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Autore: SSONGMAR    13/04/2016    3 recensioni
(Seconda parte de “L’oceano tra noi”) L’oceano e poi noi, rappresenta il seguito de “L’oceano tra noi”, fan fiction ambientata in una Seoul odierna e che narra la vicenda di un amore scelto dal destino, di due persone distanti che si incontrano in quella che reputeranno la loro isola felice.
Riuscirà l’oceano a non essere più un ostacolo ma un punto d’incontro? E soprattutto, riuscirà l’amore a trionfare ancora?
L’oceano… e poi noi.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Seungho, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La voce alle mie spalle arrivò al mio orecchio quasi ovattata, come se le labbra dalle quali il mio nome fu pronunciato, fossero coperte da qualcosa che ne ostacolava un suono chiaro.
Nonostante ciò sapevo bene a chi appartenesse quella voce, consapevole che l’avrei riconosciuta anche al centro di un chiassoso trambusto; eppure rimasi ancora ferma su me stessa col cuore che bussava forte contro le pareti della mia anima.
Ritrovata una minima facoltà, riuscii a girare appena lo sguardo ed incontrare quello del mio amico, il quale mi parlò senza proferire parola. I suoi occhi vispi e significativi non lasciarono trapelare alcun consiglio, bensì un ordine che avrei dovuto eseguire alla lettera solo ed esclusivamente per il mio bene.
Sentii il suono di uno sportello sbattere con forza ed il rombo di un motore prendere velocità e partire. Alcuni passi raggiunsero quelli uditi un attimo prima «che succede, hyung?» e poi una voce che non aveva bisogno di dar spazio alla fantasia per immaginare di chi fosse.
Non sapevo da cosa dipendesse la mia forzata riluttanza al voltarmi, se dal fatto che quella terra mi rendesse incredibilmente emotiva o perché – in fondo – il mio cuore si aspettava una terza voce, altri passi ed una persona che, probabilmente, non c’era.
In quell’attimo ci fu un silenzio improvviso che non riuscii a comprendere, seguito dal tocco leggero di una mano sulla mia spalla destra che mi fece trasalire «Mar..sei proprio tu?» domandò retorico.
Mandai giù della saliva ed incoraggiai me stessa, sorreggendo il peso del mio corpo sulle gambe che pocanzi erano diventate mollicce dall’emozione. Lentamente mi voltai ed il viso familiare di Byunghee era lì davanti a me, coperto per metà da una mascherina nera. Portava indosso una felpa col cappuccio dello stesso colore e dei pantaloni Adidas, mentre sulle spalle uno zaino con uno stemma della stessa.
Mi ritrovai immediatamente richiusa in una bolla, isolata da qualsiasi rumore o interazione esterna allo spazio a me circostante, ed in quel frangente di tempo, osservai a lungo gli occhi di Byunghee che mi parvero parlare e, seppur felici di vedermi, non raccontavano nulla di buono.
«Daebak! Cosa ci fai qui Smoky Girl?» Mir si avvicinò e mi accolse tra le sue braccia con un sorriso ed una tenera spettinata di capelli. Di rimando sorrisi anch’io, ricambiando quell’abbraccio spontaneo con estremo piacere, avvertendo tutta l’energia positiva che era in grado di trasmettere «è bello rivedervi ragazzi». Finalmente ero riuscita a schiudere le labbra e parlare ed ero riuscita a farlo con un sorriso che si dipinse sul mio volto in modo sincero. A dirla tutta non mi ero mai sentita tanto felice… né tanto triste, al punto da non sapere se ridere o piangere. Byunghee poggiò nuovamente la mano sulla mia spalla ed io lo abbracciai nell’immediato, beandomi del suo calore e del buon profumo del dopobarba che riusciva a trapelare nonostante la sottile copertura alle labbra; la sincerità che traspariva dai loro occhi fu in grado di commuovermi «è davvero una sorpresa inaspettata, come mai gironzolavi da queste parti?». A quella domanda non sapevo cosa rispondere: come potevo spiegare loro che ero tornata lì con la speranza di mantenere una promessa? Quella promessa!
«Ho deciso di completare i miei studi in Corea» mentii «c’è un’agenzia che seguo da molto a cui sono interessata» stavo tergiversando. Jun mi guardò come se avessi appena commesso uno degli errori più grandi della mia vita ed io mi sentii tremendamente colpevole per non essere stata del tutto sincera, abbassando lo sguardo nella speranza di essere capita «quindi resterai qui per sempre?» Mir aveva posto quella domanda in maniera entusiasta e alquanto stupito, alzando appena un sopracciglio in modo molto buffo «esatto» risposi io, sforzandomi di sorridere al futuro che mi aspettava.
In quel momento una strana atmosfera penetrò all’interno della mia bolla. Vidi G.O e Mir guardarsi negli occhi con un velo di preoccupazione e a quel punto fu palese che mi stessero nascondendo qualcosa, dopotutto erano trascorsi due anni. Quel momento bastò a farmi capire che, probabilmente, lì non sarei mai dovuta andare e la riluttanza provata poco prima si ripresentò convincendomi a non andare oltre in quella conversazione e di voltarmi, ancora una volta, per ritornare verso casa.
Seguii il mio istinto ed indietreggiai, ritrovandomi contro la figura di Jun fredda come un pezzo di ghiaccio. Le mani piazzate sui fianchi ed il mento sollevato in una posa ostinata, mi fecero comprendere che se fossi tornata indietro avrei commesso l’ennesimo errore, ponendo un’altra virgola dove avrei decisamente dovuto mettere un punto.

Qualche ora dopo mi ritrovai in uno studio spoglio, seduta davanti ad una tazza traboccante di brodaglia che lasciavano passare come caffè. Le sensazioni provate dentro stavano lottando l’una contro l’altra, nella speranza di trovare un punto d’incontro in cui riappacificarsi.
Il fatto che fossi tornata dove il mio cuore aveva trovato casa e non trovarvi alcuni componenti, fu difficile da accettare, ma in quel momento non mi aspettavo che le vicende mi fossero raccontante e messe assieme come pezzi di puzzle.
Osservai le pareti che ormai sapevo di conoscere bene e all’interno del quale avevo speso alcune delle mie giornate; era così, nonostante non mi sembrasse ancora vero.
Sfiorai lentamente la superficie del tavolo laccato sul quale le luci al neon riflettevano. Il numero cinque aveva dato spazio al tre, e tre erano gli unici quadri affissi alle stesse pareti.
Era difficile spiegare o solo immaginare quanto fosse grande il vuoto che incombeva dentro di me in quel momento. In quelle quattro mura la mia dolenza nei confronti dell’amore fece un passo indietro per lasciare il giusto spazio ad un qualcosa che non ero mai riuscita a spiegarmi, nonostante non cercassi alcuna risposta. Avevo accettato le loro scelte ed avevo imparato a “viverli” separatamente, sebbene in cuor mio speravo in una loro unione futura.
Quell’intimo momento con me stessa fu ben presto interrotto dall’arrivo di Mir e G.O, allontanati l’attimo dopo l’avermi invitata ad entrare. Il tragitto sino allo studio non era stato per niente facile; mille occhi curiosi puntati contro in un contesto in cui avrei voluto incontrare solo ed esclusivamente un unico sguardo pronto a spiegarmi il perché di tanto silenzio ed il perché di una tale stranezza o dimenticanza, di un amore sbocciato e poi lasciato appassire dalle rughe del tempo.
«Ti abbiamo fatto aspettare troppo?» G.O si accomodò alla sedia girevole in plastica verde, seguito da Mir che fece lo stesso «affatto» sorrisi io, ferma esattamente dove mi avevano lasciata (davanti alla brodaglia ormai diventata fredda).
«Ė una fortuna che tu abbia incrociato il nostro cammino» continuò «eravamo passati per sistemare alcune faccende e poi saremmo tornati ognuno alla propria abitazione».
La fortuna, in realtà, era venuta a bussare alla porta della mia vita molti anni prima, quando il mio cammino si era incrociato al loro – solo metaforicamente – in maniera del tutto naturale, senza che io lo volessi.
Per la prima volta ero riuscita a costruire qualcosa, a donare la mia attenzione ed il mio tempo ad un gruppo di persone, dei ragazzi talentuosi, di buon cuore e veri.. E la veridicità dei miei sentimenti mi aveva spinta ad affrontare il primo viaggio, lo stesso che era stato in grado di lasciarmi un’impronta profonda nel cuore e che aveva scavato negli anfratti nascosti della mia anima per tirare fuori la forza ed il coraggio di affrontare un amore che, fino a quel momento, credevo di poter solo sognare. Perché tra tutti, nonostante il mio amore viaggiasse alla stessa velocità, avevo scelto qualcuno i cui occhi avevano incontrato i miei sotto una tempesta di bagliori e di luci colorate, mentre delle voci si propagavano armoniose nell’aria.
Quella volta eravamo circondati da tantissime persone, eppure a noi sembrò di essere gli unici a vivere quell’attimo.
La quotidianità di quelle persone, comunque, era stata palpabile ed incredibilmente vera. Avevo stretto forte tra le mie braccia uno dei beni più inestimabili di sempre ed avevo scorto una verità nascosta agli occhi di molti, oppure fin troppo visibile, che era quella che tutti sapevano sul loro rapporto.
Quindi, oltre all’aver vissuto l’amore, avevo trovato una famiglia ed altri cuori da accudire, consolare e stringere forte contro il mio, cuori che ormai si erano divisi e che in un certo senso avevano perso il temperamento senza, però, mai smettere di battere all’unisono.
Scossi la testa, come per ritornare in me stessa, ed analizzai l’ultima frase proferita da Byunghee: “e poi saremmo tornati ognuno alla propria abitazione”. Non ne compresi il significato o forse mi rifiutavo di farlo.
Alzai lo sguardo interrogativo e li guardai «che fine ha fatto il dormitorio?» azzardai, ignorando che quella potesse essere una domanda a doppio taglio.
Vidi lo sguardo dei due intristirsi ed immediatamente mi sentii amareggiata per aver dato voce ai miei pensieri in un momento come quello, temendo che la situazione potesse divenire tesa a causa mia. G.O, però, sorrise quasi timidamente, rivolgendosi a me con uno sguardo comprensivo e non intimidatorio «Mir vive a casa con i propri genitori, lui è l’unico al momento più attivo tra noi in quanto ospite di diversi reality show. Io ho provato a vivere da solo e ho acquistato un appartamento nelle zone limitrofe all’agenzia, un luogo abbastanza rumoroso di giorno e tranquillo di notte» ammise con fierezza «al termine dei contratti abbiamo pensato fosse opportuno per noi continuare in questo modo» Mir intanto annuiva al suo discorso «continuiamo comunque ad essere quello che siamo. Solo perché non viviamo sotto lo stesso tetto, non vuol dire che non siamo una famiglia». Quella frase fu la più bella sentita nell’arco di quella giornata. Mi sentii felice, rinata, grata di non aver toccato involontariamente un tasto molto dolente «Seungho hyung..» ma la fiammella felice si spense quando Mir lasciò in sospeso la frase. Avvampai e la mia attenzione residua si accese come un faro nel bel mezzo di una tempesta, con lo scopo di richiamare a sé le navi in difficoltà. Seungho cosa? Per quale motivo sembrava come se stessero evitando di nominarlo?
Mi leccai le labbra nervosamente e, come mio solito, cominciai a torturarmi le mani sotto il tavolo, con una curiosità che mi stava divorando guidata da una fame vorace «anche lui vive con i genitori al momento ed è impegnato nel suo primo film».
Sapevo quella cosa, prima di partire avevo spulciato le ultime notizie per aggiornare la pagina che avevo creato in un pomeriggio uggioso. Era sua, per quanto la gestissi io, apparteneva solo ed esclusivamente a lui. «Lo so» risposti infatti, nascondendo una punta di smarrimento che in quel momento non sapevo da cosa dipendesse; sotto quali spoglie in quel momento ero seduta davanti a loro?
Guardandoli mi chiedevo in che modo mi vedessero, cosa rappresentassi io per loro. Inseguii lo sguardo di G.O e cercai nello stesso del conforto, un appoggio solido a cui abbandonarmi com’era capitato in passato e lo trovai proprio lì, dove lo avevo lasciato «credo Seungho non si ricordi più di me».
Non so con quale tono esternai quelle parole o che espressione assunse il mio viso, perché in men che non si dica una risata generale si propagò in quella stanza vuota, risuonando. Mir batté le mani contro il tavolo preso da uno spasmo mentre G.O aveva portato la testa all’indietro col pugno chiuso contro le labbra; un teatrino imbarazzante che mi fece immobilizzare e sbattere le ciglia ripetutamente «come..come può Seungho hyung dimenticarsi di te?» Mir boccheggiava ancora in preda alle risate ed io rimasi sbigottita dalla situazione «io non lo so» confessai confusa «non so più cosa sono o chi sono per lui» ammisi incerta «al mio arrivo ho provato stupidamente a contattarlo ma ho ricevuto un messaggio che mi ha esplicitamente fatto capire che non sapeva chi fossi».
Concluse le risate, i due si guardarono con sguardo d’intesa, lasciandomi ancora fuori da tutto quello in preda allo sgomento. G.O sospirò scuotendo la testa in un mezzo sorriso «in realtà quello che tu hai non è più il suo numero».
Inclinai la testa in un completo disordine mentale «cosa vuol dire?» domandai «qualche anno fa una compagnia telefonica cercava uno sponsor sotto contratto. Seungho è un fanatico di tecnologia, come ben sai, e decise di prestarsi alla compagnia stessa felice di poter sponsorizzare il loro prodotto. Il contratto prevedeva un nuovo gestore telefonico ed un nuovo cellulare» annuii ascoltando «non so bene come funzioni in Italia, ma i contratti telefonici qui sono diversi e lo hai potuto sperimentare noleggiando quello che usi al momento. Il punto è che Seungho durante un viaggio di lavoro ha smarrito il cellulare e con esso ha perso il diritto al contratto con il conseguente numero che in automatico è passato ad un’altra persona. Quindi colui che hai contattato non è Seungho, bensì qualcun altro».
Se non avessi avuto tanta voglia di piangere di sicuro sarei scoppiata a ridere, una fragorosa risata, di quelle difficili o addirittura impossibili da trattenere. Pensai che probabilmente avessi tratto conclusioni affrettate, rassegnata e pronta a convivere con una vita alquanto mesta, decisa a continuare ad amare solo ed esclusivamente lui, nonostante tutto.
Tirai su col naso provando dentro una fierezza per essere riuscita a trattenermi, ma il mio sesto senso non mi dava pace e ancora insisteva nel pigiare con forza un pulsante negativo dentro la mia testa.
Sollevai il capo e li guardai ancora, quasi più leggera per essere riuscita a muovere un passo ed aver superato il primo gradino delle numerose difficoltà a cui, di sicuro, sarei andata incontro.
In quel momento compresi quali fossero le vesti che mi ricoprivano, quale fosse il ruolo che avevo nelle loro vite e che senz’altro era dei più significativi. Mi sentii rasserenata e decisi di vivere quella buona notizia col sorriso e di custodirla come carburante per l’attimo in cui fosse servita. Forse le cose non erano poi così male ed il tempo aveva sul serio alimentato il nostro amore, anziché spegnerlo senza pietà.
Solo una lacrima rotolò sulla mia guancia, ma la scacciai via prima che i ragazzi potessero sbattere ciglia e mi vestii di uno dei miei sorrisi più belli, spronando me stessa a rialzarmi ed essere più forte.
Compresi che per quella giornata non era necessario sapere oltre e che le cose sarebbero venute fuori da sole, come naturale che fosse. Jun mi stava aspettando all’esterno e non potevo permettere che attendesse ancora, dovevo correre da lui e ringraziarlo per essere stato “duro” con me ed avermi convinta ad andare lì.
Mi alzai quindi dalla sedia che fece un giro su se stessa e mi chinai in segno di ringraziamento. Entrambi sorrisero e mi raggiunsero per un abbraccio, abituati ormai ai miei modi di fare.
Ero sollevata nel sapere che avevo ancora una possibilità, nonostante i loro occhi celassero ancora qualcosa di “oscuro”, ma decisi di ignorarlo e vivere la spensieratezza acquisita involontariamente.
All’esterno dello stabile il cielo mi sembrò più azzurro ed il sole di gran lunga più luminoso. Feci un profondo respiro e mi apprestai ad andare ma ancora qualcuno bloccò i miei movimenti. Mi voltai e vidi G.O fermo sull’uscio della porta, lo guardai inarcando le sopracciglia sorpresa «cosa su-» non riuscii a concludere poiché le sue parole si contrapposero alle mie «seguilo a Busan, ne avete bisogno entrambi» e, come quella volta, sparì all’interno di un van nero.



 
Angolo Autrice

So bene che ho pubblicato questo capitolo dopo tantissimo tempo, ma ho deciso per questa storia di non affrettarmi troppo ed analizzare con calma tutte le cose che voglio raccontare.
Prima di ringraziare le persone che mi seguono, tenevo a chiarire alcune cose. La prima è che mi è stato detto che magari dovrei descrivere con più calma gli avvenimenti, in modo da lasciar comprendere al meglio cosa vado a raccontare. Il punto è che io parto dal presupposto che questa storia sia letta da chi ha già letto “L’oceano tra noi” e che quindi automaticamente sappia già di cosa stiamo parlando. Ė un seguito e in quanto tale trovo sia giusto scriverlo in un determinato modo, spero vi piaccia lo stesso.
Ho aggiunto “daebak” tra le espressioni poiché mi sembrava carino ed azzeccato in quel determinato momento poiché sta a rappresentare una vera e propria reazione di stupore.
Terza cosa, che sicuramente avrete notato, è che uso molto spesso prima “Byunghee” e poi “G.O” . Non lo faccio assolutamente per creare confusione, ma mi piace il modo in cui suona e trovo sia scorrevole durante la lettura.
Si tratteranno questi (ma anche la storia in generale), di capitoli per lo più introspettivi rispetto alla precedente, che ha uno stile tutto suo nonostante si tratti appunto di un seguito.
Detto ciò grazie grazie grazie infinite a voi che leggete e spero possiate non nascondervi più (lo so che siete tante) e lasciare un piccolo commentino per farmi sapere cosa ne pensate.
Vi voglio bene 
  
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