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Autore: Eralery    18/04/2016    4 recensioni
Cap3:
« Sai, qualcuno qui ha un cervello… »
« Stai parlando di me, vero? » 
« Stiamo parlando di qualcuno che ha un cervello, non di qualcuno che ha le capacità intellettive di un asticello » rispose Lily, godendosi appieno la faccia scandalizzata che James mise su.
« Su, almeno di uno Snaso! » esclamò, punto nel vivo. « L’asticello può essere Sirius, al massimo! »

Cap8:
« Punto primo: io non sbavo dietro Lily Evans » precisò James, con aria truce. « Punto secondo: nessuno è immune al fattore Potter, figurati se può repellere qualcuno! Punto terzo: vaffanculo, Padfoot, okay? Vaffanculo ».
Cap18:
« Non pensare di poterti liberare così facilmente di me ».
Lily rimase in silenzio per qualche secondo, prima di sospirare e sciogliersi in un piccolo sorriso.
« Suona un po’ come una minaccia… » commentò a voce bassa, facendolo ridacchiare.
« Oh, è una minaccia bella e buona ».

Cap20:
Lily avvertì la mano di James stringersi intorno alla propria e le loro dita intrecciarsi, ma non c’era traccia di imbarazzo o di incertezza in tutto ciò. Non vi era abituata, ma quando James, sempre sorridente, si girò verso di lei per dirle qualcosa, Lily, in tutta quella situazione, non riuscì a trovarvi neanche un difetto.
Genere: Guerra, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Mary MacDonald, Ordine della Fenice, Sirius Black | Coppie: James/Lily
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Under Their Scars'
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Capitolo XII
Hogsmeade

12-hogsmeade
« I wanna hide the truth
I wanna shelter you
But with the beast inside
There’s nowhere we can hide »
Imagine Dragons, Demons
 
Quando arrivò in Sala Grande, la trovò chiassosa come suo solito.
Gli studenti chiacchieravano ad alta voce, sapendo che in ogni caso le loro voci si sarebbero confuse con quelle degli altri mentre i professori presenti, seduti al loro tavolo in fondo alla Sala, mangiavano tranquillamente e discutevano di affari personali o di argomenti scolastici. Il soffitto incantato minacciava pioggia e, lanciando uno sguardo al portone, Mary poté notare che anche il tempo fuori non prometteva bene.
Speriamo che domani non piova – pensò, camminando tra i tavoli di Tassorosso e Grifondoro, per raggiungere Marlene McKinnon, della quale aveva appena scorto la chioma bionda.
Non erano molto amiche – Marlene poteva sembrare piuttosto frivola, vista da fuori, e Mary era sicura che fosse proprio quella la sua intenzione –, ma la ragazza sapeva essere simpatica e riusciva a farla divertire senza chiedere niente. Era decisamente singolare, per essere una Grifondoro: non aveva – o almeno non dimostrava di avere – le caratteristiche appartenenti a quella Casa, anche ne faceva parte, ma tutti sapevano che insinuare una cosa del genere davanti a lei significava trascorrere in Infermeria almeno una notte.
Marlene aveva i capelli biondi e gli occhi azzurri, più chiari di quelli di Mary, e un carattere allegro e vivace; a volte però s’incupiva, e lanciava delle rapide occhiate in direzione del tavolo di Serpeverde. Mary più di una volta aveva seguito il suo sguardo, ma aveva sempre fatto finta di niente: per quanto fosse rumorosa, infatti, Marlene non amava parlare di se stessa, e lei non voleva metterla a disagio.
« Ehi, Marlene » le sorrise, sedendosi di fronte alla ragazza.
L’altra sollevò il capo dalla copia di Strega Oggi che stava leggendo e ricambiò il suo sorriso, raggiante come al solito.
« Splendore, ciao! » la salutò di rimando, chiudendo la rivista e riponendola in borsa. « Come va la vita? »
« Oh, tutto bene » rispose Mary, spalmando della marmellata di mirtilli su una fetta di pane tostato. « Tu invece? »
« Benissimo! » trillò Marlene, entusiasta, facendola sorridere di rimando. Quella ragazza aveva quell’allegria contagiosa che ti contagiava, nel bene e nel male, perché, anche se a volte si oscurava, poi tornava a brillare, più accecante di prima.
« Come mai così felice? » le chiese, versandosi dell’acqua nel calice.
Mentre infilzava con la forchetta un pezzo di salsiccia, Marlene disse: « Hai presente Hopkins? Il Capitano di Tassorosso, per intenderci » - Mary annuì, capendo già dove volesse andare a parare l’altra. « Ecco: mi ha invitata ad uscire. Non è meraviglioso? Sì, insomma, Hopkins è un figo da paura. No? »
Lei rispose di sì, ma dal tono che la ragazza aveva usato sembrava quasi che volesse convincere se stessa di ciò e non la sua interlocutrice.
Chissà che ha – meditò, pensierosa, e si mise nel piatto un po’ di uova strapazzate.
« Tu invece con chi andrai ad Hogsmeade, Mary? » le domandò, distraendola dalle varie opzioni che si accavallavano nella mente dell’interpellata, che cercava di trovare un motivo al comportamento di Marlene.
« Oh » rispose Mary, sentendosi subito dopo una completa idiota. Si grattò i capelli dietro l’orecchio, come faceva sempre quando era nervosa, poi, sotto lo sguardo luccicante e azzurro di Marlene, aggiunse: « Con gli altri. Sai, James, Lily e tutti loro ».
Gli occhi dell’altra si spalancarono per pochi secondi, prima che la proprietaria si esibisse in un radioso sorriso a trentadue denti. Non sembrava stupida, solo molto allegra.
« Anche Sirius, eh? » le domandò con l’aria di chi la sapeva lunga, mentre Mary cercava in tutti i modi di mostrarsi perfettamente calma.
« Come? » fece allora lei, schiarendosi la voce.
« Non fare la finta tonta, Mary! » ridacchiò l’altra, bevendo poi un po’ di Succo di Zucca. Fatto ciò, posò il calice sul tavolo e la guardò un attimo prima di annuire. « Stareste bene assieme, molto carini ».
Mary s’impose di non arrossire miseramente – e dovette fallire completamente, visto il ghigno malizioso che comparve sulle labbra lucide e rosee di Marlene –, mentre scuoteva la testa con aria divertita e mandava giù un altro pezzo di pane e marmellata.
« Non dire stupidaggini » si risolse a dire, con la voce ancora un po’ roca. « Noi non stiamo insieme, Léne ».
« Ooh » ghignò Marlene, sistemandosi il fiocco che aveva usato per raccogliere in una coda i lunghi capelli biondi. « Non ancora » aggiunse, vedendo che Mary provava già a ribattere. « Lo sai anche tu che ho ragione! Come sempre, d’altronde ».
« Molto modesta » constatò Mary, ritrovandosi a sorridere.
« E molto bella, lo so. Be’, dopotutto sono io » rise Marlene, mandando una ciocca bionda dietro l’orecchio con un gesto volontariamente stupido e frivolo che la fece ridere.
Quest’ultima, però, si bloccò di colpo, guardando qualcosa oltre le spalle della bionda, che girò appena il capo per lanciare un’occhiata alle proprie spalle. Sorridendo, Marlene bevve l’ultimo sorso di Succo di Zucca e si alzò dal tavolo, afferrando la propria borsa.
« Be’, ci vediamo dopo, Mary! » poi si girò, e quando vide il nuovo arrivato ghignò. « Oh, Sirius, non ti avevo proprio visto! Ci si vede, ciao ciao! ».
« Qualcosa mi dice che mi aveva visto, invece » disse il ragazzo, osservando la schiena di Marlene che usciva dalla Sala Grande. Poi si sedette di fronte a Mary, sorridendole e scoprendo una chiostra di denti bianchissimi. « Parlavate di me, per caso? »
« Il mondo non gira intorno a te, Sirius » gli sorrise lei, spalmando della marmellata su un’altra fetta di pane tostato.
« E tu? »
« Neanche » rispose, lanciandogli uno sguardo di ammonimento, prima di allungare un braccio e afferrare la caraffa di Succo di Zucca.
« Nervosetta stamattina, mh? » la provocò, incrociando le braccia sul banco e sporgendosi in avanti, verso di lei.
« Per niente » rispose Mary, ricambiando l’occhiata divertita di Sirius con le sopracciglia inarcate.
« Davvero? A me sembra di sì ».
« Ti sbagli ».
« Ah, sì? » disse, e il ghigno sulle sue labbra parve allargarsi. « Allora perché stai continuando a versare del Succo di Zucca nel tuo bicchiere se questo è già pieno e a te, comunque, non piace il Succo di Zucca? »
Mary abbassò di colpo lo sguardo sulla brocca che aveva inclinato sul proprio calice per versarsi da bere – pensando fosse latte – e si accorse con orrore che Sirius non stava mentendo: il liquido arancione continuava a uscire dalla brocca e a espandersi sul tavolo. Imprecò mentalmente, affrettandosi a rimettere a posto il Succo di Zucca e cominciando a tamponare il tavolo di legno con un fazzoletto.
« Le grandi avventure di Mary MacDonald e il Succo di Zucca » la prese in giro Sirius, osservando con aria divertita le mani della ragazza che si muovevano frenetiche sulla tovaglia per rimediare almeno in parte al danno. Lei gli rivolse un’occhiata truce. « Dai, sta’ calma, non è un dramma ».
Allungò le mani verso quelle di Mary, e ne strinse i polsi tra le dita, spostandoli dalla macchia arancione. La ragazza, stizzita, come ringraziamento gli tirò addosso il fazzoletto bagnato.
« Ma come osi? » sbottò Sirius, prima di scoppiare a ridere. « Sei un’ingrata! »
Lei gli fece il verso, con una vocina stridula ed eccessivamente acuta, facendolo ridere ancora più forte, e alla fine anche Mary si ritrovò a ridacchiare, sotto lo sguardo allegro di lui. Quella mattina non aveva messo in programma di fermarsi a parlare con lei troppo a lungo, dal momento che negli ultimi giorni aveva deciso di mischiare le carte in tavola e iniziare dunque ad essere lui quello più sfuggente, tra i due, per farla capitolare definitivamente; tuttavia Remus, James e Peter non erano ancora pronti e, quando l’aveva vista seduta alla tavolata, non aveva saputo resistere. In tasca, inoltre, aveva ancora il regalo che doveva darle.
« Comunque, ti devo dare una cosa » disse infatti, catalizzando così tutta l’attenzione di Mary in pochi istanti.
Lei all’inizio parve sorpresa, poi sbiancò. « Cosa? Darmi una cosa? Ma io non ti ho preso ancora niente per Natale! Mancano quasi due settimane! »
« Stare zitta non ti piace, eh? » si lamentò Sirius, roteando gli occhi e infilandosi una mano in tasca. Frugò un attimo, poi chiuse le dita attorno alla stoffa e la tirò fuori. « E comunque neanche io ti ho comprato qualcosa ».
« E allor- ». La sua domanda morì prima che lei potesse finirla, perché tra le mani Sirius stringeva dei calzini rossi che lei aveva già visto. Solo che prima il destro aveva un buco sul tallone, dove invece adesso c’era ricamato un ramo di alloro verde. « Ma quelli non sono i miei calzini? » s’informò, allibita.
« Sì » rispose tranquillamente Sirius, come se avere un paio dei suoi calzini fosse la cosa più naturale del mondo.
« E perché tu hai i miei calzini? » domandò, alzando la voce e sentendosela parecchio acuta. Perché quei calzini poteva averli presi solo in un posto… il suo cassetto. E nel suo cassetto non c’erano, ovviamente, solo i calzini. Arrossì solo al pensiero – forse anche un po’ per l’indignazione. « Hai frugato tra le mie cose, Sirius? Giuro che ti uccid- ».
Mentre Mary si allungava sul tavolo per strangolarlo, lui si allontanò e poi le afferrò nuovamente le mani.
« Stai calma, Salazar  maledetto! Non ho frugato da nessuna parte, tranquillizzati! »
« E allora come hai fatto? » spiò ancora lei, per nulla convinta, assottigliando lo sguardo a due fessure azzurre.
« Potrei aver avuto un’aiutante ».
Mary non ci mise molto a capire, e qualche secondo dopo disse: « Miriam. Come ho fatto a non pensarci? »
« Risposta sbagliata, carina » le sorrise lui, palesemente soddisfatto. « Me li ha portati la Evans ».
Sirius si godette completamente lo spettacolo di Mary che lasciava cadere le braccia sul tavolo e spalancava la bocca in una piccola ‘o’. Aveva l’aria di qualcuno che era appena stato colpito in testa da un Bolide a cento chilometri orari – ed era davvero, davvero esilarante.
« Mi stai prendendo in giro, è ovvio » esalò alla fine Mary, scuotendo la testa.
« Assolutamente no, posso giurare sulla mia inconfutabile bellezza che è stata proprio la Evans a darmi questi » disse, e le sventolò sotto al naso i calzini, attirando lo sguardo di alcuni ragazzi, stupiti di vedere un paio di calzini a tavola.
« Okay » iniziò Mary, scandendo lentamente le parole. « Ora però dimmi perché te li ha dati Lily e perché tu li volevi ».
« Chiedilo a lei perché me li ha dati, io non ne ho idea; anzi, sono più stupito di te, visto che non siamo esattamente migliori amici » rispose lui, con una scrollata di spalle, lanciando poi un’occhiata a Lily Evans, che proprio in quel momento entrò in compagnia di Miriam e Kate. « E comunque mi servivano per decorarli, ovvio. Tieni, guarda! »
Così dicendo, le passò i calzini con un lancio corto, e lei li afferrò al volo. Li aprì sotto al tavolo, e sorrise vedendo quel che Sirius ne aveva fatto: erano davvero carini, con delle ghirlande natalizie tutte ricamate sul rosso acceso; sotto, sulla pianta del piede di ognuno, c’era addirittura scritto Merry Christmas.
« Per caso questo è l’anno dei calzini? » gli domandò, divertita, mettendo il regalo in borsa con un sorriso.
Ormai conosceva Sirius da sette anni e aveva imparato a proprie spese quanto il ragazzo adorasse il Natale e tutto ciò che lo riguardava. A dire il vero, era un po’ strano vederlo così felice per il Natale, visto che nella sua famiglia il cenone natalizio era una cena come un’altra e nulla più. Peter, una volta, aveva avanzato l’ipotesi che magari era proprio perché non piaceva alla sua famiglia che adorava così tanto il Natale – in poche parole, magari era una festa che non gli ricordava la sua famiglia.
Vederlo agitarsi in evidente visibilio, dunque, risultava davvero divertente: addobbava tutto, lui, dalle coperte alle manopole del bagno. Una volta aveva addirittura fatto comparire dei motivi natalizi ballerini sulla scorta di pergamene di tutti loro, che quindi avevano dovuto consegnare gli ultimi compiti del trimestre su di esse, dal momento che non ne avevano altre: Mary ricordava ancora il sopracciglio perfettamente inarcato della McGranitt quando aveva consegnato il tema sui Metamorfomagus, vergato su un foglio dai bordi decorati con rami di alloro.
« Esattamente » rispose Sirius, sorprendentemente serio. « Ritieniti fortunata, comunque, perché sono pochi gli eletti che possono sfoggiare i miei calzini firmati ».
« Oh, immagino » disse lei, fingendosi molto seria, sorseggiando del latte.
« Ti piacciono? » le chiese lui dopo un po’.
Mary distese le labbra in un sorriso intenerito – e si sentì così scema, per l’effetto che Sirius aveva su di lei.
« Molto » rispose con sincerità, unendo le proprie mani e torturandosele dal nervosismo che si era appena impossessato di lei, facendolo sorridere.
Mary si distrasse un attimo nell’osservare il suo sorriso, mentre il ricordo delle sue labbra sulle sue tornava lentamente a galla. Sirius però dovette intercettare il suo sguardo e capire a cosa stava pensando, perché, se possibile, il suo sorriso si allargò.
« Ehi, ti va di fare un giro nel parco? » le domandò di punto in bianco, indicando il portone.
Mary inarcò le sopracciglia, guardandolo come se fosse impazzito. « Sta per piovere ».
« Tsk » sbuffò Sirius, facendo l’altezzoso. « Sala Comune? »
« Molto meglio ».
 
*
 
Peter salutò il gruppo di amici, allontanandosi in direzione di Christine Caldwell, la ragazza di Tassorosso del quinto anno che aveva conosciuto al Club degli Scacchi. Si frequentavano ormai da un mese, ma James, Remus e Sirius non l’avevano ancora conosciuta, l’avevano solo vista e salutata ogni tanto. Non era particolarmente alta, ma aveva un viso grazioso dagli occhi marroni e dei capelli castani che le arrivavano appena sotto le spalle.
Si salutarono con un bacio a stampo e lei arrossì leggermente, afferrandogli la mano con la propria e sorridendogli con affetto.
Lily sorrise alla vista di una scena tanto tenera e, mentre quei due uscivano dal castello e si incamminavano verso il villaggio, raggiunse gli altri Malandrini insieme a Mary. Anche Miriam, come al solito, era stata invitata ad Hogsmeade da qualcuno: ci sarebbe andata assieme a Kevin Smith, uno dei Cacciatori di Grifondoro, che, secondo tutte loro, sarebbe anche potuto diventare il suo primo effettivo ragazzo.
« Ehi, ragazze » le salutò Remus non appena li ebbero raggiunti.
« Ehi » lo salutarono loro di rimando.
James passò un braccio attorno alle spalle di Mary e le scoccò un bacio sulla guancia prima di scompigliarle leggermente i capelli. Lei sbuffò e si divincolò dalla sua stretta, cercando di sistemarsi i capelli e facendolo ridere.
« Ciao, Lily » disse poi, rivolgendo un sorriso all’altra ragazza.
« Ciao a tutte e due! » le salutò Sirius, allargando le braccia come se volesse stringerle in un abbraccio. Mary ridacchiò e gli diede una gomitata sotto le costole. « Vuoi smetterla di picchiarmi, per favore? »
Lei gli lanciò un’occhiata in tralice e cominciò a camminare fuori dal castello; Sirius sospirò e l’affiancò, seguito dagli altri tre.
« Voi dovete andare da qualche parte in particolare? » domandò Remus.
Tutti quanti negarono, tranne Mary, che disse di dover fare un salto da Scrivenshaft per comprare della carta da lettere e altri articoli di cartoleria. Sotto lo sguardo sornione dei tre amici, Sirius si offrì di accompagnarla, così lui e Mary, una volta arrivati al villaggio, si separarono dagli altri e si avviarono verso il negozio.
Remus, Lily e James decisero, dopo una breve passeggiata lungo la via principale di Hogsmeade per dare qualche occhiata alle vetrine, di recarsi ai Tre Manici di Scopa per bere qualcosa di caldo e rilassarsi.
Erano quasi arrivati quando Remus scorse Emmeline a qualche metro di distanza. I capelli biondi erano raccolti in una treccia e indossava un berretto di lana rosso, abbinato al cappotto che le arrivava a metà coscia; aveva le guance arrossate dal freddo e continuava a sbattere nervosamente il piede destro a terra, rendendo la scena abbastanza buffa.
« Vado un attimo a salutare Emmeline » disse agli altri due, allontanandosi subito dopo.
James ghignò appena e afferrò Lily per il polso; non appena fu sicuro che Remus non si sarebbe girato, corse via trascinandosi dietro la ragazza. Si fermò dentro Mielandia, dove si girò finalmente verso la ragazza: lo guardava stralunata, e ne aveva tutte le ragioni.
« Sei totalmente impazzito? » gli domandò, confusa.
« Forse » rispose lui con un sorriso allegro. « Ma credo che Remus mi ringrazierà, una volta tornati a Hogwarts ».
Lily lo guardò un attimo perplessa, ma quando ripensò agli ultimi minuti trascorsi il suo viso s’illuminò di comprensione: fuori dalla vetrina, infatti, il loro amico si era fermato di fronte alla ragazza bionda che aveva nominato poco prima e i due avevano già iniziato a parlare tranquillamente.
« E così… Emmeline, eh? » chiese, sorridendo e iniziando a girare per i reparti del negozio.
« Sembrerebbe » annuì lui, seguendola e osservando a sua volta gli scaffali pieni di dolciumi.
« Lei è una brava ragazza, starebbero bene insieme ».
« Divertente come tu abbia sempre una bella parola per tutti, e mai per me » scherzò James, afferrando una confezione di Toporagni Ghiacciati. Ci pensò su un attimo e poi la rimise a posto – con il clima freddo che c’era fuori, non erano la scelta migliore.
« Oh, ma smettila » fece lei, lanciandogli una breve occhiata. « Fai così solo perché vuoi sentirti dire che non ti odio ».
« Come puoi avere una così scarsa considerazione di me? » disse lui. « Arrivare ad usare dei simili mezzucci per farmi dire che non mi odi… io, poi! Come se non sapessi già che ormai mi adori e non puoi più fare a meno di me. Non che io non ti capisca, ovviamente: non oso immaginare quanto tu possa sentirti devastata quando non sei in compagnia della mia magnifica persona » continuò, ironico, portandosi una mano al cuore con aria melodrammatica.
Lily scoppiò a ridere e scosse la testa, allontanandosi verso un altro reparto, e lui la seguì subito dopo.
« Idiota » sbuffò lei, portandosi con una mano i capelli rossi su una spalla sola e lanciandogli un’occhiata in tralice, divertita.
« Penso sia una delle parole più  dolci che tu mi abbia mai rivolto. Forse dovrei segnarmelo sul calendario ».
« James! »
« Sì? » domandò lui, con uno sguardo fintamente innocente, facendola sospirare e ridacchiare allo stesso tempo.
« Smettila ».
James ghignò, divertito, mentre Lily afferrava una confezione di Cioccorane e si dirigeva verso la cassa, cercando di evitare quella conversazione.
Non lo avrebbe mai ammesso, ma James aveva ragione: lei lo aveva davvero trattato male per la maggior parte del loro soggiorno a Hogwarts. Però, a sua discolpa, bisognava anche dire che lui se l’era cercata: per i primi cinque anni si era sempre comportato come un perfetto idiota, si sarebbe dovuto aspettare che non tutti si sarebbero lasciati fregare solo dal suo bel viso.
« Fanno tre galeoni » le disse la commessa alla cassa.
Lily annuì e fece per tirare fuori i soldi, ma James fu più veloce e porse alla cassiera i soldi che aveva richiesto. Quella le porse il sacchetto e James la spinse via, posandole una mano sulla schiena e spingendola verso la porta.
Quando uscirono, Lily lo guardò con un sopracciglio inarcato.
« Cos’era quello? » gli chiese inquisitoria.
« Quello cosa? » replicò innocentemente James, passandosi una mano tra i capelli neri.
« Lo sai » sbuffò Lily, ancora contrariata. « Non avresti dovuto pagare per me ».
« Di solito si dice grazie » le ricordò lui con un sorriso; sapeva che la ragazza non se la sarebbe presa perché – se ne era reso conto con gioia e stupore al contempo – ormai avevano entrambi imparato a conoscere e capire il senso dell’umorismo l’uno dell’altra.
« Grazie, ma non dovevi! » disse Lily, e dal suo tono il ragazzo capì che, per quanto avesse apprezzato il suo gesto, non sarebbe retrocessa dalla propria posizione: dopotutto, era anche questo lato di lei a piacergli, il suo essere testarda anche più di lui.
« Volevo farlo ».
« Perché? » domandò, ora curiosa.
« Perché siamo amici » le rispose semplicemente lui, stringendosi nelle spalle.
Lily lo guardò un attimo senza espressione, presa in contropiede, prima di sciogliersi in un sorriso raggiante e afferrare il braccio che il ragazzo le stava porgendo, le guance un po’ rosse ma gli occhi brillanti.
Dovendo passare ogni settimana almeno una serata insieme, aveva deciso ormai da tempo di deporre le proprie armi e dargli una chance per dimostrarle che non era solo un grande pallone gonfiato, imparando così a conoscerlo meglio.
Durante le ultime ronde, lui le aveva parlato della sua infanzia, che era figlio unico ma che considerava Mary come una sorella, e così l’avevano sempre pensata anche i suoi genitori. Lei invece gli aveva raccontato di sua sorella Petunia, di come prima fossero state migliori amiche e, dopo che ebbe ricevuto la propria lettera di ammissione a Hogwarts, le cose fossero drasticamente cambiate.
Si erano confidati alcune delle proprie paure – ora, ad esempio, sapeva che James aveva paura dei ragni – e si erano raccontati molte figuracce che avevano fatto in tutti quegli anni: ricordava ancora come James avesse riso ininterrottamente per almeno cinque minuti quando lei gli disse che, la prima volta che mise piede a Diagon Alley, era caduta per terra perché non riusciva a guardare dove metteva i piedi, tanto era affascinata da quel mondo che le aveva appena aperto le porte.
Era bello avere di nuovo qualcuno con cui parlare di tutto: certo, Mary era la sua migliore amica, ma il rapporto nato tra lei e James negli ultimi mesi, benché ancora in crescita, era diverso. Non sapeva bene perché, ma avvertiva chiaramente la differenza tra l’amicizia con Mary e quella con James. Lily se ne resa seriamente conto da poco, poi, ma aveva ormai compreso perché Silente avesse scelto proprio lui come Caposcuola: oltre a essere cresciuto, era anche molto apprezzato dalla studentesca, sulla quale riusciva ad avere una certa influenza grazie al proprio carisma.
Mentre pensava a tutto ciò, Lily aprì la confezione di Cioccorane e ne prese due, porgendone una a James. Il suo sorriso si allargò quando la prese e cominciò a scartarla, dopo averla ringraziata; il ragazzo si mise in bocca la Cioccorana prima che quella potesse scappare via e subito dopo la guardò, incuriosito.
« Alla fine l’altro ieri non mi hai più detto perché ti piacciono così tanto le Cioccorane! » esclamò, riferendosi alla loro ultima ronda assieme: Lily si era portata dietro qualche Cioccorana anche allora e lui le aveva chiesto come mai.
La ragazza si strinse nelle spalle, sorridendo e dando un morso alla propria. Una volta mandato giù il cioccolato, lanciò un’occhiata al resto del dolcetto che stringeva tra le mani e gli rispose.
« Io sono figlia di Babbani » cominciò, riportando lo sguardo su di lui. « Anche noi abbiamo i dolci, certo, ma i nostri non si muovono. All’inizio, quando ho ricevuto la mia lettera… io non ci credevo. Insomma, ero cresciuta sentendomi dire che la magia non esisteva davvero, puoi ben capire che fossi un po’ scettica. Poteva essere tutto un trucco, tutta una bugia. Le Cioccorane no. I dolci non si muovono, non si potrebbero mai muovere senza magia ».
James la guardò in silenzio per qualche secondo, prima di annuire.
« Quindi… ti piacciono così tanto perché sono la prima cosa magica che hai visto? »
« No, non la prima cosa magica che ho visto » rispose lei. « Mi piacciono perché dopo averle viste ho capito che la magia esisteva, che non era una menzogna ».
« Capisco » commentò James, pensieroso.
« Cos’è quella faccia? » gli chiese, le guance un po’ rosse, avendo paura di essere considerata una ragazzina.
« Niente di che » rispose lui all’inizio, ma poi la guardò realmente perplesso. « Sul serio i dolci babbani non si muovono? »
« Già ».
« Non fanno niente? » insistette lui, sempre più curioso.
« Niente di niente » gli assicurò sorridendo.
« Ma allora che divertimento c’è! » esclamò lui, a dir poco allucinato, dopo qualche attimo di smarrimento in cui rimase in silenzio.
James arrossì leggermente e si passò una mano tra i capelli non appena la vide scoppiare a ridere di gusto.
 

« Ehi, Emmeline! » la salutò Remus non appena le fu abbastanza vicino.
Lei si girò di scatto nella sua direzione e gli sorrise con gentilezza. Forse non si aspettava che lui la fermasse lì, in mezzo alla strada gremita di gente, ma il ragazzo aveva pensato che sarebbe stato carino farlo, soprattutto dal momento che lei, qualche tempo prima, era addirittura andata a trovarlo in Infermeria.
« Oh! » esclamò Emmeline appena lo vide. « Ciao, Remus! »
« Sei da sola? » le domandò, guardandosi attorno e non vedendo nessuno della sua cerchia di amici.
La ragazza annuì e si strinse nelle spalle.
« In realtà sì » ammise. « Dovevo vedermi con Dorcas e Sarah, ma a quanto pare mi hanno dato buca. Tu, invece? »
« No, io sono con… » cominciò Remus, ma, quando si girò verso il punto dove aveva lasciato James e Lily giusto due minuti prima, si accorse che i due se ne erano andati. « Be’, ero con alcuni miei amici, ma a quanto pare mi hanno lasciato qui » finì, imbarazzato, grattandosi la nuca.
Emmeline rise e, quando gli propose di passare il pomeriggio insieme, Remus acconsentì senza pensarci due volte. S’incamminarono per una delle strade secondarie di Hogsmeade piena di negozi e che finiva in cui giardino completamente innevato.
« Come mai le tue amiche ti hanno dato buca? » le domandò per spezzare il silenzio.
Lei spostò lo sguardo dalla vetrina che stava osservando al viso di Remus e sospirò, stringendosi appena nelle spalle.
« Probabilmente Dorcas non aveva voglia di lasciare la Sala Comune, e sono piuttosto sicura che Sarah sia da qualche parte con Luke McDougal » rispose, osservando la vetrina di un altro negozio. « I tuoi amici invece? Perché ti hanno lasciato da solo? »
« Peter è con Christine Caldwell, mentre Sirius ha accompagnato Mary da Scrivenshaft, quindi eravamo rimasti solo io, James e Lily » disse Remus, affianco a lei. « Non mi sorprenderebbe scoprire che James volesse passare un po’ di tempo da solo con lei ».
Emmeline scoppiò a ridere e lui non poté trattenersi dal seguire il suo esempio. La presenza della Corvonero era sempre piacevole, così come lo era spendere del tempo a chiacchierare con lei; sapeva trovare le parole giuste anche quando gli altri non ci riuscivano e sapeva sempre quali domande fare e quali no. Inoltre, Remus adorava sentirla ridere, perché quel suono dolce e vibrante gli ricordava un po’ la risata di sua madre Hope.
« Il nostro Caposcuola si è preso proprio una bella sbandata, eh? »
« Oh, sì ».
« Aah, l’amore! » esclamò Emmeline, a metà tra il sognante e il divertito. « Mi ricordo ancora quella mattina a colazione, quando ha detto a tutta la scuola che avrebbe voluto essere il suo calice solo per poter toccare le sue labbra » continuò, finendo la frase con una poco fedele imitazione del James di anni fa – lui, però, la trovo divertente ugualmente.
Ripensò infatti a quella mattina di due anni prima e a come James si era alzato in piedi sulla panca e aveva esternato per l’ennesima volta i propri sentimenti per Lily, il cui viso era diventato più rosso dei suoi capelli – Remus non avrebbe saputo dire se per la rabbia o per l’imbarazzo.
Un’altra cosa di quella mattina che non avrebbe dimenticato era Mary che rideva a crepapelle appoggiata a Sirius e le diceva di darsi una calmata, facendo arrabbiare ancora di più Lily, che, dopo aver urlato contro James, le aveva rabbiosamente consigliato di farsi gli affari propri.
« Lei non lo aveva esattamente apprezzato » commentò Remus, divertito.
« Ammetto che i mezzi di James Potter non siano molto ortodossi » disse Emmeline con una risata. « Ma bisogna anche dire che ha certo stile ».
« Sa farsi notare ».
« Farsi notare? » domandò ironicamente lei, inarcando le sopracciglia. « Remus, quel ragazzo è come una calamita per le attenzioni della gente. Riesce a far parlare di sé per qualunque motivo! »
« Abbastanza, direi » convenne il ragazzo con un sorrisetto: effettivamente James era sempre stato, nel bene o nel male, uno dei ragazzi più popolari del castello. Forse non era bello quanto Sirius, forse non era il ragazzo con i voti più alti della scuola, ma era ugualmente un ragazzo che si faceva notare, anche senza farlo apposta: Emmeline aveva ragione quando lo definiva “una calamita per le attenzioni della gente”, perché era la pura verità. Che fosse per il suo talento nel Quidditch, per tutte le malandrinate che aveva coordinato negli anni o semplicemente per il suo essere sempre allegro e spigliato, James era benvoluto da quasi tutti gli studenti e lo sapeva bene.
« Devo ammettere, però » cominciò Emmeline, camminando a fianco a lui mentre il cielo si incupiva leggermente, « che all’inizio pensavo che prima o poi si sarebbe fidanzato con Mary MacDonald ».
Remus pensò a James e Mary insieme come coppia e storse il naso: per quanto quei due si amassero, non lo facevano in quel senso.
Il loro era un amore puramente fraterno, che andava oltre l’amicizia ma non toccava l’amore: erano indispensabili l’uno per l’altra, ma nessuno dei due aveva mai pensato all’altro come un potenziale partner, questo Remus lo sapeva con certezza. Soprattutto visto che, a quanto pareva, a James piacevano le ragazze dai capelli rossi mentre Mary aveva un debole per gli occhi grigi… o forse, più semplicemente, si erano presi entrambi una gran bella sbandata per due persone che, casualmente, corrispondevano proprio a tali caratteristiche.
« Forse da fuori possono sembrare la coppia perfetta, ma non lo sono » commentò infatti Remus, pensieroso. « Mary e James sono troppo uguali per poter coesistere come coppia. James ha bisogno di una persona che sappia tenerlo al proprio posto e non lo tenti ancora di più nell’organizzare scherzi: una ragazza più come Lily. Mary invece è un’incognita, spesso ho l’impressione che neanche lei sappia davvero di cosa abbia bisogno… so solo che è testarda come un mulo, e, a mio modesto parere, le farebbe comodo avere qualcuno che sia in grado di tenerle testa ogni volta ».
Emmeline annuì, non sapendo cosa rispondere: d’altro canto, lei non conosceva molto bene gli amici di Remus, perciò non aveva molto da dire. Gli piaceva sentirlo parlare di loro, perché quando lo faceva gli brillavano gli occhi e sorrideva senza neanche accorgersene, ma lei a volte si sentiva un po’ a disagio.
« E tu, invece, di cosa hai bisogno? » gli chiese per cambiare discorso, senza doppi fini, girando leggermente il viso verso di lui.
Remus rimase in silenzio a lungo dopo quella domanda. Se doveva essere onesto, non ci aveva mai riflettuto; tenendo conto della propria condizione, non aveva mai neanche pensato di potersi assumere il rischio di avere una vera ragazza. Si era sempre accontentato di semplici storielle di poco conto, un po’ perché non voleva che qualcuna s’innamorasse davvero di lui e un po’ perché, in fondo, nessuna aveva mai destato il suo interesse a un punto tale da fargli desiderare un rapporto più profondo.
Pensò dunque a quello di cui avrebbe avuto bisogno se non fosse stato un licantropo: non ci riuscì. Lanciò un’occhiata a Emmeline e si ritrovò ad arrossire leggermente, perché era carina, gentile e intelligente: era esattamente come la ragazza che gli sarebbe piaciuto avere, se non fosse stato quello che era.
« Penso di non averlo ancora capito » mentì, guardando dritto davanti a sé.
La neve aveva cominciato a scendere, lieve e bianca, dal cielo e si stava depositando lentamente sul suolo. Stretta nel suo cappotto nero, Emmeline spiccava ancora di più in quel candore quasi surreale.
« Davvero? » gli chiese lei, sorpresa, ora più interessata al discorso. « Neanche un’idea? »
Remus scosse la testa con convinzione.
« Perché, tu sì? » replicò lui poco dopo, inclinando la testa di lato.
« Be’, non ho grandi pretese » rispose Emmeline con una scrollata di spalle. « Di solito, se mi innamoro di qualcuno, mi innamoro e basta. Non perdo tempo a guardare i difetti o i pregi, perché se ti amo, ti amo per quel che sei ».
« Ma se quella persona avesse dei grandissimi difetti? » domandò Remus, che si sentì la gola terribilmente secca: non gli piaceva la piega che stava prendendo quel discorso, eppure non riusciva a soffocare la voglia di sapere cosa passasse per la testa di Emmeline.
« Le persone non sono perfette, ma questo non vuol dire che non meritino di essere amate ».
« A volte però non è così semplice » insistette Remus, tentennante. « Nessuno è perfetto, è vero, ma ci sono difetti peggiori degli altri ».
Emmeline lo guardò, stralunata. Inarcò le sopracciglia, tornando a guardare dove metteva i piedi, mentre qualche fiocco di neve le si posò sulla treccia e sul cappello.
« Sono del parere che se ami davvero qualcuno, i suoi difetti non contano nulla ».
« Tu hai una visione decisamente ottimista dell’amore, sai, Emmeline? »
Lei ridacchiò e allargò leggermente le braccia, come se si stesse scusando pubblicamente. Dopodiché nascose nuovamente le mani nelle tasche del cappotto, reprimendo appena un brivido.
« Sono una romanticona » ammise candidamente lei con una risatina. « Ma credo che la vita sia troppo breve per non rischiare, almeno in amore ».
Dopo aver ascoltato la risposta di Emmeline, Remus riuscì finalmente a trovare la forza per cambiare discorso. Più guardava la ragazza accanto a lui, infatti, e più pensava che non doveva assolutamente farsi strane idee sul suo conto.  
Non ritrovò i suoi amici per tutto il resto del pomeriggio e si chiese se potesse anche solo sperare di poter rivedere James vivo e vegeto dopo un intero pomeriggio con Lily. Anche Sirius e Mary non si erano più fatti vedere, ma a dire il vero, dopo la sua ultima discussione insieme alla ragazza proprio sulla loro situazione, non aveva granché voglia di sapere cosa stavano facendo esattamente.
Ad ogni modo, quando aveva cominciato a nevicare in maniera eccessiva lui ed Emmeline avevano deciso di avviarsi verso il castello. Continuarono a chiacchierare del più e del meno fino all’ingresso della Sala Comune di Corvonero, dove Remus si era gentilmente offerto di accompagnarla. Lì si erano salutati e lui era tornato nella propria, di Sala Comune.
Quando salì in camera, vi trovò già James e Sirius. Sdraiati ognuno sul proprio letto, continuavano a fare battute su qualche studente – se Remus aveva sentito bene i nomi, stavano parlando di alcuni Serpeverde.
« Moony! » esclamò James quando, dopo che Remus si chiuse la porta alle spalle, si accorse della sua presenza.
« Ehi, ragazzi » li salutò lui, sbottonandosi la giacca e posandola poi su una sedia vicino alla porta. « Dov’eravate finiti? Non vi ho più visti ».
Sirius si scambiò un’occhiata d’intesa con James prima di rispondergli.
« Io ero con Mary. Siamo andati da Scrivenshaft, poi abbiamo incontrato James e Lily ai Tre Manici di Scopa e siamo rimasti là tutto il pomeriggio ».
« Oh, eravate ai Tre Manici? » chiese Remus, dandosi mentalmente dell’idiota: non aveva pensato di controllare all’interno del locale.
James annuì, cercando di nascondere un sorrisetto soddisfatto.
« Visto che faceva freddo, io e Lily abbiamo deciso di prendere posto e aspettarti dentro » rispose. « Poi, dato che non tornavi, abbiamo pensato che forse avevi deciso di passare il resto del pomeriggio con Emmeline. Perché sei stato con lei, no? »
« Sì, abbiamo fatto un giro per Hogsmeade insieme » disse lui sorridendo appena. James e Sirius si lanciarono un’altra occhiata, ma questa volta Remus li vide e inarcò le sopracciglia: quei due stavano tramando qualcosa, ne era sicuro. « Che succede? » domandò, inquisitorio.
« Nulla » sviò James, stringendosi nelle spalle con finta noncuranza. « Com’è andata con lei? »
E all’improvviso Remus capì.
Lui e Lily non erano entrati ai Tre Manici di Scopa per aspettarlo, ma per lasciarlo da solo con Emmeline. Il pomeriggio era stato piacevole, ma la cosa lo intristì.
Se solo non fosse stato un lupo mannaro, forse quel pomeriggio sarebbe stato ancora più piacevole e, alla fine, avrebbe anche ringraziato i suoi amici per averli lasciati da soli. Eppure… durante quel pomeriggio aveva capito di provare qualcosa per Emmeline che andava ben oltre l’amicizia, ma, nonostante tutte le bellissime parole che lei gli aveva detto, lui sapeva di non meritare una ragazza come lei.
Emmeline era davvero una ragazza fantastica, e meritava molto di più. Remus riusciva a immaginarsela felice e sposata a prendersi cura di suo figlio, in attesa che il marito rincasasse, in una bella casa accogliente – tutte cose che lui non avrebbe mai potuto promettere a qualcuno.
La cosa non lo aveva mai preoccupato eccessivamente, poiché era cresciuto con questa consapevolezza; ma pensarci ogni volta che incrociava lo sguardo di Emmeline… ecco, in quei casi quel semplice pensiero riusciva a fargli più male di quanto avesse pensato.
« Lo avete fatto apposta, vero? »
James gli lanciò uno sguardo di scuse.
« Lo abbiamo fatto per te! » si difese. « Si vede lontano un miglio che vi piacete! »
« Se anche fosse » disse Remus con un sospiro. « questo non cambierebbe le cose. Io sono ciò che sono, non posso farle una cosa del genere. Lo faccio per lei: sarà più felice con un altro ragazzo. Può avere di meglio, molto di meglio ».
« Moony… » cominciò Sirius, ponendo fine al suo monologo. « Non dire così. Tu sei una bravissima persona, sei intelligente, gentile… Sei tutto quello che una ragazza potrebbe mai desiderare! »
Remus si sedette sul proprio letto e si sfilò le scarpe. Sospirò, lanciando un’occhiata ai suoi due amici: James continuava ad annuire alle parole di Sirius, che invece lo guardava con un sorriso incoraggiante.
« Io sono un lupo mannaro » disse infine. « Nessuna ragazza desidererebbe mai avere un lupo mannaro come fidanzato ».
« Moony… »
« Non posso e basta ».
 
 

Note:
Hola chicossss! Come state? Io personalmente sono stressatissima, mercoledì ho la simulazione di terza prova e tutti i professori stanno impazzendo… morirò tra una programmata e i test per l'università, me lo sento... Voi cosa studiate/avete studiato/volete studiare all'università? :)
In ogni caso: Moony è di nuovo sul grande schermo! Vi era mancato, il lupastro?
Oggi ho poche cose da dire, perché, come avrete capito, devo tornare subito a studiare… però dovete sapere che la passione di Lily per le Cioccorane è una citazione-omaggio a “La Bellezza del Demonio” di poisonspring, che personalmente ritengo una delle più belle fan fiction mai pubblicate sul sito (se non si fosse capito, ve la consiglio assolutamente!).
Sugli altri ormai ho poco da dire… sapete bene che i Jily sono gli amori della mia vita e che i MacBlack sono la mia croce e delizia
… ♥
Adesso fuggo a studiare, altrimenti quei capitoli di chimica non diminuiranno mai…
Ovviamente, mi trovate sempre QUI su facebook! :D
Un bacio enorme, ci vediamo tra due settimane! (Perdonatemi, lo so, vorrei anche io aggiornare ancora una volta a settimana, ma ho veramente molti problemi di tempo ultimamente…)
Ale
   
 
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