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Autore: riccardoIII    17/04/2016    10 recensioni
Questa è la storia di Sirius Black, dei Malandrini, di una generazione cresciuta nella guerra e che ha fatto la guerra. Questa è la storia di un bambino che diventa uomo, passo dopo passo, scelta dopo scelta, fino ad arrivare a un momento della sua vita in cui tutto cambierà, per l'ennesima volta, quella più importante. Fino a giungere alla Chiave di Volta.
"-Sirius Black, è un piacere conoscerti-
-Io sono James, e non credo che i cognomi siano importanti, tantomeno tra amici; e dimentica pure tutte quelle manfrine. Non sono mica tuo nonno, io-
Sirius sghignazzò apertamente sedendosi di fronte a lui.
-E così, io e te saremmo amici?-
-Io e te, mio caro Sirius, saremo amici. Me lo sento che sei un tipo forte-"
Rating e avvertimenti sono relativi a scene di maltrattamento di minore e di guerra.
I personaggi appartengono a J. K. Rowling; scrivo senza scopo di lucro.
Genere: Angst, Generale, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charlus Potter, Dorea Black, Famiglia Black, I Malandrini, Ordine della Fenice | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La Chiave di Volta - Other Voices'
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Prima, aveva collezionato ricordi che nessuno avrebbe potuto portargli via.

Quando raggiunse Villa Potter era l’una; Milly lo accolse all’ingresso con un grande sorriso, nonostante non lo vedesse da poco più di una settimana.
-Padron Sirius, Signore! Milly è molto contento di rivederla! Pranza con i Padroni?-
-Charlus è in casa?-
Milly si affrettò ad annuire mentre gli faceva strada verso il salone, che però era vuoto.
-Padron Charlus ha lavorato, stanotte. Oggi giorno di riposo-
Sirius tirò un sospiro; qualche volte la fortuna si ricordava anche di lui, dopotutto.
-Milly, devo parlare con Charlus e Dorea. Potresti dirmi dove sono?-
-Padron Charlus non è ancora sceso, Signore, dopo essersi coricato all’alba. La Signora è nella biblioteca. Milly serve il pranzo tra pochi minuti-
-Bene, allora io raggiungo Dorea. Arriverà presto anche James-
Gli occhi dell’elfo si sgranarono.
-Il Signorino James sta bene? Doveva tornare domani-
-Non preoccuparti, è tutto intero. A dopo Milly-
L’elfo si Smaterializzò con un sonoro crack, diretto probabilmente in cucina a preparare qualcosa di più sostanzioso considerato che aveva due bocche in più da sfamare. Sirius raggiunse la biblioteca velocemente e trovò la porta aperta.

Dorea era seduta su una delle poltroncine, con le gambe accovacciate sotto di sé e la testa posata delicatamente su una mano; i capelli, ormai leggermente screziati di grigio, erano raccolti nella consueta morbida acconciatura sulla nuca e gli occhi nocciola erano velati da un paio di lenti da lettura che non le aveva mai visto indosso prima. Con la mano libera reggeva un libro foderato di stoffa verde muschio.
-Salve Dorea-
La donna alzò immediatamente il capo verso di lui e un sorriso si aprì sul suo volto, salendo ad illuminare anche gli occhi; ripose con grazia il libro sul tavolino basso posizionato lì accanto proprio mentre si tirava in piedi. Il ragazzo, nel frattempo, le si era accostato prendendo una mano tra le sue e aiutandola ad alzarsi in un gesto galante a cui lei rispose con una carezza sulla guancia.
-Sir! Non ti aspettavamo, hai fatto proprio bene a passare! Pranza con noi-
Lui sorrise.
-Mi dispiace di non aver avvisato prima di presentarmi qui…-
-Sciocchezze, questa è casa tua!-
Si, lo è davvero. Ma si trattenne dal dirlo.
-Milly mi ha detto che Charlus è in casa-
La donna si accomodò sul divano e lui si sedette accanto a lei.
-Stanotte era di pattuglia, quindi ha il giorno libero. Ci raggiungerà tra poco, ormai. Ma dimmi, è stata la nostalgia a portarti qui?-
Le sue mani si strinsero, a disagio.
-In realtà no. È successa una cosa, non preoccuparti, sto bene. Ma James dovrebbe tornare tra poco a casa-
Le sopracciglia della donna si aggrottarono.
-Sta bene anche lui. Lily… Vedi, è dovuta partire ieri-
Non ci fu bisogno di dire altro; gli occhi della donna si riempirono di dolore a comprensione e una delle sue mani corse a stringere quella di Sirius.
-Mi dispiace così tanto per lei, e che Merlino mi perdoni se dico che almeno adesso suo padre ha smesso di soffrire-
Sirius non riuscì ad impedirsi di annuire.
-Mi aveva fatto promettere che non l’avrei raggiunta e che non l’avrei detto a nessuno. Temeva che James mollasse il provino. Ma un’ora fa lui mi ha chiamato e io non sono riuscito a mentirgli. Nessuno dovrebbe affrontare una cosa simile da solo, per quanto Lily sia testarda lo capirà-
-Hai fatto benissimo a venire, Sirius. Non possiamo far finta di nulla, anche volendo. Hai avvisato Remus?-
-Volevo prima parlarne con voi, sapere cosa si poteva fare-
-Tesoro, hai trovato quel… Sirius!-
Charlus entrò nell’enorme stanza, un paio di profonde occhiaie a marcargli il viso ma il solito sorriso gioviale a illuminarlo; Sirius si alzò.
-Buongiorno, Charlus, e perdona il disturbo-
-Scherzi? Hai fatto benissimo a venire a trovarci! Lily è con te?-
Gli sguardi che il ragazzo e Dorea gli restituirono dovettero essere illuminanti perché l’espressione dell’uomo divenne immediatamente cupa.
-È accaduto, vero?-
Sirius annuì tristemente.
-La lettera è arrivata ieri mattina e lei è partita subito, ma non ha voluto che l’accompagnassi visto che anche James era fuori. Non voleva lasciare l’Ordine decimato-
Un piccolo sorriso mesto si impose sul viso dell’uomo.
-Suppongo sia molto da lei. James lo sa già?-
-Dovrebbe tornare tra poco; Lily mi aveva chiesto di non dirglielo per evitare che mollasse lo stage prima del provino, ma dopotutto l’ha già fatto stamattina… Forse non si arrabbierà troppo con me-

Poche ore dopo i tre Potter, Sirius, Remus e Peter erano radunati in sala; ognuno di loro, abbigliato in perfetto stile babbano, teneva un dito posato su un vecchio calamaio sbeccato in attesa che la Passaporta illegale incantata da un’impiegata dell’Ufficio Applicazione Legge Magica  si attivasse.
Ricomparirono, come previsto, al riparo in un mucchio di alberi nel bel mezzo di St. James’ Park; Charlus si sistemò i pantaloni e la giacca del completo grigio fumo, Dorea stirò le pieghe della sua gonna al ginocchio e Peter si rialzò dall’erba con l’aiuto di Remus. Non aveva ancora imparato ad atterrare in piedi.
Dopo essersi scambiati uno sguardo, senza dire nulla, sbucarono dal boschetto e presero ad attraversare il parco; il vociare di bambini con marcati accenti irlandesi riempiva l’aria, insieme al chiacchiericcio di mamme e tate che si scambiavano informazioni sulla gestione dei loro piccoli ribelli o semplicemente discutevano di strani mostri pelosi che recitavano insieme a uomini di latta in una pellicola.
Babbani, mah.
Si lasciarono il parco alle spalle dopo pochi minuti per immettersi su una via su cui scorrevano le automobili, diretti verso nord.

Non avevano notizie precise di Lily, essendosi ben guardati dall’avvertirla del loro arrivo, perciò avevano deciso che il punto di partenza per la ricerca sarebbe stato l’ospedale in cui il Signor Evans era stato ricoverato fino al momento della sua morte; a quanto aveva detto Dorea molto probabilmente ai parenti non sarebbe stato permesso di portarlo a casa prima del funerale a causa delle leggi dal mondo babbano, per cui le probabilità di trovare tutti lì erano molto alte.
Sirius non voleva pensare a come avrebbe reagito la ragazza al vederseli comparire tutti davanti senza il minimo preavviso. Aveva più o meno la stessa sensazione di quando le fiamme lo stavano per avvolgere quella notte ad Upper Flagley: che sarebbe morto abbrustolito in breve tempo.

Non ci vollero che cinque minuti di cammino per raggiungere il St. Luke’s Hospital; seguirono le indicazioni fornite dai cartelli per trovare l’ingresso principale e per tutto il tragitto James camminò in silenzio, senza incrociare gli sguardi che gli aveva più volte rivolto. Sirius cominciava a temere che la Rossa non fosse l’unica da cui temere una rappresaglia.
Quando giunsero finalmente al bancone dell’ufficio informazioni Charlus si avvicinò, lasciando gli altri leggermente in disparte.
-Salve. Cerchiamo il Signor Eoghan Evans-
La donna rotondetta seduta dietro al vetro spostò lo sguardo dal volto di Charlus al registro che si intravedeva.
-Evans, dice? Saprebbe per caso dirmi in che reparto è ricoverato?-
-Oncologia-
Le mani paffute della donna presero a scorrere velocemente il librone fino a fermare il frusciare delle pagine; il dito medio sinistro, imbrigliato in un anello pesante e troppo piccolo per il diametro della sua falange, scorse lungo i fogli mentre le labbra truccate di arancio si muovevano accennando i nomi che leggeva man mano. Infine rialzò il capo e puntò lo sguardo su Charlus, annoiata.
-Mi dispiace, non c’è nessun Evans lì. È sicuro che non sia stato dimesso?-
-Non è possibile, ha bisogno di cure continue. È in fase terminale-
La noia scomparve velocemente per essere sostituita dalla comprensione.
-Attenda un attimo, per favore-
Riprese a scorrere le pagine, ma stavolta si fermò piuttosto in fretta; tirò un sospiro e poi chiuse il registro per poi riaprirlo alle ultime pagine.
-Esattamente come pensavo; mi dispiace che debba scoprirlo così, Signore, ma il Signor Evans è deceduto due giorni fa-
Charlus finse sorpresa con grande maestria; la donna gli si rivolse quasi impietosita.
-Si trova nell’obitorio dell’ospedale, è fortunato, non si sono ancora svolte le esequie. Il funerale sarà alle cinque-
Charlus trasse un profondo respiro.
-La ringrazio per le informazioni. Saprebbe dirmi come raggiungere l’obitorio?-
La donnina annuì compassata.
-Deve uscire e prendere la strada sulla destra che costeggia la struttura; dopo cinquecento metri troverà delle scale che portano al livello seminterrato, scenda e si ritroverà davanti alla porta della camera mortuaria-
Charlus fece un piccolo cenno di riconoscenza col capo e si voltò precedendoli verso l’uscita.

Le indicazioni della donna risultarono corrette ed esaurienti; anzi, raggiunsero l’obitorio fin troppo in fretta. La porta era aperta visto il caldo e i fiori che riempivano la stanza. James fu il primo ad entrare e Sirius lo seguì insieme a Remus; l’espressione dell’amico somigliava talmente tanto a quella che aveva sfoggiato al funerale di sua madre che per un attimo a Sirius parve di essere tornato indietro nel tempo.
Avrebbe dovuto fare qualcosa, forse, ma sapeva benissimo che Remus non avrebbe apprezzato mani sulle spalle o parole di conforto; si limitò quindi a stragli accanto, in modo che sentisse almeno la sua presenza mentre facevano il loro ingresso in una stanza dalle pareti bianche; il pavimento era ricoperto di piastrelle bianche e nere, alcune sbeccate e alcune traballanti, e una dozzina di sedie scompagnate erano pronte ad accogliere i visitatori. Quasi tutte erano occupate.
Al centro della camera ardente una bara di lucido ciliegio era posata su alcuni sostegni. Era aperta, il coperchio posato contro il muro opposto alla porta d’ingresso, proprio dietro a una croce in ferro battuto attorno a cui bruciavano alcune candele.
Una signora anziana era seduta accanto alla cassa, il dolore impresso in ognuna delle sottili rughe che le solcavano il volto; i capelli corti erano ancora striati di rosso sulle tempie e le sue mani nodose erano immobili, in grembo, attorcigliate tra loro. Una strana catena di perline bianche era arpionata stretta tra le sue dita. Accanto a lei se ne stava una ragazza magrissima e dal collo esageratamente lungo messo in mostra dai capelli di un biondo slavato legati in una crocchia rigida; sembrava pietrificata, lì in piedi dietro alla donna, impeccabile nel tailleur nero che avrebbe voluto probabilmente farla sembrare più adulta.
Sul lato opposto della bara c’era una terza donna, bionda anch’ella; Sirius non riusciva a vedere il suo volto con precisione perché dava loro le spalle ma perfino la sola visione della schiena bastava a far capire quanto fosse smagrita: la camicia le ricadeva larga attorno al torace, le maniche rimboccate con cura facevano sbucare fuori due braccia sottili e pallide quanto la luna e sulle mani erano evidenti tendini e vene bluastre rigonfie. Un’unica fascia d’oro all’anulare sinistro sembrava dover scappare via da un momento all’altro.
Sirius era così preso a osservare quelle tre figure avvolte dal dolore che ci mise un po’ a capire che l’ingresso in massa di sei persone aveva risvegliato qualche mormorio tra gli astanti, incuriositi dall’arrivo di così tanti volti sconosciuti; ovviamente, considerato il silenzio quasi assoluto che regnava nell’ambiente fino a qualche momento prima, quel brusio finì per disturbare anche le perosne più concentrate.

La prima delle tre donne ad accorgersi di loro fu la ragazza; il suo collo scattò nervoso al rumore del basso chiacchiericcio proveniente dalle sedie e le sopracciglia contratte in una smorfia di fastidio si inarcarono immediatamente in un’espressione di stolida incredulità alla vista di Charlus e Dorea. Istintivamente fece un passo indietro, urtando la spalla di quella che doveva essere sua nonna nella fretta di allontanarsi da due maghi adulti, mentre gli occhi sgranati come piattini da caffè saettavano veloci sui volti di ciascuno dei ragazzi, come se potesse percepire la loro essenza solo con lo sguardo.
La signora più anziana, comunque, si voltò immediatamente al tocco della nipote; anche i suoi occhi colmi di dolore si posarono su Charlus e Dorea  ma la sua reazione non avrebbe potuto essere più diversa da quella della giovane: un tenue e pallido sorriso le increspò le labbra mentre si alzava.
-Cecily, cara-
Il suo semplice richiamo fece voltare il capo alla donna bionda; il viso sciupato e leggermente scavato della Signora Evans ci mise un secondo a incontrare gli sguardi dei nuovi arrivati e gli occhi azzurri si riempirono di stupore. Anche lei lasciò il suo posto e Dorea e Charlus le si avvicinarono.
-Signora Evans, ci dispiace moltissimo-
Lei strinse con la sua mano ossuta quella più vecchia ma più solida di Dorea, mentre Charlus porgeva la propria alla madre del defunto; Sirius rimase con il resto dei Malandrini sul fondo della stanza, incapace di fare alcunché se non guardarsi attorno e ripetersi una domanda nella testa.
-Siete stati molto gentili ad affrontare il viaggio per il funerale. Avete già fatto tanto per noi-
La voce della madre di Lily era spezzata, come se non avesse la forza di parlare; considerata la sua magrezza Sirius non se ne stupì.
-Non lo dica nemmeno per scherzo- le rispose Charlus con un sorriso mesto prima di voltarsi verso di loro e fare un cenno col capo, -Mi permetta di presentarle i ragazzi. James e Sirius sono i nostri figli, Remus e Peter i loro migliori amici. Sono compagni di classe di Lily-
Uno alla volta ciascuno di loro porse la mano alla moglie e alla madre del Signor Evans; entrambe regalarono loro un piccolo sorriso riconoscente.
-Lily parla molto di voi. Dovrebbe tornare a momenti, sarà molto felice di vedervi-
-Io non ne sarei così sicuro- borbottò James sottovoce, ma Cecily Evans lo sentì e sorrise un po’ di più.
-Mia figlia è orgogliosa e forse non lo ammetterà, ma sicuramente sarà così. Petunia, cara, vieni a salutare i Signori Potter-
La ragazza, che si era rintanata in un angolo e li guardava come se aspettasse che un tifone facesse scoppiare la stanza, non sembrava per nulla incline ad avvicinarsi, eppure non osò disubbidire a sua madre in pubblico e dare scandalo. Sospettosa ed esitante mosse un paio di passi e i tacchi sottili delle sue scarpe di pelle lucida nere produssero degli schiocchi sonori contro le piastrelle. Quando se li trovò davanti porse esitante una mano ossuta verso Charlus e Dorea con l’espressione di chi avrebbe preferito essere ovunque tranne che lì.
-Siamo molto dispiaciuti per voi- disse Dorea, con gentilezza; la ragazza strinse le sue labbra sottili e fece un gesto veloce del capo, come se bastasse ad accettare il cordoglio della donna.
-Loro sono i compagni di scuola di Lily, Tunia. Ricordi quante volte raccontava a papà di come la faceva ammattire quel Potter, insieme al suo amico Black?-
Gli occhi della ragazza diventarono due fessure mentre fissavano la mano destra di James tuffarsi tra i suoi capelli scomposti; era palese che il ragazzo fosse a disagio, ma la donna era persa in ricordi lontani mentre la suocera si asciugava gli occhi con un fazzoletto di stoffa ricamato.
-Eoghan si divertiva tanto ad ascoltare tutti i guai che combinavate e questo faceva infuriare Lily ancora di più-
-Diceva sempre che dovevo rilassarmi un po’-
Tutti si voltarono verso l’ingresso per inquadrare Lily, incorniciata dall’uscio.
I capelli erano sciolti sulle spalle, macchiando la maglietta nera di onde rosso scuro; gli occhi verdi erano leggermente appannati, ma presenti e vigili mentre si posavano su ciascuno di loro; le labbra tirate non lasciavano spazio a sorrisi di circostanza e Sirius temette quasi che non l’avrebbe perdonato per aver coinvolto tutti quanti.
Per un lungo minuto nessuno fece nulla. Poi Lily prese a camminare decisa verso di loro, come se volesse prenderli a schiaffi, e invece si ritrovò stretta tra le braccia sottili eppure fortissime di Remus, che nascose il viso tra i suoi capelli.

Dopotutto Lily non prese la loro visita tanto male; sicuramente non quanto la sorella, che pur non avendo riservato a Sirius uno scappellotto sullo scalpo li guardò con aria disgustata tutto il tempo. In quell’espressione il ragazzo rivide la stessa occhiata che fino a un paio di anni prima la Rossa gli aveva riservato nei corridoi di Hogwarts.
Dopo aver salutato tutto il gruppo Lily si avvicinò al corpo del padre e gli rimase accanto, come in attesa; il primo ad accostarsi a lei fu James: le si posizionò accanto con discrezione e le prese dolcemente la mano sinistra nella sua, senza mai distogliere lo sguardo dal cadavere.
-Ecco da chi hai preso i capelli-
Sirius intravide una lacrima sola solcare la guancia bianca di Lily mentre le sue labbra si piegavano in un sorriso.
-Non solo quelli, a quanto dice la mamma-
-Be’, ha fatto un bel lavoro con te se il tuo caratterino è merito suo. Non trovi, Sir?-

Lily volle assistere alla chiusura definitiva della bara insieme a sua madre e sua nonna, ma rifiutò la loro offerta di restare con lei. Petunia si rifugiò con loro all’esterno, il viso nascosto in un fazzoletto che non bastava a soffocare i singhiozzi trattenuti mentre una vecchia signora la teneva stretta in un abbraccio, battendole piccoli colpetti su una spalla.
Quando i becchini portarono fuori la bara sigillata la signora Evans era in lacrime, sostenuta dalla figlia; Lily consegnò sua madre alla sorella e si avvicinò a loro, rivolgendosi direttamente a Charlus.
-Raggiungeremo la Cattedrale di St. Mary in auto. Non credo di riuscire a sistemarvi tutti, sarebbe meglio se vi Materializzaste: dietro la chiesa c’è un piccolo boschetto, dateci cinque minuti di vantaggio-
L’uomo annuì e le posò una mano sulla spalla; lei accolse il gesto con un sorriso triste.
La cattedrale era enorme e meravigliosa; un ombroso insieme di pilastri e archi a sesto acuto svettanti in cui si incastonavano perfettamente alte finestre slanciate. Sirius, che pure di architettura religiosa Babbana non ne capiva nulla, ne rimase affascinato: tutta quella tensione verso l’alto nonostante l’oscurità che regnava tra le pareti di pietra gli ricordava fin troppo bene qualcosa.
Era la perfetta raffigurazione dell’uomo, in un certo senso.

Il funerale fu diverso da quello della SIgnora Lupin, ma comunque ci furono canti, venne sparso incenso e caddero lacrime, per l’ennesima volta. Molte persone presero parte al rito funebre, la maggior parte delle quali non erano presenti all’obitorio. Sirius notò la vecchina che aveva confortato Petunia seduta al secondo banco, proprio dietro a quello in cui Lily e il resto delle donne Evans erano radunate. Solo allora si rese conto che nessun altro era accanto alla famiglia.
Davvero quelli erano gli unici parenti rimasti a Lily?
Si sentì scosso, per un attimo, da quella rivelazione. Era pur vero che l’argomento "famiglia" per la Rossa era sempre stato tanto delicato da essere trattato di rado e con molta cautela, ma si chiese come mai non avesse mai pensato di domandarle se non avesse zii, o cugini.
Sembrava che Lily dovesse sempre essere irrimediabilmente sola.
Il celebrante era molto simile al vecchietto che aveva presenziato alla cerimonia per la madre di Remus, anche se gli abiti e le litanie erano diverse.
Forse gli uomini di Dio erano tutti uguali?
Che poi… Dio.
Scosse il capo. Doveva essere colpa di quell’incenso se cominciava a farsi domande tanto strane.
Il piccolo prete parlò della morte come un necessario passaggio per la rinascita nella vita eterna, di come questa consapevolezza dovesse essere di consolazione per i familiari del defunto.
Sirius si chiese se davvero quelle parole potessero essere di consolazione per una madre che aveva visto morire suo figlio, per una donna che aveva assistito al disfacimento di suo marito davanti ai suoi occhi, per due ragazze che non avrebbero più potuto contare sulla certezza di un punto fermo nella propria vita, di un uomo da cui tornare per farsi abbracciare e sentirsi al sicuro, di un padre da cui ricevere un bacio sulla fronte capace di sollevare ogni dolore.
Se lui avesse perso Charlus…

Ma poi la cerimonia, finalmente, terminò e solo allora Sirius notò quanto le sue braccia si fossero irrigidite lungo i fianchi; James, al suo fianco, respirava un po’ più pesantemente del solito. Voltò lievemente il capo verso Remus per evitare di essere notato: gli occhi d'ambra erano pericolosamente lucidi e fissi sulla bara, i pugni serrati poggiati sullo schienale di legno del banco davanti al loro.
Attesero mentre tutti i convenuti salutavano la famiglia porgendo loro le mani, uno ad uno. Quando non fu rimasto più nessuno anche loro raggiunsero le Evans.
-Se possiamo fare qualcosa per voi, qualunque cosa, non esitate a dircelo- fece Dorea stringendo la mano della madre di Lily con delicatezza; la donna non riuscì nemmeno a sorriderle.
-Grazie ma non ci occorre nulla-
Il tono freddo di Petunia fece irrigidire tutti, perfino sua madre. Lily voltò il capo verso la sorella e per un attimo i suoi occhi vacui furono attraversati da un lampo di furia che la fece sembrare più viva.
-Siete stati molto gentili a venire fino a qui, Dorea. Significa molto per me. Per tutti noi-
Solo quando ebbe terminato la frase Lily portò gli occhi sulla donna, abbandonando quelli gelidi della sorella, e guardando Dorea con il solito calore. Calore che fu prontamente ricambiato quando le mani di Dorea strinsero quelle piccole e delicate della ragazza in una morsa gentile ma ferma.
-Tu significhi molto per noi, Lily. Ci dispiace soltanto di non aver potuto fare nulla di più-
Quando Dorea si scostò da lei per salutare sua nonna, Lily aveva le guance leggermente arrossate; Charlus fece un passo avanti, il viso serio e concentrato, e per un attimo non disse nulla. Poi, senza alcun preavviso, avvolse la ragazza tra le sue braccia e la strinse in un abbraccio. Un abbraccio sicuramente diverso da quello di Eoghan Evans, un abbraccio che sarebbe stato irrimediabilmente diverso ma che forse un po’ di calore, un po’ di sicurezza sarebbe riuscito a donarlo lo stesso.
E stavolta le lacrime lasciarono perfino gli occhi della forte e inaffondabile Lily Evans, anche se tutti fecero finta di non accorgersi di nulla, mentre le sue mani si aggrappavano alle spalle solide di Charlus e lei si affrettava a nascondere il volto contro il suo torace. Alla fine lui la lasciò dolcemente andare prima di sorriderle.
-Prenditi tutto il tempo che vuoi. Quando sarai pronta, noi saremo lì ad aspettarti-
Lily annuì debolmente, poi sorrise a Peter e si rifugiò di nuovo tra le braccia di Remus, che le accarezzò la schiena con dolcezza mentre le sussurrava qualche parola all’orecchio. Quando si staccarono Lily sembrò lievemente più serena e puntò gli occhi su Sirius.
-Non ti chiederò scusa per essere venuto, Lily-
-Non avrei mai creduto che l’avresti fatto. Grazie, di tutto-
E Sirius fece una cosa che non aveva mai fatto prima: le si avvicinò, le posò una mano sulla nuca e le depositò un bacio proprio sulla fronte, il naso immerso nei suoi capelli morbidi e profumati di limone.
-Ti aspetto a casa, sorellina- le sussurrò prima di fare un passo indietro e guardarla negli occhi. Lei inarcò gli angoli delle labbra e poi si voltò verso l’ultimo rimasto.

Mentre Sirius si affiancava a Remus che stava salutando la Signora Evans, Petunia guardava tutti con diffidenza e Charlus, Dorea e Peter erano impegnati a scambiare poche parole con la nonna di Lily, James avanzò fino a trovarsi ad un passo da Lily. Con la coda dell’occhio Sirius seguì i movimenti dei due, tendendo l’orecchio per cogliere ogni parola.
Non era un impiccione, no.
James prese ancora una volta una mano di Lily tra le sue e la guardò negli occhi.
-Non avresti dovuto tentare di tenermi fuori da tutto questo-
-No. Ma sapevamo entrambi che l’avrei fatto-
Un piccolo ghigno nacque spontaneo sulle labbra del ragazzo.
-Esatto. È per questo che da ora ti marcherò stretta, Evans-
-Dovrebbe essere una minaccia?- rispose lei, una pallida imitazione della vecchia ironia.
-No. È una promessa-
Sirius, impegnato a stringere la mano alla madre di Lily, quasi si ruppe il collo nel tentativo di sopprimere l’istinto che gli aveva fatto voltare la testa di scatto alle parole di James. O meglio, al suo tono.
Non era una battuta per sollevarle il morale, non era una frase di circostanza e di sicuro non erano le parole di un amico.
Erano le parole di un uomo sicuro. Le parole di uomo che aveva preso una decisione importante e ne era conscio. E di certo ora ne era conscia anche Lily, che non si azzardò nemmeno a rispondere ma si limitò a guardarlo dritto negli occhi, senza paura o imbarazzo.
James fece un altro passo avanti e le sue labbra sfiorarono con una delicatezza reverenziale la guancia chiara di Lily, una mano posata sull’altro zigomo e l’altra impegnata a stringerle la mano. Non c’era disagio, incertezza o timore nei suoi gesti. Fu tutto così naturale da parere un rituale ripetuto ogni giorno.
-Ti aspetto, Lily- mormorò, allontanandosi dal suo profilo e scostando le dita dal suo viso con delicatezza. Lei afferrò quelle stesse dita e le strinse fino a farsi sbiancare le nocche fissandolo, come poco prima, dritto negli occhi.
-Ci vediamo presto, James-

-… Stupidi incoscienti! Avete idea di quel che avete combinato? Ma non l’avevo forse detto, io, che queste dannatissime magliette… E lo Statuto di Segretezza, in fumo!-
-Vi abbiamo allertati appena quei tre ci hanno dato un attimo di respiro! E abbiamo cercato di seminare i puliziotti Babbani, ma ci stavano alle costole nonostante Sirius corresse come un pazzo…-
-Maledizione, Jam…-
-Correndo come un pazzo?! Sirius Black, volevi forse uccidere entrambi?!-
-Dorea, tre Mangiamorte ci inseguivano! Posso controllare la moto, infatti siamo vivi, no? Abbiamo cercato di evitare di fare magie davanti ai Babbani, tutto qui, per questo siamo scappati! Ce l’ha detto Charlus, che a volte bisogna saper fuggire!-
-Non rigirare le parole di tuo padre a tuo favore!-
-E mi pare che abbiate comunque infranto la legge, considerato che avete usato l’automobile dei poliziotti per liberarvi dei Mangiamorte, dopo averla sollevata da terra!-
-Abbiamo evitato un duello in cui probabilmente sarebbero stati coinvolti anche i Babbani! E forse dovreste dirci grazie per aver contribuito alla cattura di tre Mangiamorte vivi che potranno essere interrogati!-
Alle parole di Sirius, evidentemente, Moody non riuscì a trovare una rispostaccia adatta; Dorea, ovviamente, si.
-Se vi foste limitati a Materializzarvi qui invece che andare in giro senza casco con quella dannatissima motocicletta…-
Sirius spalancò la bocca: Dorea non aveva mai usato nemmeno una mezza parolaccia in sua presenza.
-Non potevamo mettere i caschi, ci inseguivano, avevamo bisogno della migliore visuale possibile! E poi eravamo solo andati a fare un giro a Diagon Alley prima dei nostri turni, tutto qui! Non ti aspetterai davvero che non usciamo più di casa, mamma!-
-Un mese fa avete sfidato Voldemort, avete la più  pallida idea di quello che significhi?! Sulle vostre teste probabilmente c’è una taglia! Sa chi siete, sa dove vivete, probabilmente sa anche che tu hai quella maledetta moto!- esplose la donna, guardando Sirius.
-Dorea, ora calmati-
La voce pacata di Charlus, insieme alla mano che si posò sulla sua spalla, agì come un incantesimo sulla donna; immediatamente gran parte del suo furore e della sua paura si dispersero, anche se era ancora evidente che fosse scossa.
-I ragazzi hanno ragione, non possiamo pretendere che si chiudano in casa. E sono stati davvero, davvero bravi. Hanno avuto il sangue freddo di fuggire, evitando il coinvolgimento di altre persone, e soprattutto in questo modo hanno evitato un duello nel mezzo delle strade babbane. Ci hanno avvisati appena hanno potuto, i poliziotti sono già stati Obliviati e noi abbiamo finalmente messo le mani su qualcuno che potrebbe darci un bel po’ di informazioni. Non molti avrebbero pensato di usare la testa al posto delle bacchette, ragazzi, l’idea di farli scontrare con l’auto è stata geniale-
-La dai sempre vinta a loro, Charlus. Sarebbe potuto venir su un casino enorme da questa storia, se li avessero presi o se qualcuno fosse stato colpito al posto loro. Lo sai-
Charlus si voltò verso il suo capo con l’aria estremamente decisa e gli occhi brillanti.
-Quello che so, Alastor, è che se non ne è venuto su un casino enorme è solo merito loro. Non hanno chiesto di essere inseguiti, mi pare, ma hanno reagito con maturità e sono riusciti a mettere in salvo se stessi e gli altri senza fare magie davanti ai Babbani. Io, sinceramente, non sarei riuscito a fare meglio di loro-
Sirius sentì un fuoco ormai familiare scoppiargli nel petto all’udire quelle parole; dopo un’ora di ramanzine e urla su quanto fossero stati incoscienti era un bel cambiamento venire lodati così da Charlus.
Il silenzio cadde per un minuto e Dorea si lasciò andre sul divano del soggiorno di Sirius come se fosse esausta; il ragazzo si scambiò un’occhiata colpevole con James, in piedi al suo fianco, a cui la stanchezza di sua madre non era passata inosservata. La stavano facendo preoccupare troppo.
-Volete… Ehm… Qualcosa da bere?-
Moody scosse il capo, burbero come al solito, e levò una fiaschetta dalla tasca interna del mantello blu profondo con i ricami d’argento sulle spalle.
-Credo che un tè farebbe bene a tutti, Sirius, se non è di troppo disturbo-
Lui saltò subito in piedi alle parole di Charlus e si diresse in cucina, mentre James riprendeva a parlare.
-Ma i nostri turni? Sono coperti?-
-Ho dovuto richiamare Meadowes e Podmore. Credo che dovrete vedervela con la ragazza, pare che avesse un impegno stasera-
Oh quanto vorrei vedermela con lei, sul serio…
-Sopravvivremo- rispose invece mentre il bollitore cominciava a fischiare e lui spegneva il fuoco per poi mettere le foglie in infusione. Un paio di minuti dopo stava servendo il tè e James lo guardava ghignando, come se fosse sul punto di dire qualcosa a proposito del suo essere un perfetto uomo di casa.
Proprio mentre stava porgendo a Dorea la sua tazza la serratura della porta d’ingresso scattò e tre bacchette, in un solo istante, si puntarono sull’uscio mentre la donna tratteneva il fiato.
-Be’, di certo non mi aspettavo un comitato di benvenuto, ma nemmeno tre bacchette puntate al cuore-

Lily fece un passo verso di loro con un sorriso accennato e gli occhi tristi, ma le mani ben alzate. Richiuse la porta dietro di sé prima di parlare.
-Sono Lily Evans, figlia di Eoghan e Cecily Evans e sorella di Petunia. Faccio parte dell’Ordine della Fenice da questa primavera e il mio Patronus è un corvo. Lei, Signor Moody, mi ha consigliato di dare fuoco a James e Sirius la prossima volta che avessero indossato queste magliette per testare una lozione contro le ustioni-
Le bacchette di Moody, Charlus e James si abbassarono all’unisono mentre ampi sorrisi si aprivano sui visi di tutti loro. Quello di Moody, in effetti, era un po’ meno ampio.
-Mi sono persa qualcosa?- fece lei, curiosa per l’inusuale accoglienza. Sirius ghignò mentre le si avvicinava.
-Oh, non puoi capire quanto terribilmente divertente sia stato tornare a casa stasera. Hai mai considerato il nome Elvendork per i tuoi figli? È unisex!-
Lily si staccò da lui e lanciò uno sguardo sghembo agli altri presenti.
-Piuttosto lo chiamo Sirius. O Siria-
Sirius scoppiò a ridere mentre lei tendeva la mano verso Charlus e Moody e poi si lasciava stringere da Dorea. Reputò fosse il momento giusto di parlare quando James la tirò con un braccio contro di sé.
-Oh, come lo zio! Sono onorato, Rossa, ma sei sicura che tuo marito approverà?-
L’occhiataccia che James gli riservò mentre scoppiava di nuovo a ridere era certo che l’avrebbe ricordata per tutta la vita.


 
Note:
St. James' Park, il St. Luke's Hospital e le cattedrale cattolica di St. Mary sono realmente esistenti e si trovano a Kilkenny, in Irlanda, luogo in cui la famiglia di Lily si è rifugiata dopo l'attacco dei Mangiamorte; ho immaginato che la nonna di Lily fosse cattolica, come la maggior parte degli irlandesi del sud, e di conseguenza che il funerale di suo figlio venisse celebrato secondo questo rito (Sirius nota la differenza rispetto a quello di Hope Lupin, che invece era anglicano). La strana catenina di perline che la Signora Evans tiene in mano quando la incontriamo per la prima volta è, appunto, un rosario.
"Strani mostri pelosi che recitavano insieme a uomini di latta in una pellicola" è un riferimento a "Star Wars Episodio IV: una nuova speranza", primo film della famosissima saga uscito proprio nel '77.
Eoghan è un nome irlandese tradizionale e la pronuncia corretta dovrebbe essere Owen; considerando quanto gli Irlandesi abbiano lottato per mantenere l'autonomia dall'Inghilterra e la propria identità nazionale, nonchè la lingua e le tradizioni proprie di quella terra magnifica, ho deciso che il Signor Evans avrebbe avuto un bel nome particolare, giusto per manifestare la mia simpatia.
Sinceramente non conosco la legislazione inglese, nè tantomeno quella irlandese, per cui non so dirvi se davvero non sia possibile in Irlanda trasferire una salma a casa se la persona è deceduta in ospedale; in Italia è così, comunque, e a me serviva questo piccolo escamotage per cui vi chiedo di farmi passare questa imprecisione.
L'ultima parta del capitolo, come si intuisce, si svolge qualche giorno dopo il funerale ed è tutto un riferimento al prequel di ottocento parole scritto e venduto per beneficenza dalla Rowling qualche anno fa; la questione "Elvendork" è un must del racconto. ho deciso di non riportarlo, ma di fare solo un riferimento, perchè come ogni volta che c'è una sovrapposizione perfetta con quanto scritto dall'autrice originale mi sembra superfluo.
Grazie di aver letto!


 
   
 
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