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Autore: Barbara Baumgarten    16/04/2016    2 recensioni
Secondo capitolo della saga vampiresca rivisitato con gli occhi di Edward. Rispetto a Twilight è stato ed è decisamente più difficile scriverlo perché per gran parte del libro originale Edward non compare.
Ho cercato di creare una trama che descrivesse gli spostamenti di Edward dopo l'addio a Bella, pendendomi qualche libertà e inserendo nuovi personaggi. Spero che il risultato sia piacevole e coerente.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
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Volterra era avvolta dalle tenebre. Edward aveva atteso che il sole calasse del tutto prima di avvicinarsi alla grande piazza che si apriva davanti al palazzo dei Volturi. Camminava lentamente sui sanpietrini, senza emettere alcun rumore, e guardava dritto davanti a sé. I suoi occhi erano ormai neri come la notte che regnava nel suo animo e le labbra erano pallide. Troppo tempo era trascorso dall’ultima volta che si era nutrito, ma poco importava visto il motivo per cui si trovava in Italia. Voleva morire e non avrebbe opposto resistenza. Sperava solo di poter convincere Aro.

La piazza circolare era pressoché deserta, le luci artificiali ne disegnavano i contorni. La grande fontana troneggiava solitaria e lo zampillare dell’acqua aveva un ché di malinconico, mentre dalle finestre, che si affacciavano sulla piazza, pendevano drappi rossi. L’indomani si sarebbe tenuta una manifestazione, un corteo per festeggiare San Marco, il patrono della città, ma a Edward non interessava. Non avrebbe visto il corteo o lo avrebbe usato per essere ucciso: in entrambi i casi sarebbe morto e poco importava se lo avrebbe fatto fra gente in tunica rossa. Si fermò a guardare la fontana, a seguirne le linee. Nell’acqua vide riflesso il volto di Bella che lo accusava: i suoi occhi erano carichi di rancore e gli gridavano tutta la rabbia di cui erano capaci.

“Perdonami, se puoi”, sussurrò a fil di voce. Non si sarebbe mai perdonato di ciò che aveva fatto, di ciò che aveva causato all’amore della sua vita, e solo la morte avrebbe potuto mettere la parola fine a tutto quanto. Sollevò gli occhi cercando il Vicolo Mazzoni dove Aro, Caius e Marcus avevano la loro dimora e s’incamminò.

Il grande portone era aperto e venne accolto da una luce fioca. Alcuni suoni provenivano da qualche parte e lui poteva avvertirne l’eco. Seguì l’odore di sangue, così forte da fargli stringere la mascella e dopo alcuni metri imboccò un ascensore. Edward sapeva dove trovare i padroni di casa, lo aveva sempre saputo da quando Carlisle gli aveva raccontato della sua permanenza in Italia, perciò si mosse con sicurezza. Quando le porte dell’ascensore si aprirono, Edward si trovò davanti ad un lungo corridoio. Mettendo un piede davanti all’altro camminava con la schiena dritta e lo sguardo fiero, consapevole di ciò a cui stava per andare incontro. Credeva che Aro avesse già avvertito la sua presenza e che lo stesse aspettando nella sala grande, dove tre troni lo attendevano incombenti. Appena fu abbastanza vicino alla porta a doppio battente, questa si aprì lasciando Edward libero di proseguire la sua marcia al cospetto dei Volturi.

 

Erano tutti lì e lo fissavano compiaciuti. I primi con i quali Edward incrociò lo sguardo furono alcuni vampiri dei quali ignorava il nome, probabilmente burattini al servizio di Aro, seguiti da due occhi famigliari: Jane. Era stata trasformata quando ancora era una ragazzina, forse dodici o tredici anni, ma il suo dono l’aveva resa una risorsa fondamentale per Aro. Lei era capace di provocare dolore senza alcun contatto fisico. Per certi versi, aveva molto in comune con Kate anche se la cugina di Denali non l’aveva mai usato con il sadico piacere di fare del male. Accanto a Jane c’era l’inseparabile fratello Alec. Entrambi erano stati trasformati da Aro, estasiato dalle loro potenzialità come vampiri: se Jane provocava dolore, Alec era capace di privare chiunque dei propri sensi. Insieme erano l’armata più temibile al soldo dei Volturi.

Edward cercò di ignorare gli sguardi carichi di malvagità dei due fratelli e tirò dritto, verso il centro della stanza, dove Aro, Caius e Marcus lo attendevano. Erano in piedi e lo osservavano con curiosità.

Quando fu a pochi metri da loro, Edward si fermò e fece un breve inchino, provocando una risata compiaciuta ad Aro.

“Mio caro Edward Cullen!”, disse il vampiro, scandendo ogni singola parola, accarezzandola come fosse fatta di velluto. “Per noi è un piacere averti come ospite nella nostra umile dimora”. Aro aprì le braccia in segno di benvenuto.

“Dicci, dunque, cosa ti porta così lontano da casa? Non sarà accaduto qualcosa al nostro amato Carlisle?”. Edward sapeva che Aro e il suo patrigno avevano un legame stretto e la preoccupazione dell’italiano era sincera.

“No, Aro, non è accaduto nulla né a Carlisle né alla mia famiglia”, cercò di tranquillizzarlo Edward. “Sono qui per chiedervi un favore”. Una risata squarciò il silenzio, simile ad uno squittio maligno.

“Un favore?”, s’intromise Caius. “E di qual natura?”, continuò sospettoso.

“Sono venuto a chiedervi di porre fine alla mia vita”. Silenzio. Tutti i vampiri nella stanza lo guardavano come se avesse appena pronunciato qualcosa di assolutamente incomprensibile. Chiunque non fosse stato nella sua situazione avrebbe di certo trovato stramba una simile richiesta e Aro si chiese proprio se il giovane Cullen non fosse uscito di senno.

“Morire?”, domandò stupito. “Tu sei venuto qui per chiedere di morire?”. Ogni volta che Aro pronunciava la parola morire, Edward aveva un lieve sussulto. Raccolse tutta la sua determinazione e annuì.

“Sì”

“Mio caro… mio giovane Edward! Perché? Perché vuoi porre fine alla tua vita?”

Edward sapeva che avrebbe dovuto raccontare tutto ad Aro, perché era un vampiro curioso che amava sapere e conoscere ogni sfumatura della natura umana e vampira. Ma lui non aveva le parole per parlarne, né la forza.

“Lascia che ti mostri”, disse rassegnato. Aro alzò le sue sottili sopracciglia, divertito dall’invito e, senza farselo ripetere due volte, con uno scatto elegante fu al fianco di Edward. Delicatamente gli prese la mano e osservò i suoi pensieri. I suoi occhi brillavano e un sorriso apparve sul suo volto. Quando ebbe terminato si voltò verso Caius e Marcus.

“Edward è innamorato!”, annunciò in pompa magna. Tutti risero divertiti. “E la fanciulla si è uccisa”, terminò. Le risate si spensero, forse tutti in quella stanza si ricordavano cosa significasse amare.

Aro tornò a guardare Edward e nel suo sguardo comparvero comprensione e affetto.

“Oh, quale disgrazia! Capisco come tu ti possa sentire”. In quel momento, Edward avvertì una leggerezza dentro di sé: Aro avrebbe acconsentito alla sua richiesta.

“Tuttavia”, si affrettò a chiarire l’italiano, “Non credo sia la tua morte la soluzione migliore. Perché non ti unisci a noi? Potresti trovare una famiglia qui, potresti perfino ritrovare la felicità perduta”. Quella leggerezza che Edward aveva avvertito, lasciò il posto alla rassegnazione.

“Ho già una famiglia che mi ama, Aro. Quello che cerco… quello che voglio è la morte”. Fu perentorio nel formulare quella richiesta e per un attimo vide l’espressione contrita di Aro.

“No, non lo faremo”, disse il capo dei Volturi tornando a sedersi sul proprio trono. Edward sentì la rabbia montargli dentro. Perché? Perché non era libero di scegliere di morire?

“Non costringermi a costringervi”, sibilò Edward. Quella minaccia era già di per sé un motivo per ucciderlo e Jane non perse l’occasione provocandogli un dolore estremo. Il ragazzo cominciò a contorcersi come un verme attaccato all’amo, felice che quella vampira avesse voluto accontentarlo. Ma il dolore cessò, con la stessa velocità con cui era arrivato.

 “Ho detto di no, Edward. E tu non farai nulla di stupido”. Non c’era via di scampo. Aro non avrebbe mai perso l’occasione di avere Edward fra le sue fila.

Con le ultime forze rimaste, Edward lo pregò.

“Ti… scongiuro, Aro. Io non posso continuare a vivere con questa colpa”, la voce usciva a stento, rotta dal dolore e dalla disperazione. “Ti prego”, disse infine mettendosi in ginocchio.

“Che cosa umiliante e ridicola”, sentenziò Alec, facendo ridere la sorella. “Piegarsi come un lurido verme implorando la morte?”

“Alec, uccidimi. Non lasciare che una visione così orripilante come la mia supplica occupi il tuo sguardo ancora a lungo”. Edward sapeva che Alec e Jane l’avrebbero accontentato seduta stante e sperava di poter contare sulla loro sete di sangue. Ma Aro alzò una mano, bloccandoli.

“Perché non ottemperare a questa richiesta, fratello?”, domandò Caius, seriamente incapace di darsi una risposta. Aro non voleva e non poteva rispondere a quella domanda, la cui risposta era conosciuta solo a Edward.

“Perché mi vuole con voi, vuole il mio dono e… Alice”. Con un gesto rapido della mano, Aro diede a Jane il via per torturare Edward. Probabilmente aveva scavato troppo nella sua mente e non desiderava che parlasse. Edward sentiva il dolore lacerargli le membra, rendendolo incapace di muoversi. Faceva male, terribilmente, ma la sua debolezza non avrebbe retto ancora a lungo. Doveva solo aspettare e Jane, senza nemmeno rendersene conto, l’avrebbe ucciso liberandolo dal tormento. Avrebbe sorriso Edward se solo avesse avuto il controllo dei propri muscoli: stava per morire e ne era felice. La vista diventava sempre più offuscata e il dolore sempre più sordo quando venne sollevato da due vampiri.

“Portatelo via. Dategli da mangiare e… tenetelo buono”.

Aro aveva rifiutato.

I Volturi non lo avrebbero ucciso.

   
 
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