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Autore: eleCorti    17/04/2016    1 recensioni
“Io... posso saperla?” e all’improvviso la bambina che c’era ancora dentro di lei rinacque.
“Certo...” le sorrise. Per lei era ancora la sua adorata nipotina che – quando era bambina – veniva sempre a casa sua per sentire fantastici racconti sulla sua vita.
“Sono passati ottantacinque anni...” prese una pausa. Quelle dolorose scene erano riapparse nella sua mente come flash.
Ispirata dal film Titanic.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Sana Kurata/Rossana Smith, Un po' tutti | Coppie: Sana/Akito
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Fallin’ in love




 
La teneva. La teneva stretta, mentre quella bellissima fanciulla urlava a squarcia gola.
“Aiuto!” gridò, difatti, la giovane Sana.
“Tranquilla. Non ti lascio andare. Tieniti stretta a me” lui la rassicurò. Non lo aveva mai fatto. Mai.
Eppure quella soave fanciulla gli faceva uno strano effetto e nemmeno la conosceva. Che fosse stato un colpo di fulmine? Può darsi.
Qualcuno, dei marinai, sentirono le grida strazianti di una fanciulla. La paura s’impossessò di loro. Possibile che ci fosse qualcuno in pericolo? Si chiesero. Dovevano scoprirlo.
Si diressero, perciò, verso il luogo in cui avevano sentito quelle strazianti grida. Forse ancora non era tutto perduto.
“Forza coraggio! Aggrappati alla ringhiera!” le urlò, mentre con un grandissimo sforzo la tirava su.
Lo ascoltò. Cercò con il piede di aggrapparsi alla ringhiera. Ce la fece, mentre lui la tirava su. I marinai stavano giungendo. Forse niente sarebbe stato perduto.
“Ecco! Ti ho preso!” esclamò, mentre la giovane lo raggiungeva.
La afferrò, ma nel farlo cadde con lei all’indietro, finendo per terra. Almeno era in salvo.
I marinai giunsero. Ciò che videro, però, non gli piacque. Possibile che avessero frainteso? Sì e parecchio.
“Che cosa è successo?” domandò il più anziano tra loro. Si soffermò a osservare la scena. Lei distesa per terra, lui sopra di lei, il lungo vestito alzato. Lei con il respiro affannato. Sì aveva frainteso.
“Alzati subito! Non osare muoverti!” si rivolse con tono sgarbato al giovane Hayama, che gli obbedì.
“Chiamate il commissario di bordo!” si rivolse ai due colleghi, che corsero subito in cerca dell’agente.
Neanche due minuti dopo, che il giovane Akito si ritrovò ammanettato e la giovane Kurata avvolta in una soffice coperta di lana, accanto al commissario che si sincerava delle sue condizioni.




 
****


 
“E l’hanno arrestato?” ancora una volta la giovane Eri interruppe il racconto dell’anziana nonna.
Rise, poiché la adorava. Come poteva arrabbiarsi con la sua unica nipote femmina? No, non poteva: le faceva troppa tenerezza, nonostante ormai fosse una donna e non più una bambina.
“Ora Eri...” soffocò una piccola risatina. In sua nipote, ci vedeva se stessa da giovane.
“Ok... scusa...” e, infatti, la giovane era come la nonna: un’eterna bambina.
“Dunque? Dov’ero rimasta?” mise il dito sul mento, riperdendosi nei suoi ricordi.



 
****



 
“Ehi tu!” eccolo quell’arrogante di Naozumi Kamura che si avvicinò al nemico. Sì per lui era un nemico.
“Chi ti ha detto di mettere le mani addosso alla mia fidanzata?” lo squadrò dalla testa ai piedi. Per lui era un pezzente, di certo non alla sua altezza.
E il giovane Hayama lo sfidò con lo sguardo. Azzurro e miele s’incontrarono. La tempesta era incominciata. Non è facile essere rivali in amore.
“E rispondimi brutta feccia!” lo afferrò per il colletto della camicia. Quel silenzio lo aveva irritato.
“Nao!” la giovane Sana, da seduta, lo richiamò. Perché doveva agire in quel modo. Perché?
“Allora perché l’hai fatto?” non sentendo alcuna risposta, il giovane dai capelli azzurri, intensificò la presa.
“Nao!” stavolta la fanciulla si alzò in piedi. Avvicinandosi al fidanzato. Doveva fermarlo, prima che commettesse qualche sciocchezza.
“Fermo! È stato un incidente!” lo afferrò per la manica della nera giacca, scostandolo dal giovane Akito.
“Un incidente?” ammorbidì il tono. Non capiva.
“Credimi. È stato uno stupido incidente. Mi ero sporta troppo e sono scivolata” improvvisò quella balla.
Akito la guardava sorpreso. Non capiva che cosa stesse dicendo. Forse doveva stare al gioco.
“ Mi ero sporta per vedere le aliche e sono scivolata” inventò ancora. Forse non lo aveva convinto.
“Volevi dire le eliche!” ruotò gli occhi al cielo. Certo che la sua fidanzata fosse davvero stupida, a volte.
“ E se non fosse stato per Hayama, sarei precipitata in mare!” finì il suo racconto indicando il giovane dai capelli dorati.
“Non ci credo!” non riusciva proprio a capirla a volte.
“è la verità?” s’intromise il commissario di bordo – un uomo pelato dai buffi baffi – rivolgendosi al giovane ammanettato.
La fissò prima di rispondere. Dal suo sguardo capì che doveva stare al suo gioco, se voleva avere salva la vita.
“Sì” rispose, con un tono molto deciso.
“Oh bene, allora lei giovanotto è un eroe!” esclamò, sorridente, mentre il suo assistente liberava l’ostaggio.
“ Bene, direi che possiamo andare!” si rivolse agli altri. Per fortuna era finita bene, si disse.
“Stai morendo di freddo!” il giovane Naozumi cercò di riscaldare la sua fidanzata.
“Meglio rientrare...” si girò con lei dall’altro lato. Non voleva farla ammalare.
“Non sarebbe meglio dare una ricompensa al ragazzo?” il commissario fece voltare la coppia verso di sé. Gli sembrava giusto che il giovane Hayama venisse ricompensato per la sua buona azione.
“Sì...” rispose il giovane, dopo aver fissato la fidanzata infreddolita.
“Certo. Signor Sagami...” si rivolse alla sua guardia del corpo, attirando la sua attenzione.
“Un biglietto da venti dollari è più che sufficiente” disse tutto convinto.
Lei rise. Ma davvero valeva così poco per lui? Non importava, ormai. Voleva rivedere quello splendido ragazzo. L’unico che la potesse capire.
“Valgo così poco per te?” fece la finta offesa. Sapeva che avrebbe vinto.
“Mmm... e così sei scontenta? Vediamo che cosa facciamo?” finse di pensarci su.
“Domani sera...” si avvicinò al giovane Akito.
“Le andrebbe di venire a cena da noi, così ci racconta la sua eroica impresa?” domandò, dandogli dei lei e non del tu.
“Sì. Sarò dei vostri” rispose, guardandolo con uno sguardo deciso.
“Bene. A domani” e lui lo sfidò. Quello era solo l’inizio.
Raggiunse la sua fidanzata, posandole un braccio attorno alla spalla. Poi se ne andò.
Il giovane Hayama li fissò. Era geloso? Forse, lui non era tipo. All’improvviso gli venne voglia di fumare.
Attirò l’attenzione della guardia del corpo, facendogli un fischio. Voleva chiedergli una sigaretta.
Con un solo gesto della mano lo fece avvicinare a sé.
“Posso chiederti una sigaretta?” lo guardò in modo serio. Il suo sguardo era magnetico.
Il giovane Rei, per tutta risposta, gli porse il pacchetto, permettendo al giovane di prendere la sigaretta, anzi due. Una se la mise nell’orecchio e l’altra la portò alla bocca.
“Ha le scarpe slacciate” il giovane Hayama si fissò gli scarponi. Era vero, erano slacciati.
“è curioso che lei abbia avuto il tempo di spogliarsi, mentre la signorina scivolava all’improvviso, non le pare?” insinuò. Che avesse capito? Forse. Il giovane Akito stette zitto.






 
****





 
“Certo che Naozumi era un vero e proprio antipatico!” non poteva non dirlo la giovane Eri.
“Già...” asserì. Aveva proprio ragione, pensò.
“Come ci sei finita con lui?” doveva saperlo. Era troppo curiosa.
“Eri, erano tempi diversi. All’epoca nell’alta società non potevi decidere con chi sposarti...” le rivelò.
“Capisco...” s’intristì: lei era un tipo che credeva nel vero amore.
“Anche quel Rei era antipatico!” si riprese, tuttavia, poco dopo.
“No, ti sbagli. Dopo qualche tempo mi ha aiutata molto qui a New York...” era vero. Si erano rincontrati poco dopo il naufragio. Le aveva chiesto scusa per essersi comportato male nei confronti suoi e di Akito e lei la perdonò. La aiutò molto nella sua carriera di attrice.
“Va avanti nonna. Non ti interrompo più!” la incoraggiò ad andare avanti.
“Sì. Allora...” ancora si perse nei suoi ricordi.




 
****



 
Si era rinchiusa nella sua stanza. Da sola. Voleva restare da sola con i suoi pensieri. E per rilassarsi aveva azionato il piccolo carillon, regalatole da suo padre.
Si era seduta davanti alla specchiera. Aveva preso il piccolo specchio, per guardarsi meglio in viso. Il riflesso non le piaceva. Perché? Semplice: non era il riflesso di una ragazza felice.
La porta bussò. Sussultò. Eppure aveva chiesto esplicitamente a Fuka che non voleva vedere nessuno. Posò il piccolo specchio, guardando in quello grande: era Naozumi.
“So che sei triste...” si fermò sulla soglia della porta. Lei non rispose.
“Io... non voglio sapere il perché...” continuò il discorso. Lei non rispose. Si limitò a fissarlo dallo specchio.
“Sai... avevo pensato di dartelo settimana prossima al galà per il nostro fidanzamento...” si avvicinò alla giovane, sedendosi sopra la specchiera e chiudendo il carillon.
“Ma... stasera...” aprì la grande scatola. Conteneva uno smeraldo a forma di cuore.
“Oh mio Dio...” fu tutto ciò che riuscì a dire, mentre toccava quel raro gioiello. L’aveva riconosciuto.
“Che ne dici? È sufficiente a dimostrare i sentimenti che provo per te?” le sorrise, mentre lei lo guardava basita.
“è un...” riuscì a balbettare.
“Diamante? Sì” finì la frase per lei, mentre prendeva il prezioso gioiello e si metteva dietro la giovane.
“56 carati...” le mise il prezioso gioiello attorno al collo. Lei era shockata. Perché?
“L’ha indossato Hiroiko, l’imperatore del Giappone. E lo chiamarono...” fissò il riflesso della sua futura sposa. Era un incanto, pensò.
“Il cuore delle acque...” dissero all’unisono. Lei si toccò il diamante. Era ancora shockata. Perché proprio lei? Ne era davvero degna?
“è... è magnifico” finalmente riuscì a dire una frase sensata. Ma ancora era sotto shock.
“Da veri reali” si vantò lui per lei.
“E noi siamo reali Sana...” continuò a parlare. Lei era ancora più basita.
“Io... ti posso dare tutto. Non respingermi” s’inginocchiò al suo livello. Lei, come risvegliata, si voltò verso di lui.
“Dai, aprimi il tuo cuore Sana...” a modo suo la implorò. Lei, per tutta risposta, si voltò dall’altro lato.
In silenzio. Rimase in silenzio, mentre lui si osservava. Si toccò – ancora una volta – quel prezioso e raro diamante. Non sapeva che dire.





 
*****



 
Un altro giorno era appena iniziato, la nave aveva preso vita; infatti, i vari ponti erano tutti affollati.
In mezzo alla coltre di persone – nel ponte della prima classe – vi erano due giovani che parlavano tra di loro.
“Vivo da solo da quando ho quindici anni, da quando i miei sono morti e mia sorella mi ha abbandonato. Non avevo nessuno, così decisi di lasciare il paese” raccontò il giovane Akito, mentre passeggiava con quella fanciulla che – ormai ne era certo – gli aveva rubato il cuore.
“Bene abbiamo percorso varie volte il ponte e abbiamo sempre parlato di me, ma immagino tu non sia qui per questo vero?” la face fermare. Voleva sapere tutto.
“Signor Hayama...” iniziò a parlare, ma lui la interruppe.
“Chiamami Akito” le disse con molta gentilezza.
“Akito, io ti vorrei ringraziare per quello che hai fatto...” riprese a camminare, aprendo il suo cuore a quello sconosciuto.
“Non solo per avermi salvata, ma... anche per essere stato al mio gioco” si voltò verso di lui. Voleva guardarlo in volto.
“Figurati...” rispose con molta discrezione e con un’aria apparentemente fredda.
“Io... lo so a cosa stai pensando: ma che ne sa questa ragazzina ricca della miseria?” si fissò i piedi, sapeva di avere indovinato.
“No” lui, invece, negò. Era vero.
“No. Io pensavo a cosa fosse successo... per arrivare a credere che non ci fosse una via d’uscita” la fece voltare verso di sé. Forse non se lo aspettava? Probabile.
“Io... tutto! Tutto nella mia vita è sbagliato! Mia madre, Nao...” si mise la mani ai capelli. Esasperata? Sì.
“Wow! Gli deve essere costato un occhio della testa!” si fece sfuggire quella piccola esclamazione, non appena vide l’anello.
“500 inviti! 500 inviti sono stati mandati! Tutta l’alta società di Philadelphia è stata invitata. Ed io... ed io mi sento come oppressa. Sola. E se urlo, nessuno mi sente!” buttò fuori tutte le sue paure. Sentiva che con lui potesse farlo.
“Lo ami?” ecco la secca domanda.
Alzò la testa. Aveva sentito male, vero?
“Cosa?” lo fissò stupita.
“Lo ami?” e lui ripeté la domanda pungente.
“Io... ma come ti permetti? Non si dovrebbero fare queste domande!” si alterò e parecchio. Tirò fuori, addirittura un martelletto di plastica per picchiarlo.
“Beh è una semplice domanda. Allora lo ami o no?” e lui non demorse. Porse di nuovo quella domanda, dopo essersi ripreso dall’aggressione.
“Questa conversazione è senza senso!” gonfiò le guancie indispettita.
“Che ti costa rispondere alla domanda?” non la capiva, ma gli piaceva provocarla.
“Io... ma è assurdo! Noi non ci conosciamo nemmeno! Questa conversazione non può esistere! Tu sei un maniaco, un maleducato, un presuntuoso! Bene, me ne vado! È stato un piacere conoscerti!” fu interrotta.
“Ma se mi hai anche insultato!” replicò, mentre le stringeva la mano.
“Beh te lo sei meritato!” ribatté, non lasciando la sua mano.
“Sì...” non poté fare a meno di ridere.
“Sì!” affermò lei decisa. Non aveva ancora lasciato la sua mano.
“Credevo te ne stessi andando...” le fece notare.
“Infatti!” lasciò la sua mano, voltandosi dall’altro lato.
“Sei insopportabile!” si rivoltò verso di lui, per poi girarsi di nuovo.
“Un momento! Questo è il mio settore! Tu ne devi andare!” lo aggredì.
“Bene, bene, e ora chi è il maleducato?” e lui se la rise. Sì gli piaceva stuzzicarla.
“Che cos’è quella cosa che hai in mano?” gli strappò dalle mani il suo piccolo quaderno, aprendolo.
“Sei una specie di artista?” domandò, mentre sfogliava le pagine del quaderno.
“Sono abbastanza belli...” non poté fare a meno di dire, mentre si sedeva su una sdraio di legno.
“Sì... sono molto belli...” affermò, mentre prendeva un foglio con disegnato sopra una donna che allattava il proprio bimbo.
“Akito, sono molto belli!” si complimentò con lui – che si era seduto accanto a lei.
“Non hanno avuto molto successo a Parigi...” rivelò, guardando il vuoto.
“Parigi?” non ci poteva credere.
“Wow hai viaggiato molto per essere povero!” esclamò, non accorgendosi di avere pronunciato la parola sbagliata.
“Beh... volevo dire... una persona non... molto agiata” si corresse quasi subito.
“Sì un poveraccio, lo so” non era per niente offeso.
Sfogliò ancora quel piccolo quaderno, finendo su una pagina con disegnato sopra una donna... mezza nuda.
“Bene, bene...” girò pagina, trovando un disegno simile.
“E... insomma gli hai fatti dal vivo?” ebbe il coraggio di domandare.
“Beh sì. È questa la cosa bella di Parigi...” se la rise.
“Questa donna ti piaceva... l’hai usata diverse volte...” notò. Non la riconobbe, per fortuna.
“ Le mani... mi piacevano le sue mani” le indicò le mani disegnate della giovane donna.
“Secondo me, siete stati insieme...” insinuò.
“No, solo con le sue mani” e lui negò, sorridendole.
“Una prostituta. Era una prostituta con una sola gamba” le rivelò. Lei lo guardò stupita.
Le fece vedere ogni suo disegno, raccontandole la storia che ci fosse dietro. Lei, per tutto il tempo, lo stette ad ascoltare. Perché? Semplice: era davvero molto interessata a tutte quelle storie. O forse perché lui gliele raccontava.
 “Sento lei...” finito il racconto, disse quella frase.
“ E quindi?” gli sorrise in modo dolce.
“Non si sarebbe buttata” affermò con un tono molto deciso. Perché? Semplice: ne era assai certo.
Non rispose. Quel ragazzo... la incuriosiva sempre di più.  
Forse, quello era l’inizio di una lunga storia. D’amore? Di amicizia? Ancora non si sapeva.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice: perdonate l’immensa attesa, ma ho avuto dei problemi, per cui non mi sono potuta mettere a scrivere. Per fortuna ho trovato questo piccolo momento per farlo.
Spero che la lunga attesa sia valsa la pena, cercherò comunque la prossima volta di non farvi attendere molto.
Vorrei, comunque, precisare due cose: quando Sana dice aliche, ho deciso di sbagliare volontariamente la frase, perché nel manga lei molto spesso sbaglia parole o modi di dire; la seconda è Hiroiko, ora non so se sia esistito veramente un imperatore con questo nome, ma facciamo finta di sì.
Alla prossima.
   
 
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