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Autore: Dreamer_imperfect    19/04/2016    0 recensioni
[Audrey/Percy]
Tratto dal testo:
George si avvicina silenziosamente a Percy, intento ad abbottonarsi il cappotto. È giusto un sussurro.
"A Fred sarebbe piaciuta".
È un sussurro, ma è abbastanza.
(è anche troppo)
***
Percy Weasley stava urlando e non potevo proprio non ascoltarlo e anche perché la guerra, se non si è da soli, può fare meno paura.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Audrey, Percy Weasley | Coppie: Audrey/Percy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Capitolo quattro.
Father and son, Cat Stevens.
 
 
It’s not time to make a change
Just relax, take it easy
You’re still young, that’s your fault
There’s so much you have to know
Find a girl, settle down
If you want, you can marry
Look at me, I’m old
But I’m happy
 
 
 
 
 
Le borse della spesa oscillano su e giù per le scale, sbattono contro le sue ginocchia provocando un fastidioso rumore. Un ascensore? Pensa Percy affaticato al quarto piano di scale, odia non aver la possibilità di usare la magia: se un Babbano uscisse dalla porta di casa, Percy rischierebbe troppo.
Bussa forte e suona il campanello per evitare che Robert non lo senti, l’ultima volta si era appisolato nel divano non udendo i suoi tentativi di entrare, facendolo estremamente preoccupare. Ha avuto paura che gli fosse successo qualcosa.
Sente un “Arrivo, arrivo!” e tira un sospiro di sollievo, dopo dieci minuti a piedi e cinque piani di scale non vede l’ora di appoggiare quelle borse.
‹‹ Sei stranamente in orario, ragazzo! ›› lo accoglie così alla porta Robert, scostandosi per farlo passare.
‹‹ Non mi dovresti lasciare così libero accesso: hai letto la Gazzetta? Dovresti accertarti della mia identità e presentarti alla porta con una bacchetta, pronto ad attaccare ›› lo rimprovera Percy, entrando in casa e dirigendosi in cucina.
‹‹ Queste parole mi confermano esattamente che sei tu ›› ride, mentre lo segue zoppicando con il suo bastone: le sopracciglia si contraggono per lo sforzo e la mano destra sbianca aggrappandosi al manico.
‹‹ Hai preso le medicine oggi? – ignora le sue parole – il medimago è passato? ›› si preoccupa subito, apprensivamente. Ripone la spesa negli scaffali giusti e si dirige in salotto per controllare se quel “certo che le ho prese” sia un bugia o meno. In salotto una coperta è caduta a terra da una poltrona lì affianco, mentre un libro è in bilico nelle braccia di questa, poco distante in un piccolo tavolino c’è ancora un piatto utilizzato da poco e un bicchiere di vino colmo fino a metà.
Sbuffa Percy quando nota che le medicine sono ancora tutte lì.
‹‹ Forza, queste sono le medicine di cui hai bisogno e che avresti dovuto prendere un’ora fa, – gliele porge guardandolo con rimprovero – inoltre perché a settantacinque anni non impari a mettere a posto i piatti? Basta un colpo di bacchetta ›› le sue parole sono seguite da un movimento del polso, le stoviglie del pranzo sono sparite mentre Percy rimette la bacchetta in tasca.
‹‹ Quando c’era la mia Elinor, non ci dovevo pensare io a certe cose: faceva tutto lei e mi rimproverava sempre, come mi manca! ›› mormora a Percy sedendosi sulla poltrone e facendogli cenno di accomodarsi in quella davanti ‹‹ Stanotte l’ho sognata, dico davvero, era bella da mozzare il fiato. Aveva addosso quel vestito blu sopra il ginocchio che le ho regalato con una parte del mio primo stipendio, come le piaceva! E come arrossiva quando la guardavo! Lo aveva addosso quando le chiesi di seguirmi in Inghilterra. Avevo paura mi dicesse di no- ››.
Percy lo ferma, oggi non ha proprio voglia di ascoltare Robert parlare della sua vita come se fosse la cosa più bella del mondo, non almeno quando la sua gli fa così schifo. Robert, al posto di offendersi e riprenderlo per averlo interrotto, lo guarda e gli sorride storto con gli occhiali spessi sulla punta del naso: ha già capito. Ogni tanto vorrebbe dirgli di svegliarsi, che a vent’anni non si può perdere tempo dietro ad un vecchio come lui, che dovrebbe farsi altri amici, ma poi si ricorda effettivamente perché Percy è lì, accanto a lui. Non gli fa pena, questo mai, gli fa rabbia e allo stesso tempo tenerezza.
‹‹ Scusami, Rob, ma oggi sono un po’ stanco ›› dice poi il rosso, passandosi una mano fra i capelli. Robert annuisce e lo osserva, ha sempre sperato di rivedere in Percy sé da giovane, all’inizio la loro amicizia è iniziata con quel pensiero, la speranza di rivivere e dopo ha capito: lui e Percy non potranno mai essere assimilati, però vanno d’accordo. Insegnano tanto l’uno all’altro, si aiutano. Come un padre e un figlio. Percy gli fa la spesa due volte a settimana e una volta ogni due controlla le sue medicine, che le abbia prese tutte, Robert, invece, lo ascolta e gli consiglia, capisce che cosa gli fa bene e gli insegna tante cose, per esempio Percy ora sa come sistemarsi una cravatta, distinguere la frutta da prendere o non prendere al supermarket infondo alla via e ammettere un po’ di più le sue colpe, sa darsi i tempi necessari. Come un padre e un figlio.
‹‹ Come va a lavoro? ›› dice, quindi.
‹‹ Al solito ››.
‹‹ Lo stesso bello schifo, eh? ››.
‹‹ Già ››.
‹‹ Andrà meglio, troverai la tua strada e la tua famiglia, che sia quella nuova o quella vecchia, capirai per cosa vale la pena lottare: vai con calma, tutto troverà il suo posto ›› Percy, in un’altra circostanza, sbufferebbe alzando gli occhi al cielo, ma è Robert che lo guarda con un piccolo sorriso di incoraggiamento e gli occhiali storti sul naso, per cui sa di potersi fidare e si concede di sperare.
‹‹ Come riesci sempre a dire - sapere ciò che voglio sentire quando la mia testa è un casino anche per me? ›› che strano effetto che fa al cuore la speranza, pensa.
‹‹ Perché ti conosco e so che hai bisogno di una guida ›› ride. Come un padre e un figlio.
 
 
***
 
Qualche ora fa hanno noleggiato un film babbano e Stef non ne era per niente contento. Quando Audrey ha trovato quel dvt – Stef crede si chiami così – è saltata in aria ed era già alla cassa, “Canteremo tutta la serata!” ha premesso ed, in effetti, lei lo ha veramente fatto. 
Dopo un’ora e cinquanta, Stef ringrazia tutti i santi a sua conoscenza perché finalmente Audrey ha smesso di cantare su Grease e il film è finito. Si promette di fermarla in tempo la prossima volta che escono assieme.
‹‹ Burrobirra? ›› sorride poi Aud.
‹‹ Lo chiedi anche? ››.
Mentre Audrey sparisce a prendere ciò richiesto, Stef curiosa un po’ le nuove foto alla parete e in generale nella stanza, pesta qualche foglio di malacopia per terra e raccoglie una penna blu caduta poco distante dal tavolo di legno su cui spesso Audrey lavora. Eppure, mentre appoggia la penna sul tavolo, non può fare a meno di notare che quelle non sono pratiche o documenti con lo stampo dell’ambasciata, ma un semplice foglio bianco nel quale in cima a destra sono annotate alcune informazioni di Audrey e sotto un “Caro Ruben,”. Nota anche, con certo stupore, che la lettera finisce lì.
‹‹ Cosa guardi? – Audrey fa il suo ritorno in sala con i piedi scalzi e i capelli mori, raccolti in una coda, che ondeggiano lievemente ad ogni suo passo – ho visto di avere anche qualche nocciolina, nel caso ne avessi voglia ››.
‹‹ No, grazie, a posto così ››.
‹‹ Va bene, allora ››.
‹‹ Aud? ››.
‹‹ Dimmi ››.
‹‹ Perché non rispondi a Ruben? ›› chiede poi, mentre entrambi si siedono nel divano.
‹‹ Quando ci provo mi vengono solamente in mente insulti e cose negative, – sbuffa – io spero solamente che non glielo abbia ancora chiesto e che ci stia pensando più attentamente ››.
‹‹ Audrey, è un matrimonio, non un suicidio. Io non l’ho mai capito questo tuo essere contraria al “sacro vincol- ››.
‹‹ Perché appunto è un vincolo, no? Io credo che due persone riescano ad essere felici e innamorate senza avere per forza bisogno di essere unite anche sotto questo punto di vista, si fa sostanzialmente ciò che si fa sempre solo che si sente quasi più oppressi, diventa tutto più complicato. Inoltre, sono disposta a mettere la mano sul fuoco, sono sicura che sia lui che quei cretini dei nostri migliori amici lo facciano per paura ›› sbuffa, appoggiando frettolosamente i calici di Burrobirra nel tavolino di fronte al divano.
‹‹ Probabilmente hai ragione, ma sono euforici, non vedono l’ora – le dice, sedendosi assieme a lei nel divano macchiato – e non credo che tu, comunque, stia reagendo nel modo giusto. Paul mi ha detto che l’altra sera non hai mostrato tanta felicità … ››.
‹‹ Voleva fingessi? Anche dopo la notizia di Alex? ››.
‹‹ Sì, Audrey, sì. So benissimo le dinamiche della vostra serata: sia Paul e Layla sia Alex sono stati troppo irruenti nelle loro notizie, nessuno di loro ti ha donato un minimo secondo per metabolizzare le loro nuove scelte ed io so benissimo che già eri sconvolta per tuo fratello, ma, Aud- ››.
‹‹ Anche se le avessi metabolizzate non sarebbe cambiato niente! Cosa devo scrivere a mio fratello? “Sono felice che la guerra ti porti addosso così tante incertezze da volere sposarti solo per cavarne una”? Oppure che ne dici di “Sarò onorata di partecipare al momento in cui due delle persone più care nella mia vita decidono di rovinarsi”? “Buona morte e figli maschi”? ›› quasi non riesce a credere a cosa voglia dirle Stef.
‹‹ E invece un “Se è davvero quello che vuoi fare, ti sosterrò”? ›› Stef quasi urla, sa benissimo che Audrey è arrabbiata, che ha dentro così tanta tristezza da poter scoppiare a piangere da un momento all’altro, ma vuole cavarle del peso, vuole che ritorni leggera. Ieri sera ha ricevuto un messaggio da Rick, con cui è legato da un filo sottile che ha le stesse fattezze di Audrey, c’era scritto in maniera frettolosa e disordinata “Emergenza Audrey”. È consapevole che la faccenda le dia più fastidio di quel che vorrebbe, ma vuole farle ammettere di essere illogica, di stare ragionando nel modo sbagliato.
‹‹ Ti va di riprendere il discorso da capo? Sì? – le si avvicina di più, mentre con una mano corre ad accarezzarle la nuca con fare paterno, il suo tono è dolce, delicato – Il matrimonio, per prima cosa, non è per forza la rovina di tutte le gioie, ok? Lo so come la vedi, so che non ti vedi per niente sposata, ma magari il matrimonio potrebbe portare solo felicità a tuo fratello, a Noèmie, a Paul e Layla, non trovi anche tu? ››.
‹‹ Non riesco a fare a meno di chiedermi se è davvero quello che vogliono. Mi sono sempre immaginata il futuro con loro sposati assieme, sono assolutamente convinta che siano delle ottime coppie, ma mi domando se mi sbagliassi, se loro si sbagliassero! Un matrimonio è una cosa seria e importante! Se loro non fossero destinati a stare assieme? Inoltre, sono assurdamente convinta del fatto che se non ci fosse la guerra, loro non si starebbero per sposare ›› gesticola animatamente, ogni tanto fa delle pause e il tono di voce accresce sempre sulle note finali.
‹‹ Non potrai mai saperlo, Aud, la Veggenza è un’arte inutile, falsa e che non ti appartiene. Non puoi cercare sempre di proteggere tutte le persone che ami da qualcosa che neanche conosci, non devi avere paura che vada tutto a rotoli nelle loro vite: potrebbe essere per loro l’inizio di una grande, enorme avventura che porterà tanta felicità nella loro vita ›› le dice, sorridendole con conforto.
‹‹ Se non andasse così, sarò pronta a dire loro “te l’avevo detto” ››.
‹‹ Aud, credi davvero che la loro vita possa essere felice con te che non li sostieni? Per non parlare del fatto che se continui a non rispondergli, tuo fratello verrà di persona a controllare che tu stia bene! – scappa un sorriso ad entrambi – Sono assolutamente convinto che, non solo gradirebbe una risposta, ma vorrebbe anche il tuo sostengo ››.
‹‹ Certo che lo ha! Insomma, sono assolutamente contraria alla sua scelta, ma è mio fratello e sì, insomma, io ho lui e lui ha me, funziona così. Come per te, Olivia o Rick, siete le persone più importanti della mia vita: nonostante vi faccia arrabbiare, sia testarda e bastarda, non dovreste dubitare del bene che vi voglio ›› lo dice come se fosse un segreto, qualcosa di prezioso e raro che non vuole diventi meno vero, suoni falso e inutile. Stef le vuole bene, la conosce, è quasi un padre per lei ed è consapevole di quanto siano veritiere le parole di Audrey, non ha mai dubitato del contrario, glielo dimostra tutti i giorni, sia coi gesti sia con le parole, è felice di avere una persona così genuina e semplice nelle sua vita. Per questo le dice solamente ‹‹ È lo stesso motivo per cui sono qui››.
‹‹ Scriverò a mio fratello e parlerò con Paul e Layla, – dice dopo qualche minuto di silenzio, mentre incrocia le braccia al petto – credo che questa settimana fumerò più sigarette di quanto abbia mai fatto ››.
‹‹ Sono felice che tu l’abbia capito. Che mi dici di Alex, invece? ››.
‹‹ Alex sa già tutto: sa benissimo che potrebbe venire da me a stare fino quando la situazione non si sistemerà, sa benissimo che sarei disposta a dargli dei soldi, oltre che vitto e alloggio, che gli troverei un posto di lavoro con tutte le mie forze e che lo accompagnerei anche a denunciare suo padre agli Auror, nel caso volesse ›› dice mentre sorseggia la sua Burrobirra.
‹‹ Ha solamente paura ›› Stef lo dice con tenerezza.
‹‹ Della sua vita di ora? Certamente, ma ha abbastanza coraggio e voglia di partire, di farsi una nuova vita ››.
‹‹ Sai meglio di chiunque altro che non è facile costruirsi una vita in una nuova città ››.
‹‹ Assolutamente. Sono contenta che abbia deciso di partire, comunque, di lasciare la sua famiglia e la sua vita, i lavori che lo sfruttano per una paga misera e anche noi, se questo lo aiuterà a ricominciare da capo, – ammette poi – l’altra sera ero solamente preoccupata che ci potesse dimenticare, chiudere la nostra pagina senza neanche lasciarci un segnalibro. Voglio troppo bene ad Alex però per rovinare tutto con il mio lato egoistico, spero che possa trovare ciò che qui ha tanto cercato ›› si stringe forte nelle spalle.
‹‹ Sei meno egoista di quel che credi ›› le dice.
‹‹ Me lo dice anche Rick, io non penso sia vero, comunque. Il problema è che l’altra sera sono tornata a casa e sono andata fuori di testa. Peter è uscito dalla mia vita senza che io me ne accorgessi, senza che potessi farci niente: non mi ero neanche preoccupata che potesse non esserci alla cena dell’altro giorno, l’ho dato per scontato, è troppo tempo che non lo sento e non lo vedo, e, per quanto io e Rick possiamo dare la colpa a Catherine, una parte è anche nostra, mi domando come sia possibile che non abbia lottato per tenerlo nella mia vita, come abbia permesso che scivolasse via come acqua dalle mani. Paul e Layla si sposano, forse sbaglio, ma sono convinta che questo cambi totalmente il rapporto all’interno del nostro gruppo, in qualche assurdo modo, e Alex va via. Sono andata fuori di testa perché ho avuto paura che noi sei crollassimo come gruppo, ma, pensandoci bene, credo che siamo già un po’ crollati. L’altra sera, dopo le loro notizie, non è stato per niente facile riprendere il discorso dopo le solite domande convenevoli. Sentivo come se fra di noi ci fosse una scomoda presenza, come se d’un tratto non fossimo più noi, è stato strano e non mi è piaciuto ›› tira un sospiro di sconforto, mentre appoggia la testa sulla spalla di Stef.
‹‹ Stai tranquilla; provaci, me lo prometti? ››.
‹‹ Solamente perché ti sei visto con me Grease! – ride poi – Cosa ti ha detto Paul, oggi pomeriggio quando vi siete visti? ›› gli chiede.
‹‹ Che, cito testualmente, è una delle cose più strafighe che gli potessero capitare da sfigato quale è ››.
‹‹ Beh, su una cosa ha ragione ››.
‹‹ Quale? ››.
‹‹ È  uno sfigato ››.
 
***
 
La radio dell’auto che si è comprata coi suoi primi stupendi e i risparmi di una vita trasmette Cat Stevens, un Babbano che adora. Olivia non si stupisce quando scopre di conoscere già la canzone, canticchia “But take your time, think a lot” fra le luci dell’autostrada verso Brighton, si scorre bene, a quell’ora della notte non c’è tanta gente. Ha appena ricevuto un Patronus a forma di aquila di Audrey che le chiedeva apprensiva come stesse procedendo il viaggio, di non dare troppa confidenza alle persone all’Autogrill. Io? Confidenza? pensa Olivia, con un po’ di rammarico.
Alza il volume della radio, mentre vede di sfuggita un cartello che la fa sorridere: “Qualcuno ti ama, guida con attenzione” recita. Le note riempiono la macchina e la sua testa, improvvisamente ci sono solo lei e la sua meta, non i giorni di ferie che il suo capo non le voleva dare, sua madre che la sgrida dicendole di stare più dritta con la schiena, Audrey che rimane sempre e con lei non si arrabbia mai, ci sono Cat Stevens, lei e Brighton. La musica le ha sempre fatto questo affetto, la trasporta via, la annulla, la fa sentire leggera. Per questo non è più in quella macchina, ma già in una delle spiagge di Brighton, per questo ride, vive, leggera e per questo non vede l’altra macchina che, superati i limiti di velocità, le si schianta addosso.
È una vampata di gelo puro, di paura che le fa tremare le mani mentre finisce fuori strada e addosso alle varie segnaletiche, della paura folle di morire che le blocca il respiro e sembra l’unica cosa ad animarla, è il suono dell’urto che le arriva chiaro e forte e le si ripete nella mente come una cantilena, come una lontana voce che provoca uccisioni e vittime.
Non capisce cosa abbia fatto di lodevole nella vita per meritarsi di essere ancora viva, ancora qui, con il polso che batte forte e le concede un sospiro di sollievo che, però, muore subito dopo: un sospiro bloccato nel nascere dopo aver visto l’altra macchina aver preso fuoco.
Corre, corre, corre, quasi alla cieca, a tentoni, verso il corpo di una persona che potrebbe vivere, che vivrebbe se non ci fosse stata lei. Non è mai stata coraggiosa, mai: Olivia non è coraggiosa, non ha un atteggiamento titanico, semplicemente Olivia è buona, gentile e ama più gli altri che se stessa, per questo non può neanche pensare al fatto che qualcuno perda la vita per colpa sua senza piangere. Il suo corpo è mosso da qualcosa di più grande di lei, deve salvare chiunque ci sia là dentro, per questo apre a fatica la portiera della macchina e tira fuori, trascinandola nell’asfalto sporco e bruciante, una figura femminile, completamente incapace di muoversi, in balia ai movimenti di Olivia. È una donna di media statura, coi capelli biondi sporchi e gli occhi azzurri, è così magra e diafana da poter sembrare una bambola a dimensioni naturale, è una donna che rivolge lo sguardo vitreo al cielo pieno di nuvole e che muore subito dopo, in silenzio, senza pronunciare una parola, un verso, senza rivolgere ad Olivia uno sguardo pieno di rammarico.
È una fila di azioni che si susseguono, Olivia crolla a terra, inanimata e priva di forza, è scossa da singhiozzi che non fanno che aumentare quando, di fronte a lei, al posto della figura della donna, le appare quella di suo padre, privo di vita, insanguinato e con lo sguardo inerte verso di lei. Non sente le persone che cercano di portarla via, che chiamano un’ambulanza, che la assistono e le chiedono con apprensione se stia bene o meno, è in un bolla nella quale sente solo il dolore, le lacrime del suo cuore, come quando ascolta la musica: si annulla il resto, rimane lei e, questa volta, il cadavere di suo padre.
‹‹ Mi dispiace, – singhiozza forte – non volevo, io non volevo! Mi dispiace, mi dispiace! Papà, rispondimi, ti prego, papà rispondi! Sono io, sono la tua Olivia, la tua bambina, rispondimi ›› urla con tutto ciò che ha in corpo, è franta dal dolore e dai sensi di colpa, come può riuscire a convivere con se stessa?
Già, Olivia, come riesci a vivere con te stessa?
 
 
Alza il busto di scatto, stringe con rabbia i margini del lenzuolo giallo che fino a poco fa la ricoprivano. Ansima agitata, il petto le si muove furiosamente, “respira Olivia” le parole
che Audrey le rivolge sempre nelle sue crisi la riportano man mano alla realtà. Sei viva, sei qui, respira. È difficile calmarsi, provare a stare bene quando si è cavato il sorriso del proprio padre, è difficile convivere con se stessi quando ogni volta che ci si vede allo specchio la parola “assassina” le sale alla bocca senza poterla fermare. Impiega vari minuti per calmarsi, per regolarizzare il respiro, per alzarsi e andare a prendere un bicchiere d’acqua. Era solo un sogno, uno dei soliti incubi che la assilla tutte notti, nonostante ciò però trema tutta e scoppia a piangere come una bambina, una bambina che non ha più un padre.






Lele's corner:
Il capitolo non lo avevo programmato così, ve lo assicuro. Si è praticamente scritto da solo.
Sono molto felice di avervi presentato Robert: in questo capitolo non è venuto fuori del tutto, ma avrà particolare importanza nella vita di Percy, che manca di un sacco di figure. Robert è un padre, un amico, una figura di riferimento, una porta sicura. Ed io non vedo l'ora di dirvi di più su di lui! Ma essendo ancora i primi capitoli e volendo fornirvi di un quadro generale prima di sconvolgere completamente Audrey e Percy le cose vanno un po' a rilento, soprattutto non riuscirò a fornirvi in ogni capitolo di ogni personaggio. Ho introdotto gli incubi di Olivia perchè ho realizzato che fino a quando non avreste saputo ciò, ovvero la morte del padre, non avreste capito i suoi comportamenti e, siccome nello scorso capitolo ho dato molto spazio agli altri amici di Aud e in questo anche molto a Stef (che è un cuore grandissimo <3), ho deciso di buttarvi lì qualcosa per farla tornare un po' in prima linea, dato che arriverà un punto in cui Olly sarà fondamentali.
Spero che la parte Aud/Stef vi abbia fatto un po' di chiarezza, attualmente la mente di Audrey è abbastanza complicata e inizialmente io stessa non sapevo da cosa partire, considerando quanto è suscettibile Audrey. Nel prossimo capitolo ci sarà la lettera a Ruben ed intanto vi chiedo di non scordarvi le parole utilizzate da lei in questo dialogo! Così come il suo Patronus: un'aquila
(L’aquila è il simbolo di una forza d’animo superiore, della capacità di riuscire a vedere il senso più alto di ogni cosa. L’alto volo di questo animale è associato alla capacità di saper vedere le cose nel loro insieme, di percepire l’essenza della vita nella sua complessità e vastità, e di saperla accettare sia nei momenti positivi che in quelli negativi. L’aquila vede oltre e sembra essere l’animale che più fra tutti si avvicina alla sfera divina, per questo la sua forza d’animo è incrollabile e così la sua fiducia nel disegno celeste, che le permette di fronteggiare con fermezza anche le situazioni più difficili e complesse. Almeno secondo randeinvernodoc.altervista.org/sapienziale/simbologiaanimale.php). 
Vorrei ringraziare di cuore chi legge (anche queste note chilometriche), spero che mi farete sapere e di pubbicare presto il prossimo capitolo.
Un bacio, 
Lele.

 
  
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