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Autore: Martin Eden    16/04/2016    2 recensioni
Seguito de "Lo scrigno del potere" (pensavate di esservi liberati di me? :P)
Sono passati sei lunghi anni da quando Will Turner è ritornato nella sua Port Royal, sei lunghi anni a pensare che cosa farne della sua vita. Niente è andato secondo i suoi piani. Elodie Melody Sparrow è libera per mare, ma non gli è mai capitato di rivederla. Nè lei nè il suo squinternato fratello Jack Sparrow.
Ma se i loro destini si incrociassero di nuovo? E non certo per caso...
Storia scritta con l'aiuto di Fanny Jumping Sparrow, fedele compagna di avventure :)
Genere: Avventura, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jack Sparrow, Nuovo Personaggio, Will Turner
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Pirati dei Caraibi - Avventure per mare'
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CAP.7 – NON AVERE PAURA DI ME

 
 
   Avevano camminato così tanto, per riuscire a mettersi al di là di ogni rischio, che a Will erano venute le vesciche ai piedi. Aveva un male tremendo ovunque, non se li sentiva più. Non era mai successo prima in tutta la sua vita.
   Lontani dal pericolo, si poteva ragionare meglio. Will aveva ancora qualche risparmio in tasca, ciò che aveva prelevato a Port Royal ed era riuscito a portarsi appresso, immaginando che a qualcosa poi sarebbe servito.
   Quando si sentirono abbastanza sicuri, scambiatisi un’occhiata rapida, Will e Jack si infilarono in un’altra locanda. Il ricordo dei recenti avvenimenti era ancora vivissimo dentro di loro, ma erano troppo stanchi per poter pensare di dover anche passare la notte all’addiaccio. In particolare, il piccolo William era senza forze: aveva bisogno di un letto e un cantuccio protetto dove riposare, almeno per qualche ora.
   Era per lui che Will lo faceva. Se fosse stato per Jack, probabilmente avrebbero camminato altrettante leghe, o magari avrebbero scelto un altro posto dove fermarsi. In questo caso, invece, non c’era stato neanche bisogno di mettersi d’accordo.
   Poco prima di entrare, sulla parete, notarono un manifesto. Will fu il primo a cominciare e a terminare di leggere. Sembrava qualcosa di propagandistico, ma di questo poco gli importava. Gli importava, però, della faccia che ci avevano stampato sopra. Un volto noto, nonostante tutto, anche se ancora non si sapeva ancora se in bene o in male.
   Jack si voltò stizzosamente dall’altra parte.
   Gli occhi infuocati di Lord Bellamy lo scrutavano da sopra la carta e gli incutevano un certo prudore alle membra. Mai e poi mai sarebbe entrato in un luogo che portasse all’esterno quelle gloriose vestigia. Ma Will era piuttosto intenzionato ad entrare, e lui non poteva sottrarsi.
- A quanto pare, quel tipo ci insegue anche oltre la frontiera.- borbottò Will Turner, facendo strada – La sua fama è molto vasta, non trovi, Jack?-
   Il tono della frase suonava più come una minaccia che non come una domanda. Il pirata, con il piccolo caricato faticosamente sulla sua schiena, pensò che odiava tutta quell’inutile retorica. Non fece commenti, anzi, si chiuse in un ostinato silenzio, anche quando Will partì a raffica con una ridda di domande che gli parvero alquanto inopportune, vista la loro situazione:
- Che cosa vuole da noi? Tu lo sai, Jack?- attaccò – Lo so che tu lo sai, anche se non lo dai a vedere. Perché non me ne hai messo al corrente? Potrei aiutarvi!-
   Jack non rispose. Aveva altro su cui interrogarsi. Per esempio, si chiedeva quanto avrebbe resistito ancora senza gettare la spugna. Il suo spirito non si era piegato neanche di fronte alla peggiore sfortuna, ma il suo corpo sì, si stava dimostrando sempre più sordo ai comandi. Persino la sua testa, la parte più attenta, pareva non avere più sufficiente audacia per seguire una logica, come si conveniva.
   Will Turner seguitava a blaterare e la cosa infastidiva non poco:
- Ci inseguono tutti! Ci deve essere un motivo!- continuava a ripetere mentre attendevano, pazientemente in fila, il proprio turno – E poi, perché sei tornato? Cosa ti premeva raggiungere? Dove ti premeva andare? Me lo spieghi?!-
   Per fortuna erano arrivati al bancone. Will pretese con decisione una stanza, qualsiasi cosa avessero per lui andava bene. Era disposto a pagarla a peso d’oro. Vedendolo così, graffiato, affannato e sporco, il locandiere provò pietà per lui e per la strana coppia alle sue spalle, ugualmente messi male. Senza porre troppe domande, gli consegnò una chiave e si fece dare meno soldi di quanto valesse veramente, senza profferir parola sullo sconto.
   Il piccolo William, quasi avesse intuito le sue buone intenzioni, gli fece “ciao” con la manina, da sopra la schiena di Jack. Poi, come se avesse fatto il suo dovere, appoggiò la testa alla bandana scolorita di suo zio e si addormentò profondamente nel suo odore.
   Will afferrò le chiavi con una certa impazienza, mentre Jack sorreggeva il bambino e l’unica cosa che desiderava era essere altrove, a mille miglia da lì, con William. Invece era tardi, il piccolo dormiva della grossa e lui non sapeva più se voleva restare o se voleva andare. Due cani lo mordevano da parti opposte del suo animo, e c’era un dolore insistente, che gli pesava da qualche parte nel corpo, aggravato dal peso di William. Per fortuna Turner era appena tornato nel suo ruolo di padre.
      Gli tolse il fardello dalle spalle: Jack se ne sentì sollevato e gli fu grato, nonostante tutto. Era stata una lunga giornata lontano da casa.
   Will, con il piccolo in braccio, prese a salire le scale, diretto alla stanza indicatagli dall’oste. Non vedeva l’ora di stendersi, almeno per qualche ora. Gli tremavano tutti i muscoli, per la corsa e per il peso di William. Avevano percorso molte leghe, tutte rigorosamente a piedi, e ormai era notte fonda. Stava per crollare.
  Era chiaro che era inutile continuare a torturare Jack con assurde domande. Fino all’indomani mattina, dubitava seriamente che il pirata avrebbe avuto voglia di chiacchierare.  
   Per la prima volta nella sua vita, vedeva che anche il compare era stanco. Aveva il volto scavato e gli occhi ormai semichiusi. Si trascinava su per le scale, poco dietro di lui, tenendosi alla balaustra. Un comportamento piuttosto insolito da parte sua, sempre così altezzoso e strafottente. Adesso sembrava quasi dovesse cadere stecchito per terra da un momento all’altro. Forse era colpa dello scontro che avevano superato, ma era stato solo l’ennesimo, giusto?
   Non erano affari suoi. Will voleva solo appoggiarsi da qualche parte e aspettare la mattina dopo: avevano ancora così tanta strada da fare, e così poco tempo per percorrerla.
   Giunsero alla stanza e Will vi si catapultò dentro, prima che qualcuno potesse notarli; o peggio, ricordarsi di loro. Ci sarebbe mancato pure quello!
   Dentro era tutto avvolto in una fosca penombra, e l’odore di muffa era penetrante: sembrava attraversare persino i vestiti. Si intravedevano sagome confuse di mobili, e un letto. Will si fiondò da quella parte, mentre Jack richiudeva piano la porta.
   Will appoggiò il piccolo sulle coperte. Il bambino si sciolse tranquillamente dal suo abbraccio, senza svegliarsi. Will lo sistemò meglio sul cuscino e sotto le lenzuola, poi lo coprì con il pesante panno ai piedi del letto. Quella era una notte piuttosto fresca e non voleva rischiare che si ammalasse.
   Jack, mentre si affaccendava ad accendere qualche candela trovata lì per caso, osservò attentamente quei movimenti: rimase colpito da tutta quella premura. Avrebbe voluto ci fosse anche Élodie ad assistere a quello spettacolo: né lui né lei erano mai stati capaci di compiere quei gesti con tanto zelo e naturalezza. Ma era bellissimo poter vedere Will che lo faceva al posto loro. Avrebbero avuto molto da imparare da lui.
   Scosse la testa. Il suo io più piratesco ne aveva già abbastanza di tutti quei salamelecchi, come lui li definiva di solito. Era ora di levare le tende.
- Bene, credo che ora vi lascerò tranquilli.- annunciò– Non è il caso che mi trovino qui. Vi aspetterò fuori.-
   Aveva parlato piano, ma Will lo aveva udito benissimo. Si tirò su e lo raggiunse:
- Perché non resti anche tu? Ormai la stanza è stata pagata.- lo invitò.
   Dopo quella giornata, si sentiva più sicuro se Jack era loro vicino. Si era battuto come un leone, in loro soccorso. Non aveva cuore di mandarlo via ora, quando avevano bisogno di lui più di qualsiasi altra cosa al mondo.
- No, no...- rifiutò l’altro – Io me ne sto fuori: andrò a dormire sotto a un ponte.-
   Di fronte allo sguardo stranito di Will, rincarò la dose:
- Adoro stare sotto i ponti: lì c’è fresco. Amo tantissimo stare sotto i ponti. Sotto i ponti è meglio.-
   Fece per andarsene, senza neanche aver lasciato al compagno il tempo per ribattere. Will notò una strana sofferenza agli angoli dei suoi occhi, mentre lentamente (troppo lentamente), Jack si spostava verso la porta. Era stato in piedi tutto il tempo, non si era mosso di un millimetro, mentre lui si preoccupava di accomodare William nel letto.
   Will notò qualcosa di strano. Jack si muoveva strascicando un gamba, per dissimulare quanto in verità gli costasse non zoppicare.
- Che cos’hai, Jack?- proruppe, preoccupato.
   Il pirata sentì un brivido che gli correva giù per la schiena:
- Non è niente.- minimizzò – Domani sarà passato.-
   Ma Will era già balzato al suo fianco, in cerca di qualche dettaglio in più; il pirata si scostò subito, tenendosi alla maniglia della porta.
- Fammi vedere.- lo pregò Will.
- William, ti scongiuro, non adesso...- piagnucolò Jack, e Will seppe da chi aveva imparato William ad assumere quel tono - Parliamo di altro. Anzi, non parliamo di nulla. Non metterti a fare il babbo anche con me, adesso. Ce l’ho già un babbo, da qualche parte, anche se non so dove.-
   Will gli si parò davanti. Era palesemente agitato. Aveva scorto una vistosa chiazza di sangue, in controluce, sui pantaloni di Jack, e ora non poteva frenare i pensieri che lo angustiavano:
- Fammi vedere, Jack! Tu sei ferito!- affermò.
   Jack scosse la testa:
- No, mi hanno solo beccato di striscio.-
- Hai una gamba dei pantaloni completamente lorda di sangue! Quanto ne hai perso?!- strepitò l’altro.
- Sicuramente meno di quanto ce ne sia in corpo. E non per questo morirò.-
   Will gli bloccava l’uscita. Il pirata si mosse da una parte, poi dall’altra, ma l’altro sempre si frapponeva tra lui e la porta. Jack cominciava a spazientirsi:
- Lasciami andare.- gli ordinò, perentorio.
   Will non si fece impaurire:
- Jack, tu ci hai protetto valorosamente, oggi. Ti prego, fammi guardare cos’hai.- cercò di convincerlo.
- William, smettila di fare la mamma anche per me. Non sono tuo figlio, io.-
   Will si sentì piccato. Non c’era parola che tenesse contro la testardaggine di Jack; anzi, la gentilezza che lui usava altro non faceva che aizzare la crudeltà di quel pirata contro di lui. Erano passati sei anni, ma non era cambiato di una virgola, notò Will. Bene. A mali estremi, estremi rimedi. Era il momento di togliersi qualche piccola soddisfazione.
   Senza che l’altro potesse neppure lontanamente immaginarselo, Will sferrò un calcio contro la gamba ferita del pirata, anche se non troppo violento. Jack, però, rovinò a terra, come abbattuto da un fendente mortale:
- Che tu sia maledetto...- mugolò.
   Will si precipitò ad aiutarlo. Lo sollevò da terra e lo trascinò finchè non fu con la schiena contro al letto, mentre Jack si teneva la gamba ferita e pensava a qualunque cosa per non dover considerare quel dolore lancinante. Non doveva lamentarsi: non un sussurro o un bisbiglio, figuriamoci un gemito! Lui non era uno smidollato; inoltre, non potevano rischiare di svegliare così maldestramente il bambino, o incuriosire qualche altro ospite.
- William, se potessi ammazzarti, lo farei.- ansimò.
   Ma l’altro non lo ascoltava. Avvicinatosi con una candela accesa, fu lesto a strappare i pantaloni di Jack per rivelare il punto dolente: lì, tra le mani del pirata, la pelle e la carne erano lacerate e sanguinolente, e si intravedeva il foro lasciato da un proiettile.
- Ti hanno sparato...- esalò Will, sempre più in ansia.
- La pallottola è entrata e uscita dall’altra parte, senza fare grandi danni...- spiegò Jack – L’ho sentita, quando è passata. Ma non potevo muovermi da lì, comprendi? Avevo William aggrappato alle mie gambe: se mi fossi spostato, probabilmente avrebbero centrato lui.-
   Will sbarrò gli occhi e lo guardò per un secondo. E lui dov’era in quel momento? Perché non li aveva tolti di impaccio?
   Si sentì un verme. Li aveva lasciati soli nel momento del bisogno.
   Prima che Jack potesse riprendersi abbastanza per ribellarsi, provvide a raccattare tutte le pezze di tela che trovò in giro. Qualcuno aveva lasciato una bacinella piena d’acqua accanto a uno specchio. La prese e intinse le stoffe, mentre tornava da Jack.
- Tu...con questa storia del bambino devi essere impazzito.- mugugnò il pirata.
   Will si inginocchiò e cominciò a lavare delicatamente la ferita. Jack si morse le labbra per non urlare. Cercò di muoversi il meno possibile, anche se bruciava, bruciava come il morso dell’inferno. Ma non si spostò e non si lagnò. Sobbalzò solo un pochino.
   Era la prima volta che un compagno si preoccupava così tanto per lui. Non poteva certo biasimarlo: aveva salvato suo figlio! Ma quello che Will stava facendo, oggettivamente, era una cosa stupenda. Will era sempre stato un po’ così, ma Jack non pensava che avrebbe perso ancora così tanto tempo con lui, la causa di tutti i suoi guai. Specialmente dopo le sorprese che gli aveva riservato e che ancora gli riservava.
   Poteva esserci una sola spiegazione, a tutto ciò:
- Vi siete attaccati, eh?- ghignò il pirata.
   Will, indaffaratissimo, alzò di scatto la testa:
- Di cosa stai parlando?-
   Jack aveva la faccia sofferente e rivoli di sudore che gli correvano sulle tempie, ma sorrideva:
- Tu e William. Siete diventati molto uniti.-
   Will non pensava che fosse così palese:
- Era inevitabile, credo...- cercò di giustificarsi.
   Jack non gli sembrava la persona più appropriata con cui parlare del suo legame, ormai inossidabile, con William.
- Lo so. Prima o poi doveva accadere.- sospirò l’altro.
   Ci fu un attimo di silenzio, rotto solamente da qualche sussulto del ferito quando Will, forse con troppo poco garbo, sfiorò il punto che più faceva male. Il pirata mandò giù un boccone molto amaro, e non solo per la gamba:
– Devo esserne...geloso?- gli chiese, alla fine.
   Will lo fissò con una punta di timore, ma non c’era ostilità negli occhi di Jack. Anzi. Sembrava se la ridesse sotto i baffi, alla faccia sua. Che cosa ci fosse da ridere, in quel frangente, Will non l’avrebbe capito mai.
   Aveva fasciato accuratamente la piaga con le pezze: lavoro finito.
- Io credo che William non voglia sostituirci l’uno con l’altro.- assicurò, pensando di ricucire così un’altra invisibile ferita.
   Jack si mise a ridacchiare:
- Senza ombra di dubbio, non potremmo fare le veci l’uno dell’altro.-
   Senza ombra di dubbio, proprio non ci azzeccavano nulla, loro due. Erano l’accoppiata più indecente, improbabile e assolutamente discutibile di quel mondo. Jack ne era pienamente consapevole, eppure gli piaceva pensare che nessuno meglio di William Turner avrebbe potuto stare al suo fianco in quel momento.
   Osservò le bende, poi sospirò:
- Posso andare, adesso?-
   Will si mise un braccio di Jack intorno alle spalle e lo aiutò prontamente a reggersi in piedi, ma non lo condusse alla porta; al contrario, lo fece sedere sul letto.
- Non andresti lontano, in queste condizioni.- constatò Will - Hai bisogno di stare disteso, almeno per un po’. Resta, per questa notte, ti presto il letto...-
   Jack non credeva alle proprie orecchie. Avrebbe voluto protestare, ma Will lo stava già aiutando a stendere le gambe indolenzite. Il pirata si ritrovò a fissare un soffitto vuoto su cui si arrampicavano disegni di vecchiume. Per un attimo si sentì come in una bara, di nuovo, e si spaventò. Era troppo abituato a dormire circondato dallo scricchiolio del legno, o sotto le stelle del firmamento. Ma in fondo, non gli dispiaceva, ora che la sua gamba aveva preso a pulsare sordamente. Il giaciglio sembrava abbastanza comodo. O forse era lui a essere troppo stanco?
- Da quanto tempo non dormivo in un letto vero...- Jack si fece sognante – Che sensazione magnifica.-
   Ma l’idillio fu rotto quasi subito:
- Jack, ho bisogno che tu risponda a una domanda. Una sola.- Will si sedette sulla sponda del letto, accanto a lui.
- Un’altra? Non bastavano tutte quelle di prima?- indispettito, Jack si girò a fatica – Coraggio, sentiamo.-
   Will deglutì penosamente. Ma doveva chiederglielo, ora più che mai; ora che non poteva più stare zitto. Ora che la polvere si era placata, i nodi venivano al pettine della sua mente inarrestabile, i ricordi gli affollavano la mente e la confusione rimbombava nella sua testa.
- Chi è Bellamy?- riprese fiato - Dimmi solo chi è questo Bellamy.-
   Il pirata restò zitto per un attimo infinito. Will sentì che la saliva si seccava, mentre realizzava che il suo miglior nemico conosceva la risposta, e forse conosceva anche la risposta a tutte le altre domande, e forse già sapeva anche come sarebbe andata a finire quella intricata storia. Poteva solo sperare che condividesse quella consapevolezza con lui, l’ultimo arrivato e purtroppo, uno dei personaggi principali di quell’intricata vicenda. Sperò che senza di lui Jack non avrebbe potuto fare gran cosa; che fosse, pertanto, costretto a dividere con lui il peso di quelle informazioni.
   Jack distolse lo sguardo con una certa fretta. Mentre osservava una fastidiosa macchiolina sul muro opposto della stanza, mormorò, quasi lasciandoselo sfuggire da un precedente pensiero:
- Bellamy è un tipo pericoloso.- disse – Sa perfettamente come siamo e dove siamo. Ci conosce da vicino. Molto da vicino – gli scoccò uno sguardo eloquente, ma Will non disse nulla. Non capiva – Bellamy ci insegue perché vuole qualcosa che noi abbiamo. Qualcosa che William ha. Ma noi non abbiamo nessuna intenzione di consegnarglielo, ovviamente. Ecco, sei contento, adesso?-
   Will non disse niente ma ascoltò con attenzione. Cercava di collegare tutte le parole di Jack con la visione di quel giorno nello studio del governatore Swann, quando Bellamy gli era comparso davanti in tutta la sua macabra maestosità. Cercava negli occhi di Jack la stessa luce cattiva che aveva visto nell’altro, tentando forsennatamente di scovare un collegamento, una somiglianza. Qualcosa. Qualsiasi cosa.
   Quei due erano legati ma non sapeva ancora in che modo. E la cosa lo faceva impazzire.
- E’ tutto così complicato...- si lamentò.
- Concordo!- assentì l’altro, con forza.
   Poi, del tutto incurante dei suoi problemi, si lasciò sfuggire un sospiro:
- Avrei dovuto sparargli anni fa.- borbottò Jack.
   William carpì subito quel particolare e lo archiviò, senza rendersi conto che lì c’era un mondo. Gli sarebbe tornato alla mente solo molto tempo più tardi. Quel proiettile si era già incastonato profondamente, dentro di lui.
   Dopo qualche minuto di assoluto silenzio, ebbe il coraggio di chiedere al pirata un’altra cosa che gli premeva, sperando che a questa rispondesse in modo più chiaro:
- Tu hai mai avuto figli, Jack?-
   Jack si voltò e lo scrutò attentamente. Will non riusciva a comprendere quanta ironia e quanta paura si nascondessero sul viso dell’eterno rivale, ma era sicuro che quasi quasi si stava divertendo. Al tempo stesso però, aveva perso un po’ di quella spavalderia che sempre lo accompagnava.
- Non che io sappia...- rispose il pirata – Ma può darsi.-
   Will si sentì improvvisamente in colpa per averglielo chiesto. Chi era lui per indagare sulla sua vita privata? Chi era lui giudicarlo, per fare paragoni?
- Di certo nessun cognato è venuto a trovarmi tenendo per mano un bambino che doveva essere mio figlio. E’ questo che vuoi realmente sapere no?- eccolo che tornava a ridere.
   Will non riuscì a fargli eco. Jack ritornò immediatamente serio e i suoi denti macchiati di tabacco vennero nascosti da una cortina di indecisione fortissima. Cercò di rimediare:
- William è il mio primo bambino...- era strano sentire come ne parlava.
- E tua sorella Élodie?- chiese Will – Anche lei è stata una bambina no? E’ più giovane di te.-
   Jack alzò un sopracciglio:
- Non ricordo assai di quel tempo. Allora ero un bambino anche io. E poi che mi interessa, lei era una femminuccia. Anche se adesso sembra un uomo.-
   Stavolta scoppiarono a ridere in due:
- A me è sembrata molto più donna di te!- lo prese in giro Will.
- Mica ci vuole tanto!- ribattè Jack.
   un po’ di tensione era finalmente scivolata via con quei ricordi. Will attese solo un lieve secondo in più, il tempo che ci mise l’immagine di Élodie a sfocare nella sua mente. Era molto tempo che non la rivedeva più, e moriva dalla voglia di riconoscerla da capo, come la prima volta. Magari tenendo per mano il loro William.
   Jack stava parlando. L’altro cercò di sentire, ma le parole si erano perdute nella semioscurità; era riuscito solo a intercettare qualcosa che aveva a che fare con “fargliela pagare”.
   Will aveva perso chiaramente il filo, ma Jack se ne infischiò. Si rivoltò dall’altra parte, soffocando un gemito: aveva fatto troppo in fretta, e lo aveva sentito. Maledizione, accidentaccio e fulminati fossero tutti i tiratori scelti di quel mondo.
   Will fece per aiutarlo, ma Jack lo fermò. Questa poi no. Era troppo orgoglioso per accettare di essere momentaneamente indisposto.
   Cercò una posizione più comoda, da solo, finchè ne trovò una che facesse al caso suo. Era infastidito dallo sguardo di Will, a dir poco insistente. Ma l’amico non sembrava essersene accorto. Era a dir poco imbarazzante.
 “E’ veramente impazzito”, pensò Jack.
   Gli sventolò velocemente una mano davanti agli occhi. Will si riprese improvvisamente da quella specie di intontimento: doveva essere il sonno. Era stata una giornatina decisamente intensa:
- Non siamo più due ragazzini, mi sa, William.- ammise.
   Will annuì fiaccamente:
- Siamo invecchiati, Jack.-
   Il pirata si concesse una risatina. Vedere William in quello stato gli suscitava un’incredibile tenerezza, più di quanta si ricordasse di aver provato in tutta la sua vita. Capiva, certo, che la posizione del suo compagno di viaggio non doveva essere per nulla facile. Tutte quelle preoccupazioni, tutta quelle angustie non facevano altro che accelerare ciò che già Madre Natura aveva predisposto per lui. Ma Will resisteva. Jack lo ammirava molto per questo, ma non glielo disse. Sapeva solo che lui, al suo posto, non avrebbe mai potuto fare di meglio.
   Anche il modo in cui Will lo guardava ora trasudava adombramento. Jack si sentì in dovere di risollevarlo:
- Suvvia, mi hanno solo sparato, in fondo.- minimizzò.
   Poi, come se si rammentasse d’un tratto di qualcosa, la sua bocca parlò da sola:
- La differenza, semmai, è che stavolta mi hanno colpito: solo un’altra volta è successo nella vita.- Jack scosse la testa – Dev’essere questo che accade, quando devii la rotta.-
   Will corrugò la fronte. Gli era chiaramente sfuggito un passaggio. Avrebbe voluto sapere di più, ma non osò chiedere. Era rapito dall’espressione che ora Jack aveva sul viso: una viva malinconia che raramente aveva solcato le sue labbra. Il pirata allora realizzò di aver detto qualche parola di troppo; quindi si mosse, chiaramente a disagio. Non voleva essere costretto a scucire più di quello che poteva, ma ormai era sotto gli occhi attenti di Will, e se la tenacia di quegli occhi era paragonabile alla tenacia di un frugoletto di sei anni, Jack seppe di essere spacciato.
   Mai farsi prendere dai sentimenti.
- Io non dovevo nemmeno essere qui.- si decise a raccontare, dopo una lunghissima pausa di riflessione – Dovevo già essermene andato, a dire il vero. A dire il vero, non avrei dovuto neanche tornare a prendervi. Ma...dovevo sapere come stava William. Io...volevo assicurarmi che stesse bene. Non solo che fosse tutto intero.-
   Will capì. Notò l’imbarazzo di Jack, il modo in cui sfuggiva al suo sguardo. Capì, semplicemente, che in quel pirata c’era molto di più di quanto non desse a vedere. Già lo sospettava, ma di sicuro non gli aveva creduto abbastanza, quando era piombato di nuovo nella sua vita, dopo due settimane di silenzio. Lo aveva tacciato di ogni criminosa presa in giro, complice la maledetta reputazione di malandrino di Jack; tuttavia, tutto gli sembrò ben poca cosa in confronto a quell’ultima confessione.
   Gli poggiò una mano sulla spalla:
- Sei un bravo zio, Jack.- lo tranquillizzò - William lo sa bene. Si vede da come ti guarda, da come ti sta sempre intorno. Guardalo.- glielo indicò – Dorme sereno accanto a te.-
   Il piccolo se ne stava rannicchiato sull’altra metà del materasso, ben rimboccato sotto le coperte. Anche per lui era stata una lunga e confusa giornata. Doveva essere stremato.
   Jack accennò a un sorriso.
- L’ ho tenuto con me tutte le notti, così lui si sente al sicuro e io lo tengo sotto controllo.- continuò Will – Ma adesso non ce n’è bisogno.- sorrise anche lui.
   Jack non parve averlo udito. Si chinò sulla testolina bruna di William, allungando una mano per accarezzargli i capelli morbidi, così diversi dai suoi: li toccava come se si trattasse di lunghe stringhe di vetro, fragili e al tempo stesso pericolose. Difatti, erano molto pericolose, perché quella morbidezza era ciò che teneva Jack legato a quella terra, ciò che lo tratteneva dall’inseguire, come da sempre, la sua libertà. Eppure, quando era nato William, quella voglia aveva seguito uno strano percorso; alla fine, si era rintanata in qualche cantuccio della sua mente, pronta a saltar fuori in qualsiasi occasione, ma non più così impellente come quando era giovane. A Jack sembrava di essere sempre stato giovane, ma ora si rendeva conto che non era vero, anzi, il suo passaggio su quella terra aveva già lasciato un solco, orme che ora William inseguiva con ardore. Non era poi così giovane, dopotutto. Ne aveva fatta, di strada!
- Sai che sei tu, la gioia della mia vecchiaia?- il pirata si trascinò vicino al piccolo, fino a sentirne il calore contro il suo braccio. Non era mai stato avvezzo a gesti d’amore, Jack Sparrow, ma in quel mentre gli scappò. Stare accanto a suo nipote aveva su di lui uno strano potere calmante; gli faceva persino dimenticare il luogo dove si trovava, a volte. Una manna dal cielo, proprio, specialmente quando desiderava non esser lì.
   Will si alzò piano ed andò a sedersi su una poltroncina malconcia poco più in là. Non poteva esserci molta riservatezza, in una stanza così piccola, ma gli sembrò doveroso farsi da parte.
   Jack nemmeno si era accorto di lui. Infatti, appena appoggiata la testa sul cuscino e chiusi gli occhi, era caduto in un sonno profondo. Nel silenzio, si poteva persino sentirlo russare lievemente.
   Will ridacchiò. Per fortuna che ogni tanto anche i pirati sono umani, aveva pensato tra sé e sé, poco prima di sprofondare anch’egli nel mondo dei sogni.
 
   Quando riaprì gli occhi, un raggio di sole si intrufolava nella stanza attraverso una fessura nella tapparella. Non aveva idea di che ore fossero, né per quanto tempo avesse dormito. Si sentiva ritemprato, anche se i muscoli ancora risentivano degli sforzi del giorno precedente. Will si stiracchiò.
   Appena fu in grado di mettere a fuoco luci e ombre, guardò il letto. C’era una macchia confusa di coperte arrotolate, nel centro. Si avvicinò, avvertendo un certo dolorino alla schiena.
Non siamo più due ragazzini, mi sa, William.
   La voce di Jack era ancora viva in lui. Ma Jack?
   Sporgendosi sul letto, non riusciva a distinguere la sua figura atletica. Per un attimo ebbe il terrore che non ci fosse nemmeno il piccolo William, che quel furbastro se lo fosse portato via veramente, prima che facesse giorno.
   Ma scoprendo le lenzuola, si rese conto che non c’era pericolo. Il bambino c’era ancora, nella stessa posizione in cui l’aveva lasciato la notte prima. Era raggomitolato su un fianco, a succhiarsi il pollice: dormiva ancora, tranquillo, più di tutti quanti.
   Will tirò un sospiro di sollievo. Fu contento, per una volta, di aver pensato male troppo presto e di essere stato disilluso.
   Rimaneva tuttavia un arcano irrisolto: dov’era Jack?
   Non aveva la più pallida idea di dove potesse essersi cacciato, con una gamba malridotta e senza il becco di un quattrino: aveva giusto controllato, i soldi restanti erano ancora tutti lì.
   Era sorpreso a dir poco.
   Non era un comportamento da Jack Sparrow. E non si riferiva al fatto di filarsela in silenzio, senza che nessuno se ne accorgesse, né di arraffare qualsivoglia oggetti degno di valore mentre percorreva il cammino. Non parlava nemmeno dello scomparire così, dalla sera alla mattina, e non solo per modo di dire.
   Ma Jack aveva qualcosa in mente, lo sentiva.
   Lo aveva sempre saputo, glielo si leggeva sul libro aperto del suo viso. Era l’unica frase intellegibile in un garbuglio di segni senza capo né coda. Will sbuffò.
   Che cosa avrebbe fatto ora, senza di lui?
   Ormai si era riabituato alla sua presenza, e doveva ammetterlo, non gli dispiaceva. Se non altro, gli permetteva di sentirsi un po’ meno spaurito e perso in un territorio che non conosceva, ma visti i loro precedenti, poteva dimostrarsi ostile; Jack Sparrow avrebbe saputo come muoversi, sempre, era la loro armatura contro l’ignoto. Anche se quando aveva deciso di partire non lo aveva considerato, il pirata si stava rivelando un’arma potente, seppur a doppio taglio. Del resto, non poteva lamentarsi di come era fatto: non era mai cambiato!
   Mentre ancora ci pensava, Will udì lo schiocco della porta. La serratura si aprì tranquillamente, lasciando intravedere un altro spiraglio di luce. Scattò in piedi, muovendo la mano già verso il pugnale. Il sentore di pericolo non l’aveva mai abbandonato, neanche durante la notte.
   Ma era solo Jack. Con il solito sorriso sbruffone sul viso, un fagotto ripieno sotto il braccio, si trascinò nella stanza e si richiuse la porta alle spalle:
- Buongiorno!- chiocciò, pregustandosi già, probabilmente tutte le faccette strane di Will.
- Dove sei stato?- gli domandò questi, rilassandosi un attimo.
   Jack si sedette pesantemente sul letto. Il piccolo William brontolò nella penombra, ancora assonnato. Prima che Will potesse pensare di fare qualsiasi cosa, il pirata l’aveva già preceduto; probabilmente, non ricoprendo affatto le azioni che si sarebbe aspettato, anzi.
   Con un debole scappellotto sulla nuca, Jack svegliò il nipote, che balzò a sedere sul letto, un po’ confuso:
- Zio! Ahia!- piagnucolò.
   Will se ne stava impettito a guardare, non sapendo se doveva intromettersi o meno. Fu allora che si rese conto che il fagotto di Jack era stato aperto, e un profumo  di pane fragrante aveva invaso la piccola stanza, risvegliando tutti i loro stomaci affamati.
   Il pirata mise al centro del letto quattro pagnotte ben fornite, qualche dolcetto e un filoncino spezzato in due: forse non stava nel sacco.
- Dove hai preso tutta questa roba?!- chiese Will, non troppo arrabbiato, mentre si avventava già sulla prima forma di pane.
   Il bambino gli si avvicinò e afferrò anch’egli una pagnotta che era quasi grande come il suo viso; vi affondò i dentini malfermi, già dimentico dello scappellotto di suo zio. Aveva così fame che niente avrebbe potuto distrarlo.
   Visti così, l’uno accanto all’altro, a dividersi quell’abbondante colazione, padre e figlio suscitavano non poca tenerezza. Jack rivolse loro un sorriso che però non esternò. Lui non aveva fame. Lui si era già portato avanti con i compiti che si era prefisso quel giorno, pur non lasciandosi alle spalle nulla. Li osservò soddisfatto mentre mangiavano:
- Me l’hanno regalata!- spiegò, non troppo a fondo.
   Will immaginava senza troppi giri di fantasticherie che “regalare” non era un verbo che si adattava bene ai pirati. Ma lasciò correre. Non voleva dare l’impressione di essere troppo bacchettone, e non voleva che suo figlio assistesse a una disquisizione sui vari tipi di truffe e furti di cui sicuramente era capace Jack. Per il piccolo lui avrebbe voluto un altro mondo, un altro modo di muoversi, un’educazione il più possibile legale, se ne fosse stato capace. Anche se con Jack al fianco sarebbe stato molto, molto difficile redimerlo.
- Dobbiamo andare in un posto!- annunciò d’un tratto il pirata.
   A Will si rizzarono i peli sulla schiena:
- Dove?- quasi si soffocò con l’ultimo pezzo di pane.
- Te lo dirò poi, compare!- sempre più stranamente allegro, il pirata si tirò su in piedi – Su, spicciatevi! Dobbiamo andare!-
   Solo allora Will si accorse che Jack non aveva trangugiato niente, neanche una briciola:
- Tu...hai mangiato?- gli chiese gentilmente.
- Ohibò!- il pirata gli strizzò l’occhiolino – Ho fatto molto di meglio!-
 
   So dov’è Jack. Andiamo a prenderlo.
   Il suo nuovo viaggio era cominciato con quella frase. Erano ormeggiati in una cala poco conosciuta, non lontano da Port Royal. Si dice: per nascondersi dal nemico è meglio nascondersi in casa sua. Avevano dovuto ammainare le vele, sostituirle con una stoffa meno appariscente, smontare la sirena di madreperla dalla prua della nave e riporla, doverosamente coperta, nella stiva. Ora dimostravano essere un veliero come tanti altri. Nonostante questo, si viveva con il malanimo di essere prima o poi avvistati, pronti a mollare gli ormeggi in fretta, e comunque non avevano intenzione di stare lì più di qualche giorno.
   In fondo lei aveva solo seguito il suo fiuto, e quello l’aveva condotta lì. Sapeva che Jack doveva essere da quelle parti. Non poteva essere andato da nessun’altra parte.
   Aveva semplicemente atteso. Un giorno solo era bastato prima che un suo marinaio venisse a riferirle dei disordini accaduti alla frontiera. Pur non potendo fare nomi e cognomi, Élodie sapeva di che cosa si trattava. E sapeva anche dove poter andare a parare.
   (so dov’è jack. andiamo a prenderlo)
   Si erano spostati di poche miglia, nascondendosi in una grotta che era visibile solo con la bassa marea. La nave vi passava con fatica. Troppo difficile da presidiare e da controllare, ma facilmente raggiungibile se si rispettava gli orari di cala e di piena. Poi aveva mandato i suoi uomini in città. Aveva usato un ragazzo del luogo, catturato lungo le strade della cittadella poco lontana e condotto fino alla nave in modo non proprio ortodosso; gli aveva spiegato che cosa doveva fare in cambio della sua libertà. Così il ragazzo aveva eseguito i suoi ordini.
   Non c’era voluto molto per stanare Jack. Era bastato chiedere alle persone giuste; del resto il paese era talmente piccolo, che un infiltrato ai suoi comandi e una descrizione dettagliata erano state più che sufficienti per ottenere ciò che desiderava.
   Ora Jack era davanti a lei:
- Che cosa hai fatto?!- tuonò Élodie, con visibile alterazione – Sei proprio un imbecille!-
- Vorresti gentilmente illustrarmi le alternative che non ho preso già in considerazione?- Jack, con assoluta tranquillità, si schermì dietro una lima per unghie e tanta buona lena a pulire le sue zozze dita.
   La sorella prese a passeggiare nervosamente su e giù per la stanza. Il pensiero di aver saputo (solo ora!) dei suoi due William in pericolo era bastato a farle perdere per un attimo la testa. Già la situazione era difficile, e Jack di certo non l’aveva aiutata!
- Ti avevo detto di aspettare!- ruggì come un leone in gabbia – Avremmo dovuto parlarne! Ma no, tu fai sempre di testa tua! E così ho dovuto seguirti!-
- Scusami se non ti ho reso partecipe dei miei piani, sorellina...- ironizzò Jack, con aria serafica – Probabilmente, se li avessi avuti in mente prima di posare lo stivale in terraferma, non ci sarebbe stato niente in grado di trattenerti dallo scoprirli.-
- Quindi, tu vuoi dirmi che hai agito di istinto?- Élodie era quasi paonazza. Come aveva potuto rischiare così tanto, quello sciagurato?! Davvero stentava a crederci.
- Sono sceso a terra perché dopo due settimane senza William, mi stavo semplicemente chiedendo come andava laggiù.- soffiò sulle dita pulite, e continuò – E visto che eravamo appena tornati dal viaggio di rifornimenti...ne ho approfittato.-
- Ma io non ti ho trovato a Port Royal, ti ho trovato qui, Jack!- sbottò lei, battendo una mano sul tavolo – Perché?!-
   Jack non si scompose:
- Le cose sono cambiate in itinere.- era riluttante a mostrare quanto scompiglio aveva combinato, ma intuiva che ne valeva la sua pellaccia – Ho incrociato William Turner sulla mia strada: era dal governatore. Così l’ho fermato.- spiegò, con lentezza – Mi ha detto che ha incontrato Lord Bellamy.-
   A Élodie corse un brivido giù per la schiena. Quel nome rievocava brutti ricordi. Ebbe un tremito involontario nelle labbra, mentre la voce si schiariva di un tono e abbandonava quella nota di aggressività:
- Bellamy è già qui?- sussurrò.
- Evidentemente.- affermò l’altro, con un certo fastidio.
   Élodie inveì:
- E’ troppo veloce.- considerò - Si sono parlati?-
- Credo di no.- la rassicurò Jack – Per fortuna.-
- E William?- chiese lei, ora al culmine dell’ansia.
- Non era lì.- Jack cambiò gamba di appoggio. Ma con una smorfia tornò subito su quella di prima – Ma ho pensato che era meglio levare le tende; così ho deciso di prendere padre e figlio e mi sono allontanato. Del resto, anche William Turner era già di quell’avviso.-
   Élodie si umettò le labbra ormai secchissime. Tutta la saliva si era rintanata da un’altra parte del suo corpo, dove lei non la poteva utilizzare. Faceva troppo caldo, lì dentro. Credette di sentirsi male.
   Fissò un punto indistinto a terra, cercando di mettere a fuoco. Non aveva il coraggio di svenire di fronte a Jack. Si passò una mano sulla fronte sudata. Il peggio era passato, avanti. Erano tutti vivi e vegeti e sufficientemente fuori dalla portata di quel drago marino di Bellamy. Anche se non sapeva per quanto.
   Mentre vagava con sguardo vitreo, notò le bende che si intravedevano tra gli squarci della stoffa del pantalone di Jack:
- Che cosa ti è successo alla gamba?-
   Il pirata trasalì:  
- Niente.- mentì.
   Élodie storse il naso:
- Sei ferito?- insistette.
   Jack scosse la testa:
- Assolutamente no.- rispose, secco come uno sparo.
  Élodie sospirò. Quel segnale le parve fin troppo chiaro nella bruma che ora ottenebrava la sua mente. Purtroppo, per il momento le domande dovevano bastare. Inoltre, c’era bisogno di affrontare questioni più pratiche:
- Devi tornare là. Da loro.- gli ordinò – Subito. Non possono farcela da soli.-
   Era così dannatamente preoccupata che il cuore pareva balzarle fuori dal petto forsennato a ogni colpo.
   Jack alzò la testa:
- Vuoi che li porti qui?-
   Élodie ricominciò a passeggiare e ad agitarsi:
- No!- esclamò - Sarebbe rischioso portarli subito qui alla nave. Verrò io da voi, per accompagnarvi in un posto più sicuro per tutti.-
   Dopodichè, gli spiegò come, dove e quando. Aveva programmato ogni cosa, fin nei minimi dettagli. Jack se ne riguardò parecchio; odiava essere considerato solo una pedina nei piani altrui, a discapito dei propri. Ma, evidentemente, sua sorella aveva avuto molto tempo a disposizione per pensare a come meglio utilizzarlo. La cosa non gli piacque per nulla.
   Puzzava di imbroglio.
- Ho bisogno di organizzarmi, Bellamy è sulle nostre tracce. Posso rischiare qualunque cosa tu voglia, Jack, ma non la vita di mio figlio. Questo no.- concluse Élodie, mentre lui ancora cercava un modo per intromettersi nella questione.
   Lei glielo servì su un piatto d’argento:
- E poi tu devi fare una cosa per me.- gli ricordò.
   Il pirata la guardò e scorse nei suoi occhi una vecchia fiamma, che nonostante i recenti avvenimenti non si era spenta: una sana avidità che li accomunava, nel bene e nel male.
- Tu sai perché siamo tornati da queste parti, no?- continuò la donna.
   Per un momento, quasi sorrise.
- Come potrei dimenticarlo...- Jack sogghignò.
   Finalmente, Élodie smise di essere così nervosa. Era approdata in un porto quasi certamente sicuro; si appoggiò alla parete di legno fresco, assaporandone ogni ruga e ogni sua vicissitudine. Ora si trovava di nuovo nel suo mondo, dove il calcolo, la cupidigia e l’audacia la facevano da padrone e le tenevano compagnia.
- Abbiamo un compratore.- esordì sicura - Devi incontrarlo e vedere che tipo è. Quanti soldi possiamo scucirgli. Dovrebbe essere un ricco mercante di spezie che viene dall’India. Ha viaggiato molto e ha buon fiuto negli affari; nell’ultima missiva ha detto che sarebbe stato qui in questi giorni. L’abbiamo tallonato fino all’ultimo miglio, giusto per osservare le sue mosse. Ma non ho potuto ancora incontrarlo: a quanto pare, è in buoni rapporti con la gente perbene di Port Royal. Penso che ormai sia arrivato alla terraferma.-
   Jack sorrise ripensando a certi bagliori azzurrini, che, se venduti, gli avrebbero fruttato una fortuna in soldi sonanti:
- A proposito, si può sapere dov’è?- chiese.
   Élodie lo fissò con una certa sorpresa:
- Il diamante?- rilanciò.
- E cosa sennò?- Jack cominciava a spazientirsi. La sensazione di avvilupparsi sempre più in quell’intricata ragnatela gli stava facendo venire la scabbia su tutto il corpo. Non poteva sopportare sua sorella quando si cacciava in quel tipo di giochi. La posta era alta, senza contare tutte le probabilissime conseguenze e le loro altrettanto probabili ricadute, specie su un viso innocente che sempre gli stava appresso.
   Se fosse successo qualcosa, qualcosa di brutto, Jack sentiva che non avrebbe più avuto il coraggio di vivere.
   Nonostante il respiro si fosse fatto leggermente più affannoso, scacciò quei pensieri.
   Élodie non pareva essersene nemmeno accorta:
 - E’ al sicuro.- rispose alla sua domanda in modo evasivo, come faceva sempre quando si toccava l’argomento - E’ in un posto che nessuno potrà mai indovinare, né raggiungere se lo indovinassero. Non lo potranno prendere finchè non lo pagano fino all’ultimo centesimo.-
   Jack la squadrò. Non era convinto al cento per cento di quello che Élodie stava dicendo. Anzi, dopo tutto quel tempo, era ormai sicuro che aveva fatto un grande errore a lasciare la questione in mano a sua sorella. Aveva fatto in tempo a tenere in mano il diamante solo una volta, e di certo non gli era bastato. Chiaramente, era molto meglio tenerlo lontano dalle grinfie di chiunque, comprese le sue: non ci si poteva mai fidare abbastanza dei marinai e qualsiasi viaggio sarebbe stato  troppo lungo per un simile tesoro, a meno che non fosse stato opportunamente occultato. Tuttavia, gli pareva che tenerglielo nascosto così ostinatamente fosse una precauzione oltremodo eccessiva. Tant’è, che stava già accampando per aria nuove ipotesi. Élodie, del resto, non era molto loquace a tal proposito.
   Pur sentendo suonare un delicato campanellino di allarme, Jack decise che non era quello il momento di entrare ulteriormente in lizza con sua sorella. Erano ancora soci, e la sua dose di indipendenza, per quei due giorni, l’aveva già esaurita.
- D’accordo, allora vado.- annunciò, infilando la porta il più rapidamente possibile.
   L’aria si era fatta soffocante, lì dentro.
   Élodie trasse un respiro profondo quando sentì chiudersi la porta. Alla fine era riuscita a tenerlo occupato ancora per un po’; almeno finchè non si fosse sentita sicura.
   Poi sarebbe passata alla seconda parte del piano. Si sentiva già meglio.
   Così se n’era andato, di nuovo. Ma, lo sapeva, non per molto.
 
- No, zio Jack, questo non lo devi fare.- lo fermò il piccino – Non si prendono le cose dalle bancarelle.-
   Jack tirò su un sopracciglio:
- E perché non dovrei, piccolo?-
- Perché baba ha detto che non si fa...- chiarì il bambino
(come sarebbe a dire perché lo dice baba?!)
Questa è una regola, zio Jack!-
(una REGOLA??! e che è una regola)
   Il pirata alzò gli occhi su Will, rimasto qualche passo più indietro. Non aveva sentito nulla, e ora li osservava in reverenziale attesa. Quel suo non voler intromettersi doveva provenire dai suoi più intricati complessi di inferiorità nei confronti del prossimo, non c’era alcun dubbio.
   Jack Sparrow scosse la testa. Davvero, non aveva il coraggio di immaginare nemmeno lontanamente quali cromosomi Will avesse passato al figlio: con un genitore così, William dove avrebbe potuto arrivare?
   Se c’era una cosa che non aveva previsto, era che la parentela tra il bimbo e suo padre si sarebbe evidenziata così potente e così presto, più presto di quanto immaginasse. Mise giù quella succosa pera a malincuore. Non era il caso di mettersi contro le forze della natura in modo tanto spavaldo. Non si poteva mai sapere quale Dio avrebbe potuto punirlo per una distrazione.
   Inoltre, non era il caso di far arrabbiare William, già con le sopracciglia aggrottate. Jack gli rivolse un sorrisino di incoraggiamento. “Su, coraggio, non mi fare la predica, ora”. Anche se con poca convinzione, accarezzò leggermente la frutta.
   Il bambino finalmente si rilassò e prese a camminare. Aveva perso il suo broncio da mulo impuntato, finalmente. Jack si sentì meglio, mentre lo vedeva procedere verso il padre, che già teneva in mano un sacchetto pieno di mele.
   Quello si voltò per chiamarlo:
- Andiamo!- gli fece cenno Will.
   Il pirata si diede una mossa. Non prima di aver lanciato, però, una maliziosa occhiata alla fatale pera, che luccicava nel sole.
   Poco dopo, avanzava ancora più spedito tra la gente, nascosto sotto pesanti cenci, finchè li ebbe raggiunti. Girò abilmente attorno al piccolo William, che teneva per mano suo padre e sembrava preso da tutto ciò che gli vorticava intorno, in un tripudio di colori.
   Will notò che Jack trotterellava piuttosto cavallerescamente per essere ferito. Poi notò che aveva solo un braccio e una mano libere, perché l’altra la teneva in un tascone: come se avesse paura che qualcuno potesse rubargli il tozzo di pane che probabilmente nascondeva lì dentro.
- Che cosa hai preso?- gli chiese, a bruciapelo.
   Il pirata lo guardò, seppellendo l’espressione colpevole appena in tempo dietro le rughe di un sorriso:
- Io? Nulla!- rispose, mostrando la mano vuota.
   Era un trucco troppo infantile perché Will non potesse accorgersene. Ebbe come l’impressione che il pirata lo sapesse, e avesse lasciato che accadesse. Dal basso della sua inesperienza, William non si era accorto di nulla, anzi, rideva in risposta al loro gioco. Forse era un gioco. Forse non c’era veramente nulla in quella tasca, era solo un’illusione ben studiata, tipica di Jack.
   Benchè questa spiegazione non lo convincesse appieno, Will lasciò cadere la questione. Non era importante, in quel momento, riprendere a giocare a guardie e ladri. Lui non era nessuno per rimproverare a Jack Sparrow un piccolo “prestito”, se così lo si voleva chiamare, non dopo tutto quello che aveva fatto per loro il giorno prima. Non poteva farlo mentre lo guardava zoppicare vistosamente, in perfetta linea con il suo ruolo di mendicante malato di scorbuto, o di lebbra, o di chissà quale altra malattia. Will sapeva che quel gioco, stavolta, era costato molto caro.
   Jack si voltò e continuò a camminare, piuttosto spedito. Will dovette accelerare il passo per stargli dietro e accodarsi. Furono fuori dalla città più in fretta di quanto avesse calcolato. Forse aveva sottovalutato la copiosità delle inesauribili forze di Jack Sparrow.
   Il piccolo William sgambettava accanto a lui. Lo zio non lo guardava: sembrava stesse inseguendo un puntino lontano, davanti a lui. Non era più con loro, ormai.
   William lo prese per mano. Allungò le dita e gli sfiorò un palmo. Zio Jack si riebbe, in tempo per sentire la piccola mano di William che si infilava nella sua. Era calda come quel vento che ora frustava i loro vestiti, calda come la gioia di essersi ritrovati; il pirata ebbe un sussulto.
   Era la sensazione più bella che avesse mai provato.
   Sbirciò il piccolo di sottecchi. Il nipote lo scrutava, con quell’ammirazione sincera di cui solo i bambini sono capaci: l’unica ammirazione che meritasse fiducia. L’unica cosa di cui poteva essere sicuro era che l’avrebbe protetto sempre. Sempre. Da tutto e da tutti. Lui era il suo eroe, quello che lo veniva a salvare.
   Jack sentì una punta di commozione che veniva a bussare nel suo animo burbero. Quando William era venuto al mondo, la sua vita era completamente cambiata: era stato come un ciclone in pieno oceano. Dopo che il forte vento ti ha sbattuto di qua e di là, ti ritrovi a cercare un equilibrio tutto nuovo, e magari riesci anche a trovarlo, ma di sicuro rammenterai per sempre quel momento in cui si è squarciato il cielo. Niente potrà cancellarlo, ci sarà sempre qualcosa che non puoi riaggiustare.
   Ecco, Jack non aveva potuto riaggiustare il suo cuore.
   Quello ormai apparteneva a William e ci poteva fare quello che voleva. Lui, il pirata, il capitano, il terrore dei mari, poteva solo fare lo zio.
   Quando Will fu abbastanza vicino a loro, tanto da poter indovinare una smorfietta sorridente sotto i baffi di Jack Sparrow, il piccolo sembrò finalmente accorgersi anche di lui. Will sorrise. C’era. Era con loro in ogni caso, anche se era l’ultimo arrivato nella famiglia degli Sparrow, anche se ora il piccolo aveva lasciato la sua mano. Non importava. Se il destino aveva voluto che si ricongiungessero, doveva esserci un motivo: e il motivo lo leggeva negli occhi di William.
   Il piccolo allungò le dita anche verso di lui, senza per questo lasciare quelle di Jack. Ne afferrò strettamente una di Will, tirandolo di più verso la sua parte. A Will parve di sognare. E anche a Jack, in un certo qual modo. Era chiaro che nessuno dei due si aspettasse di trovarsi in simile confidenza.
   Ma non avevano nulla da temere. Jack e Will si guardarono, e quasi venne loro da ridere.
   Il piccolo William cominciò a dondolarsi, tenendosi alle loro mani. Nonostante la paura e la marcia sfiancante a cui era stato costretto, non aveva perso la sua sterminata voglia di giocare. Del resto, anche quella fuga per lui era solo un capitolo in più nel gioco della sua vita. Rideva. Rideva perché si divertiva tanto.
   Will e Jack non ebbero bisogno di scambiarsi nemmeno una parola. Sollevarono simultaneamente le braccia e William, facendolo sgambettare nell’aria, avanti e indietro. Poi lo rimisero giù, e lo tirarono su, di nuovo: al piccolo sembrava di poter volare e rideva ancora di più.
   Nel tramonto, non c’era regalo più grande che loro potessero fargli.
  
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