente religiosa e anche sorda all' orecchio destro, infatti aveva un apperecchio acustico. In quel momento era talmente indaffarata a spostare e compilare fogli che non si era accorta di Stephen e Sharon.
-salve- disse l'uomo aumentando di qualche tono la sua voce. La donna alzò gli occhi. Le lenti li ingrandivano un sacco; erano così buffi.
-buon pomeriggio. Voi siete i signori Bailey non è vero?-.
-sì siamo noi-.
-seconda porta alla vostra sinistra. entrate pure, vi aspettano-. Sulla porta c'era attaccata una targhetta in ottone con su scritto ''Principal Room'' (=stanza del preside).
-bene, sono contento che abbiate fatto presto- sorrise l'uomo, vedendo entare Stephen e Sharon. Aveva denti storti e gialli. Forse troppe sigarette. Lì invito a sedersi davanti a lui, che stava dietro una scrivania in legno di mogano. Anche qui c'era una specie di targhetta. ''Sandy Williams'' diceva. Sui muri c'erano appesi diversi certificati e onorificenze tra le quali saltava subito agli occhi una che non c'entrava un tubo con la scuola e gli studi. ''Miglior giocatore di touch football 1940 – Indianapolis – primo classificato''.
L'uomo era robusto e tozzo, con enormi spalle e braccia. Avrà avuto quarant'anni o giù di lì. Sedeva su una sedia girevole in pelle marrone. Accanto a Stephen e Sharon c'era un bambino di otto anni. Aveva il muso e teneva le braccia conserte.
-che bella famigliola eh?-. Nessuno rispose. Stephen fece solo un sorriso forzato.
-William ci vuoi raccontare cos'è successo?-. Il bambino non alzò neanche gli occhi. Passarono una manciata di secondi e nessuno disse niente.
-bene, lo dirò io. William ha picchiato un suo compagno di classe quando la maestra non era presente. Stando a quello che ho capito erano in cortile. Kevin lo ha preso in giro per i suoi vestiti e William ha risposto dandogli un pugno alla pancia e mordendogli il braccio-.
-ha cominciato lui!!!- strillò il bambino d'improvviso. -è una testa di cavolo-. Non sapeva che cosa voleva dire esattamente. Lo aveva sentito dire ai bambini di quinta.
-William non usare mai più quel linguaggio!- sbottò Stephen. Il bambino non lo ascoltò. Scattò in piedi e continuò a strillare.
-è un bullo!!! Vuole sempre la mia merenda e gli ho dato una lezione! Se lo merita-.
-o santo cielo- sospirò Sharon.
-William siediti per favore. Avanti-.
-ubbidisci- ringhiò Stephen. Il bambino si abbandonò alla scomoda sedia, che non era girevole e questo lo intristiva un po'. Incrociò di nuovo le braccia e rimise il broncio.
-quindi è vero che lo hai picchiato?-.
-si ma..-.
-e credi che sia giusto?-.
-si perchè se lo meritava-. Stephen si portò una mano alla fronte.
-come sta l'altro bambino?- chiese Sharon.
-o be'.. qualche livido e i segni del morso-.
-Gesù Cristo-.
-Gesù Cristo proprio- disse suo padre.
-la madre di Kevin vuole che chieda scusa- disse il preside. -lo farai William?-. Il bambino non ebbe tempo di rispondere.
-certo che chiederà scusa- intervenne Stephen.
-ma..-.
-niente 'ma' William-. Al bambino veniva da piangere. Era sempre colpa sua. Nessuno si preoccupava di quante volte quello lo avesse preso in giro o gli avesse rubato la merenda.
-bene. Ora che abbiamo risolto questa faccenda vorrei farvi parlare con la signorina Bucket, la sua insegnante di inglese-. Il bambino venne fatto uscire in sala ed entrò una donna. Sembrava una ragazzina. Doveva essere appena entrata nel mondo del lavoro. Restò in piedi accanto al preside. Indossava abiti succinti e super stretti, che le aderivano a puntino su tutto il corpo magro. Per poco Stephen non cominciò a sbavare. A Sharon questò dettaglio non sfuggì e infatti strinse i denti con violenza.
-salve signori Bailey. Da un po' desideravo parlare con voi. Ho chiesto a William di passarvi l'avviso ma evidentemente non vuole che questa chiaccherata abbia luogo-.
-lo immaginavo- disse il preside.
-ho notato che il bambino ha un andamento caratteriale piuttosto bizzarro. Passa da creare caos e ridere a stare buttato sul banco con le braccia conserte e la testa infilata dentro per ore di fila. Gli ho chiesto parecchie volte cosa avesse. Non rispondeva o se rispondeva mugolava solo ''niente'' guardando altrove. Tende inoltre a essere molto nervoso, per lui fare un esercizio alla lavagna sembra una tortura cinese a volte, altre volte rimane tranquillo. Mi chiedo solo perchè. Non capisco come faccia, davvero, ad avere questi sbalzi-. Durante tutto il discorso Stephen aveva continuato a contorcersi le mani e a sfregarsi le nocche. Era arrabbiato. Gli dava fastidio come quella si stava impicciando negli affari loro. Anche se alla fine voleva solo aiutare il bimbo.
-bene- disse. -provvederò io a fargli chiedere scusa, così come provvederò io a limitare la quantità e l'entità dei suoi scatti nevrotici, che non sono altro che capricci-.
-posso suggerire l'intervento di un personale specializzato? Come ad esempio uno psicologo scolastico? Credo che aiuterebbe molto sia me che voi a capire le cause della sua instabilità-.
-no grazie. Niente strizzacervelli e gente del genere. Servono solo a spillare i soldi e ridurre le persone all'osso. Sono lieto che si sia preoccupata, davvero. Arrivederci-. Si alzò in piedi e uscì.
-in realtà usufruire dello psicologo scolastico non comporta alcuna spesa...-. L'uomo ormai era già uscito.
-arrivederci- disse Sharon e seguì il marito fuori. La signorina restò molto sorpresa e stupita. Non si aspettava certo esperienze del genere dopo appena quattro mesi che aveva cominciato a insegnare.

Appena rientrati a casa William si beccò una bella sgridata per ciò che aveva fatto a quel bambino. Finì a letto senza cena. Si dovette coricare sulla pancia perchè il fondo schiena gli faceva troppo male dopo le botte che gli aveva dato Stephen. Si addormentò con le lacrime agli occhi e arrabbiato con i suoi genitori. Ce l'aveva con sua madre, che quando aveva visto suo padre slacciarsi la cinta non aveva detto o fatto niente. Nessuno lo aveva difeso. Nessuno sembrava essere lì per lui. Sua madre gli aveva dato il bacio della buonanotte, dicendogli di fare il bravo bambino. Tutto qui. Poi aveva spento la luce ed era uscita.
Sharon era leggermente scossa dai fremiti. Aveva diversi lividi, sparsi per il corpo. Tutti a causa di Stephen. Non gli era andato giù che gli imponesse delle regole. Se voleva guardare una donna lui lo faceva, e basta. Le sue parole erano state dure e dolorose per lei.
-chi cazzo saresti tu per dirmi che non posso guardare un'altra donna? Eh?-. Colpo. -non sei nessuno per mettermi dei limiti Sharon-. Altro colpo. Non era la prima volta che una discussione degenerava in questo modo e aveva questa strana sensazione che non sarebbe stata neanche l'ultima. Se l'indomani mattina fosse andata dal fruttivendolo avrebbe dovuto mentire a proposito del livido che aveva sulla guancia che certo non passava inosservato, oppure avrebbe indossato degli stupidi occhiali da sole.
Bill era dovuto restare barricato in camera come se fosse stato in galera. Suo padre aveva nascosto i suoi giochi a chiave in un cassetto. Aveva detto che doveva meditare su ciò che aveva fatto. Il bambino aveva dato un calcio al piede del letto e si era gettato malamente sul materasso. Sua madre non lo difendeva, il preside neppure, il padre non se ne parli. Cominciava a farsi strada nella sua testa l'idea che in quel mondo doveva pararsi il culo da solo, con le unghie e con i denti.
   
 
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