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Autore: Nuel    11/04/2016    5 recensioni
James, Albus e Rose tornano a scuola, ma Hogwarts è, come sempre, luogo di misteri oltre che di magia e stregoneria e un nuovo enigma terrà impegnati i fratelli Potter e i loro amici.
◊ Serie: Imago Mundi
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Imago Mundi ϟ'
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Il Libro dei Nomi



Trovare qualcuno che sostituisse il professor Lumacorno si era rivelata un'impresa tutt'altro che facile: l’anno scolastico era arrivato a metà e l’aveva superata, e l’unico che rispose all’appello della preside fu un farmacista incaricato dalla catena di farmacie Bobbin, la cui proprietaria era stata un’allieva della professoressa McGranitt. Il nuovo professore, però, era poco avvezzo all’insegnamento e così, mentre il prato del castello tornava ad essere verde e l’aria cominciava a profumare di fiori, gli studenti iniziarono a distrarsi, sempre meno interessati alle noiose lezioni che il supplente teneva con sempre minore entusiasmo.
    Albus aveva preso l’abitudine di studiare il libro di Antiche Rune ogni sera, davanti al caminetto, assieme a Rose, prendendo appunti sempre più precisi, mentre Martin si era fatto carico delle ricerche su Sir Dee.
    «Era un mago che viveva in mezzo ai Babbani, questo Sir Dee», disse loro un giorno, mentre stavano seduti in riva al lago, «prima dello Statuto di Segretezza, e ha ragione Scorpius: viveva alla corte di Elisabetta I, solo che, stando ai libri di Storia della Magia, quando morì molti dei suoi averi, libri e artefatti magici, vennero trafugati e se ne persero le tracce. Pare che il ladro non sia mai stato scoperto».
    «E guarda caso un suo libro ricompare in casa Malfoy...», sbuffò James.
    Martin lo guardò senza capire, così il maggiore dei fratelli Potter spiegò: «Il nonno di Scorpius aveva una collezione di oggetti oscuri, artefatti di ogni genere che vennero sequestrati dal Ministero prima della caduta di Voldemort».    
    «Li teneva in una specie di stanza segreta», aggiunse Albus.
    «Cavolo!», commentò Martin. «Quindi, voi pensate che questo libro…?».
    «Se Scorpius l’ha visto in biblioteca non può essere un libro di magia oscura. Se lo fosse non l’avrebbero tenuto in bella vista», rifletté Rose, mentre masticava della cioccolata.
    «Ma se è un semplice testo di Alchimia, perché nasconderne il contenuto?», chiese Albus, che non sembrava per nulla convinto e che continuava a cercare di interpretare i segni che intuiva sulla pergamena ogni volta che apriva il libro.
    «E perché strapparne una pagina sola?», gli fece eco James, sbuffando e rivolgendo lo sguardo abbattuto sul fratello, che scrollò le spalle.
    «Magari è il libro che insegna a fare la pietra filosofale», buttò il ragazzo, ma James scosse il capo.
    «Se fosse così, Lucius Malfoy avrebbe realizzato la pietra per sé e si sarebbe tenuto stretto il libro».
    In mancanza di nuovi indizi, la ricerca languì per molti giorni, deprimendo i ragazzi che furono costretti a concentrarsi sullo studio, fino a quando, un pomeriggio di due settimane dopo, Scorpius Malfoy, che non aveva fornito altre informazioni in merito al libro od al suo supposto autore, disse loro: «Potrei chiedere a mio padre».
    Albus e James si scambiarono uno sguardo preoccupato. «Non credi sia pericoloso?», gli chiese Albus. «Sì, sai, se dovesse scoprirlo tuo nonno…».
    «Tra pochi giorni torneremo a casa per le vacanze pasquali, potrò cercare il libro nella biblioteca di mio padre, facendogli notare la mancanza. Gli chiederò che fine abbia fatto e di cosa trattasse», spiegò Scorpius, con un sorriso furbo sul viso appuntito.
    «Potrebbe essere una buona idea», convenne Martin.
    «Ma stai attento a non far capire a tuo padre che ce l’abbiamo noi», aggiunse James.

Le vacanze pasquali duravano a malapena una settimana e molti studenti restavano al castello, approfittando di quei giorni per mettersi in pari con lo studio, anziché tornare a casa, così Albus dovette continuare a sfogliare il libro dietro le tende chiude del suo letto a baldacchino o quando i suoi compagni di stanza non c’erano. Nelle ultime settimane gli era parso che i segni che intravvedeva sulle pagine si fossero fatti più chiari, ma ancora non riusciva a decifrarli. Talvolta tracciava delle linee e dei simboli sulla pergamena su cui prendeva appunti e poi li confrontava con quelli disegnati sul libro di Antiche Rune, ma non aveva trovato ancora nessuna corrispondenza.
    Anche quel pomeriggio, se ne stava seduto sul letto, con le gambe incrociate e la piuma in mano. Gli incontri del club dei duellanti, per quella settimana, erano stati sospesi come qualsiasi altra lezione e Albus si sentiva nervoso e profondamente frustrato dall’incapacità di venire a capo del mistero del libro. Di fronte a sé teneva il libro degli incantesimi, cercando di visualizzarli uno per uno, sperando di cogliere un nesso, un indizio, e poi pensò a quella volta in cui il professor Sharp aveva usato l’incantesimo Homenum Revelio per far comparire il professor Serendip, disilluso.
    Quell’incantesimo continuava a tornargli in mente e Albus era certo che fosse la chiave per leggere il libro. Lucius Malfoy sapeva come leggere la pagina che aveva strappato e forse lo aveva fatto proprio prima di strapparla. Se solo James fosse arrivato pochi attimi prima, avrebbe potuto vedere cosa aveva fatto, ma James non era arrivato prima.
    Mise giù la piuma e prese la bacchetta. L’incantesimo Revelio era tra i più versatili, somigliava all’Incantesimo di Appello bisognava sapere con precisione cosa cercare: un uomo, una disegno, delle parole… Albus trattenne il fiato colto da un’idea: forse non era disilluso l’inchiostro, ma il messaggio stesso contenuto dal libro. «Verba Revelio», mormorò ruotando il polso e battendo la punta della bacchetta sulla pagina. Un brivido gli percorse la schiena, l’aspettativa gli fece tremare la mano, ma come temeva, non accadde nulla. Sbuffò, deluso. «Vorrei sapere almeno il titolo di questo libro», borbottò rigirandosi la bacchetta tra le mani; almeno per quello l’incantesimo avrebbe potuto funzionare. Fece un respiro profondo e disse: «Nomen Revelio», e, sorprendentemente, sulla prima riga della prima pagina comparve un nome: “Donatus Thompson”.
    Albus gridò, sobbalzando sul materasso e poi fissò la porta, per essere sicuro che non arrivasse nessuno, tornò a guardare la scritta, ancora incredulo, e saltò giù dal letto, chiudendo il libro e nascondendolo sotto il mantello. Fece le scale di corsa, rischiando di cadere, e raggiunse James e Rose in sala comune. «Ho visto qualcosa!», annunciò loro.
    Non c’era bisogno che dicesse loro di cosa si trattava, perché lo capirono subito. Rose mise da parte il libro che stava leggendo e James scattò in piedi. «Cosa?», chiese subito al fratello.
    «Un nome», rispose Albus, facendo loro segno di uscire. «Troviamo Martin e vi faccio vedere».
    Trovarono Martin con la gatta in braccio, di ritorno dalle serre, dove Erintjia aveva trovato un angolino tranquillo in cui riposare senza rischiare di incontrare Mrs Purr; dal giorno della loro ultima zuffa, la gatta fantasma passava quasi tutto il suo tempo a cercare la gatta dalla lunga coda, soffiando e miagolando, come se fosse posseduta da una furia.
    «Albus ha visto qualcosa sul libro!», gli disse Rose, prima ancora di aver sceso l’ultimo gradino, e i quattro raggiunsero la scala della torre di Astronomia, dove Erintjia si accomodò in braccio ad Albus, seduto su uno scalino che avrebbe potuto, ormai, avere il suo nome.
    Albus aprì il libro, ma il nome che aveva visto poco prima era svanito. «Non c’è!», disse con espressione incredula.
    «Forse l’incantesimo lo rende visibile per poco tempo», suggerì Rose.
    Albus, allora, annuì, riprese la bacchetta e, come aveva fatto poco prima, scandì: «Nomen Revelio!». Lentamente un nome si formò in alto, sulla pagina: “Joanne Cooper”.
    Per alcuni momenti, Albus rimase a fissare il nome, interdetto, poi, notando gli sguardi degli altri, si decise a dire: «È un nome diverso».
    «Io non vedo nessun nome, Albus», gli disse James e subito Rose e Martin annuirono. Erintjia fece le fusa e si stiracchiò sulle gambe del Grifondoro, rigirandosi e solleticando il mento di Albus con la coda, prima di tornare nella posizione iniziale.
    «Come è possibile che voi non lo vediate?», chiese Albus, «C’è scritto “Joanne Cooper”».
    «Forse lo può vedere solo chi fa l’incantesimo», ipotizzò Rose, ma quando fu lei a pronunciare le parole magiche e toccare il libro con la bacchetta, non vide nulla di più di quanto avesse visto prima.
    «Come sei arrivato a questo incantesimo?», gli chiese Martin e Albus scrollò le spalle.
    «Ho pensato che il titolo potesse essere disilluso, ma sulla copertina non è apparso nessun titolo. Solo questo nome in prima pagina».
    Martin guardò la copertina. «Avevamo già escluso la disillusione, però».
    «Quella dell’inchiostro», gli ricordò Albus. «Ho provato con le parole, il contenuto, ma non ho ottenuto nulla».
    «Sì, l’autore o il precedente proprietario avrebbero potuto rendere non intelligibile il messaggio del libro, è una buona idea, anche se io avrei usato un Confundus sui lettori».
    «Ma chi ha lanciato questo incantesimo non era uno studente», fece ancora Albus, «chi vuole scoprire un oggetto disilluso deve sapere almeno sommariamente di cosa si tratta, altrimenti potrebbe provare all’infinito senza trovare nulla». Il che era, grosso modo, quello che stava capitando a loro che, per quel giorno, decisero solo di stilare una lista di argomenti che avrebbero potuto trovarsi scritti su quelle pagine.
    Quando, prima di andare a dormire, Albus aprì di nuovo il libro, il nome di Joanne Cooper era ancora lì.

La mattina successiva, quando gli studenti rimasti a Hogwarts stavano facendo colazione in Sala Grande, uno stormo di gufi invase la volta, recapitando lettere e pacchi agli studenti. Rose pagò uno zellino per la sua copia de La Gazzetta del Profeta e la aprì sul tavolo, tra il piatto pieno di bacon e il bicchiere di succo di zucca ed emise un piccolo strillo.
    James e Albus la guardarono preoccupati e lei si sporse verso i cugini. «Qual era il nome che hai visto ieri sul libro?», chiese ad Albus.
    «Joanne Cooper», le rispose il ragazzo e Rose gli passò il giornale. In prima pagina c’era la foto di una donna ossuta, l’espressione da topo, che rideva e sfarfallava le ciglia. Il titolo recitava “Tragica scomparsa di Joanne Cooper, portavoce delle Fattucchiere Itineranti”
    Albus e James presero il giornale, strattonandolo un po’: entrambi volevano leggere l’articolo, piuttosto breve, sull’incidente accorso durante la notte alla strega. Dopo i festeggiamenti per la Pasqua, Joanne Cooper, un po’ troppo alticcia, era salita sulla sua scopa, a tarda sera, volando troppo basso e finendo per schiantarsi contro un palo della luce babbano. Quattordici case erano rimaste temporaneamente senza corrente elettrica e una squadra di Obliviatori era intervenuta per cancellare la memoria dei pochi Babbani che, a quell’ora di notte, avevano assistito all’incidente.
    «Pensi che quella donna sia stata tra i proprietari del libro?», chiese James, ma Albus poté solo scuotere il capo.
    Fu quando lasciarono la Sala Grande e Martin si unì a loro che Albus tolse dalla borsa il libro e lo aprì, scoprendolo nuovamente vuoto. Questa volta, però, non perse tempo: eseguì l’incantesimo con sicurezza e rapidità ed un nome diverso comparve al posto di quello della signora Cooper.
    «Come è possibile che il nome cambi ogni volta?», chiese Rose che, di nuovo, disse di non vedere nulla, esattamente come Martin e James.
    «E se…», titubò Martin, «forse è un’idea folle, ma se ci fossero molti nomi scritti su questo libro?».
    Albus abbassò lo sguardo sul volume, sfogliò qualche pagina e poi tornò a guardare Martin. «Come potrei scoprirlo?».
    «Prova con Tota Nomina Revelio», suggerì il ragazzo.
    «Potrebbe funzionare!», esultò Rose, che sorrise incoraggiante dell’espressione perplessa dei cugini e aggiunse a loro beneficio: «Anziché un solo nome, dovrebbe rivelare tutti i nomi, se ce ne sono davvero altri».
    Albus annuì, prese fiato ed eseguì l’incantesimo. In un istante le pagine si riempirono di nomi, uno dopo l’altro comparvero davanti ai suoi occhi, scritti con una grafia svolazzante e antica, e lui li lesse febbrilmente, fino a quando divennero troppi per ricordarli. Non conosceva nessuno di quegli uomini e di quelle donne, ma i nomi e i cognomi di alcuni di loro suggerivano che si trattasse di maghi e streghe.
    «Potrebbe essere… una specie di registro», commentò Martin, corrugando la fronte, quando Albus descrisse loro l’accaduto. «Forse dovresti scrivere i nomi che riesci a vedere e potremmo cercare di capire chi sono queste persone».
    Albus cominciò quella sera stessa a scrivere i nomi, copiandoli a partire dalla prima pagina. Fu girando la quarta e tornando indietro per ricontrollare un nome che si rese conto che uno si era spostato, risalendo di una posizione. Tornò indietro e si accorse che il primo nome che aveva copiato sulla lista era svanito.
    Preso da una sorta di strano presagio, Albus ripose la piuma accanto alla pergamena su cui stava scrivendo e cominciò a sfogliare le pagine rapidamente, scorrendo i nomi senza leggerli sul serio, in cerca di qualcosa, di nomi che conosceva, fino a quando non ne trovò uno: quello di Lucius Malfoy.


 
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Terzultimo capitolo! Vi siete fatti qualche idea su "cosa" sia il libro di Sir Dee? ^^
Attendo le vostre ipotesi!
Come sempre, grazie a tutti i lettori, ma in particolare a Ladyriddle, ledtere, uwetta e Aiedailtari per aver commentato il capitolo precedente.
Vi aspetto su FB! ^^
 
 
   
 
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