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Autore: sissi149    12/04/2016    6 recensioni
Nel Principato di Yomiuri Land, a prima vista, tutto scorre tranquillamente, senza grossi problemi. In realtà il Principe Legittimo è partito da più di un anno per un viaggio senza meta, seguendo uno strano individuo che un giorno si era presentato al castello. Il compito di governare è affidato al fratello e al fedele Sovrintendente, ma il primo è da qualche tempo colpito da misteriosi malori.
Nella foresta, invece, si sta formando un gruppo agguerrito di Ribelli, deciso a porre fine ad alcune crudeli decisioni dell'ultimo periodo prese dalla casa reale.
Tra gli schieramenti trovano posto anche la serva del Signore del Caos e la devota alla Dea dell'Armonia. In più, un tradimento è dietro l'angolo...
[I personaggi sono più di quelli indicati nello specchietto, dove il massimo è 5]
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ed Warner/Ken Wakashimazu, Genzo Wakabayashi/Benji, Jun Misugi/Julian Ross, Kojiro Hyuga/Mark, Koshi Kanda
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Poemi di Yomiuri Land'
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Al Toho l'atmosfera era pesante, l'aria era quasi irrespirabile e soffocante. Anche se la calura estiva era ancora intensa, quella morsa che stringeva tutti gli abitanti del villaggio nascosto era di ben altra natura. Takeshi Sawada osservava con attenzione il non più giovane Jinnosuke Matilda che si rifocillava con alcune delle loro provviste e ripensava al loro incontro di quella mattina.

Era uscito insieme a Ken dalla zona protetta dal Passaggio allo spuntare del sole, per una piccola caccia mattutina, sperando di sorprendere qualche animale che approfittava delle ultime ore fresche per abbeverarsi: la siccità stava cominciando a creare problemi nel reperire cibo anche all'interno della foresta. All'improvviso avevano sentito un rumore e si erano appostati tra i cespugli, pensando di aver finalmente individuato una preda, ma ciò che era spuntato loro davanti dalla boscaglia non se l'erano mai aspettato: un vecchio ronzino malmesso su cui si teneva in sella a fatica un uomo quasi stremato. Ad una prima occhiata pareva che avesse vagato per la foresta per tuttala notte. Ken aveva fatto un gesto al compagno per indicargli di restare nascosto e lasciare proseguire l'uomo per evitare qualsiasi tipo di imprevisto. Fu solo quando il vecchio fu sfilato presso il cespuglio dove era posizionato che Takeshi lo aveva riconosciuto ed era uscito istintivamente allo scoperto per farsi riconoscere a sua volta.

“Maestro Matilda!”

Lo sconosciuto, al richiamo, aveva tirato le redini del ronzino e si era voltato, ma non era riuscito a capire chi fosse il giovane che gli aveva parlato.

“Maestro, sono io, Takeshi Sawada!”

Un sospiro di sollievo era uscito dalle labbra dello stanco Jinnosuke.

“Takeshi, ragazzo mio. Finalmente sono riuscito a trovare qualcuno!”

Jinnosuke Matilda era uno dei vecchi insegnanti della scuola di Saitama: quando la città era al culmine del suo splendore possedeva una struttura dove i ragazzi di tutte le famiglie, ovviamente divisi tra nobili e popolari, maschi e femmine, potevano apprendere le basi della scrittura, dei calcoli ed altre discipline. I bambini dei ceti meno abbienti ricevevano un'istruzione di base almeno fino a che non raggiungevano l'età per poter contribuire al sostentamento della famiglia col lavoro nei campi o altre attività. I figli dei nobili potevano proseguire i loro studi ed i più promettenti potevano raggiungere un livello tale da essere ammessi agli studi avanzati dell'Accademia dei Priori alla Cittadella, per diventare membri dell'ordine. Il sistema scolastico di Saitama era di gran lunga il più avanzato del regno, poiché permetteva a tutti indistintamente di accedere ai rudimenti dell'alfabetizzazione. Nel Principato purtroppo non esisteva una legge che regolamentasse in modo uniforme l'insegnamento per cui ogni città e zona prendeva le sue misure: in alcune zone erano i Sacerdoti a gestire tutto, in altre era il Priore locale a selezionare gli insegnanti, in altri casi ancora le due figure collaboravano; molti nobili invece preferivano dei precettori privati. Jinnosuke Matilda aveva insegnato per tantissimi anni nelle classi dei bambini popolari e, nonostante la sua esperienza gli avrebbe permesso di occuparsi anche delle classi dei figli dei mercanti o dei nobili, aveva sempre ritenuto giusto che tutti potessero avere gli strumenti per leggere e fare di conto. Con la decadenza di Saitama, anche la scuola era stata abbandonata, ma Jinnosuke aveva continuato a riunire attorno a sé tutti i pochi bambini e ragazzi rimasti, ma desiderosi di apprendere. Tra i suoi allievi più recenti c'erano alcuni degli attuali membri dei Ribelli, tra cui lo stesso Kojiro Hyuga.

Sawada gli si era avvicinato in tempo per sorreggerlo e impedirgli di cadere dalla cavalcatura, mentre anche Ken aveva abbandonato il suo nascondiglio.

“Maestro, cosa ci fate qui?”

“Ragazzo mio – aveva risposto l'uomo con profondo dolore - è successa una cosa terribile in città.”

Tutto d'un fiato aveva raccontato dell'irruzione della Guardia Reale del giorno prima, dell'aggressione alla madre di Kojiro e del rapimento dei suoi fratelli, aggiungendo che dopo il fatto nessuno dei pochi uomini adulti di Saitama aveva osato fare nulla per impedire l'accaduto o per cercare di porvi rimedio, così era toccato a lui mettersi in sella di quel vecchio e malandato ronzino per raggiungere la foresta Meiwa e sperare di avere la fortuna di imbattersi in qualcuno dei Ribelli per portare la notizia a Hyuga. Era in viaggio dal pomeriggio precedente ed era stremato.

Non appena appreso cosa fosse capitato, Ken non aveva esitato ed era subito partito alla volta della Cittadella per cercare di carpire qualche notizia sui piani del Reggente riguardo ai fratelli di Kojiro, sperando che non avesse già compiuto l'irreparabile, ed aveva ordinando a Takeshi di condurre l'uomo al villaggio perché potesse riferire di persona anche al capo ciò che aveva già raccontato a loro.

Sawada l'aveva condotto al Toho attraverso l'accesso secondario, dove la palude era quasi completamente prosciugata, cosa che aveva portato i Ribelli a fare delle riflessioni sulla possibilità di installare delle sentinelle a quel punto di ingresso alla radura, per evitare di ricevere ospiti sgraditi al villaggio.

Takeshi si riscosse dai suoi pensieri e tornò a concentrarsi sul presente, al villaggio, sull'atmosfera pesante e sul silenzio teso, spezzato ogni tanto solo dai vagiti del piccolo Hiroya, chiamato così da Ryo e Yukari in onore di Shimada, loro compagno caduto.

Si voltò in direzione di Kojiro: il Capo dei Ribelli si muoveva in circolo per tutta la radura, come un animale in gabbia, incapace di stare fermo. Dopo l'iniziale piacere mostrato nel trovare il suo vecchio maestro, Hyuga era diventato furioso nell'apprendere della sorte dei suoi fratelli ed aveva cominciato a sbraitare ordini a tutti ed in tutte le direzioni e sarebbe partito di corsa per la Cittadella se il Principe non lo avesse fermato. Takeshi aveva i brividi al ricordo del loro diverbio, non aveva mai visto Kojiro in preda ad una rabbia così cieca, che gli impediva di ragionare, una versione moltiplicata rispetto al giorno in cui avevano perso Shimada.

“Fermati! Così andrai solo a farti ammazzare!” Gli aveva gridato il Principe e per questa sua intromissione si era meritato un'occhiata che avrebbe fatto desistere chiunque.

“Non mi interessa! Io devo andare dai miei fratelli! Non li lascerò nelle mani di quello un istante di più.”

Il Principe però non si era scoraggiato e in un istante aveva raggiunto l'altro:

“Kojiro, ragiona! Non puoi entrare alla Cittadella da solo e senza un piano. Non aiuterai i tuoi fratelli in questo modo!”

“Stai zitto! - il Capo dei Ribelli aveva spinto violentemente a terra l'interlocutore – Non parlare di cose che non puoi capire!”

“Kojiro!” Maki l'aveva richiamato per tentare di farlo calmare, ma Takeshi aveva pensato che non sarebbe mai stato possibile.

Sollevandosi dalla polvere in era caduto, Jun aveva replicato in tono duro:

“Hai ragione, non posso capire come ci si senta ad avere tre fratelli prigionieri di un tiranno, ma ho un fratello anch'io, in viaggio non si sa dove che potrebbe benissimo essere morto mentre noi parliamo, e ho la responsabilità di proteggere tutto il Regno dal tiranno. So che non è facile attendere senza fare nulla, ma almeno aspetta che Ken rientri con delle informazioni. Ne abbiamo bisogno per riuscire a salvare i tuoi fratelli.”

“Ha ragione lui, aspettiamo Ken.” Anche Maki si era schierata con il Principe.

Contrariamente alle proprie previsioni, Takeshi aveva visto Kojiro calmarsi ed acconsentire a quell'attesa.

Ora però Hyuga si era nuovamente inquietato, Wakashimazu tardava a rientrare, il mezzogiorno era passato già da qualche ora. Sawada si voltò in direzione del Principe e notò come anche questo stesse cominciando a perdere la calma, forse temeva che il ritardo di Ken significasse che alla Cittadella la questione fosse più grave di quanto pensasse.

Il rumore di un cavallo al galoppo fece scattare tutti in piedi ed impugnare le armi a chi le aveva vicine, temendo che la Guardia Reale avesse scoperto il loro rifugio. Gli archi si tesero e la presa sulle spade si fece più salda.

Ken Wakashimazu, appena raggiunse la radura e i compagni tirò le redini e fece arrestare la propria cavalcatura, scendendo poi al volo.

“Ken, grazie alla Dea sei tu! - Esclamò Maki, mentre una parte della tensione si dissolveva – ma dove hai preso l'animale?”

L'uomo scrollò le spalle con noncuranza:

“L'ho rubato poco fuori dalla Cittadella, per rientrare più in fretta e sono passato dalla ormai quasi ex palude. Non so neppure a chi apparteneva, spero a qualche tirapiedi di Kanda.”

Ken non era solito commettere furti di quel tipo, ma data l'urgenza della situazione si era sentito giustificato e sicuro che nessuno l'avrebbe biasimato.

“Hai rubato un cavallo?” Gli chiese Jun stupito.

Subito Kojiro lo raggiunse, ansioso e furioso allo stesso tempo: fremeva per avere notizie dei fratelli e per scagliarsi contro il suo nemico, ora che la questione era diventata personale.

“Allora, ce ne hai messo di tempo! Cosa hai scoperto?”

“Nulla di buono. – Wakashimazu prese una pausa per togliersi il mantello sudato – Kanda vuole giustiziare i tuoi fratelli nella piazza principale della Cittadella tra due giorni, a metà pomeriggio. ”

“Maledetto bastardo! Lo ucciderò prima che possa anche solo fargli scorgere da lontano il patibolo!” Comprensibilmente, Kojiro schiumava di rabbia, anche se aveva immaginato già da un pezzo quali fossero le intenzioni di Kanda, quel verme non aveva risparmiato villaggi ed innocenti, perché avrebbe dovuto fare un'eccezione per i suoi fratelli?

Pian piano tutti si erano avvicinati a Ken per ascoltare il suo racconto.

“Dove sono tenuti ora i ragazzi?” Lo spirito pratico di Jun gli aveva subito fatto porre una delle questioni fondamentali.

“Nelle segrete sotto la Fortezza.”

“Praticamente inespugnabili.” Il Principe scosse la testa, conosceva bene la struttura di quelle celle e sapeva che non avrebbero avuto nessuna possibilità di far evadere i tre fratelli prima dell'esecuzione.

“E con questo? - sbraitò Kojiro – Io li tirerò fuori da lì e li salverò, a costo di morire!”

Maki gli appoggiò una mano sulla spalla, per offrirgli completamente il sostegno della sua presenza:

“Certo che li salverai e io verrò con te.”

Jun esitò un istante, soppesando le parole, non volendo far irritare ancora di più Hyuga o rischiare di venire frainteso, tuttavia doveva avvertirlo:

“Kojiro, ti rendi conto che è tutta una trappola del Sovrintendente per attirarti alla Cittadella? Perché aspettare tre giorni dal momento della cattura per eseguire la condanna?”

Kojiro strinse i pugni fino a far sbiancare le nocche e Ken aggiunse:

“Ha ragione lui: Kanda sta inviando i suoi scagnozzi a spargere l'annuncio dell'esecuzione per tutta la Cittadella e le campagne limitrofe, sembra voglia essere certo che ti giunga la notizia.”

“E cosa dovrei fare secondo voi? Restarmene rintanato?”

Jun scosse la testa e si avvicinò di un passo, guardandolo dritto negli occhi:

“No, ma come ti ho detto prima hai bisogno di un piano. Non possiamo andare là e improvvisare.”

“Possiamo?” Hyuga alzò le sopracciglia interrogativamente ed il Principe rispose sicuro:

“Esatto: possiamo. È giunto il momento di affrontare apertamente Kanda, gli uomini sono pronti e la posta in gioco è diventata troppo alta. E credo che nessuno dei Ribelli ti lascerebbe tentare la missione da solo. Dobbiamo porre fine alla tirannia di Kanda e della sua Strega.” Concluse.

Tutti gli uomini dei Ribelli annuirono e lanciarono grida di approvazione ed incitamento. Solo Wakashimazu restò perplesso:

“Vi faccio notare che non possiamo entrare tutti nella Cittadella per il passaggio segreto, solo due o tre persone potrebbero farcela.”

“Ma per sconfiggere Kanda abbiamo bisogno di più uomini possibile, lui avrà tutta la Guardia Reale dalla sua.” Obiettò Maki.

Il Principe scosse la testa:

“Di sicuro la sorveglianza agli accessi della Cittadella sarà strettissima. Abbiamo bisogno di un aiuto dall'interno per entrare.”

Kojiro incrociò le braccia e sbuffò ironico:

“E di grazia, a chi stai pensando di chiedere? Al Capitano della Guardia?”

“No, però... Lady Sorimachi! Lei potrebbe aiutarci. È abbastanza vicina agli ambienti militari e della corte per avere una visione chiara della situazione. Ho bisogno di parlare con lei stanotte.”

Jun lanciò uno sguardo a Ken, chiedendogli silenziosamente aiuto.

“Se credi che sia l'unica soluzione, posso portarti al passaggio segreto. Abbiamo il cavallo, dovremmo farcela a raggiungere le mura per il tramonto. Sempre che Kojiro sia d'accordo.”

I due si voltarono all'indirizzo del Capo dei Ribelli, attendendo la sua risposta.

“Vi siete finalmente ricordati che il Capo sono io qui! - esordì questo in tono burbero – Vedete di combinare qualcosa di utile laggiù! - poi addolcì la voce – In questi mesi i tuoi piani hanno portato sempre i frutti sperati, non deludermi proprio stavolta.”

Il Principe annuì, rendendosi conto che per Kojiro rinunciare ad entrare in azione all'istante e per di più mandare qualcun altro in esplorazione mentre i suoi fratelli erano prigionieri costasse parecchio sforzo. Fece un cenno a Ken, che nel frattempo aveva raggiunto qualcosa da mangiare per recuperare un poco di energia.

“Andiamo, prima troviamo Lady Sorimachi, meglio sarà per tutti.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La donna attraversava in fretta le strade buie della Cittadella, quasi incurante dei pericoli che, nonostante la sua dimora si trovasse nella parte più nobile dell'abitato, si potevano nascondere dietro gli angoli.

Davanti alla porta si fermò e armeggiò con la chiave.

“Lady Sorimachi?”

Fulminea si girò verso il suo interlocutore, brandendo una lunga lama argentata. Era alto ed aveva il volto nascosto da un cappuccio.

“Cosa volete? Badate, non sarà facile mettermi fuori combattimento.”

Un secondo uomo spuntò dall'oscurità, avvicinandosi ai due e cercando di riportare la situazione alla calma: se per caso fosse passata la ronda della Guardia Reale in quel momento, tutti i loro piani sarebbero falliti miseramente.

“Yasu, ascolta!”

Al suono di quella voce la mano con cui la donna reggeva il coltello tremò per lo stupore. Per un istante pensò di essersi sbagliata, che la sua mente le avesse giocato un brutto scherzo, ma quando lo sconosciuto aprì nuovamente la bocca non seppe che pensare.

“Vogliamo solo parlarti.”

“Ma... ma... voi... dovreste...” Riuscì solo a balbettare, in preda all'incredulità.

Fu il primo uomo, quello che l'aveva interpellata, a fermarla:

“Non qui. È pericoloso, la segretezza per noi è importante.”

Lady Sorimachi annuì e spalancò la porta, facendo entrare entrambi in casa, dimenticandosi di tutte le precauzioni per la sua incolumità. Se in quel momento l'avesse vista sua fratello, non si sarebbe limitato a disapprovare. Eppure l'istinto le diceva che poteva fidarsi.

Si avvicinò al camino, cercando l'occorrente per accendere delle candele e illuminare la stanza: era molto semplice, con le pietre a vista, fornita di tutto l'essenziale e con poche decorazioni, nonostante la padrona di casa avesse potuto benissimo permettersele.

Yasu si voltò, reggendo con la mano sinistra una candela e con la destra il coltello: l'uomo più basso aveva sollevato il cappuccio, permettendole di riconoscerlo. La donna dovette fare ricorso a tutto il suo autocontrollo per non gridare o far cadere qualcosa.

“Dea misericordiosa! Jun! Come...”

La voce le morì in gola, ma nei suoi occhi si leggeva la domanda che voleva porgli.

“Kanda ha raccontato a tutti un sacco di menzogne: io sono stato, diciamo trattenuto, nella foresta dai Ribelli e lui ne ha approfittato per inscenare la mia morte, con tanto di funerale solenne, a quanto mi è stato riferito.”

Lady Sorimachi si avvicinò al tavolo, si liberò di ciò che teneva in mano e corse ad abbracciare di slancio il Principe.

“Jun! Questa è la notizia migliore da un sacco di tempo!”

“Già.” Sussurrò appena Jun.

Dopo qualche istante, Yasu si separò da lui piuttosto imbarazzata.

“Chiedo scusa per il mio comportamento! - Afferrò la propria gonna e fece una riverenza – Vostra Altezza.”

Il Principe le sorrise e le offrì una mano, per aiutarla a risollevarsi:

“Dai Yasu! Non essere così formale, in fondo ci conosciamo fin da bambini.”

“E i nostri genitori hanno persino tentato di combinarci un matrimonio, nonostante la differenza di età.”

Entrambi repressero una risata al ricordo, con una fitta di nostalgia: era passato il tempo in cui la loro unica preoccupazione era evitare un matrimonio in cui ci sarebbe stata stima e affetto tra gli sposi, ma non amore. Nonostante fossero ottimi amici e trovassero piacevole il tempo trascorso insieme, quell'unione sarebbe stata voluta solo dall'alto e, soprattutto, sarebbe stata più politica che altro, imparentando una delle più nobili casate con la famiglia reale.

“Yasu, ti presento il mio compagno: Ken Wakashimazu.”

Il secondo uomo, che fino a quel momento si era mantenuto in disparte, assistendo in silenzio alla scena, avanzò verso la donna. Per un attimo, quando i loro sguardi si incrociarono, restarono bloccati sul posto, poi Wakazhimazu si esibì in un inchino e tentò un goffo baciamano.

“È un vero piacere conoscerla, Lady.”

“Il piacere è mio. Ora, lasciatemi essere una buona padrona di casa: immagino siate affamati se avete aspettato che facesse buio per entrare nella Cittadella.”

I due uomini annuirono e Yasu raggiunse la dispensa, da dove estrasse un cestino pieno di focacce.

“Non sono tutte fresche di stamattina, spero che vi vadano bene ugualmente.”

“Vanno benissimo, sul serio.”

Le rispose Jun con un sorriso, accomodandosi su una sedia e afferrandone una, facendo segno a Ken di servirsi pure.

Lady Sorimachi nel frattempo cercava bicchieri e una caraffa d'acqua.

Il Principe la osservava muoversi con sicurezza in quell'ambiente domestico, facendo fluttuare la gonna del vestito scuro. Esitò un istante, prima di rivolgersi nuovamente a lei.

“Yasu, posso farti una domanda personale?”

“Dimmi.”

“Porti ancora il lutto per tuo marito?”

La donna sospirò e si sedette, incerta sulla risposta da dare.

“Sì e no. Solo la Dea sa quanto io e Kazuki ci amassimo e quanto sia stato felice il nostro matrimonio, seppur breve. Il tempo del lutto è ormai passato, ma con Kanda che spadroneggia nel regno è meglio tenere un basso profilo e con quella feccia degli uomini che ha fatto arrivare nella Cittadella, comportarsi da vedova addolorata è molto più sicuro.”

Jun annuì, certe voci erano giunte fino nella foresta, e non poté biasimare l'amica se cercava di tenersi fuori dai guai, oltretutto era la sorella del Capitano della Guardia.

Calò un silenzio imbarazzato. Fu la donna a romperlo:

“Allora, per quale motivo mi volevate vedere?”

Ken silenziosamente si alzò e si portò vicino a una finestra, per tenere d'occhio la strada, mentre il Principe non fece giri di parole e arrivò subito al punto:

“Ci serve il tuo aiuto, a me e ai Ribelli. Vogliamo porre fine al dispotico regno di Kanda e io voglio riprendermi ciò che è mio di diritto.”

Quelle parole fecero scattare Yasu:

“Perché adesso? Perché hai aspettato che Kanda riducesse allo stremo metà della popolazione del Principato, che bruciasse villaggi, che commettesse assassinii? Perché non sei tornato prima?!”

“Perché prima non potevo! - Jun strinse nervosamente i pugni, rivivere quella parte di storia gli faceva sempre male. - Non avrei potuto fare nulla, ero troppo debole. Il Sovrintendente e Kumi mi stavano avvelenando a morte e per poco non ci sono riusciti. Se avessi rivendicato subito il trono, Kanda mi avrebbe eliminato muovendo un solo dito. Ho dovuto aspettare di recuperare le forze e che gli uomini fossero sufficientemente addestrati per fronteggiare la Guardia.”

“Intendi usare la forza?”

“È l'unico modo. Sai cosa ha in mente di fare tra due giorni il nostro amato Sovrintendente?”

“Purtroppo sì, quei poveri ragazzi...” La donna si portò le mani al petto.

“Noi dobbiamo impedirglielo, a tutti i costi! Soprattutto Kojiro non si perdonerebbe mai se succedesse qualcosa ai suoi fratelli.” Il Principe strinse ancora più forte i pugni, arrivando ad affondare le unghie nella carne.

“E io che posso fare?”

“Dobbiamo riuscire a entrare in città armati senza dare nell'occhio. L'accesso principale è escluso, i Guardiani della Porta sono insuperabili, così come il passaggio segreto, siamo in troppi perché nessuno se ne accorga. Alla porta secondaria solitamente è posto qualcuno della Guardia Reale, sotto il diretto controllo di tuo fratello...”

“Non dire altro. - Yasu lo bloccò, aveva capito cosa avrebbe dovuto fare. - Cercherò di fare in modo che Genzo lasci la porta incustodita o al più che metta qualcuno dei ragazzi che conosco in modo da poterli distrarre al momento opportuno, ma non ti assicuro nulla.”

Jun la ringraziò con un sorriso e si versò dell'acqua nel bicchiere, bevendo avidamente.

Lady Sorimachi stava per chiedere maggiori dettagli sul piano dei Ribelli, ma Ken la interruppe:

“Arriva qualcuno! Aspettavate visite?”

La donna fece un cenno di diniego.

“A quest'ora solo Genzo potrebbe venire.”

Sentirono bussare alla porta, dei colpi secchi e decisi.

“Chiunque sia, non deve trovarci qui.” Le sussurrò Jun.

“Il vano delle scale, nascondetevi lì! Nemmeno mio fratello sale di sopra senza il mio permesso.”

La Lady aspettò che gli uomini fossero ben nascosti, riprese il suo coltello e si avvicinò all'ingresso.

“Chi è?”

“Sono io, Genzo.”

Riconobbe la voce e spostò il chiavistello per aprire e lasciarlo entrare.

“Come mai la lama in mano?”

“Sai, a quest'ora non si sa mai chi può essere.”

Rispose, facendo poi sparire l'arma in una delle ampie maniche, dove solitamente lo teneva. Era stato proprio il fratello ad insegnarle quel trucco, quando ancora erano ragazzini, così avrebbe potuto avere sempre con sé un'arma per difendersi da sola, data la sua avversione ad essere protetta.

Wakabayashi entrò e, come sua abitudine, ispezionò con un'occhiata tutta la stanza, fino ad arrivare al tavolo, dove notò i tre bicchieri.

Yasu seguì il suo sguardo e si morse un labbro, elaborando il più velocemente possibile una scusa.

“Ho interrotto qualcosa? Avevi ospiti?”

“No. - agitò una mano davanti al viso – Oggi pomeriggio sono passate alcune amiche, poi siamo uscite senza che avessi il tempo di rimettere in ordine. Stavo sistemando adesso.”

“Davvero?”

“Non ti fidi di me?”

Genzo la fissò negli occhi, in quegli occhi identici ai suoi, e stabilì che poteva crederle. Si lasciò cadere su una sedia.

“Sì, scusami. Solo che in questi giorni è un incubo dietro l'altro.”

Si prese la testa tra le mani, scuotendola sconsolato e disperato: in tanti anni mai aveva odiato il suo compito di Capitano come in quel momento.

La sorella si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla.

“Che è successo ancora?”

Wakabayashi deglutì.

“Dopodomani, alle esecuzioni, il Reggente ha ordinato che sia io a occuparmi della ragazzina. - Sollevò il volto. - Yasu, non posso farlo! Ho giurato di essere fedele a Kanda di obbedire ai suoi ordini, ma non l'ho fatto per essere usato come assassino. Lui lo sa, sa che per me è impossibile uccidere una ragazza a sangue freddo, anche se è la sorella del Capo dei Ribelli, per questo ha scelto me, vuole una prova della mia fedeltà. Se rifiuto di farlo mi farà arrestare e giustiziare per tradimento, lo sento. ”

Yasu gli afferrò la testa e la portò vicino al suo petto, per consolarlo, come faceva la loro madre quando erano piccoli e combinavano qualche marachella.

“Shhh. Se ti fidi di me non dovrai farlo. Potrai mantenere fede ai tuoi princìpi senza perdere il tuo onore.”

Genzo sbuffò poco convinto.

“Hai forse il potere di far mutare d'avviso il Reggente?”

“No, però conosce le persone giuste!”

Jun, che aveva origliato la conversazione, decise di uscire allo scoperto: come aveva sempre saputo, Genzo Wakabayashi era un uomo di cui potersi fidare e, ancora una volta, si pentiva che non fosse stato offerto a lui il ruolo di Sovrintendente.

Wakabayashi si voltò di scatto e rimase interdetto. Cadde in ginocchio.

“A... Altezza! Questo è un miracolo della Dea!”

“Più o meno.” Jun ripensò al suo incontro con Yayoi e a tutto quello che questa era riuscita a fare per lui.

“Wakabayashi, abbiamo bisogno del tuo aiuto.”

L'uomo si rialzò, orgoglioso e stupito allo stesso tempo.

“Voi e chi?”

“I Ribelli.”

Ken uscì dal suo nascondiglio e si portò in mezzo alla stanza, in modo da essere ben visibile e poter fronteggiare in Capitano.

“Cosa?! - Esclamò Genzo, estraendo la spada dal fodero – Un Ribelle in casa di mia sorella? È inaudito! Dovrei arrestarvi entrambi!”

Sia Yasu che Jun si misero in mezzo, per evitare che la situazione degenerasse.

“Genzo, non è come sembra!”

“Zitta tu! Stavi tramando alle mie spalle!”

“Wakabayashi, i Ribelli sono miei alleati, anzi, in un certo senso io sono uno di loro. È una storia lunga.”

Alle parole del Principe, il Capitano abbassò la spada, ma rimase ancora diffidente.

“Ci serve il tuo aiuto per rovesciare il regime di Kanda e fare in modo che io possa tornare sul trono.”

“Io ho giurato fedeltà al Reggente, dovrei rimangiarmi la mia parola!”

“Ma il giuramento non è più valido! - intervenne Yasu accalorata – Hai giurato di servire Koshi Kanda in quanto sostituto del Principe, convinto che avesse ricevuto l'incarico direttamente da sua Maestà, ma ora che sua Altezza è tornato, la tua lealtà va a lui prima che a chiunque altro.”

Genzo restò fermo, soppesando la validità del ragionamento della sorella,incredulo che potesse esistere una via d'uscita così semplice da quella situazione.

“Wakabayashi – lo chiamò il Principe – in tutta questa storia il vero traditore è Kanda: lui mi ha avvelenato, lui ha inscenato la mia morte, lui ha portato la miseria nei villaggi. Ora che hai scoperto la verità, continuare a servire lui invece della famiglia reale farà anche di te un traditore.”

Alla fine, mosso da quelle parole, il Capitano rinfoderò la spada.

“Ha senso. Sono ai vostri ordini Altezza.” E nuovamente si inginocchiò.

I tre uomini e la donna si riunirono attorno al tavolo discutendo per parecchio il piano che avrebbe dovuto prendere forma da lì a meno di due giorni ormai.

“Purtroppo la Guardia non potrà fornirvi molto appoggio – rivelò Genzo – il Reggente ha ordinato che quasi tutti i miei uomini siano inviati a Saitama, per prevenire eventuali tentavi degli abitanti della città di interferire. Mi resteranno solo pochi fedeli e le reclute. Più il gruppo speciale, che però è fedele a Kanda.”

Jun replicò:

“Gli uomini devono partire, annullare l'ordine servirà solo a fare insospettire Kanda. Ci arrangremo, i Ribelli sono bene addestrati.”

La discussione proseguì ancora a lungo.

Al momento di andarsene, sulla soglia della casa di Lady Sorimachi, con i cappucci già calati, il Principe fece un'ultima raccomandazione:

“So che sarà difficile, Kanda ama dare spettacolo, ma cercate di fare in modo che in piazza non ci sia troppa gente, onde evitare problemi alla popolazione. Ci sarà una battaglia feroce.”

“Faremo il possibile, Maestà.”

“Se ci saranno cambi di programma chiedete a Matsuyama di poter inviare un messaggio tramite la sua aquila: Furano è molto intelligente e riuscirà a trovarci nella foresta.”

Genzo salutò con un cenno, mentre Ken si trattenne un istante con la Lady.

“Grazie dell'ospitalità.”

“Di nulla. Abbiate cura di voi.”

Un'altra volta i loro sguardi si incrociarono e un'altra volta esitarono. Infine Ken voltò le spalle e raggiunse il compagno.

Insieme si diressero furtivi e silenziosi verso il passaggio segreto.

Quando la Cittadella fu abbastanza lontana alle loro spalle, Jun si rivolse a Wakashimazu:

“Ti consiglio di stare attento: Yasu non ha un carattere facile.”

Ken si fermò di botto, lieto che il buio e il cappuccio nascondessero il suo leggero rossore.

“Cosa?”

“Dai, ho visto come la guardavi.” Ridacchiò.

Fu la volta del Ribelle di mettere a segno il colpo:

“E io ho visto come tu guardi Yayoi. - Riprese a camminare e superò il compagno velocemente – La renderai felice.”

“Mi stai dando la tua benedizione?” Chiese Jun perplesso.

Ken sospirò:

“Evidentemente io non sono il tipo giusto per lei, da quando sei arrivato tu è stato chiaro. Attento però: Principe o non Principe, con o senza trono, se la farai soffrire, ti verrò a cercare.”

Il Principe si passò nervosamente una mano sotto il cappuccio.

“Credo che questi discorsi siano da rimandare: una volta portati in salvo i fratelli di Kojiro e, se la Dea vuole, posto fine a questa storia, se ne potrà discutere. Ora è meglio se acceleriamo, dobbiamo arrivare al limitare della foresta prima che cominci a fare chiaro.”

“Certo faremmo prima se tu non mi avessi costretto ad abbandonare il cavallo una volta giunti presso le mura della Cittadella.”

“Lo avevi rubato! Andava restituito.”

Ken sollevò gli occhi al cielo ed aumentò il suo passo: a volte il Principe era decisamente puntiglioso.

 

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Forse dopo quanto successo nel capitolo precedente vi aspettavate qualcosa con più azione, ma anche qui abbiamo avuto qualche colpo di scena.

Ora sono doverosi un paio di credits:

-Per quanto riguarda il nome di Shimada dato al piccolo di Ryo e Yukari, beh, il personaggio appare nel manga davvero per pochissime vignette e viene sempre chiamato per cognome. Quindiiiiiiiiii *rullo di tamburi* mi sono permessa di scegliere lo stesso nome che aveva scelto Melanto, la prima ad usare questo pg, nella sua bellissima "Barabba! Barabba!". Se non l'avete letta, fatelo!
- Il personaggio di Yasu Wakabayashi, sorella gemella di Genzo, è stato creato da berlinene, che mi ha gentilmente concesso di utilizzarla in questa storia. Spero di averla mantenuta IC rispetto a quanto pensato da lei. Inoltre la ringrazio per la sua calorosa partecipazione nei primi momenti di pianificazione della storia. :)
  
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