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Autore: My_Blood    06/04/2009    1 recensioni
Leah. Sola. Nessuno può comprendere fino in fondo il suo dolore. La strada più facile è scappare. Lasciarsi alle spalle un passato che le dilania l'anima e abbandonare un presente che non riesce a sopportare. La felicità è ovunque ma non nel suo cuore... L'affetto che non potrà mai avere, però, non è l' unica strada che porta alla felicità...... Questa è la mia primissima fanfiction ^^...ho deciso di scriverla perchè adoro il personaggio di Leah e ho cercato di immaginarmi la sua visione della vita i suoi sentimenti...spero che questa storia vi piaccia ...fatemi sapere cosa ne pensate....grazie a tutti in anticipo.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cap 1

 

 

ROUTINE

 

 

Bip-bip-bip-bip-leah-bip-bip-bip-bip-bip-Leah!…-bip-bip-bip-bip-bip-bip-bip-bip -…LEAH!!!

 

Il suono ovattato provocato dalla sveglia, insieme alle urla di mio fratello Seth mi fecero abbandonare le delicate braccia di Morfeo e mi catapultarono di nuovo nella schifosa realtà dalla quale cercavo di fuggire ogni notte.

 

-LEEEEEAAAAAAAH!!!! Porca miseria sei andata in letargo o cosa?-continuava a strillare.

 

Non avevo la forza di rispondergli perciò mi limitai a muovere la testa sul cuscino per fargli capire che era riuscito a  farmi svegliare di mal umore.

 

-LEAH!- urlò quasi istericamente –HAI LA MINIMA IDEA DI CHE ORE SONO?!?!- continuò sempre sbraitando.

 

Controvoglia aprii leggermente le palpebre e vidi a pochi centimetri dal mio naso il brutto muso di mio fratello. -Seth va via…- borbottai girandomi dall’altro lato del letto dandogli le spalle.

 

Uno sbuffo degno di un orso mi fece capire che non si era arreso. Qualche secondo di silenzio e poi sentii il materasso muoversi. Non feci neanche tempo a rendermi conto di quello che stava facendo Seth, che  mi ritrovai a gambe all’aria con la schiena sul pavimento.

Appena sentì il freddo del parquet sgranai gli occhi e in un lampo mi rialzai.

 

Il mio sguardo era iniettato di sangue e non solo per le scarse ore di sonno che ero riuscita a concedermi.  

Guardavo il mio “piccolo”, “caro” e “dolce” fratellino che alzava le mani in segno di scuse e continuava a bofonchiare qualcosa che, a causa della rabbia, non riuscivo a comprendere. Pochi secondi prima che le mie mani arrivassero alla gola di quello che la natura considerava mio fratello, la porta della camera si aprì improvvisamente.

 

In un millisecondo una ragazza dai boccoli rossicci mi si aggrappò al collo e a causa della sorpresa caddi di nuovo con la schiena sul pavimento.

 

Era veramente una bellissima ragazza. Aveva poco più di sette anni di vita ma ne dimostrava almeno diciassette, i suoi occhi color cioccolato mi fissarono con gioia e con un sorriso che solo lei poteva avere mi disse –Ben svegliata zia Leah! Come stai? -

 

Davanti a quegli occhi perfino io, il licantropo più irascibile della terra, mi scioglievo; così mettendo da parte la rabbia, che avrei scatenato più tardi su mio fratello, con un sorriso le risposi –Buon giorno Ness!-

 

Notando la scomoda posizione in cui stavamo, Renesmee si alzò di scatto scusandosi per l’irruenza e mostrandomi un’ altro dei suoi particolari sorrisi si dileguò.

 

Feci un lungo sospiro, e in pochi istanti mi resi conto di essere rimasta sola nella stanza.

-Maledizone!- Pensai fra me e me. Seth era riuscito a svignarsela anche questa volta.

 

Ormai rassegnata all’idea di dover attendere per compiere la mia vendetta, aprii il grande armadio in mogano e con calma indossai un paio di jeans scuri leggermente rovinati all’ altezza del ginocchio e una maglietta nera a maniche corte. Sapevo che non sarai passata inosservata dato che eravamo a inizio febbraio e nella piccola cittadina di Brooks non c’era di certo la temperatura adatta per andare in giro con quell’ abbigliamento, perciò malvolentieri indossai anche una felpa blu pesante che mi facesse apparire in qualche modo più umana, anche se ormai di umano mi era rimasto ben poco.

 

Dopo essermi data una rinfrescata in bagno e sistemata i capelli con un paio di colpi di spazzola scesi al piano terra dove la mia allegra, numerosa e immortale famiglia acquisita era intenta nella sua routine.

 

Emmet era seduto come al solito sul divano a guardare i cartoni animati e sembrava divertirsi  molto a ripetere le canzoncine idiote che cantavano i pupazzetti alla televisione. 

 

La barbie invece era molto impegnata a ridarsi lo smalto alle unghie. Cosa inutile visto che oggi i “giovani” Cullen non si sarebbero mossi di casa a causa dei flebili raggi di sole che si intravedevano attraverso le tendine di seta.

 

Non vedevo Carlisle, probabilmente aveva avuto una chiamata urgente dall’ospedale nel quale lavorava. Non riuscivo ancora a capacitarmi del fatto che un vampiro riuscisse a resistere all’odore del sangue umano durante le lunghe ore in sala operatoria.

 

Il folletto e il  vampiro biondo in fine se ne stavano in un angolo a parlare di qualcosa riguardo a una maratona dello shopping che aveva intenzione di organizzare la piccola succhiasangue. Brrrr solo al pensiero mi si gelava il sangue nelle vene. Mi ricordo come se fosse ieri il giorno in cui quella creatura malefica mi aveva trascinato in giro per negozi tutto il pomeriggio! Alla fine avevo seriamente pensato di trasformarmi in mezzo al negozio di scarpe e staccarle la testa a morsi!

 

I miei pensieri furono interrotti dall’odore inebriante di muffin che veniva dalla cucina, perciò a passi veloci attraversai il salone dell’enorme casa e con delicatezza aprii la porta a vetri che conduceva ad una gigantesca sala da pranzo decorata in stile ottocentesco nel cui centro regnava un enorme tavolo in legno massiccio per dodici persone. Cosa alquanto insensata dato che in questa stramba famiglia eravamo essenzialmente in tre a mangiare cibo umano.

 

In pochi secondi vidi arrivare Esme e Seth con due vassoi in mano. Ormai io, mio fratello e Jacob ci eravamo abituati alla squisita cucina della vampira che ormai consideravo quasi come una madre. Mi ere impossibile considerarla un mostro asseto di sangue.

 

Appena Seth si sedette, mi ricordai del modo in cui mi aveva tirata giù dal letto e così passando dietro di lui gli tirai un scappellotto fraterno. –AIOO!- urlò lui offeso mentre Esme sorrideva guardandoci bisticciare.

 

La colazione, questa mattina, prevedeva muffin al cioccolato e spremuta d’arancia, una colazione molto leggera vista l’ora tarda.

Dopo aver aiutato Esme a sparecchiare, io e mio fratello ci avviammo velocemente verso il garage dove ci stavano già aspettando, come al solito, Jacob, Nessie e i suoi genitori che dimostravano su per giù la stessa età della ragazza.

 

Salutammo con un cenno Edward, Bella e Jake mentre Ness entrava nella volvo blu che i suoi le avevano regalato per il suo sesto anno di vita.

Pur contrariati i due vampiri acconsentirono alla richiesta di Seth di guidare la macchina. Così dopo numerose raccomandazioni di Edward di mantenere il limite di velocità e i numerosi baci che Jacob doveva dare ogni mattina alla sua amata Nessie, riuscimmo a partire in direzione del liceo di Brooks dove mi attendevano sei ore di pura tortura mentale.

 

Anche se Nessie era mezza vampira la sua pelle risaltava molto poco ai raggi solari -non come gli altri Cullen che sembravano delle lampadine!- pensai, perciò quando il sole non penetrava prepotentemente fra le nuvole lei poteva tranquillamente venire a scuola con me e Seth.

Jake invece non frequentava la scuola perché la sua stazza lo faceva assomigliare di più a un venticinquenne che ad un diciassettenne, età a alla quale la sua crescita si era fermata. Sia lui che Ness soffrivano molto per la distanza che la scuola creava, ma al pomeriggio riuscivano a recuperare molto bene il tempo perduto.

 

Mentre guardavo fuori dal finestrino i bellissimi boschi che circondavano la città, notai lo sguardo da pesce lesso di Seth. Immaginavo già a cosa stesse pensando: a Miriam. La ragazza che gli aveva provocato l’ imprinting. Quel giorno un’ altra parte del mio cuore si era spezzata, sapevo molto bene che l’imprinting aveva il crudele difetto di mettere in secondo piano tutti le altre persone che non fossero l’amata, lo sapevo bene… e io non volevo perdere anche mio fratello. Quella mattina lo avevo capito quasi immediatamente. Quando Seth l’aveva vista per la prima volta aveva la stessa faccia che ha Jacob quando guarda Renesmee, la stessa faccia che ha fatto Sam quando gli ho presentato mia cugina Emily…

A quel pensiero mi irrigidii, sentivo le lacrime pungere ma le ricacciai indietro, non volevo far preoccupare i miei compagni di viaggio.

Dopotutto non aveva senso soffrire per un capitolo della mia vita che avevo sigillato in fondo al mio cuore.

 

Dopo circa dieci minuti di viaggio arrivammo al parcheggio del liceo. Come al solito era pieno di piccole macchinine che andavano avanti a spinta e che sembravano ancora più piccole e ancora più distrutte quando la nostra volvo entrava nel piazzale.

Mi sentivo a disagio e imbarazzata ogni volta che uscivo dalla vettura, odiavo essere al centro dell’ attenzione. Ma ormai cominciavo a sopportare quel supplizio mattutino.

 

Pochi secondi dopo il nostro arrivo, una ragazza dai lunghi capelli castani e gli occhi verdi si lanciò letteralmente fra le braccia di Seth il quale ricambiò dandole un piccolo bacio sulle labbra. Lo ringraziai mentalmente per non aver ecceduto nelle effusioni.

Era sempre difficile per me accettare la realtà che sarei rimasta sola per tutta la vita. Miriam ci salutò con un cenno e se ne andò in classe portandosi dietro il mio fratellino. Era sempre difficile per me accettare la realtà che sarei rimasta sola per tutta la vita.

Per fortuna avevo la mia cara “nipotina” Nessie che mi stava accanto nei momenti difficili, ormai la consideravo la mia migliore amica. Dopotutto sia io che lei eravamo uniche. L’ unico licantropo femmina del mondo e una mezza vampira. Con lei potevo parlare di qualsiasi cosa, sapeva sempre cosa dirmi e come consolarmi. Ma ne lei ne nessun altro avrebbe mai potuto ricucire il mio cuore ormai a pezzi.

 

Quando rinvenni dal mio stato di trans vidi gli occhi castani di Ness che mi guardavano apprensivi cercando di individuare anche una minima crepa nella struttura che avevo costruito per non crollare sotto il peso del mio stesso dolore. Prima che potesse dire qualcosa la rassicurai facendole un piccolo sorriso e prendendola sotto braccio ci avviammo verso l’aula di biologia come ogni lunedì mattina.

 

 

 

 

 

  
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