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Autore: endif    06/04/2009    6 recensioni
"Il buio si fece più buio. Una voragine si spalancò nel mio petto. All’improvviso sentii il dolore, immenso, pulsante, invadermi la testa. «Non c’è più…» mormorai. Chiusi gli occhi e con tutto il fiato che avevo in gola urlai tutta la mia disperazione."
Genere: Dark, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Change'
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EDIT: Capitolo revisionato e corretto

CAP. 4

REALTA’ O ILLUSIONE?

BELLA

Il ritorno a scuola si era rivelato meno complicato di quanto mi aspettassi. Pochi convenevoli con i miei amici, rassicurazioni sulla mia salute un po’ cagionevole, ma nessun accenno al legame tra la misteriosa partenza dei Cullen e la mia assenza prolungata da scuola.

Era stato facile. Rispondevo a monosillabi, un sorriso stampato sul volto e tanti cenni con il capo.

In poco tempo, tutto era tornato più o meno al solito tran-tran scolastico.

Passavano i giorni e non facevo alcun progresso. Se possibile, stavo sempre peggio. Mi cibavo con il minimo indispensabile per la sopravvivenza, ma non uscivo più, non parlavo più con nessuno se non direttamente interpellata. E molto presto tutti coloro che mi rivolgevano la parola, smisero di farlo, scoraggiati dalla mia freddezza. Non mi interessava, in verità, ciò che succedeva intorno a me e la cosa mi stava bene. Gli unici occhi che davvero mi turbavano erano quelli di Angela. A mensa mi guardava silenziosa e si vedeva benissimo che non riuscivo a darle a bere la mia apparente tranquillità. Appena le lezioni finivano sgattaiolavo al mio pick-up strisciando lungo i muri, per confondermi tra gli studenti e sfuggire ad eventuali approcci della mia amica. Non penso di essere mai stata molto abile nel mimetismo, ma piuttosto credo che Angela fosse troppo corretta per spingermi a confidenze che non sarei mai stata pronta a farle.

Ben presto mi isolai dal resto del mondo, pur svolgendo ogni compito che mi spettava. Andavo a scuola, facevo la spesa, cucinavo e riassettavo casa, facevo i compiti e stiravo gli abiti di Charlie.

In verità la casa non era mai stata tanto lustra come adesso. Non lasciavo mai nulla fuori posto, con un’attenzione maniacale all’ordine. Non era un atteggiamento che mi apparteneva, ma Charlie ne sembrava soddisfatto.

In realtà cercavo di sfinirmi, perché la notte era per me un vero tormento. Se non ero fisicamente abbastanza stanca da piombare in un sonno senza sogni, restavo ore sveglia a fissare il soffitto al buio. Mi giravo e rigiravo nel letto agitata, e con timore aspettavo il sopraggiungere dell’incoscienza. E con essa inevitabilmente arrivava anche il mio incubo ricorrente. Rivivevo quel giorno nel bosco, quegli ultimi attimi insieme a lui e immancabilmente mi svegliavo tremante, sudata e in preda alle urla.

Quel pomeriggio ero intenta a preparare la cena per Charlie, quando udii il rumore dell’auto della polizia che si fermava nel vialetto. Poco dopo anche un’altra auto si fermava fuori casa nostra, ma non mi soffermai troppo sul vociare intenso di fuori. Una fragorosa risata, mi riscosse dai miei pensieri. Presi uno strofinaccio per asciugarmi le mani, e mi voltai quando Charlie aprì la porta.

«Ehi, Bella dove sei?» urlò mio padre con un tono un po’ troppo alto per le mie orecchie.

«In cucina, papà.» Risposi con il massimo della forza che i polmoni riuscirono a permettermi. Ne uscì un suono poco più intenso di un bisbiglio.

Altre voci si sovrapposero a quelle di mio padre e sospirai. Perfetto, ci mancavano solo gli ospiti.

«Indovina chi ti è venuto a trovare?» Era sull’uscio della cucina e sorrideva incerto della mia reazione. Cercai di nascondere l’espressione seccata e sfoderai il mio sorriso finto migliore, simulando quasi curiosità.

Dietro Charlie vedevo stagliarsi una sagoma enorme che portava avanti una carrozzella con un uomo. Rimasi a fissarli perplessa, poi, i miei occhi parvero schiarirsi e li riconobbi.

«Billy, che piacere rivederti.» Mi sforzai di produrre un tono cordiale. Alzai lo sguardo sul giovane uomo che lo accompagnava e dissi: «Caspita, ma sei davvero tu … Jacob?»

La sagoma che osservavo era semplicemente … impressionante. In pochi mesi Jacob aveva superato il metro e novanta di altezza, ed era letteralmente enorme. I lunghi capelli corvini e la pelle del colore della terra bruciata gli conferivano un’aria selvaggia e misteriosa. Ma ciò che mi colpì fu il senso di autorità che scaturiva da ogni fibra del suo corpo. La cucina mi parve improvvisamente minuscola, ed io con essa.

Una risata profonda uscì dal petto del giovane appoggiato alla carrozzella. «Notevole, non è vero Bella?» disse con voce roca e bassa. Una voce da uomo, non del ragazzo che ricordavo.

E fu quello il momento in cui una pugnalata mi colpì in pieno petto. Quella voce … ecco a chi apparteneva quella voce. Un velo scese sui miei occhi e un flashback improvviso squarciò la perenne, ma rassicurante nebbia che avvolgeva la mia mente. Era tutto terribilmente vivido, come se fossi tornata indietro nel tempo. Rivedevo il bosco, ne percepivo chiaramente i colori, gli odori. Impallidii nello scorgere tra gli alberi quel dolce viso che ero tanto bramosa di poter ammirare ancora, ma che al contempo mi struggeva l’anima. Mi sembrava di averlo davvero dinnanzi a me, che avrei dovuto solo allungare una mano per poterlo toccare ancora … ancora una volta soltanto. Automaticamente alzai la mano, cercando nel suo tocco gelido il refrigerio per la mia anima torturata dalle fiamme. Poi, il mio angelo parve muoversi, ma invece di venirmi vicino mi diede le spalle.

Stava per lasciarmi di nuovo, per scomparire.

«No, no … resta … con me … ancora un pò» bisbigliai io.

«Bella, ma cosa …?» Charlie era perplesso, mi fissava interrogativo.

«Aspetta Charlie, forse Bella ha bisogno di distendersi un po’, si sarà stancata ai fornelli …» Jacob mi afferrò giusto prima che scivolassi senza forze sul pavimento. Mi trascinò letteralmente sul divano blaterando un “ricordate i bei vecchi tempi” ai nostri rispettivi padri.

Mi ritrovai distesa con il viso sull’enorme petto di Jacob, le mani aggrappate febbrilmente alla sua maglietta, gli occhi spalancati e il respiro affannoso.

«Piano Bella, respira lentamente, sta passando. Ci sono io qui. Non ti lascio sola, se lo vuoi non ti lascio nemmeno un attimo.» Stava sussurrando piano al mio orecchio, in modo che non potesse sentirci nessuno, e contemporaneamente mi accarezzava i capelli come ad una bambina. Prese a mormorarmi qualcosa in una lingua sconosciuta, forse l’antico quileute, ma il suo respiro caldo e la sua voce melodiosa pian piano permisero alla mia schiena rigida di rilassarsi, le mie mani lasciarono la presa ferrea alla sua maglia e i miei occhi lentamente si chiusero.

Per la prima volta da mesi, dormii.


EDWARD

La sete era diventata nuovamente insopportabile.

Avevo perso memoria dell’ultima volta che avevo cacciato, forse due o tre settimane prima. La mancanza di nutrimento regolare era pericolosa. Mi rendeva irrequieto sapere che l’istinto avrebbe potuto avere la meglio sulla ragione, ma quelle lame che mi trafiggevano la gola mi ricordavano la sofferenza fisica ed il patimento psicologico che avevo imparato ad ignorare in presenza di Bella. La sete di adesso era niente in confronto a quanto il richiamo del suo sangue era stato intenso, a quanto il suo delizioso profumo mi avesse più di una volta spinto al punto di non ritorno. Avevo cercato sempre di minimizzare in sua presenza l’enorme sforzo che mi costava trattenermi, ma Bella era arguta, e più di una volta mi ero accorto di quanto si sentisse tesa con me, titubante nei gesti e restia nel lasciarsi andare. Quella che inizialmente avevo inteso essere paura di me, era in realtà dispiacere per la mia sofferenza, e l’imbarazzo che a volte la frenava era dovuto solo al tentativo di alleggerire il mio pesante fardello. Il fatto che desiderasse la mia presenza, che non considerasse il mio tocco gelido repellente mi riempiva di una compiacenza indescrivibile. Non le importava di mettere a rischio la sua vita pur di starmi vicino e ciò mi rendeva furioso, ma al contempo mi … eccitava.

Sospirai. Avere tra le mani il destino di una persona era inebriante, ma reggere le fila della sorte della donna che ami era terrificante. Se avessi perso il controllo solo per un attimo avrei potuto ucciderla, anche solo per sbaglio, per semplice distrazione.

Tremai a quel pensiero, all’immagine di Bella morta tra le mie braccia, morta per causa mia.

Ero riuscito a salvarla da James per un soffio, e da me stesso per un milionesimo di secondo. Anche se la cosa peggiore era stata non sapere se sarei riuscito a fermarmi, mi ero sentito trionfante quando l’avevo fatto, quando mi ero fermato giusto un attimo prima di dissanguarla irrimediabilmente.

Ricordo che ero sfinito, ma soddisfatto.

Quello che non riuscivo a superare era, invece, il senso di enorme frustrazione che mi invadeva quando mi controllavo in sua presenza, nella quotidianità. Il desiderio di bere il suo sangue, pur rimanendo sempre in sottofondo, si mescolava e confondeva con altre pulsioni che Bella scatenava in me.

Ne avevo parlato con Carlisle, che non era parso affatto sorpreso. Mi aveva guardato con condiscendenza, annuendo ed aveva pensato “Figliolo, tu non sarai umano, ma sei pur sempre un uomo. E Bella è una donna, la donna che ami e che suscita in te delle emozioni forti. E’ normale ciò che provi ed ora più di prima devi tenere sempre a mente la disparità delle vostre forze e resistenze.” Avevo apprezzato molto la sua schiettezza, ma la verità che avevo colto nei suoi pensieri mi aveva rattristato.

Ecco un’altra cosa che Bella si sarebbe persa per causa mia: l’amore fisico, la passione, il piacere sessuale le sarebbero stati per sempre preclusi se ci fossi stato io a condividerli con lei.

Non ci eravamo mai spinti oltre qualche bacio e qualche casta carezza, il massimo che potessi permettermi se volevo conservare un barlume di lucidità e ritrarmi in tempo. La sicurezza di Bella era più importante del più intenso dei piaceri. Mi ripetevo sempre queste parole quando ero con lei, soprattutto quando ero in certe situazioni, tipo in camera sua, specie sul suo letto.

Ero sempre preparato, misurato nelle reazioni, troppo preso dalla smania di protezione nei suoi confronti da sottovalutare i desideri più che legittimi di Bella. Mi desiderava con ardore, almeno quanto io volevo lei, ed aveva un odore così buono, una pelle così morbida … soffrivamo entrambi quando mi staccavo da lei, non solo io.

E la sua frustrazione ogni volta si aggiungeva alla mia cementando in me la consapevolezza che la nostra storia fosse un susseguirsi di sacrifici troppo grandi che, sebbene non avessi alcun dubbio di voler affrontare pur di starle vicino, non avevo alcun diritto di pretendere da lei.

Con un movimento aggraziato mi alzai in piedi. C’era quiete intorno alla soffitta che mi ospitava, il caos e il trambusto del giorno avevano lasciato il posto alla tranquillità ed al silenzio della sera.

Erano più di tre mesi che mi trovavo lì, che non vedevo il suo volto, non udivo la sua voce. Pensare così intensamente a Bella mi provocava una strana sensazione. La testa mi doleva.

Mi avvicinai all’unica, piccola finestrella della stanza ed alzai un braccio appoggiandolo sul vetro sporco. Vi posai sopra la fronte, guardando distrattamente la strada buia di sotto. Un cane scheletrico annusava con la testa bassa tra i rifiuti. D’un tratto raddrizzò il capo e si voltò proprio nella mia direzione, mettendosi in posizione di difesa. Alzò il muso al cielo ed emise un lungo, disperato guaito.

In quel momento una scossa mi percorse la schiena. Sentii come un’aria gelida alle spalle, come quando una porta viene aperta in pieno inverno in una casa riscaldata ed udii un sussurro lieve, lontano.

« No, no … resta … con me … ancora un po’». Strabuzzai gli occhi.

Mi girai di scatto, tremante. Quella era la voce di Bella.

Ma come dal nulla era emersa, nel nulla si era già dissolta.


NOTA DELL'AUTRICE:
Goten: Grazie, mi sa che ti classifichi sempre prima tra le recensioni ….!

Hele91: In realtà non seguo molto il libro riguardo la trama, se non per grandi linee, ma i personaggi e le loro emozioni saranno quelli grosso modo. Sono contenta che apprezzi la mia ff.!

single93: Grazie mia proselita! Continua a leggere!

Megga_Cullen: Cara, certo che sei presa! Sono onorata di riuscire a coinvolgerti tanto, e sai ci ho pensato molto prima di cimentarmi nel pov E. Ma io adoro questo personaggio e quando scrivo lo vedo e lo sento davvero… spero di non deludervi! Non anticipo nulla, chissà potresti aver ragione riguardo a Forks, ma farebbero mai questo ad Edward? Ciaooooo!

   
 
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