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Autore: Roxar    18/04/2016    1 recensioni
«Se ti sposo, ti rovinerò la vita».
Accettando la proposta di James, Lily non ha tenuto in conto le conseguenze di un matrimonio che sfida ogni convenzione sociale.
Adesso, suo malgrado, ne paga lo scotto.
«Se esci adesso dalla mia vita, non sono sicuro che ci sarà un modo per farti rientrare».
[James/Lily | Hurt/Comfort, Flangst]
Genere: Angst, Fluff, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Potter, Lily Evans | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Crew&Ship: Lily Evans, James Potter | James/Lily
Warnings: Hurt/Comfort, Flangst, Romance
Note: (Dopo la fanfic)

 

 

«Together we stand
Divided we fall.»
[Hey you, Pink Floyd]

____

 

 

«Non è stasera il Ballo di Primavera?»

Lily, che sta intrecciando i capelli ingrigiti di Euphemia1, si arresta nel mezzo di un movimento e solleva la testa. Un piccolo sorriso divertito le piega le labbra colorate da un filo di rossetto rosso fragola e che della fragola ha lo stesso sapore. «Il Ballo di Primavera?» chiede, è la prima volta che sente qualcosa del genere. James si stringe nelle spalle e le spiega che è un importante evento sociale, nel mondo dei maghi, dove le famiglie Purosangue introducono ufficialmente nella buona società le loro figlie maggiorenni.

«È solo un pretesto per darle in moglie al miglior partito» aggiunge poi irritato, guadagnandosi l'occhiata di rimprovero di Fleamont2, suo padre, che abbassa la Gazzetta del Profeta sulle ginocchia e assume un'aria vagamente meditabonda, come fosse perso in chissà quale ricordo. Lily, però, continua a sorridere. La trova un'idea decisamente antica, ma non per questo meno affascinante. Un tempo, anche nell'Inghilterra dei Babbani era abitudine dei nobili introdurre le loro figlie in società, quando avessero raggiunto l'età da marito. Immagina che quello debba essere uno dei pochissimi punti di contatto tra un mondo e l'altro. Però c'è qualcosa. Qualcosa di spigoloso che graffia sul fondo della sua comprensione, qualcosa che non sta riuscendo a cogliere, qualcosa di così lampante che la spinge a vergognarsi per non essere capace di vederlo, lì, proprio sotto al naso.

«Ci sei mai stato?» chiede e un po' si sente in imbarazzo. In momenti come questi, la consapevolezza di appartenere a due classi ben distinte è così acuta da farle quasi male. Rimpiange immediatamente d'aver parlato, soprattutto quando tutti e tre i Potter si irrigidiscono, come memori di un segreto scomodo che Lily ha involontariamente riportato a galla nelle loro menti.

«Solo una volta» risponde asciutto, accompagnandosi ad un sorriso appena accennato che le fa capire che la conversazione è chiusa.

«A che ora pensate di andare?» chiede invece, rivolgendosi a suo padre. Fleamont allora si sfila gli occhiali, li pulisce contro la veste per un tempo che sembra infinito e alla fine li poggia nuovamente sul ponte del naso, con fin troppa attenzione. Quando non può più temporeggiare, si limita solo a dire: «Quest'anno non siamo stati invitati».

Lily aggrotta la fronte e sposta lo sguardo dall'uno all'altro, ma la mano fresca e avvizzita di Euphemia le sfiora il fianco e un sussurro basso e rilassato la invita a continuare la treccia. Lily obbedisce, ma i gesti che seguono sono lenti e meccanici; la sua concentrazione è focalizzata sui due uomini di casa. Riesce a respirare l'improvvisa tensione che appesta il bel salotto dalle tinte chiare, adesso rischiarato dalla luce di qualche lume e dal fuoco che arde nell'immenso camino di marmo grigio. Non ha idea di quel che sta succedendo, naturalmente, ma una parte di sé non può fare a meno di sentirsi... responsabile. Il che è assurdo, perché lei non ha mai ficcato il naso negli affari dei Potter, né è sua intenzione farlo mai: Fleamont ed Euphemia le piacciono, la trattano come una di famiglia e non hanno mai avuto alcun problema con il sangue che le scorre in corpo. Lily non ha bisogno di altro. Eppure, pensa, eppure...

«Capisco» mormora James e Lily non può vederlo mentre i suoi occhi si appuntano alla sua schiena.

Lily annoda la treccia e la sistema delicatamente lungo la spalla destra della donna, che nel ringraziarla allunga la mano e la stringe sulla sua. È una presa delicata, ma solida. Lily ricambia con una piccola stretta d'intesa prima di sorridere, dirle che è un piacere poter fare qualcosa per lei e sistemarle nuovamente lo scialle di lana finissima sulle spalle. Adesso che è rivolta verso il camino e la luce aranciata del fuoco la illumina senza impedimenti, Lily è cosciente più che mai di quanto stia realmente male, di quanto entrambi i genitori di James siano provati sin nel profondo. Nonostante le cure che ricevono ogni giorno, è chiaro che il vaiolo di drago non è stato sradicato come si sperava. La loro pelle ha perso la tonalità verdastra sintomo della malattia, ma qualche crosta circolare continua a spuntare dal polsino di una camicia, dal colletto di una veste. Ce n'è una proprio adesso sul polso di Euphemia, ma Lily non si tira indietro. Sa che ogni rischio di contagio è stato estirpato dalla cura e, in ogni caso, non farebbe mai nulla che potrebbe ferire l'anziana signora. I coniugi Potter l'hanno accolta come una figlia e amata come tale; ha un tale debito di riconoscenza, nei loro confronti, che qualsiasi torto suonerebbe come un vero crimine. Forse è per questo che non sono stati invitati al Ballo, pensa. Per la loro malattia, per i pregiudizi che ancora la circondano.

«Lily, vieni» dice James di punto in bianco, alzandosi dalla sua poltrona e tendendole la mano. Lily l'afferra immediatamente, intrecciando le dita alle sue. «Andiamo a vedere a che punto sono gli elfi». La guida attraverso i corridoi che ormai lei conosce a menadito – tante sono state le volte che li ha percorsi con l'anziana padrona di casa aggrappata al suo braccio mentre gli uomini Potter discutevano o giocavano a carte – fino a spalancare una bella porta a vetri colorati che dà su un piccolo giardino posteriore. Gli elfi domestici impiegati in casa Potter stanno infilando dentro alcuni sacchi gli ultimi gnomi, eliminando ogni traccia di infestazione.

«Cosa ne faranno?» chiede incuriosita e vagamente in pena. Gli gnomi sono creature dispettose e raccapriccianti, però le dispiacerebbe se venissero uccisi. Fortunatamente, James le risponde che adesso verranno portati nel folto di un bosco, tramortiti e lasciati lì, così da non poter più trovare la strada di casa sua. Non appena finisce di spiegarlo, gli elfi si inchinano a James e con dei piccoli suoni guizzanti spariscono dalla vista, uno alla volta. L'aria del tardo pomeriggio è insolitamente calda, al punto che, pur essendo alla fine di marzo, nessuno dei due sente l'esigenza di Appellare il proprio mantello. Lily passeggia un po' tra le aiuole accuratamente tosate, sfiorando poi con le dita un'intera muraglia di gelsomini bianchi e profumati, accucciandosi infine davanti ad una piccola pianta di gigli in fiore. Chiaramente qualcuno ha manipolato le piante perché siano così rigogliose e fiorite ad appena inizio primavera. Stranamente, la trova una bella pensata. Quel giardino non sarebbe altrettanto delizioso e accogliente se le sue piante fossero meno in salute di così.

«E questi?» chiede e sfiora un giglio. «Sono abbastanza sicura che non c'erano, l'ultima volta».

James sbuffa una risata un po' imbarazzata, che traveste immediatamente di esasperazione. «Ammira, prego, l'ultima, eccellente Trasfigurazione di Sirius».

«Cos'era?» chiede ridendo.

«Una sigaretta. E mio padre era decisamente troppo vicino».

Lily ride anche più forte quando James aggiunge che Sirius aveva scelto quella pianta così non sentisse mai la mancanza di lei.

«Gentile da parte sua» dice, accettando la mano che James le offre per rimettersi in piedi. Lasciandosi scappare un sospiro, James preme un bacio sulla sommità della sua testa e infine vi appoggia il mento, fissando la campagna che si srotola, quieta e silenziosa, oltre il muricciolo di pietra e protetto da potenti incantesimi invisibili ad occhio nudo. Lily fa un debole verso di sorpresa; non è da James essere così affettuoso. Non in casa dei suoi, almeno. Contrariamente a quanto tutti pensano, James, ha scoperto, è abbastanza imbarazzato quando si tratta di sentimenti e relative manifestazioni. Davanti agli estranei, perfino davanti ai suoi amici, evita sempre accuratamente di concedere qualcosa di più articolato di un bacio veloce e approssimativo su un angolo di bocca. Quella è una scoperta che ancora la lascia stordita. Preme le mani contro le spalle di James, arriccia le dita fino a sentire il tessuto della sua camicia premere contro le unghie, ma non per allontanarlo, anzi per tenerlo vicino così ancora un po'. Perché, sebbene non lo ammetterebbe mai, le piace averlo vicino in quel modo. Le piacciono le piccole concessioni, le piccole eccezioni che a volte, non si sa come, riesce a strappargli. Proprio come adesso. Deve aver detto o fatto qualcosa che... Ah. Il Ballo.

«James» inizia piano, tirando indietro la testa per poterlo guardare. È cresciuto parecchio durante l'ultima estate, al punto che adesso è costretta a piegare quasi del tutto il collo per poterlo guardare in viso. «Che succede?» e mentre i suoi occhi verdi lo studiano e lo indagano, una mano scivola lungo la sua guancia e l'indice, alla fine, percorre il profilo dritto del suo naso. È più un gesto divertente che affettuoso; Lily sa che James lo detesta («Mi fa sentire un bambino. Dai, piantala! Lily!» aveva detto una volta, ma stava ridendo e lei non l'aveva preso minimamente sul serio) ed è solo un pretesto, adesso, per strappargli un sorriso. Tutta quella serietà non sta bene sul suo volto; lo stravolge, lo rende qualcuno che non è il ragazzo che ogni tanto, quando riesce a sgattaiolare di soppiatto in camera sua, le dorme accanto di notte e la stringe sempre un po' troppo forte.

«Niente» la rassicura, ma rotola via dalle sue labbra troppo velocemente, troppo bruscamente, rivelando quindi la palese menzogna. Lily si fa un po' scura in viso e scioglie l'abbraccio, eliminando qualsiasi contatto fisico. Detesta quando James si sente in diritto di mentirle per evitarle chissà quale dispiacere. Glielo ha ripetuto mille volte: se non vuole parlare di qualcosa, che glielo dica chiaramente, senza mentirle. Le fa male comunque, perché non può fare a meno di sentirsi tagliata fuori, ma non quanto una bugia tanto evidente. James deve star pensando la stessa cosa, perché sbuffa e le volta le spalle, avvicinandosi al muro di gelsomini. Ne tira via uno, lo annusa brevemente e poi se lo rigira tra le dita, con fare assente. Dietro di lui, Lily incrocia le braccia al petto, in attesa.

«La mia famiglia è stata tagliata fuori dalla società. Dall'alta società».

Lily aggrotta la fronte, non capisce. Ovviamente comprende la gravità della sua rivelazione, ma non ha idea del perché.

«Ma... che vuol dire? Tagliata fuori? Perché?»

«All'inizio, a causa di Sirius» spiega, staccando un petalo dal fiore e lasciando sul palmo, offrendolo alla brezza che immediatamente lo soffia via. «Dopo essere stato rinnegato dalla sua famiglia, è entrato a far parte della mia. Conosci i Black, puoi solo immaginare le ripercussioni. Molte famiglie ci hanno voltato le spalle, altre no».

Sì, Lily può perfettamente immaginare come e con quanto zelo i Black abbiano distrutto quello che restava della vita di Sirius. Ricorda ancora il loro ultimo anno a Hogwarts, le espressioni cupe che si susseguivano sui volti di James, Sirius, Remus e Peter, sempre più scure, sempre più frequenti, specialmente sotto le feste natalizie o pasquali. Ricorda il dolore che Sirius nascondeva sotto una superficie agitata di rabbia e disprezzo e che tuttavia sfuggiva al suo controllo ogni volta che incrociava suo fratello Regulus nei corridoi.

Inizia a comprendere solo ora i sottili meccanismi che muovono l'alta società magica. Sono arretrati e discriminatori, più di quanto abbia mai immaginato, non così dissimili da quelli in voga nel suo mondo due o tre secoli prima. Nel suo immaginario, l'avversione dei Purosangue nei confronti del resto del mondo era deprecabile, ma in qualche modo astratto, con conseguenze che sapeva esistessero, ma che erano lontane, sfocate. Si rende conto ora, che ascolta un racconto di prima mano, di quanto si sia sbagliata.

«Hai detto all'inizio. Cos'è successo, poi?»

James strappa brutalmente via i petali che restano, li getta nella corrente che soffia da est e si volta per fronteggiarla. Sembra invecchiato di dieci anni, è serio come raramente lo ha visto e i suoi occhi sono troppo, troppo duri. Assolutamente sconosciuti. Lily deglutisce e si costringe a non arretrare. È solo James, si rimprovera, dandosi della sciocca. Però, di colpo, non ha più alcuna voglia di sentire il resto del racconto. Non vuole più sapere nulla. Vuole andare da qualche parte, in una stanza buia, spingervi James all'interno e sprangare la porta. Vuole un posto fuori dal mondo, dove niente li possa raggiungere, dove niente possa far male. Il sorriso che emerge sulle labbra di James la spaventa.

«Mi sono fidanzato» dice molto semplicemente, ma il peso di quelle parole le si abbatte addosso come una condanna. Il peso delle tacite conseguenze è una mannaia che scende a staccarle la testa dal corpo. Com'è stata ingenua! Ma come ha potuto pensare di poter sposare James senza che questo avesse delle conseguenze? Se parte della buona società ha allontanato la sua famiglia solo per aver ospitato Sirius, era prevedibile e scontato che l'escludesse del tutto a causa di una come lei.

Ma io non sapevo, pensò frastornata. Come potevo sapere...?

«Ehi» la riprende aspramente, più di quanto intendesse fare. «Smettila. Qualsiasi cosa stia succedendo in quella tua testa, smettila. Niente di quanto è successo è colpa tua».

Lily lo fissa come se fosse impazzito. Come può non essere colpa sua? Se solo avesse saputo, non avrebbe mai acconsentito a farsi mettere quell'anello al dito! Lo sente bruciare contro la pelle, pesante, sgradevole. Lo immagina come una corda stretta intorno al collo di James, che lei stessa ha annodato. Dunque è per questo che ne stanno parlando solo ora. Se avessero affrontato il discorso prima, le cose adesso sarebbero ben diverse. Lily non può fare a meno di sentirsi ingannata. Dovevano esserci stati degli indizi, dei segni, ma era stata troppo impegnata ad essere felice per rendersene conto.

«Vuoi proprio farmi fare questo discorso, vero?»

«Quale discorso?» chiede affranta e si lascia cadere su una piccola panchina di legno verniciata di blu, fissando il sole che è un tondino arancione e brillante sospeso sulla linea dell'orizzonte. James le siede accanto, lancia un'occhiata alla porta e poi finge di rilassarsi contro lo schenale, allargandovi sopra le braccia. Con la punta delle dita sfiora una ciocca che è sfuggita all'elaborata pettinatura che Lily ha scelto per quella giornata, una treccia sapientemente sistemata e appuntata sulla nuca, che lascia scoperto il collo bianco e flessuoso, così sottile che quando James vi posa le mani le dita arrivano ad intrecciarsi.

«Quello in cui inizio a parlare di sentimenti e di quello che provo» replica, cerca di fare lo spiritoso per alleggerire il dramma intrinseco a quella conversazione, ma Lily non accenna neppure un sorriso. Avverte come un buco nel petto, come se una pallottola l'avesse attraversata da parte a parte, lasciandola vuota ed esposta. Si morde un labbro per ricacciare le lacrime che si stanno accumulando in fondo alla gola, schiacciandola e spezzandole il respiro. Improvvisamente, prova pena e commiserazione per se stessa. Si sente in diritto di sentirsi dispiaciuta per se stessa, per quello che il mondo della magia – la parte più oscura di esso – le ha fatto e continua a farle. Pensava che gli anni di Hogwarts, pieni di insulti e occhiate sprezzanti e attacchi non poi così discreti, fossero in qualche modo passati, che tutto quello che ha rischiato di distruggerla fosse ormai lontano, ma scopre adesso che fuori è anche peggio. Fuori non esistono le sottane di Dumbledore dietro cui ripararsi, non esiste la sua mano gentile posata sulla sua testa in una carezza leggera. Non esistono nemmeno più i suoi amici che la proteggono, perché adesso ognuno deve badare a proteggere se stesso, soprattutto coloro che sono in prima linea nella lotta contro Voldemort. Paradossalmente, nemmeno James può proteggerla, non tanto e bene come lui si illude di fare.

«La maggior parte dei Purosangue della mia età» inizia James, scuotendola un po' per una spalla come per allontanare da lei lo sciame dei suoi pensieri opprimenti e sempre più lugubri, «si sposa perché così gli viene ordinato dalla famiglia. Il padre della sposa solitamente incontra diversi capofamiglia di nobili e antiche casate, discute il prezzo della mano della sposa e alla fine stringe un accordo con il miglior offerente. I figli non hanno alcun diritto di scelta, o di parola: devono accettare quello che gli viene dato e se rifiutano... Be', hai visto che ne è stato di Sirius, anche se per motivi del tutto diversi, la storia non cambia.

«La mia famiglia non ha mai approvato questo genere di comportamento. Ma, a dirla tutta, i Potter sono sempre stati un po' sopra le righe, in fatto di regole e convenzioni sociali. Ci rispettano solo perché siamo una famiglia molto antica, legata nientemeno che a Ignotus Peverell, ma tutto finisce qui. Senza il legame con il Fratello, avremmo fatto una fine peggiore di quella dei Weasley. Non che ai miei sarebbe importato, comunque,» aggiunge velocemente, scoccandole un'occhiata in tralice. Suo malgrado, Lily pende dalle sue labbra. Quello che James sta raccontando è qualcosa che la interessa moltissimo, perché, prima di riguardare l'alta società, riguarda la sua famiglia. E non è che James ne parli molto volentieri, non per vergogna e neppure per disprezzo, anzi, esattamente il contrario: per pura gelosia.

«Ma tu li vedi: sono anziani e malati. Per tutto il tempo non hanno fatto altro che integrarsi e partecipare solo per amor mio, per garantirmi un buon futuro quando loro saranno morti». La schiettezza con cui James parla della fine inevitabile e troppo prossima dei suoi genitori le spezza il cuore, perché sa che sotto tanta determinazione c'è un terrore che a volte emerge nei suoi occhi e lo fa assomigliare ad un bambino disorientato che si è perso. Ma ancor di più, le si spezza il cuore perché lei, nel tempo di un sì, ha vanificato anni di lavoro da parte dei coniugi Potter.

«Ovviamente sono preoccupati per me. E non solo perché ho scelto di sposarti, anzi, quella è l'ultimo dei loro pensieri – senza offesa, è chiaro. No, in realtà sono preoccupati per quando, presto o tardi, si scoprirà che faccio parte dell'Ordine della Fenice, e stai sicura che lo scopriranno. Adesso mi rinnegano perché ho intenzione di sposare una Nata Babbana, ma quando sapranno che sto apertamente contro Voldemort–»

Lily alza una mano e scuote la testa. Non vuole che prosegua. Non vuole affrontare anche quel discorso. Le conseguenze del loro imminente matrimonio sono già abbastanza pesanti da gestire e accettare. James l'afferra e intreccia le dita alle sue, abbassando le loro mani giunge sul suo grembo.

«Quando sapranno che sto apertamente contro Voldemort cercheranno di uccidermi. Cercheranno di farlo sembrare un incidente. Non sarò più un Purosangue che ha rifiutato il suo titolo, ma un nemico da abbattere. Ma» scuote la testa e sorride un po', quasi vergognandosi, «non era di questo che volevo parlare. Sono partito per la tangente, tanto per cambiare. Quello che volevo dirti è che i miei genitori non mi hanno mai imposto niente. Avrebbero potuto, ma non l'hanno fatto. E io ti ho scelta non per gli obblighi sociali e neppure perché dovevo». Fa una piccola pausa, prende un respiro, ma quello che vuole dire fa fatica ad uscire. Lentamente, la linea dritta e triste della bocca di Lily inizia curvarsi in un sorriso esitante.

Lo vede mordersi un angolo di bocca e istintivamente allunga una mano per impedirglielo – sa che finirà inevitabilmente per lacerare la pelle e sanguinare. È una brutta valvola di sfogo che è intenzionata ad eliminare, in qualsiasi modo.

«Io ti ho scelta perché lo volevo» continua, ma non la guarda più. In realtà, sta fissando ad occhi socchiusi uno gnomo che è riuscito a sfuggire alla disinfestazione e ora si aggira furtivo lungo il muricciolo coperto di fiori, sghignazzando per averla fatta franca. James tira fuori la bacchetta. «Ti ho scelta per amore» conclude frettolosamente, quasi masticando le parole, e indirizza uno Schiantesimo di blanda potenza verso la creatura, che viene scaraventata lontano, oltre i confini della tenuta dei Potter. Un incantesimo sprecato, comunque; tornerà.

«Grazie» dice lei, sollevando gli occhi al cielo. «Il romanticismo sul finale mi ha commossa».

James si lascia scappare una piccola risata mentre rinfodera la bacchetta. «Devo aggiungere Schiantare gli gnomi alla lista Cose che Lily trova assolutamente romantiche» dice, ma torna serio quasi subito, sebbene una sfumatura di rosa acceso sulle guance tradisca il suo imbarazzo.

«Lo sai che adesso nessuno ti offrirà un lavoro, vero? Un buon lavoro, intendo. Per colpa mia». È un chiodo, quello, che negli ultimi minuti è stato battuto così tanto in profondità che non smetterà di badarvi chissà ancora per quanto. È uno di quelli, teme, che finirà per diventare dapprima un'ossessione, poi un grande rimorso.

«Fortuna che a me vada bene tutto, allora» ironizza. Ma Lily non ci trova niente di divertente.

«Se mi sposi, ti rovinerò la vita».

«Se non mi sposi, mi rovinerai la vita» rimbecca lui velocemente, testardo e quasi ostile.

«James, per favore».

«No, per favore tu, Lily. Tra un po', la società a cui sembri tanto impaziente di restituirmi si schiererà apertamente dalla parte di Voldemort. Non capisci? Sarei fuori a priori. E anche se così non fosse, io ti sposerei comunque. Non me ne frega niente del denaro, del prestigio, del nome, dei loro pregiudizi, del loro biasimo. A meno che...» e lascia cadere la voce nel silenzio, fissandola improvvisamente pieno di sospetto e apprensione. I suoi occhi si socchiudono un po', in un'espressione guardinga e cauta.

«A meno che?»

«A meno che tu non abbia cambiato idea e non hai il coraggio di dirmelo».

Lily ride. Non può farne a meno. Sa che non è il momento giusto – decisamente non lo è – ma James l'ha sparata così grossa che non può farne a meno. Che abbia i suoi dubbi e le sue insicurezze è del tutto normale, ma non può esternarli così spudoratamente, non quando è stata lei a proporre il matrimonio – il vuoto che sente in petto si allarga ancora un po' e pensa che, a voler essere precisi, è stata lei a scegliere James e non viceversa. Certo, potrebbe cogliere l'occasione e vanificare tutto per amore di James, per consentirgli di restare all'interno del mondo a cui appartiene, ma significherebbe mentire e Lily non ha alcuna intenzione di iniziare adesso.

«Ridi?»

«Ovviamente. Sono stata io a proporti di sposarmi, come diavolo puoi pensare una cosa del genere?»

James si stringe nelle spalle. Lily sospetta che quello sia un altro argomento che coinvolge sentimenti ed emozioni e che lui non è pronto ad affrontare, non ancora. Dopotutto, ha già dato abbastanza negli ultimi minuti. Di punto in bianco, Lily si rende conto che quello non è che solo l'inizio di un discorso che non può esaurirsi nello spazio di un tramonto. Il sole non si vede più, ormai. Restano aggrappati al cielo gli ultimi bagliori del crepuscolo, ben distanti dai colori lividi che sopraggiungono da oriente.

«Bene» esclama. «Allora non c'è alcun problema».

«James-»

«Mi hanno già portato via tutto» la interrompe bruscamente, seccato, e Lily sa che è pericolosamente vicino al perdere la pazienza. Sa che la loro conversazione civile sta incautamente pendendo verso un litigio violento. Sa anche che dovrebbe darci un taglio e magari riprendere l'argomento in tempi e con umori più sereni, ma non riesce a risolversi, né riesce a trovare una pausa in cui infilarsi per proporlo.

«Se ti tiri indietro, mi porteranno via anche l'unica cosa che mi resta, la più importante. Non posso costringerti a fare niente, Lily, e qualsiasi promessa si può infrangere se è il caso. La scelta è solo tua. Però t'avverto» e si alza, sentendo la necessità di sovrastarla. O forse ha semplicemente bisogno delle gambe per sorreggere il peso di quel che sta per arrivare. «Se esci adesso dalla mia vita, non sono sicuro che ci sarà un modo per farti rientrare».

Lily apre la bocca, prende un respiro per parlare, ma James sta già andando via, sbattendosi la porta dietro. Le spalle di Lily si afflosciano, sembra svuotata mentre si lascia andare contro lo schienale della panchina. Inizia a far freddo, adesso. In cielo non è rimasta che una pallida striscia di un arancione bruciato.

 

____

 

Sono appena le nove quando i coniugi Potter decidono di ritirarsi per la notte.

Nonostante cerchi di nasconderlo, è chiaro già a metà cena che non ce la fanno più. La loro pelle ha assunto una tonalità così pallida da contrastare con l'intrico di vene e arterie che pulsano sotto di essa, i loro occhi sono iniettati di sangue e sua madre è affaticata sebbene non abbia fatto altro che starsene seduta a tavola. I loro piatti sono ancora pieni per metà quando un paio di elfi si Materializzano e li conducono lungo le scale. James si agita sulla sedia, desideroso di aiutarli nonostante il tacito divieto ricevuto da un'occhiata del padre.

La stanza sembra già più grande, più vuota e più fredda.

Lily guarda la sua zuppa raffreddarsi nel piatto e quando finalmente trova il coraggio di guardare James, che le siede accanto, vede sul suo viso un tale dolore che, nonostante il confronto non proprio tranquillo di poco prima, allunga istintivamente una mano e la stringe sulla sua, forte, senza però che le unghie gli facciano male. James vi si aggrappa immediatamente e finalmente la guarda.

Non è solo triste. Non sta solo male.

James è disperato.

E qui e adesso, in questo preciso momento, in questo preciso luogo, Lily capisce che non può lasciarlo. Semplicemente, non può farlo. Il suo egoismo lo condannerà a tutta una serie di porte sbattute in faccia, ma forse sarà abbastanza da salvarlo da ben altri pericoli, sarà sufficiente da guardargli le spalle dai Mangiamorte quando la sua mente non sarà abbastanza lucida per farlo da sé. Forse il suo egoismo, questo suo volergli restare accanto con così tanta ostinazione, lo salverà da se stesso.

Se avranno fortuna, saranno entrambi condannati ad una bizzarra legge del contrappasso.

Inoltre, suggerisce un sussurro nel fondo della sua testa, ne è troppo innamorata per lasciarlo andare, dunque due volte egoista. Non è qualcosa a cui, adesso, riesce a pensare lucidamente. Ha bisogno di tempo e solitudine, ha bisogno di silenzio e buio per riflettere su quello che sta realmente accadendo. E poi, per puro esercizio d'immaginazione, per pura provocazione nei confronti dei suoi stessi sentimenti, prova ad immaginare una vita senza James.

Immagina di uscire da quella casa e di non farvi mai più ritorno. Immagina i giorni susseguirsi, la mancanza di James che la spacca da capo a piedi, in due metà incongrue e taglienti, che non torneranno mai più a combaciare perfettamente come prima. Immagina la negata voglia di contattarlo, una supplica stretta tra i denti, la federa bagnata dagli occhi che lacrimano e dalla bocca che l'azzanna per reprimere quell'urlo che ristagna sul fondo della gola. Non ha bisogno di andare oltre. Torna bruscamente in sé e batté velocemente le palpebre per ricacciare quelle lacrime che non le appartengono.

Senza dire niente ma in perfetta sincronia, si voltano e intrecciando le dita, chinandosi in avanti, fronte contro fronte. Non hanno che vent'anni e spalle troppo fragili per reggere il peso di quello che sta succedendo e, ancor di più, di quello che dovrà succedere. Non hanno che vent'anni e due bacchette per rivoluzionare il mondo. Ma, in qualche modo, devono farselo bastare. Dovrà essere sufficiente. Di punto in bianco, James si tira indietro, abbassa un po' la testa e preme la bocca contro la sua, le mani che lasciano le sue per piantarsi ai lati del suo collo ed averla ancora più vicina. La sta baciando come se fosse per l'ultima volta, come se quello fosse il loro ultimo bacio. E Lily vorrebbe dirgli che si sbaglia, che ha preso la sua scelta e che non vuole tornare indietro, che è pronta ad assumersi la responsabilità di quella scelta, che troverà un modo per perdonarsi e per venire a patti con quel futuro tanto incerto, ma poi pensa che non ce n'è bisogno, che James deve averlo capito comunque, perché la sua bocca perde l'iniziale frenesia e resta così, lieve e immobile, contro la sua. Lily arrossisce un po', perché, nonostante tutti i baci che si sono scambiati e tutte le volte che hanno condiviso il letto, quello è forse il gesto più intimo che si siano mai concessi. Prova una piccola vertigine alla bocca dello stomaco, si sente quasi cadere, ma poi stringe le mani e ricorda che quelle di James sono proprio lì, incastrate con le sue, pronte a sorreggerla.

E avere meno paura inizia ad essere un po' più facile.

 

___

 

Note al testo:

1. Stando a Pottermore, è il nome della madre di James Potter.
2. Again, secondo Pottermore è il nome del babbo di James Potter.

Qualche considerazione: Tornare a scrivere di James e Lily è stato... catartico. I miei lettori più vecchi lo sanno, i Jily sono la mia OTP suprema, quella che per molto, troppo tempo ho lasciato da parte, perché magari intrigata da altre e più nuove coppie. Ma, alla fine, in un modo o nell'altro, è sempre qui che torno. I Jily sono l'OTP-casa. Ciò detto, quanto avete letto è frutto di un'idea, di una bozza meglio, che ho recuperato in una vecchia cartella di Jily incomplete e, che volete, non ho saputo resistere dal riprenderla e stravolgerla, venendomene fuori con qualcosa di totalmente nuovo, scritto ex novo parola per parola – il che è solo positivo, perché le mie ultime pubblicazioni non sono state che restauri di roba vecchia, niente che sia venuto fuori sul momento.
Il Ballo di Primavera, naturalmente, è una mia licenza creativa. Partendo dal presupposto che l'alta società magica ha diversi punti di contatto con la vecchia società nobiliare inglese (leggere libretti Harmony ha avuto una sua utilità, dopotutto!) e che la maggior parte dei Purosangue siano tutto fuorché tolleranti nei confronti di chi è inferiore, ho pensato che era plausibile che il matrimonio di James e Lily avesse scatenato parecchi pettegolezzi e parecchie ripercussioni – come, appunto, quella di escludere i Potter da diverse cerchie ed avvenimenti sociali. Lo confesso: è un aspetto, questo, che mi intriga moltissimo e non escludo che possa tornare a sfruttarlo, in futuro.
Questo è quanto.
Ultimo ma non ultimo: la legge del contrappasso è, citando Wikipedia, "è un principio che regola la pena che colpisce i rei mediante il contrario della loro colpa o per analogia ad essa. È presente in numerosi contesti storici e letterari d'influenza religiosa, come ad esempio la Divina Commedia."
Ringrazio chiunque sia arrivato sin quaggiù, sperando che ne abbiate ricavato una buona lettura!

La vostra amichevole Rana di quartiere.

   
 
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